In Europa, le politiche di assistenza continuativa agli anziani – in inglese Long Term Care (LTC) – sono tra le meno strutturate tra gli interventi di welfare (in confronto, ad esempio, alle politiche pensionistiche o del mercato del lavoro). I confini tra le competenze e i ruoli attribuiti alla sfera sociale e sanitaria sono spesso labili e sovrapposti, sia nell’erogazione dei servizi che nel design delle misure.

Il risultato sono sistemi di LTC caratterizzati – in molti Paesi europei – da alta frammentarietà e inefficienza dei servizi, unitamente ad uno scarso investimento pubblico dedicato, specificamente, ai bisogni della non autosufficienza.

La pandemia da Covid-19 ha messo in discussione i sistemi di protezione sociale in tutta Europa e, al contempo, ha evidenziato i limiti – già esistenti – dei sistemi di LTC. Ora più che mai, il tema ha raggiunto le agende di policy nazionali. Il prof. Emmanuele Pavolini ha recentemente curato un rapporto per l’European Social Policy Network dal titolo “Long-term care social protection models in the EU”, in cui illustra le sfide e gli sviluppi del settore, proponendo una nuova classificazione dei sistemi di LTC in Europa. Ve ne parliamo in questo articolo.

 

Il Focus di Secondo Welfare sulla Long Term Care

Ci stiamo occupano sistematicamente della riforma del sistema della non autosufficienza. Lo facciamo pubblicando ogni settimana articoli e interviste che aiutino a capire meglio le diverse questioni che riguardano la Long Term Care. Sono tutti qui.

Il “trilemma” della Long Term Care

Secondo il Rapporto, i Paesi europei devono fronteggiare il c.d. “trilemma della Long Term Care”.

Il primo punto del trilemma è come garantire la più estesa copertura dei potenziali bisogni di LTC attraverso l’erogazione di servizi di welfare formale (ad esclusione, dunque, del mercato sommerso). Raggiungere la più ampia copertura dei bisogni è una sfida ineludibile per i sistemi di protezione sociale contemporanei. La copertura dei servizi di Long Term Care, inoltre, è spesso misurata in relazione alla percentuale degli individui che beneficiano delle prestazioni di welfare, ma non in termini di intensità di tali servizi (ad esempio, il numero di ore fornite ai beneficiari). E quest’ultimo punto è sempre più centrale in merito alla strategia dell’ageing in place (letteralmente, invecchiamento sul posto), basata sull’assistenza alle persone non autosufficienti o fragili a casa loro, piuttosto che in strutture di assistenza residenziale o ospedaliera.

Il secondo punto riguarda i caregiver familiari informali – perlopiù donne – e gli strumenti che le politiche di LTC devono mettere in campo per evitare che gli oneri di cura cadano prevalentemente sulle loro spalle. Il sostegno inadeguato ai caregiver informali favorisce, da un lato, la loro uscita precoce dal mercato del lavoro (o situazioni di part-time involontario, con conseguente riduzione dell’orario di lavoro), dall’altro il burn out” psicologico di queste persone, con potenziali conseguenze sulla loro salute e sul loro benessere.

Il terzo punto è l’aumento della spesa pubblica, in un momento in cui i bilanci sono già sotto pressione e faticano ad essere ampliati. Quello della non autosufficienza, tuttavia, è un problema che non può essere evitato. Nei prossimi anni, la spesa per la LTC aumenterà a causa, ad esempio, del progressivo invecchiamento della popolazione.

La LTC in Europa: verso una nuova classificazione dei sistemi di welfare?

A partire dall’analisi del “trilemma” della Long Term Care, il Rapporto propone una nuova classificazione e interpretazione dei sistemi di assistenza continuativa ai non autosufficienti in Europa. Sono infatti ormai numerose le analisi empiriche condotte sui sistemi di Long Term Care che propongono una modellizzazione dei sistemi di welfare basate sulle caratteristiche dell’offerta del sistema (ad esempio, le risorse finanziarie, il tasso di utenti in servizi residenziali e ambulatoriali). Se la stragrande maggioranza degli studi prende in considerazione le caratteristiche strutturali dell’offerta della Long Term Care, il Rapporto sottolinea come ci siano ancora poche analisi che forniscono, ad esempio, informazioni sulla regolamentazione dell’accesso a tali servizi, come la prova dei mezzi per l’accesso alle prestazioni (in Italia, l’ISEE), il diritto all’assistenza residenziale, le prestazioni di assistenza domiciliare, le prestazioni in denaro.

Le classificazioni elaborate sinora nel campo della Long Term Care convergono nell’identificare tre cluster principali. I Paesi nordici (Finlandia, Danimarca, Norvegia, Svezia e – secondo alcuni – anche i Paesi Bassi), i Paesi dell’Est europeo (inclusi i Paesi baltici), i Paesi del Sud Europa (in cui è esclusa solo la Grecia). Per ultimi, i Paesi continentali non sono raggruppati assieme: a Francia e Belgio è attribuito un modello di welfare, mentre Germania, Austria e Lussemburgo si inseriscono in un altro cluster, in virtù delle differenze relative alle fonti di finanziamento e di protezione sociale implementate in questi Paesi.

Lo studio di Pavolini, da un lato, interpreta i modelli di Long Term Care secondo quattro dimensioni comparative: l’organizzazione complessiva dei sistemi pubblici di Long Term Care, il tipo di misure di protezione sociale, i criteri di eligibilità, il finanziamento. Dall’altro, propone una nuova classificazione – con l’utilizzo di metodi quantitativi – dei modelli di Long Term Care, basata sulla combinazione di due variabili: la spesa pubblica destinata alla LTC (in % del PIL) e la spesa pubblica per i servizi di LTC erogati in denaro (come quota % della spesa pubblica destinata alla LTC).

La comparazione delle quattro dimensioni comparative

L’analisi comparata dei modelli di Long Term Care è basata su quattro dimensioni-chiave: l’organizzazione complessiva dei sistemi pubblici di Long Term Care, il tipo di misure di protezione sociale, i criteri di eligibilità, il finanziamento. L’analisi ripercorre le caratteristiche appena menzionate, cogliendo similarità e differenze tra i sistemi di protezione sociale europei.

L’organizzazione complessiva dei sistemi pubblici di Long Term Care

Per quanto riguarda l’organizzazione complessiva dei sistemi di LTC, i Paesi sono classificati in base a due criteri. Il primo è riferito al possedere o meno un canale specifico, all’interno del sistema di protezione sociale e della spesa pubblica, dedicato alla Long Term Care. I sistemi “integrati” sono i Paesi che lo possiedono. Al contrario, i Paesi “frammentati” sono quelli che non lo hanno. Il secondo criterio riguarda i livelli di governance attraverso cui la protezione sociale – e la LTC – è organizzata (regionale, locale, nazionale).

Quanto al primo, solo 10 Paesi su 27 hanno un sistema pubblico integrato di LTC (Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Olanda e Svezia). L’Austria e il Belgio presentano, rispettivamente, un sistema parzialmente integrato e una distribuzione multilivello delle responsabilità di gestione e implementazione.

Il resto dei Paesi europei vantano un sistema pubblico diviso, da un lato, tra assistenza sanitaria e assistenza sociale e, dall’altro, tra istituzioni incaricate di fornire prestazioni in denaro e quelle destinate all’erogazione dei servizi in natura. In Paesi come l’Italia, ad esempio, la responsabilità nella gestione e nell’erogazione dei servizi di Long Term Care sono assegnate a diversi livelli di governo, a seconda del tipo di prestazione (dei servizi sanitari, di assistenza sociale, indennità in denaro).

Le misure di protezione sociale

Le misure di protezione sociale destinate all’assistenza continuativa assumono tre forme: servizi reali, prestazioni in denaro per le persone con esigenze di LTC e prestazioni in denaro per i caregiver. Tutti i Paesi offrono servizi di LTC: dall’assistenza residenziale, semi-residenziale, sino a quella domiciliare. Le differenze tra i Paesi europei derivano piuttosto dalla capacità di copertura dei servizi: 12 Paesi offrono assistenza domiciliare e residenziale a meno del 10% della loro popolazione anziana (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Spagna, Croazia, Ungheria, Italia, Latvia, Polonia e Portogallo). Tutti gli altri hanno delle coperture abbastanza elevate.

Solo 8 Paesi europei non prevedono l’erogazione di misure di natura monetaria (Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Malta e Romania).  La maggior parte dei Paesi vantano servizi monetari di tipo universalistico e non vincolati dalla prova dei mezzi (ad esempio, una soglia ISEE). In alcuni Paesi europei, come in Italia, ad una scarsa copertura dei servizi pubblici di Long Term Care corrisponde un’ampia distribuzione delle prestazioni in denaro. Le prestazioni in denaro sostengono l’assistenza informale e/o erogata dal mercato sommerso, a discapito dei servizi pubblici e privati del welfare “formale”.

I criteri di accesso

In relazione ai criteri di accesso ai servizi di Long Term Care, i Paesi dell’UE si differenziano per l’adozione di un approccio universalistico (caratterizzato da un’elevata copertura di protezione sociale per tutti i residenti e da prestazioni universali, erogate pubblicamente) o selettivo (caratterizzato da servizi o politiche mirate a specifici target). Sono quattro i modelli di accesso possono essere collocati sullo stesso continuum, dalla selettività all’universalismo:

  • Il modello selettivo (BG, CY, EE, EL, HR, HU, PL, PT, RO, SI). E’ presente in dieci Paesi dell’Europa centro-orientale e meridionale. L’accesso alle prestazioni pubbliche di LTC, sia in denaro che in natura, dipende non solo dalla valutazione dei bisogni di assistenza, ma anche dalla verifica dei mezzi finanziari (di solito basata sul reddito e, in alcuni casi, sulla proprietà, spesso includendo le risorse economiche dei parenti stretti).
  • Il modello “misto” (BE, CZ, IE, IT, LT, SK). A seconda del tipo di prestazione di Long Term Care (prestazioni in denaro o servizi) – si applica la selettività dei servizi o l’universalismo delle prestazioni in denaro. Questo è il modello italiano.
  • Il modello “quasi-universalista” (ES, LV, MT). L’accesso alle prestazioni è formalmente legato solo alla valutazione dei bisogni di assistenza e non ai mezzi finanziari. I servizi di Long Term Care sono tuttavia abbastanza deboli e carenti: si tratta dunque di una selettività indiretta.
  • Il modello “universalistico” (AT, DE, DK, FI, FR, LU, NL, SE). E’ adottato per lo più dai paesi dell’Europa continentale e del Nord. La valutazione dei bisogni è il principio fondamentale per l’erogazione di servizi di Long Term Care (attraverso servizi o prestazioni in denaro).

Fonti di finanziamento

I canali di finanziamento per l’assistenza sanitaria e sociale pubblica per la LTC riguardano la tassazione generale (come, ad esempio, in Italia o in Austria), i contributi sociali obbligatori (come in Germania) o un misto tra i due (come in Francia). I Paesi che adottano il sistema “misto” – tra contributi e tasse – hanno solitamente sistemi di Long Term Care frammentati. In questi Paesi, l’assistenza sanitaria e quella sociale sono finanziate da istituzioni diverse; in tutti i Paesi i costi sono compartecipati con i beneficiari (ad esempio, quelli relativi alle rette delle residenze). Quanto alla spesa a carico delle famiglie (la c.d. spesa “out-of-pocket), in otto Paesi questa è poco rilevante (Belgio, Repubblica Ceca e Polonia, ad esempio). La maggior parte dei Paesi con spese a carico dei beneficiari molto basse sono anche quelli che forniscono pochi servizi di Long Term Care. In Irlanda, Finlandia, Spagna, Italia e Austria, i pagamenti out-of-pocket rappresentano l’11-19% della spesa pubblica totale. Nei restanti sei Paesi (Germania o Francia, per citarne alcuni) questo valore è persino più alto.

La nuova classificazione dei modelli di Long Term Care

Accanto all’analisi qualitativa e comparata delle quattro dimensioni citate in precedenza, il Rapporto propone una nuova classificazione dei modelli di Long Term Care. La classificazione è elaborata a partire dalla combinazione di due variabili: la spesa pubblica destinata alla LTC (in % del PIL) e la spesa pubblica per i servizi di LTC erogati in denaro (come quota % della spesa pubblica destinata alla LTC). Queste due dimensioni, secondo il Rapporto, forniscono importanti indicazioni sulle principali decisioni che i Paesi prendono in materia di LTC.

I modelli individuati sono sei:

  • Un modello di intervento statale molto limitato. Un terzo di tutti gli Stati membri dell’UE rientra in questa categoria, caratterizzata da un livello molto basso di spesa pubblica destinato alla Long Term Care (in media lo 0,4% del PIL). I Paesi appartenenti al cluster sono quelli dell’Europa meridionale (CY, EL, PT) o dell’Europa centro-orientale (BG, EE, HR, HU, LV, RO).
  • Un modello di intervento statale limitato, attraverso prestazioni in denaro. Quasi un quinto degli Stati membri dell’UE appartiene a questo secondo modello, in cui la spesa pubblica (in % del PIL) per la Long Term Care è più alta rispetto al caso precedente (in media lo 0,8%) e quasi la metà di questa spesa è allocata mediante prestazioni in denaro (46,0%); la Spagna e quattro Paesi dell’Europa centro-orientale (LT, PL, SI, SK) appartengono a questo cluster.
  • Un modello di intervento statale limitato, attraverso i servizi. Circa uno Stato membro su dieci appartiene a questo cluster, in cui i Paesi investono più risorse in Long Term Care rispetto ai modelli precedenti, ma ancora al di sotto del livello medio dell’UE-27; allo stesso tempo, i finanziamenti sono destinati essenzialmente all’assistenza domiciliare e ai servizi di assistenza residenziale. In questo caso i Paesi sono distribuiti in modo più eterogeneo (IE, LU, MT).
  • Un modello di intervento statale forte, attraverso prestazioni in denaro. Austria, Germania, Italia e Repubblica Ceca condividono un modello in cui il sostegno finanziario per le esigenze di Long Term Care è consistente (1,7% del PIL) e spesso assume la forma di trasferimenti in denaro.
  • Un modello di intervento statale forte, attraverso i servizi. Belgio, Francia e Finlandia spendono una quota relativamente alta del loro PIL per le politiche di Long Term Care (2,0%), utilizzando soprattutto i servizi come strumento di erogazione.
  • Un modello di intervento statale molto forte, attraverso i servizi. Due paesi nordici (DK e SE), insieme ai Paesi Bassi, fanno parte di quest’ultimo gruppo. Essi investono una quota molto elevata di risorse pubbliche nella copertura dei bisogni di LTC (3,5% del PIL), contando soprattutto sull’erogazione di servizi in natura per sostenere gli individui e le famiglie.

I sei modelli sono poi messi in relazione con le altre quattro dimensioni-chiave individuate nel Report e presentate sinteticamente sopra. Più nel dettaglio,

  • Esiste una forte correlazione tra l’organizzazione complessiva del sistema di LTC e i sei modelli. Un canale della spesa pubblica sociale dedicato alla LTC è presente in tutti i Paesi che adottano un modello “forte” o “molto forte” basato sull’intervento dello Stato attraverso i servizi, e in parte in quelli caratterizzati dal modello “forte” di intervento dello Stato attraverso le prestazioni in denaro. E’ meno comune negli altri modelli e del tutto assente negli Stati con un intervento limitato.
  • Quanto al tasso di copertura dei servizi, il modello di intervento statale “molto limitato” offre i tassi di copertura più bassi per tutti i tipi di prestazioni e raggiunge una quota molto limitata di potenziali beneficiari. Il modello di intervento dello Stato “limitato”, attraverso prestazioni in denaro, registra un tasso di copertura più elevato rispetto al modello precedente, e lo fa principalmente attraverso prestazioni in denaro, anche per le persone che prestano assistenza informale. Tuttavia, date le limitate risorse destinate alla LTC, la generosità di tali prestazioni è modesta. Il modello di intervento dello Stato “limitato”, attraverso i servizi, fornisce un tasso di copertura dei bisogni più elevato rispetto ai due modelli precedenti, soprattutto attraverso servizi in natura, come previsto, ma anche in alcuni casi attraverso prestazioni in denaro per gli assistenti informali. Un livello simile di copertura è raggiunto dal modello di intervento “forte” dello Stato attraverso prestazioni in denaro, grazie in parte alla fornitura di servizi, ma soprattutto ai trasferimenti in denaro (“non vincolati”). I due modelli basati su un intervento statale “forte” o “molto forte” attraverso i servizi raggiungono tassi di copertura molto elevati attraverso i servizi. È importante notare che, in entrambi i modelli, le prestazioni in denaro “vincolate” sono offerte in modo da integrare – e non sostituire – i servizi in natura, al fine di rendere questi ultimi più flessibili e completi nella copertura dei bisogni dei beneficiari.
  • I sei modelli presentano criteri di accesso ai servizi molti diversi tra loro. I Paesi appartenenti al modello di intervento statale limitato (sia per prestazioni monetarie che per servizi), per la maggior parte, adottano un approccio selettivo. Nel caso dei due modelli di intervento statale lieve, l’approccio è spesso un approccio selettivo o misto. I Paesi che adottano un modello di intervento statale forte attraverso le prestazioni in denaro tendono ad adottare un approccio universalistico o misto. I due modelli basati su un intervento statale forte e molto forte attraverso i servizi adottano per lo più un approccio universalistico. L’approccio quasi-universalista è comune soprattutto tra i paesi che adottano un modello basato su un intervento statale limitato attraverso i servizi.
  • Rispetto a tutte le dimensioni analizzate finora, la fonte di finanziamento pubblico della LTC è l’unica dimensione che non sembra essere associata ai sei modelli. Ogni modello comprende Paesi che adottano fonti di finanziamento diverse. In altri termini, la scelta di come finanziare i sistemi pubblici di LTC sembra quasi indipendente dalla scelta di quanto spendere e per quale tipo di prestazione. Il ruolo della spesa out-of-pocket (a carico delle famiglie) per la LTC corrisponde alle differenze tra i modelli rispetto alla fonte di finanziamento. Il modello con un forte intervento dello Stato attraverso i servizi, ad esempio, grazie ad alti livelli di investimento pubblico, richiede anche livelli molto bassi di contributo delle famiglie al finanziamento della LTC.

Cosa ci dice la classificazione sulla capacità dei sistemi di LTC di proteggere dai rischi sociali e dalle diseguaglianze?

L’intersezione tra più variabili e la classificazione proposta suggeriscono importanti spunti in termini di capacità dei sistemi di Long Term Care di proteggere dai rischi e dalle diseguaglianze sociali.

Il primo modello – quello “molto limitato” – è quello con i risultati peggiori. Questo registra il tasso di copertura dei beneficiari più basso, nonostante abbia una quota elevata di anziani fragili e/o non autosufficienti residenti. Il rischio di povertà ed esclusione sociale è dunque molto alto.

Il modello “limitato”, attraverso prestazioni in denaro offre, al contrario del modello precedente, una maggiore copertura dei potenziali beneficiari attraverso l’allocazione delle risorse. Non è però sufficiente a prevenire  il rischio di esclusione sociale.

I modelli di intervento statale “limitato” e “forte” attraverso i servizi forniscono un’elevata copertura dei potenziali beneficiari attraverso i servizi e, nel secondo caso, anche attraverso le prestazioni in denaro. Allo stesso tempo, contribuiscono a ridurre fortemente l’impatto della limitazione delle attività sul rischio di povertà ed esclusione sociale.

I modelli “forti” attraverso le prestazioni monetarie forniscono un’elevata copertura dei potenziali beneficiari attraverso i servizi e le prestazioni in denaro. Essi contribuiscono a ridurre fortemente l’impatto della limitazione dell’attività sul rischio di povertà ed esclusione sociale. Modelli come quello italiano (il modello basato su un forte intervento dello Stato attraverso prestazioni in denaro) – secondo la classificazione – coprono un’ampia fetta dei potenziali beneficiari, soprattutto attraverso i trasferimenti. E’ invece più debole la componente dei servizi. Questi modelli vantano efficacia in termini di riduzione del rischio di povertà economica o materiale per le persone con forti limitazioni di attività.

Il modello di intervento statale molto forte attraverso i servizi copre praticamente tutti i potenziali beneficiari, ed è in grado di intervenire e fornire servizi anche a individui con livelli medio-bassi (i c.d. anziani fragili) di bisogno di prestazioni di LTC. Allo stesso tempo, contribuisce a ridurre fortemente l’impatto della limitazione dell’attività sul rischio di povertà ed esclusione sociale.

Una forte componente di servizi reali previene, efficacemente, l’esclusione sociale e il rischio di povertà degli individui in condizioni di fragilità e non autosufficienza. Oltre a rispondere – efficacemente – ai bisogni legati alla LTC, la componente dei servizi (quando sviluppata) riesce ad intercettare fragilità non ancora conclamate.

Il trilemma e la classificazione dei modelli di Long Term Care: quale nesso?

Il Rapporto propone, infine, una possibile intersezione tra il trilemma della LTC e la proposta di classificazione dei sistemi di assistenza continuativa agli anziani. Ciascun modello di intervento deve fare i conti con uno degli angoli del trilemma (Figura 1).

Nel modello a intervento statale molto limitato dominano le preoccupazioni di bilancio ed è anche quello con la più alta percentuale di anziani fragili non coperti dal sostegno pubblico e con il più alto rischio di povertà ed esclusione sociale. Il modello basato su un intervento statale molto forte, attraverso i servizi, richiede ingenti risorse dedicate, ben al di sopra della spesa media dell’UE in questo settore. Nel mezzo del triangolo troviamo gli altri 4 modelli.

Il modello basato su un forte intervento dello Stato attraverso prestazioni in denaro cerca di trovare un equilibrio tra spesa, copertura dei servizi e protezione contro i rischi di povertà. Tuttavia, finisce per fare molto affidamento sul sostegno informale all’assistenza, che non è – come ormai noto – uno strumento efficace e sostenibile. Quanto al modello con intervento limitato dello Stato attraverso le prestazioni monetarie, esso fatica a raggiungere – attraverso i servizi – i potenziali beneficiari di Long Term Care e fa molto affidamento sul ruolo del welfare informale. Tuttavia, le prestazioni monetarie contribuiscono a ridurre fortemente l’impatto della limitazione dell’attività sul rischio di povertà ed esclusione sociale. Infine, il modello con intervento limitato attraverso i servizi fornisce un’elevata copertura dei potenziali beneficiari attraverso i servizi. Questi contribuiscono ad alleviare la condizione di povertà ed esclusione sociale dei potenziali beneficiari di Long Term Care ma, al contempo, presentano bassi tassi di copertura dei servizi.

Figura 1. L’intersezione tra le categorie e il trilemma della Long Term Care – Fonte: Long Term Care Social protection models in the EU (2022), p. 26.

 

Il Rapporto mira a combinare le variabili (in questo caso, la spesa pubblica destinata ai servizi di Long Term Care e quella relativa ai trasferimenti monetari) che consentono di descrivere le peculiarità e le tendenze di policy e strutturali nel settore.

La pandemia da Covid-19 ha infatti posto enfasi sui temi dell’invecchiamento, della non autosufficienza e dell’esclusione sociale. La non autosufficienza e l’invecchiamento – già noti e presenti prima della pandemia – hanno vissuto un trentennio in ombra, godendo di brevi (ed effimeri) spazi per emergere nell’agenda politica. La pandemia ha evidenziato, finalmente, la necessità di concentrarsi sul tema. La reinterpretazione analitica delle dimensioni che compongono questi sistemi è dunque funzionale – oltre che centrale – a riflettere efficacemente sui prossimi sviluppi delle politiche di Long Term Care, ponendo attenzione sull’evoluzione dei fenomeni sociali (che non possiamo frenare) e sui limiti strutturali su cui intervenire.

 

 

Per approfondire

  • Il Rapporto è disponibile a questo link

 

Foto di copertina: Bruno Martins, Unsplash