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Nella nuova legislatura dovrà essere approvata la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti prevista dal PNRR: un atto decisivo per la vita dei 10 milioni di persone che non è più possibile rimandare. A dirlo è il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza“, coalizione sociale che raggruppa 52 organizzazioni della società civile impegnate ogni giorno nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese. Il Patto ha pubblicato un Manifesto che mette in luce 3 condizioni chiave per il successo della legislatura sul fronte della Long Term Care, e illustra 10 obiettivi strategici che dovranno essere perseguiti a tale scopo. Li riportiamo di seguito.

Il Focus di Secondo Welfare sulla Long Term Care

Ci stiamo occupano sistematicamente della riforma del sistema della non autosufficienza. Lo facciamo pubblicando ogni settimana articoli e interviste che aiutino a capire meglio le diverse questioni che riguardano la Long Term Care. Sono tutti qui.

Condizioni chiave per la riforma della non autosufficienza

1. Fare della non autosufficienza una priorità politica

In Italia esiste una diffusa questione sociale che ha sempre incontrato difficoltà nel trovare ascolto da parte della politica nazionale. È quella riguardante gli anziani non autosufficienti: se si considerano loro, i familiari e chi li assiste professionalmente si arriva a circa 10 milioni di individui. Sino a che un tema di così ampio rilievo sociale rimarrà ai margini del dibattito politico, sarà impossibile mettere in campo gli sforzi progettuali e i significativi stanziamenti necessari per fornire risposte adeguate alle tante persone interessate. La nuova legislatura è chiamata, dunque, ad un cambio di passo: collocare la non autosufficienza al centro dell’agenda politica.

2. Essere ambiziosi nel disegno degli interventi

Il PNRR prevede una riforma che introduca “un sistema organico di assistenza agli anziani non autosufficienti” in Italia. È un atto atteso da trent’anni e che, nel frattempo, è stato compiuto in tutti i Paesi europei simili al nostro. Ovunque questa innovazione ha modificato in profondità il settore, rafforzandolo notevolmente. La legislatura al termine ha avviato l’iter, la prossima dovrà compiere le scelte decisive e portarlo a compimento. Attenzione però: il PNRR obbliga a fare la riforma ma non obbliga a fare una buona riforma, cioè un dispositivo che contenga le risposte necessarie per migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte. Questo dipenderà dalla sua elaborazione. Il rischio da evitare è quello di un atto che si fermi alla dichiarazione di intenzioni condivisibili senza migliorare effettivamente le cose. È compito della prossima legislatura saper procedere in una direzione diametralmente opposta.

3. Unire le forze verso un obiettivo comune

Da solo, nessuno riuscirà a realizzare una buona riforma di un settore oggi così frammentato come la non autosufficienza. È necessaria, invece, la proficua collaborazione tra i tanti soggetti in causa, valorizzando le competenze di ognuno: i diversi Ministeri coinvolti, le rappresentanze delle Regioni e dei Comuni, il Patto e così via. Nella nuova legislatura bisogna unire le forze, non a parole ma nello sforzo concreto e faticoso per costruire il cambiamento. Il Patto, dopo aver ottenuto l’introduzione della riforma nel PNRR (inizialmente non prevista), può contribuire con la propria dettagliata proposta per l’introduzione del “Sistema Nazionale Assistenza Anziani”. Di seguito se ne illustrano i punti chiave e la versione completa si trova in www.pattononautosufficienza.it.

Ti interessa la proposta del Patto?

Dai un’occhiata alla nostra intervista a Cristiano Gori, coordinatore del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza e Professore ordinario all’Università di Trento.

I motivi per introdurre il Sistema Nazionale Anziani

Nascita di un nuovo settore dello stato sociale

Si vuole costituire il Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA), che comprende tutte le misure di responsabilità pubblica – sociali e sanitarie – per l’assistenza agli anziani non autosufficienti. Come già avvenuto nelle altre riforme europee, la non autosufficienza diventa così un ambito autonomo del welfare. Dar vita allo SNA rappresenta un passaggio storico: significa riconoscere la specificità degli interventi forniti e attribuire al settore, sinora trascurato, la necessaria legittimazione istituzionale e politica.

Dalla frammentazione a un solo sistema

Lo SNA supera l’attuale frammentazione degli interventi per costruire un unico sistema integrato della non autosufficienza. Un simile cambiamento modifica tanto le relazioni tra le filiere pubbliche delle politiche sanitarie e delle politiche sociali, quanto quelle tra loro e le realtà del privato e del terzo settore. L’utilizzo di tutte le risorse disponibili viene definito e programmato congiuntamente dai diversi soggetti coinvolti, a livello statale, regionale e locale. Nei territori, le diverse risposte sono fornite insieme, nel contesto di progetti assistenziali integrati.

Tutela pubblica della non autosufficienza

La tutela della non autosufficienza va riconosciuta quale responsabilità pubblica. Di conseguenza, lo SNA si fonda su un finanziamento pubblico atto a garantire il diritto all’assistenza. Alla definizione del principio devono seguire azioni coerenti: si prevede, dunque, un incremento delle risorse dedicate in grado di assicurare adeguati livelli essenziali sanitari (LEA) e sociali (LEPS) per la non autosufficienza. Tali livelli sono da definire, in coerenza con la nuova logica, in modo contestuale e unitario.

Servizi riconoscibili e facili da raggiungere

La riforma vuole superare gli ostacoli che rendono spesso difficile, per familiari e anziani, stabilire il primo contatto con i servizi pubblici. Lo fa puntando sul Punto Unico di Accesso, presso la Casa della Comunità, quale luogo fisico di facile individuazione che offre informazioni sugli interventi disponibili, orientamento su come riceverli e supporto nelle pratiche amministrative.

Accesso al Sistema con una sola valutazione

S’intende semplificare l’attuale pletora di valutazioni delle condizioni degli anziani, troppe e non connesse tra loro. L’accesso allo SNA è determinato dalla sola Valutazione Nazionale di Base (VNB), che assorbe le diverse valutazioni nazionali esistenti e definisce la possibilità di ricevere le prestazioni statali. Alla VNB è collegata la successiva valutazione multidimensionale territoriale, di competenza di Regioni e Comuni, per ottenere le prestazioni di loro responsabilità: svolta la prima, gli anziani sono indirizzati alla seconda, che parte dalle informazioni raccolte in precedenza.

Nuova domiciliarità: unitaria, appropriata e continua

La permanenza a casa degli anziani non autosufficienti rappresenta la priorità dello SNA. In questa prospettiva, si prevedono tre mosse per superare le attuali criticità dei servizi domiciliari. Primo, assicurare risposte unitarie da parte di Comuni e Asl. Secondo, offrire un appropriato mix di prestazioni: medico-infermieristico-riabilitative, di aiuto all’anziano nelle attività fondamentali della vita quotidiana e di affiancamento a familiari e badanti. Terzo, garantire l’assistenza per il tempo effettivamente necessario, stabilendone la durata in base ai bisogni di anziani e familiari.

Residenzialità del futuro

Per poter assistere in modo appropriato gli anziani che non è possibile seguire a domicilio, i servizi residenziali richiedono un’azione di aggiornamento sostanziale. Si vuole garantire la dotazione di personale necessaria – per numerosità e competenze – a rispondere opportunamente ai diversi bisogni. S’intende assicurare la qualità degli ambienti di vita, privilegiando modelli costruttivi e organizzativi amichevoli, domestici e familiari, la tutela dei diritti e della privacy. Si prevede l’integrazione delle residenze con le comunità locali e con l’intera filiera dei servizi del territorio.

Accompagnamento per tutti, più equo e più appropriato

L’obiettivo primario dello SNA è la costruzione di un sistema di servizi integrato e omogeneo su tutto il territorio nazionale. La riforma dell’indennità di accompagnamento, tramutata nella prestazione universale per la non autosufficienza, si inscrive a pieno titolo in questa prospettiva. La prestazione conferma l’universalismo, mantenendo la possibilità di riceverla esclusivamente in base al bisogno di assistenza. Incrementa l’equità, graduando l’ammontare in modo che aumenti al crescere di tale bisogno. Migliora l’appropriatezza, prevedendo la scelta tra l’utilizzarla come contributo economico o per ricevere servizi alla persona, e incentivando questi ultimi.

Riforma a misura delle famiglie

Il sostegno ai familiari che si prendono cura degli anziani non può restare una questione settoriale ma deve rappresentare un obiettivo che attraversa l’intera architettura dello SNA. I nuovi interventi sono stati disegnati in tale ottica; ne è un esempio la previsione di un’assistenza a domicilio che garantisca un appropriato pacchetto di prestazioni e una durata adeguata. Nondimeno, si prevedono specifiche misure rivolte ai familiari quali supporto psicologico, forme di conciliazione tra impegni di cura e di lavoro, tutele previdenziali e altre.

Assistenti familiari non più ai margini

La riforma deve collocare la figura delle assistenti familiari (“badanti”) all’interno dello SNA. Da un lato, prevedendo incentivi economici per lo svolgimento della loro attività in modo regolare. Dall’altro, mettendo a punto un profilo professionale nazionale che precisi l’insieme di competenze necessarie e il relativo iter formativo. L’obiettivo è un lavoro di cura di qualità, per chi lo compie e per chi lo riceve.

 

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