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Il welfare aziendale non è sicuramente il tema centrale di questa tornata elettorale. Eppure alcuni dei principali partiti politici lo citano in maniera più o meno esplicita nei propri programmi, avanzando proposte per rafforzarlo. In questo senso, immaginando che il prossimo Governo – qualunque sarà – andrà a intervenire in questo ambito, appare utile fare il punto sull’attuale legislazione del welfare aziendale e immaginare cosa potrebbe essere fatto per migliorarlo, guardando in particolare alla dimensione più prettamente sociale, spesso indicata anche come “nobile”. Di seguito trovate le nostre riflessioni su questo tema, qui invece è disponibile la nostra “agenda” sui principali temi sociali che andranno affrontati nella prossima legislatura.

Il welfare aziendale nei programmi elettorali

Tra le forze politiche che parlano di welfare aziendale all’interno dei loro programmi ci sono i partiti della coalizione di Centro-Destra. Fratelli d’Italia evidenzia genericamente la volontà di potenziare il welfare aziendale e, al tempo stesso, innalzare la soglia di detassazione dei fringe benefit1. Forza Italia invece, nella sezione “Difesa del lavoro, dell’impresa e dell’economia” dell proprio programma, sostiene di volere la “defiscalizzazione e incentivazione del welfare aziendale, anche attraverso detassazione e decontribuzione premi di produzione e buoni energia”. Nel programma della Lega non si menziona invece esplicitamente il welfare aziendale; si parla però di incentivi per la sperimentazione di nuove forme di flessibilità nell’organizzazione di lavoro e dell’istituzione di un riconoscimento per le aziende più family-friendly. Noi con l’Italia propone di tagliare il cuneo fiscale e favorire il welfare aziendale, in particolare per favorire la costruzione e la gestione di asili nido aziendali a disposizione del territorio.

I partiti della coalizione di Centro-Sinistra fanno invece più volte riferimento alla conciliazione vita-lavoro più che al welfare aziendale in senso stretto. Il Partito Democratico sostiene la “promozione dello smart working, anche ai fini di favorire le esigenze di conciliazione dei tempi di vita e lavoro”. Inoltre, nel programma del PD si parla della volontà di rimodulare l’IRES, l’Imposta sui Redditi delle Società, in modo da premiare quelle imprese che investono verso azioni sostenibili e ESG (ambientale, sociale, governance). Come abbiamo evidenziato anche nel nostro Quinto Rapporto, il welfare aziendale può sicuramente rientrare in questo genere di policy. Anche gli altri partiti della coalizione – +Europa, Verdi e Sinistra Italiana e Impegno Civico – fanno tutti riferimento all’incentivazione di modelli organizzativi e di strumenti in grado di valorizzare l’autonomia personale e il work-life balance.

Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, nella versione estesa del programma elettorale si legge che “occorre incentivare le imprese ad attuare il welfare aziendale e dare premialità alle aziende che all’interno della propria attività di impresa intervengono con misure di welfare aziendale per i propri dipendenti e le loro famiglie (bonus solidarietà; assistenza sanitaria; sussidio allo studio per figli dipendenti)”. Si parla inoltre di voler sostenere l’iniziativa dell’impresa nel campo del welfare in modo particolare quando questa riguarda il miglioramento psicofisico dei lavoratori – ad esempio attraverso lo sport – e l’erogazione di servizi per l’infanzia o fondi per gli asili nido.

Infine, nelle proposte della lista che raggruppa Italia Viva e Azione il welfare aziendale trova spazio in due occasioni. La prima è relativa all’attuazione del Family Act: in questo caso si sottolinea come per il Terzo Polo sia centrale ampliare i servizi e le prestazioni erogabili dalle imprese attraverso il welfare aziendale. Inoltre – nella sezione “Fisco” – si propone un “incremento a 2.000 euro (rispetto agli attuali 600) dell’ammontare dei benefici (c.d. fringe benefits) concessi dalle aziende ai propri dipendenti”. Si sottolinea poi come questa azione sia un intervento di sostegno sia alle imprese che vogliono investire nel welfare, sia al Terzo Settore, il quale “gioca un ruolo importante nella offerta di tali servizi, e ampliare la dimensione dei benefits significa dunque favorire il non profit”.

Spunti da cui partire

Come mostra questa veloce analisi dei programmi elettorali dei principali partiti, con ogni probabilità, qualsiasi sarà il prossimo Governo, il welfare aziendale nella prossima Legislatura avrà un ruolo molto più centrale.

In realtà già negli ultimi anni il Legislatore ha incentivato il ricorso al welfare aziendale per sostenere imprese e lavoratori, specialmente tramite degli incentivi sui fringe benefit, ma gli interventi sono stati frammentati e di diversa natura.

Nel 2020, con il cosiddetto Decreto Agosto (DL n. 104/2020) il parlamento decise di “raddoppiare” la soglia di defiscalizzazione dei fringe che – fino al 31 dicembre di quell’anno – salì a 516,46 euro. La cosa si ripetè nel 2021, questa volta attraverso il cosiddetto Decreto Sostegni (n. 73/2021), quando venne di nuovo raddoppiata la soglia, sempre fino alla fine dell’anno. Nei mesi scorsi il Legislatore ha scelto invece di aumentare per il 2022 la soglia dei fringe benefit fino a 600 euro (a cui si possono sommare anche 200 euro “extra” di buoni carburante); al contempo è stata introdotta la possibilità di utilizzare questa cifra anche per pagare le utenze domestiche per acqua, luce e gas. Anche in questo caso la norma si esaurirà a fine anno.

Seppur in maniera non coordinata, il Legislatore è dunque intervenuto sulla normativa che regola il welfare aziendale per dare un aiuto concreto a imprese e lavoratori che – dopo quella del Covid – si trovano oggi a dover affrontare le sfide del caro-vita e del caro-energia.

Idee e proposte per il prossimo Governo

In vista delle elezioni e quindi di una nuova legislatura sarebbe però importante tornare a riflettere sul ruolo sociale del welfare aziendale. Come appena detto, negli ultimi anni il dibattito istituzionale e parlamentare si è limitato ai soli fringe benefit e alla loro “soglia” di deducibilità. Senza peraltro riuscire a dare stabilità alle misure individuate. A parere di chi scrive meriterebbe attenzione anche quello che diversi operatori indicano ormai come “welfare aziendale nobile”, ovvero quello maggiormente collegato ai bisogni di welfare dei cittadini.

Ovviamente i fringe sono uno strumento cruciale per sostenere gli investimenti nel welfare e, al contempo, promuovere nuovi consumi. Ma come abbiamo spesso sottolineato è rischioso “ridurre” il welfare aziendale a questo tipo di interventi – che solitamente consistono in buoni spesa e buoni carburante – che seppur importanti per le famiglie, specialmente a fronte dell’aumento del costo della vita, poco hanno a che fare con prestazioni di natura più prettamente sociale.

In questo senso possono essere immaginati alcuni interventi per limitare questo rischio. Il primo è quello di facilitare la fruizione di prestazioni e misure sociali e sanitarie ricorrendo proprio ai fringe benefit. Inserendo queste voci tra quelle che possono usufruire del vantaggio fiscale, si potrebbe ad esempio promuovere la nascita di veri e propri “voucher welfare” o “welfare card” destinati all’acquisto diretto ed esclusivo di servizi sanitari, per i figli e la famiglia o per il sostegno a familiari anziani e non autosufficienti. Ma anche. uscendo leggermente dal solco del welfare “puro”, per la mobilità sostenibile, ovvero interventi che hanno quindi un impatto ambientale e sociale positivo e che non sono una mera “compensazione” della retribuzione.

Di seguito, sarebbe interessante valorizzare le professionalità del welfare e le pratiche legate all’ascolto dei bisogni. Grazie alla normativa si potrebbe favorire così l’introduzione nelle aziende (o a livello territoriale) di figure professionali – come il Welfare Manager o l’Assistente sociale di fabbrica – che puntano a “facilitare” l’attivazione di misure di welfare attente ai bisogni dei lavoratori. Incoraggiando appunto la dimensione sociale.

Gli incentivi potrebbero poi essere introdotti anche per chi investe in formazione continua, in misure di flessibilità organizzative (come lo smart working) e nel welfare aziendale territoriale. Rispetto a quest’ultimo punto, potrebbe essere determinante prevedere sgravi fiscali e incentivi per quelle imprese che fanno welfare “in rete”, anche e soprattutto con il territorio.

In questo caso si fa riferimento a quelle iniziative che – attraverso la contrattazione, la collaborazione tra le parti sociali e la costituzione di reti di impresa o multi-stakeholder – puntano a coinvolgere il tessuto economico locale, il Terzo Settore e l’attore pubblico, allo scopo di creare servizi per i lavoratori, le loro famiglie e, in alcuni casi, anche per il territorio.

 

Note

  1. I fringe benefit sono una vasta gamma di servizi e soluzioni che le imprese possono destinare ai propri dipendenti, godendo di specifici benefici fiscali. La norma prevede una soglia di detassazione per i fringe benefit, pari a 258,23 euro l’anno. Questa sogli è stata “raddoppiata” nel 2020 e nel 2021; è salita a 600 per il 2022. Tra le formule più comuni ci sono: card acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online), buoni benzina, beni e servizi connessi allo sviluppo della mobilità sostenibile, polizze assicurative.