Quali nessi esistono tra il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e l’impact investing? Il PNRR può essere il banco di prova per la finanza a impatto italiana? E, se sì, in quali ambiti sarà più facile vederlo? Per cercare di rispondere a queste domande Social Impact Agenda per l’Italia (SIA) sta realizzando una serie di paper scritti da esperti italiani del tema.

Dopo avervi raccontato del primo tassello di questo lavoro di riflessione, dedicato alle principali sfide e opportunità di questo binomio, di seguito proponiamo una sintesi del nuovo paper di SIA: “Welfare e sostenibilità sociale: da un’Europa più sociale al PNRR, un’occasione per migliorare i sistemi di cura e prossimità“, curato da Giuseppe Guerini. Cooperatore sociale, già Presidente di Federsolidarietà Confcooperative, attualmente Guerini è componente del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), dove si occupa prevalentemente di economia sociale, mercato e innovazione, e Presidente di CECOP-CICOPA, la confederazione europea delle cooperative industriali di servizi e delle cooperative sociali.

Il tema della cura e l’Europa

La sua lunga esperienza in ambito europeo permette all’autore di prendere in esame un tema centrale per il futuro del Vecchio Continente: la capacità dei sistemi di welfare di affrontare le sfide socio-demografiche in atto e, in particolare, di saper innovare i servizi di cura e assistenza.

Per affrontare la questione, Guerini mette in evidenza alcuni dati sui bisogni (oggi 30,8 milioni di persone in UE necessitano di assistenza di lungo periodo e entro il 2050 saranno più di 38 milioni), sulla mancanza di personale qualificato (mancherebbero all’appello oltre 7 milioni di posti di lavoro nell’ambito della cura), e sulle discriminazioni di genere insite nell’attività di cura (quasi 7 milioni di donne non accedono al mercato del lavoro perché assorbite da compiti di cura familiari). Tali problematiche si sono esacerbate con la pandemia, durante la quale si è resa ancora più evidente l’importanza dei servizi di cura rivolti persone fragili.

A fronte di questa situazione, le istituzioni europee hanno accelerato il proprio impegno per la realizzazione di una “strategia europea della cura“. In questo senso, Guerini cita l’approvazione nel maggio 2021 del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (approfondito da Secondo Welfare nella serie “Europa Sociale”) e soprattutto delle scelte assunte con la programmazione 2021-2027 e Next Generation EU. Questa mole enorme di risorse – oltre 1.800 miliardi di euro – rappresenta una sfida enorme per l’Unione e soprattutto per l’Italia. E la riorganizzazione del sistema nazionale di cura rappresenta ovviamente una sfida nella sfida.

Spendere bene per spendere di più. E meglio.

L’autore spiega che il combinato disposto del Pilastro Sociale, della nuova programmazione e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (il PNRR, declinazione nazionale del Recovery Plan previsto da Next Generation) rappresenta un’opportunità anche sul fronte dell’impact investing.  Se l’obiettivo è spendere al meglio le risorse appare fondamentale ricorrere a strumenti di valutazione che permettano di monitorare l’effettiva allocazione e, soprattutto, verificare che le risorse siano impiegate in maniera efficace e generativa per ambiente e società.

Una corretta misurazione dell’impatto sociale offrirebbe infatti garanzie di trasparenza che possono generare fiducia e suscitare l’interesse degli investitori privati (anche verso ambiti che non sono tradizionalmente oggetto di investimento privato) e consentirebbe quindi di attrarre nuovi capitali necessari al sostegno delle politiche di welfare. Come sottolinea Guerini “una maggiore capacità di quantificare e rendere evidenti i risultati è indispensabile per potere affiancare alle risorse pubbliche anche lo sviluppo di una finanza sostenibile e interessata agli impatti sociali, che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella mobilitazione delle risorse private necessarie per conseguire risultati in materia di sostenibilità sociale e ambientale”. 

Secondo l’autore, gli investimenti privati e socialmente sostenibili saranno infatti sempre più necessari per sostenere le nuove politiche di welfare e, in tal senso, lo sviluppo di una “tassonomia sociale” condivisa appare la strada privilegiata per sviluppare un “linguaggio comune e affidabile” volto ad individuare le aree in cui l’azione dei privati potrebbe portare maggiore vantaggio alla collettività. In altre parole, come abbiamo spesso avuto modo di raccontare – non da ultimo nel nostro Quinto Rapporto dedicato al “Ritorno dello Stato sociale” – in questo momento storico il Pubblico per rilanciare la propria azione deve essere in grado di attrarre nuove risorse e collaborare con attori privati.

Creare nuove sinergie

Quando parla di privati Guerini pensa soprattutto al Terzo Settore e in particolare all’imprenditoria sociale. In tal senso il Piano d’Azione per l’Economia Sociale varato nel dicembre scorso (e di cui lo stesso Guerini scrisse su Secondo Welfare qui, focalizzandosi sul tema delle piattaforme digitali) rappresenta una cornice entro cui si collocano quelle esperienze di welfare di prossimità in grado di incidere efficacemente sulla dimensione della cura e dell’assistenza.

Come spiega l’autore in un altro passaggio del paper, “ad assicurare sostenibilità al sistema di welfare italiano, non possono essere più soltanto le risorse di finanza pubblica. Serviranno nuove architetture per il finanziamento della protezione sociale, che sappiano comporre risorse pubbliche e private, ma soprattutto serviranno, nei prossimi anni, grandi capacità di innovazione e coinvolgimento della popolazione, responsabilizzazione di tutti gli attori sociali ed economici del territorio, capacità di integrazione e mobilitazione di risorse economiche e di capitale umano pubbliche e private“. Insomma, servirà investire sullo sviluppo di forme di secondo welfare.

Il PNRR e la creazione un sistema di cura sostenibile

Alla luce di quanto detto sopra, Guerini spiega che il PNRR prevede grandi investimenti sul fronte sociosanitario (in particolare nelle Missioni 5 e 6) e indica come cardini di questa azione le Case di Comunità 1 e gli Ospedali di Comunità 2

Tuttavia, anche guardando all’esperienza della Lombardia dove lo sviluppo delle Case di Comunità è stato avviato già nel 2021, Guerini mette in guardia sull’approccio previsto dal PNRR per la realizzazione di queste strutture e, più in generale, per lo sviluppo di un nuovo sistema di assistenza e cura. Mentre il Piano dedica grande attenzione alla sostenibilità nelle sue componenti ambientale e energetica, scarsa attenzione è dedicata alla dimensione sociale che, invece, appare fondamentale per lo sviluppo dei servizi di cura territoriali. In altre parole, mancando nel Piano un approccio di “sostenibilità integrale”, non viene messa in luce la necessità di realizzare una tessitura sociale che dia corpo alla dimensione comunitaria che servirebbe tanto per le Case che per gli Ospedali di comunità. Lo sviluppo di queste realtà sembra infatti essere totalmente concentrato sulle caratteristiche strutturali e organizzative eludendo, appunto, la dimensione sociale necessaria alla realizzazione di infrastrutture in grado di andare incontro realmente ai bisogni delle persone sui territori. “Con una punta di polemica” scrive Guerini “si potrebbe dire che si sono individuate per via legislativa le case e gli ospedali, ma ora serve costruire le comunità“.

Eppure i rischi di un approccio che non tenga in considerazione i “tessitori” presenti sul territorio, ovvero le realtà del Terzo Settore, le parti sociali e, in generale, i corpi intermedi che ben conoscono i bisogni e le comunità che li esprimono, sembra essere un clamoroso errore. “La comunità, infatti, è il luogo della messa in comune delle risorse e delle debolezze, la comunità nasce anche come luogo in cui l’umanità si riconosce vulnerabile e fragile. Una vulnerabilità che è connaturata alla comunità che è somma delle imperfezioni e incompiutezze umane. La comunità è luogo e dimensione che sapendo di non poter annullare le fragilità deve farci i conti e deve misurarsi con l’incertezza”. Non coinvolgerla per co-progettare e co-produrre servizi esplicitamente dedicati ad essa appare pertanto privo di senso.

Nelle proprie conclusioni, Guerini indica anche la strada da seguire per iniziare questo lavoro sinergico. Una “maggiore apertura da parte di Regioni e Enti Locali che hanno in capo l’implementazione di questi progetti” favorirebbe il coinvolgimento “di enti di Terzo Settore interessati a sviluppare una logica di impatto sociale“, di “imprese ordinarie che potrebbero beneficiare di un’offerta socio sanitaria di prossimità da inserire nei loro piani di welfare aziendale“, e potrebbe attrarre anche “l’interesse da parte di mutue, assicurazioni e investitori della finanza d’impatto“.

Le condizioni per realizzare un nuovo sistema di assistenza e cura

Ma concretamente come si possono creare le condizioni necessarie a sviluppare le sinergie tra Pubblico, Terzo Settore e privati, auspicate a più riprese nel paper, per realizzare un nuovo sistema di cura e assistenza?

Per Guerini, sentito direttamente da Secondo Welfare per approfondire questa questione, ci sono tre spazi da sviluppare in tal senso. “Il primo è quello del welfare aziendale e contrattuale che gradualmente sia crescendo e che rappresenta un interessante punto di incontro tra risorse private e servizi di welfare. Il secondo è quello delle assicurazioni e, soprattutto, quello delle mutue, verso le quali si stanno accendendo interessi crescenti sia per il versante più tipicamente sanitario sia, finalmente, per servizi di carattere assistenziale a cominciare dalle ore di lungo termine. Il terzo è quello delle partnership per infrastrutture in cui investitori sono interessati a trovare partner per la gestione“.  In tutti tre i casi, aggiunge, “serve una forte innovazione dell’approccio delle organizzazioni Terzo Settore, comprese le cooperative sociali, ancora molto condizionato dalle logiche di mercato tipiche del sistema pubblico, come appalti e concessioni, per cui gli enti di Terzo Settore appaiono ancora molto impacciati di fronte alla gestione delle domande di una clientela non “intermediata” dagli enti invitanti“.

Secondo Guerini nel nostro Paese ci sono già varie iniziative che vanno in questa direzione.Per quanto riguarda il sistema dell’economia sociale vedo cose molto interessanti proposte dalle tre mutue più dinamiche in Italia: Cooperazione Salute, Cesare Pozzo e MBA. Anche sul piano dell’housing sociale ci sono esperienze interessanti che vengono sperimentate. Penso ad esempio a REDO Sgr che sta facendo investimenti interessanti anche in parteneriato con enti di Terzo settore. Sul welfare aziendale, invece, un esempio molto “localizzato” di piccole dimensioni ma che offre spunti interessanti è quello realizzato a Bergamo da Welfare Lynx, un progetto gestito dai consorzi delle cooperative sociali che sta interagendo in modo positivo col sistema imprenditoriale locale”.

 

 


Memento PNRR

Quale comunità vogliamo realizzare grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? È la domanda a cui vogliamo rispondere con la serie “MementoPNRR”.


Questo contributo è realizzato grazie al sostegno di Social Impact Agenda per l’Italia.

 

 

Note

  1. Strutture sanitarie che dovrebbero promuovere un modello di intervento multidisciplinare, dove Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta lavorano in équipe, in collaborazione con gli infermieri di famiglia, gli specialisti ambulatoriali e altri professionisti sanitari, stando il più vicino possibile ai bisogni del territorio e delle sue comunità. Clicca qui per approfondire.
  2. Strutture di ricovero della rete di assistenza territoriale che svolgono una funzione intermedia tra le cure domiciliari (legate peraltro alle stesse Case di Comunità) e il ricovero ospedaliero, garantendo posti letto per interventi e servizi a bassa intensità che comportano degenze di breve-medio termine. Clicca qui per approfondire.