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Il fenomeno della sanità integrativa continua a crescere sia per numero di iscritti che per iniziative e in assenza di dati integrati è difficile tracciarne i contorni con chiarezza.

La sanità integrativa è infatti realizzata in forme diverse, attraverso enti e soggetti disomogenei, e per conoscerla a fondo sarebbe necessario analizzare contesti apparentemente vicini ma in realtà organizzati con logiche molto differenti: il settore dei fondi sanitari iscritti all’anagrafe, gli enti bilaterali, mutualistici e del Terzo Settore che veicolano coperture sanitarie, ma anche il fenomeno in grande crescita del welfare aziendale quale forma di ulteriore finanziamento di soluzioni sanitarie e socio-sanitarie veicolate da fondi o da compagnie e providers.

Per partire da dati più precisi, anche se molto datati, è possibile isolare la nostra riflessione all’area dei fondi iscritti all’Anagrafe nella consapevolezza che questi pur non rappresentando il fenomeno sociale economico nella sua interezza, rappresentano quel nucleo duro della sanità sussidiaria regolamentata nel D.Lgs. 502/92 e poi toccata da vari movimenti normativi, in particolare la Legge concorrenza 118/2022, e dalle annunciate riforme legislative e dai processi di sperimentazione organizzativa collegati all’ormai noto progetto del “ Cruscotto delle prestazioni”.

Sono passati ormai diversi mesi dall’emanazione della Legge concorrenza 5 agosto 2022 e dei decreti ministeriali che hanno investito, seppur marginalmente il sistema della sanità integrativa. Tuttavia, a fronte di questo silenzio del nostro Legislatore e dei tempi abbastanza dilatati dei tavoli di lavoro in materia di “Cruscotto delle Prestazioni” avviati nel 2021 dall’Anagrafe dei Fondi sanitari (e ancora in corso), il fenomeno della sanità integrativa è interessato da diversi processi evolutivi. Questi si sono generati in parte in modo naturale per via della crescita dimensionale e della maturazione del settore e in parte in modo reattivo ad una serie di fattori collegati al più ampio contesto del mercato della salute privata e delle sue possibili evoluzioni. Andiamo a vederli più nel dettaglio.

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Il restyling dei fondi

In questi ultimi mesi abbiamo assistito a importanti processi di restyling delle coperture dei fondi che hanno orientato la propria operatività all’area dei grandi rischi, della cronicità, della fragilità e razionalizzato le coperture legate ai cd. rischi di frequenza (es. visite specialistiche; diagnostica ed odontoiatria).

Perché è accaduto questo? E perché molti fondi hanno avviato percorsi sfidanti e non obbligatori?

A ben vedere, questo fenomeno ha due matrici. Da un lato, l’investimento in politiche dettate dalla volontà dei fondi di operare un salto di paradigma prioritario per potere affrontare la sfida di una integrazione più chiara tra primo e secondo pilastro; dall’altro, più tecnica, legata alla sostenibilità economica sia delle gestioni dirette dei fondi che di quelle esternalizzate ai provider.

Sulle ragioni di policy che abbiano spinto i fondi ad anticipare un processo ormai delineato da tempo ma mai affermato in modo precettivo dal Legislatore e dal Ministero, ritroviamo sicuramente i numerosi input normativi finalizzati a potenziare il ruolo dei Fondi sui settori più critici del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), così come l’enfasi posta dal Legislatore (cfr. nuovo art. 9 del D.Lgs.502/92) sulla prevenzione, la cronicità, le prestazioni sociali e socio sanitarie. Un forte impulso è sicuramente dovuto anche ai numerosi studi e alle iniziative avviate anche a livello politico sulla tematica dell’invecchiamento e della salute dei cittadini (cfr. tra tutti lavori di attuazione della Legge delega 33/2023 e lavori portati avanti dalle Commissioni di Camera e Senato sul ruolo del secondo pilastro di sanità in Italia).

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Sulle ragioni tecniche invece è importante ricordare che, oltre a crescere le iniziative di welfare, crescono in modo rilevante anche le richieste di prestazione ai Fondi sanitari, che nel post-covid hanno visto aumentare esponenzialmente la loro esposizione al rischio soprattutto nelle aree più nevralgiche delle visite specialistiche, della diagnostica e della odontoiatria. I correttivi messi in campo sono stati sicuramente di natura tecnica ma molti fondi hanno virtuosamente avviato anche correttivi strategici di lungo periodo, attraverso una pianificazione sanitaria orientata a valorizzare il tema della presa in carico, dell’appropriatezza, della premialità dei piani.

Cosa significa in concreto? E da quali dati è possibile ricavare questi fenomeni in atto?

Molte di queste valutazioni emergono dalla attività quotidiana di analisi che Mefop volge a favore di molti soci e stakeholder, e che ho la fortuna di poter seguire in modo continuativo. Alcune di queste emergono in particolare dai risultati della nostra indagine annuale sui 44 fondi soci di Mefop, denimonata Survey sulla sanità integrativa , dalla quale ricaviamo dati legati all’evoluzione organizzativa, alle crescenti attività di internalizzazione del rischio e all’innovazione dei processi gestionali (sviluppo attività di presa in carico e telemonitoraggio). Molti dei dati che che emergono da questo osservatorio riflettono anche il nuovo contesto normativo, che di seguito andiamo a ricostruire.

Modifiche e innovazioni normative

Con la già citata legge annuale per il mercato e la concorrenza (legge 5 agosto 2022, n. 118) il Legislatore è intervenuto sul testo dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, che regola il funzionamento dei fondi sanitari integrativi. Da un lato lo ha fatto ampliando, in maniera esplicita, l’elenco delle prestazioni che rientrano nell’ambito di intervento dei fondi integrativi del servizio sanitario nazionale; dall’altro, riconoscendo in capo al Ministero della Salute alcune nuove funzioni di studio e ricerca, attraverso l’istituzione del nuovo Osservatorio nazionale permanente dei Fondi sanitari integrativi (Ofsi). Il nuovo testodell’articolo 9, inoltre, vede rafforzato il ruolo di monitoraggio svolto dall’Anagrafe dei Fondi sanitari.

In termini di modifiche al testo normativo, va senz’altro evidenziato l’ampliamento dell’ambito di applicazione dei fondi integrativi del SSN. Alle prestazioni di cui al comma 4 dell’art. 9, che si caratterizzano per essere aggiuntive rispetto ai Livelli essenziali delle prestazioni (LEA) e comunque integrate con il SSN, sono aggiunte infatti:

  • c-bis) le prestazioni di prevenzione primaria e secondaria che non siano a carico del Servizio sanitarionazionale;
  • c-ter) le prestazioni di long term care (LTC) che non siano a carico del Servizio sanitario nazionale;
  • c-quater) le prestazioni sociali finalizzate al soddisfacimento dei bisogni del paziente cronico che non siano a carico del Servizio sanitario nazionale, ferma restando l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 26 della legge 8 novembre 2000, n.

Queste prestazioni oltre ad aggiungersi al novero delle prestazioni tipiche dei cd. Fondi doc, ampliano anche le prospettive dei Fondi sanitari sostitutivi andando per la prima volta a riferirsi a classi di prestazioni strategiche per il ruolo sussidiario svolto dai Fondi. Il riferimento alla prevenzione, alla cronicità e alla non autosufficienza, infatti, è la precisa conseguenza di un monito legislativo (si pensi al Patto per la salute, al PNRR ma anche al Reporting System 2021 dell’Anagrafe dei Fondi sanitari) e sostanzia di fatto una prassi in cui i fondi sanitari stanno attribuendo un’importanza notevole a queste aree di rischio.

Figura 1. Copertura di non autosufficienza e modello di gestione. Fonte: Survey sulla sanità integrativa, Mefop

Sempre rimanendo sul tema prestazionale, deve essere messa in evidenza anche la nuova formulazione del comma c-ter). Per la prima volta si fa riferimento alla categoria delle prestazioni di “Long term care” in una visione ampia che comprende tutte le prestazioni, sociali, sociali a rilevanza sanitaria e sanitarie a rilevanza sociale (peraltro con specifico riferimento contenuto nelle Premesse al decreto ministeriale 30 settembre 2022) di lungo-assistenza e non si limita al concetto di prestazioni socio sanitarie, ancora oggi contenuto nell’art. 2, comma 2 lett.d del DM 27ottobre 2009, relativo alle cd. prestazioni vincolate. La nuova definizione consente di dare la giusta collocazione alle prestazioni di natura sociale come le rendite di non autosufficienza, che sono, tra l’altro, le prestazioni piùdiffuse nel sistema dei Fondi sanitari.

Figura 2. Offerta di copertura aggiuntiva legata alla fragilità. Fonte: Survey sulla sanità integrativa, Mefop

L’enfasi posta sulla natura socio sanitaria delle prestazioni contenute nel 20% di prestazioni vincolate ha spinto molti fondi a ragionare su possibili aperture al modello del servizio socio-sanitario in affiancamento al modello assicurativo. Tra i fenomeni tracciati nelle nostre indagini emergono inoltre anche interessanti iniziative sul versante della cronicità e della prevenzione.

Figura 3. Copertura di non autosufficienza e modello di gestione. Fonte: Survey sulla sanità integrativa, Mefop.

Sullo sfondo di questo processo si evidenzia un generale interesse del settore per la valutazione dei modelli gestionali in essere e della loro governance; in particolare, sono sempre di più i fondi che si dotato di consulenze professionali in ambito sanitario, gestionale e attuariale. L’evoluzione organizzativa in atto è sicuramente trainata anche dai progetti su cui è impegnato il Ministero della salute, primo tra i quali il citato “Cruscotto delle prestazioni dei fondi sanitari”, che si seguito si approfondisce.

Completare lo scambio dati con l’Anagrafe dei Fondi sanitari: il Cruscotto delle prestazioni

Il Cruscotto viene istituito, ai sensi dell’art. 2 del DM 30 settembre 2022, per rispondere all’esercizio delle funzioni di monitoraggio sui Fondi sanitari e con la finalità di identificare, in maniera specifica e univoca, le singole prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogate dai Fondi sanitari integrativi, attestati dall’Anagrafe Fondi sanitari del Ministero della salute, nonché i costi sostenuti e le varie tipologie di cittadini che ne possono usufruire. L’obiettivo è quello di ampliare il novero delle informazioni relative alla qualità delle prestazioni e al livello dei servizi assicurato dai Fondi.

Tale flusso informativo, definito cruscotto di monitoraggio, è inserito nella piattaforma del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) e si interfaccia con il Sistema Informativo Anagrafe dei Fondi sanitari (SIAF). A regime, dunque, si instaurerà uno scambio di informazioni costante e continuo tra fondi e SSN; i dati inseriti dai primi potranno essere valutati non solo ai fini di controllo ma anche in vista della futura attività di programmazione sanitaria. Una programmazione che per la prima volta riconosce un peso specifico al sistema di prestazioni oggi garantito dai Fondi sanitari ai propri iscritti.

Ai sensi dell’art. 4 del decreto, “l’implementazione della funzione di monitoraggio … è avviata in forma sperimentale per la durata di due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto“. Successivamente (e dunque entro il 16 luglio del 2025), i dati indicati nel precedente articolo 3 diverranno condizione per l’iscrizione all’Anagrafe dei Fondi sanitari, unitamente alla documentazione prevista dal decreto ministeriale 31 marzo 2008, così come modificato dal decreto ministeriale 27 ottobre 2009.

I problemi della sanità e i fondi integrativi

Particolare rilevanza assume l’art. 3 del decreto nella parte in cui cristallizza le principali aree di prestazione che sono mappate nell’ambito del cruscotto e annuncia la definizione di una serie di indicatori che verranno definiti dall’Anagrafe dei Fondi sanitari. Proprio il contenuto di tale norma potrebbe creare alcune preoccupazioni nel sistema dei Fondi sanitari sostitutivi di cui all’art. 51, comma 2, lett. a del TUIR.

Seppur consapevoli del valore strategico della condivisione dei dati tra pubblico e privato, infatti, molti fondi leggono nel criterio di classificazione delle prestazioni adottato un modello non immediatamente applicabile al loro settore. La preoccupazione in particolare è legata al rischio di poter consegnare dati non “sicuri” perché elaborati su prassi che non tenevano in considerazione i criteri di tassonomia del sistema pubblico (mappatura delle prestazioni tra opzione LEA ed EXTRA LEA, vedi infra) e che in alcuni casi scontano meccanismi tecnici come quelli assicurativi che non sono facilmente riassumibili in una partita doppia di entrate e di uscite (si pensi al problema della quantificazione delle riserve accantonate dai fondi per la gestione dei grandi rischi, ai fini riassicurativi e di stabilità o delle rendite di non autosufficienza e dei premi versati ai provider per le stesse ragioni…).

Tali dubbi emergono dalla lettura dell’articolato, che sul punto è molto schematico, e dalla precedente scheda cruscotto diffusa dall’Anagrafe; in entrambi gli schemi la prima richiesta che viene fatta ai fondi è quella di classificare tutte le prestazioni in relazione all’afferenza all’area dei nuovi LEA di cui al DPCM 12 gennaio 2017.

L’intento della norma è abbastanza chiaro e meritevole di attenzione; tuttavia, il sistema dei fondi sostitutivi fino ad oggi ha attuato una programmazione sanitaria che non si basa su quella LEA ed EXTRA LEA del SSN ma costruisce il piano in relazione al fabbisogno sanitario della popolazione di lavoratori o di iscritti, premurandosi di mantenere fermo il solo limite relativo alle cd. prestazioni vincolate nei limiti del 20% (cfr. art.2, comma 2, lett. d) del DM 27 ottobre 2009).

Una classificazione che invece parta proprio dall’indicazione degli ambiti LEA, potrà essere adottata solo inseguito ad una decisa modifica degli assetti organizzativi e informativi dei Fondi. Inoltre, questo adattamento potrebbe scontare difficoltà non trascurabili, generando importanti punti di rottura e modifica delle stesse regole di ingaggio degli iscritti. La questione è vieppiù complessa nei fondi che siano anche enti bilaterali e in cui le regole diingaggio siano state definite in sede contrattuale collettiva, spendendo la capacità contrattuale delle parti sociali e alimentando legittime aspettative da parte dei lavoratori interessati.

La complessità di questo percorso è però mitigata dalla gradualità con cui si sta portando avanti l’iniziativa di sperimentazione che auspichiamo possa smussare le criticità operative necessarie all’implementazione del progetto e soprattutto possa aumentare i livelli di conoscenza e comunicabilità tra sistema sanitario nazionale e fondi sanitari integrativi.

 

Foto di copertina: Generata con DALL·E di OpenAI su prompt di Secondo Welfare