Approfondire le diverse dimensioni delle disuguaglianze legate all’accesso al lavoro e alla qualità delle opportunità occupazionali, analizzando come queste si intersechino, si sommino e si sovrappongano in alcuni gruppi sociali più svantaggiati, come madri lavoratrici poco qualificate, persone con disabilità e disoccupati di lungo periodo. È questo il focus di CITILab, progetto di ricerca che intende mettere in relazione queste dimensioni con le capacità istituzionali e di governance dell’investimento sociale a livello locale, nella consapevolezza che nelle città occorra una strategia basata su misure integrate e complementari per rispondere alla complessità di queste situazioni. Per farlo, il progetto sta lavorando in ottica comparata su due grandi centri urbani europei: Milano e Amsterdam. Di seguito si propongono alcuni degli spunti emersi analizzando la condizione del lavoro femminile nel capoluogo lombardo.
Il contesto: l’occupazione femminile a Milano
In Italia, nel 2022, il tasso di occupazione nella fascia d’età 20-64 anni è del 55% per le donne e del 74,7% per gli uomini (Istat 2023). Nella Milano delle opportunità e dell’innovazione, le donne hanno un tasso di occupazione ben più alto della media italiana e in dieci anni, tra il 2010-2020, il divario di genere sia per l’occupazione a tempo pieno che part-time, è diminuito (fig. 1).
Il dato più recente, quello del 2023, registra su Milano 1.507.000 occupati, di cui 692.000 sono donne, il 65,8% (Camera del Lavoro Metropolitana di Milano 2024, CGIL Milano 2024). Il capoluogo lombardo rappresenta dunque un contesto virtuoso a livello italiano in tema di occupazione femminile.
Tra quantità e qualità del lavoro: cosa nascondono i dati
È solo approfondendo il contesto metropolitano, attraverso il dialogo con gli attori del territorio che si occupano quotidianamente di occupazione femminile, che emerge con chiarezza che, malgrado i primati nazionali, le donne a Milano fanno ancora molta fatica a stare nel mercato del lavoro e non lo fanno alle stesse condizioni degli uomini.
Una delle sfide principali è rappresentata dal part-time, spesso involontario. La forma contrattuale a tempo ridotto è infatti molto più diffusa tra le donne, mentre gli uomini hanno contratti prevalentemente a tempo pieno. A gennaio 2024, a Milano il lavoro part-time rappresenta il 29% circa per le donne rispetto al 14% circa degli uomini (Istat 2024). Questa disparità contribuisce ad accrescere il divario di genere su più fronti e, come è noto, spesso dipende dalla necessità delle donne di conciliare le responsabilità lavorative con quelle familiari, in particolare la cura dei figli, l’assistenza ai componenti anziani, malati o con disabilità della famiglia – attività di cura, non retribuita, ancora fortemente sbilanciata sulle donne.
Le politiche di conciliazione tra famiglia, lavoro e servizi per l’infanzia
Lavorando meno ore rispetto agli uomini, le donne guadagnano meno in termini di retribuzione oraria. I lavori a tempo parziale, inoltre, possono offrire meno opportunità di progressione di carriera rispetto ai lavori a tempo pieno. Le donne che lavorano a tempo parziale possono trovarsi a sviluppare meno competenze e ad acquisire meno esperienza rispetto ai loro colleghi uomini che lavorano a tempo pieno, il che potrebbe influenzare negativamente la loro capacità di avanzamento professionale e di accesso a posizioni più remunerative nel lungo termine. Le lavoratrici a tempo parziale potrebbero avere accesso limitato a benefici aziendali e incentivi finanziari come bonus, aumenti di stipendio o contributi pensionistici. Questi vantaggi, spesso legati alla durata e all’intensità del lavoro, potrebbero non essere disponibili per i lavoratori a tempo parziale o essere ridotti in proporzione al numero di ore lavorate.
Le donne, infine, sono spesso sovra-rappresentate in settori e ruoli lavorativi che offrono più spesso opportunità di lavoro part-time, come il settore dei servizi, dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione. Questi settori tendono anche ad avere retribuzioni medie inferiori rispetto ad altri settori dominati dagli uomini, il che amplifica la disparità salariale complessiva tra i generi.
Un dato che si collega a quanto riportato sopra riguarda il lavoro fuori città. Le donne a Milano sono più inclini a lavorare all’interno dei confini metropolitani rispetto agli uomini, i quali tendono invece a cogliere le opportunità di lavoro anche fuori dai confini metropolitani (Istat 2022). Questa tendenza si spiega, di nuovo, alla luce della necessità per le donne di conciliare il lavoro con gli altri impegni familiari.
Oltre ai numeri incoraggianti che rendono Milano una delle città più virtuose in Italia in tema di opportunità lavorative, l’attenzione alla qualità del lavoro – ovvero alle condizioni del lavoro disponibile, al tipo di contratto, livello di retribuzione, sicurezza sul posto e del posto di lavoro, le opportunità di sviluppo professionale, l’accesso a diritti – è dunque indispensabile per comprendere le diverse difficoltà e gli svantaggi “cumulati” dalle donne, che sommano più fattori che influenzano negativamente la loro partecipazione lavorativa.
Molti progetti, ma senza un coordinamento
Per comprendere la dimensione qualitativa dell’occupazione femminile a Milano, il progetto di ricerca CITILab, finanziato da Fondazione Cariplo, ha portato avanti nell’ultimo anno oltre 60 interviste a soggetti appartenenti sia a enti pubblici locali che del Terzo Settore, come Città Metropolitana, Comune di Milano, sindacati, associazioni datoriali del territorio.
In questo quadro molte sono le iniziative mappate volte a rafforzare le competenze delle donne con basse qualifiche e ad intercettare quelle che non hanno un lavoro e che non riescono a beneficiare delle politiche pubbliche. Un esempio è ‘COB23’, progetto istituito nel 2023 nell’ambito del Patto per il Lavoro del Comune di Milano il cui target sono le donne di età compresa tra i 39 e i 44 anni, fuori dal mercato del lavoro; queste persone vengono contattate telefonicamente con offerte di percorsi di orientamento e di formazione, finalizzati al collocamento e alla riduzione del lavoro nero.
Per ridurre gli stereotipi di genere servono dati e monitoraggio delle politiche
Molte però sono anche le criticità emerse, in particolare l’assenza di un coordinamento tra le varie iniziative e gli attori coinvolti, e la mancanza di un reale orientamento di genere nelle politiche locali che, al di là della retorica, supportino concretamente le scelte occupazionali delle donne. La carenza di servizi di cura pubblici, di supporto alla famiglia, di assistenza all’infanzia e agli anziani resta un fattore chiave nella riproduzione delle disuguaglianze di genere, contribuendo anche ad incrementare il lavoro nero delle donne e l’impossibilità di aderire ai programmi di formazione. Le questioni legate al tema della cura e dell’infanzia non sembrano essere una priorità del governo locale, che non ha messo in campo una strategia di pianificazione, investimento e coordinamento tra i diversi attori e settori per sviluppare politiche coerenti in questo ambito e con un reale impatto.
Cosa fare?
Che cosa si può fare, dunque, per migliorare la condizione lavorativa delle donne a Milano?
La risposta chiama inevitabilmente in causa la politica e deve obbligatoriamente fondarsi su un insieme di strumenti che, in modo complementare e sinergico, investano sul potenziale delle donne e le liberino dal carico di lavoro di cura. Si tratta quindi, da un lato, di un cambio di rotta nell’offerta di servizi di cura – per l’infanzia in particolare -, coordinato con interventi in altri ambiti, ovvero percorsi di formazione finalizzati all’aumento del capitale umano delle donne, mirati a costruire quelle competenze necessarie sul mercato del lavoro. Bisogna inoltre favorire l’implementazione di politiche di supporto nella ricerca di occupazione.
Questo richiede la collaborazione tra i vari livelli di governo e tra gli attori del territorio (istituzionali e non) nella realizzazione di questi ‘pacchetti’ di politiche. In un territorio ricco di opportunità, di enti di Terzo Settore e di risorse economiche, come quello di Milano, lo sviluppo di questi strumenti sinergici può rappresentare una svolta significativa nel miglioramento delle condizioni lavorative e di vita delle donne.
CITILab è un progetto finanziato da Fondazione Cariplo e realizzato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università Milano-Bicocca in collaborazione con l’European University Institute di Firenze. Per saperne di più clicca qui. |
Per approfondire
- CGIL Milano (2024), Milano al lavoro, 26 marzo 2024.
- Istat (2024), Occupati e disoccupati. Dati provvisori, Gennaio 2024.
- Istat (2023), Rilevazione sulle forze di lavoro.
- Istat (2022), Sistema Statistico Integrato del comune di Milano 2022
- Istat (2020), Sistema Statistico Integrato del comune di Milano 2020
- Scalise G. e Hemerijck A. (2022), Subnational Social Investment in Three European Cities: An Exploratory Comparison, in “Journal of Social Policy”, 53(2), pp. 530-550.
- Ufficio Mercato del Lavoro – Camera del Lavoro Metropolitana di Milano (2024), Milano al lavoro. News, approfondimenti, stime. Raccolta 2023, CGIL Milano.