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Esiste un punto di contatto tra welfare e cultura? Le agenzie culturali e le biblioteche in particolare possono fungere da ponte con la comunità, non solo in ambito culturale ma anche sociale? La relazione tra cultura e sociale può sviluppare rapporti in grado di alimentarsi a vicenda?

Proviamo a rispondere a queste domande attraverso l’analisi di un’esperienza sviluppata dalla rete BAM – Biblioteche Area Montebellunese nella biblioteca comunale di Montebelluna, in provincia di Treviso, che grazie a un progetto pilota si è fatta portavoce delle istanze di neogenitori del suo territorio di riferimento. L’articolo indaga la concretezza del concetto di welfare socioculturale e il suo potenziale innovativo.

Pratiche di welfare socioculturale

Partiamo dall’inizio: cosa si intende per welfare socioculturale?  

“L’espressione […] indica un nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute di individui e comunità, attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale”. […] Sperimentato da almeno tre decenni soprattutto nei Paesi scandinavi, nel Regno Unito e più di recente in Canada, il Welfare culturale presuppone una relazione sistemica e sistematica di collaborazione fra professionisti di discipline diverse e, soprattutto, una integrazione di scopo fra i sistemi istituzionali della salute, delle politiche sociali e quello delle arti e della cultura.” .

Nella definizione proposta da Cicerchia, Rossi Ghiglione e Seia (2020), riferita al “solo” welfare culturale, risalta l’integrazione di varie discipline che perseguono l’obiettivo di sostenere il benessere delle persone. Ciascun ambito disciplinare apporta il proprio contributo per creare una relazione integrata, duratura nel tempo e in grado di rispondere alla multidimensionalità di aspirazioni e bisogni che le persone nei contesti di vita esprimono.

Il concetto di welfare socioculturale è ancora più ampio: include anche la produzione di attività e prodotti culturali da parte dei soggetti coinvolti attraverso lo sviluppo di molteplici collaborazioni nella comunità come suggerito dal Piano strategico partecipato del Multiplo Centro Cultura del Comune di Cavriago (Multiplo, 2023).

In questo perimetro, Secondo Welfare si sta occupando di welfare socioculturale guardando ai nessi tra le diverse e numerose declinazioni della cultura con la tutela del benessere complessivo della persona, al fine di permetterne un empowerment solido e continuativo, puntando la propria attenzione soprattutto sui luoghi – come biblioteche, centri culturali e poli museali – in grado di generare e rafforzare questa sinergia.

Dentro l’esperienza di Montebelluna

 

Entrando più nel concreto, per dare conto della concretezza e dell’applicabilità della prospettiva promossa attraverso interventi di welfare socioculturale, vogliamo documentare l’esperienza della biblioteca di Montebelluna che coordina i servizi e le iniziative delle biblioteche del territorio e promuove il coinvolgimento di soggetti pubblici – tra cui servizi sociali, sanitari, scuole – e soggetti privati, promuovendo un’azione globale e integrata. La biblioteca si è fatta portatrice dei temi sostenuti dal movimento delle biblioteche sociali (Anzivino et al., 2021), offrendo spazi, momenti aperti e inclusivi, e dando voce ai bisogni e alle esigenze della propria comunità.

Abbiamo avvicinato l’esperienza montebellunese attraverso una ricerca esplorativa nell’ambito del corso Costruire progetti e interventi nel welfare locale, proposto dal Corso di Laurea magistrale in Metodologia, Organizzazione e Valutazione dei Servizi Sociali (MOVASS) del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento.

Abbiamo svolto una prima ricognizione bibliositografica e abbiamo raccolto una serie di informazioni puntuali che hanno fatto emergere come oggetto di ricerca il coinvolgimento dei cittadini sul tema della genitorialità in rapporto con la comunità all’interno del contesto culturale. Abbiamo quindiconcordato un’intervista con Mirca Da Riva, coordinatrice della biblioteca di Montebelluna e della rete BAM. Sulla scorta di quanto raccolto, attraverso la ricerca esplorativa condotta, abbiamo redatto questo contributo.

Il progetto “Genitori Adesso”

Ad attirare la nostra attenzione è stato soprattutto il progetto “Genitori Adesso”, nato dalla sollecitazione emersa dal percorso di formazione realizzato nell’ambito dei Laboratori BiblioSociali che hanno proposto in una prima fase seminari e incontri di confronto con bibliotecari e con altri attori della comunità e in seguito hanno promosso la costruzione di un progetto che attivasse il territorio.

L’idea della rete BAM è stata quella di riprendere il progetto nazionale Nati per leggere, adattandolo alle nuove esigenze post pandemiche, con l’obiettivo di rilanciarlo per farlo ri-fruttare. Sulla scorta della formazione realizzata, bibliotecari e bibliotecarie hanno deciso di cambiare la fase iniziale di progettazione. L’intuizione è stata quella di non partire dal punto di vista tecnico e professionale – biblioteconomico – ma di ascoltare direttamente i genitori dei bambini della fascia 0-3 anni, un target avvicinabile in modo proficuo da tutte le biblioteche coinvolte nella rete BAM, che ha consentito di ampliare la portata del progetto. Infatti, trattandosi di una sperimentazione, è stata scelta una fascia di genitori propositiva e facilmente coinvolgibile nel processo di emersione dei bisogni. La presenza nelle biblioteche di servizi specifici (ludoteche, incontri di confronto strutturati, letture guidate…) per questa fascia di genitori si è rivelato un elemento di facilitazione.

Nella prima edizione pilota di “Genitori Adesso” sono stati coinvolti, sul lato del Pubblico, assessori e assessore, assistenti sociali dei Comuni di Montebelluna, Pederobba, Segusino e Valdobbiadene. Hanno preso parte agli incontri anche due operatori del Servizio di Promozione della Salute dell’ULSS 2 Marca Trevigiana, che hanno portato la loro esperienza e competenza nella gestione dei gruppi e nell’identificazione di esigenze e idee da sviluppare.

Il progetto si è poi sviluppato in due momenti di coinvolgimento. Il primo ha previsto la somministrazione di un questionario conoscitivo ai genitori già coinvolti dai progetti “Mamma Chioccia”, progetto svolto nei comuni di Montebelluna, Valdobbiadene e Vidor, e “Primi passi” svolto nel comune di Pederobba; entrambi i progetti si occupano della fascia 0-3 anni e sono gestiti dalla Cooperativa Kirikù negli spazi delle biblioteche. Il questionario è stato predisposto a più mani dal gruppo di lavoro composto da bibliotecari/e e da assistenti sociali dei comuni coinvolti. Sulla base delle informazioni raccolte, il gruppo di lavoro ha predisposto alcune domande guida presentate in un momento successivo:

  1. Quali luoghi/spazi vorresti poter frequentare assieme ai tuoi figli? In una città “a misura  di famiglia” cosa non dovrebbe mancare?
  2. Quali attività vorresti poter fare con i tuoi figli? Come genitori quali proposte vorreste ricevere dal vostro Comune? Quali “nuovi” modi di stare bene nella tua comunità?

Il secondo momento si è svolto con un World Cafè1 coordinato dagli operatori dell’ULSS, che ha permesso di fare emergere i bisogni delle venti famiglie che hanno preso parte all’incontro. Per consentire il coinvolgimento dei genitori alle attività è stato attivato uno spazio anche per i loro figli, con letture e spettacoli. Gli esiti del momento di confronto sono stati poi condivisi con le Amministrazioni pubbliche aderenti. Inoltre alcuni genitori hanno chiesto di poter continuare a lavorare e dare il proprio contributo su queste tematiche in fase di progettazione offrendo la loro disponibilità a partecipare a tavoli tecnici. Le proposte emerse dai due momenti di coinvolgimento e la stessa metodologia adottata hanno consentito di chiedere un finanziamento alla Regione Veneto per estendere momenti di partecipazione e ulteriori  iniziative negli altri Comuni della Rete BAM.

La rete BAM nel 2023 e nel 2024 ha proposto laboratori per genitori e bambini 0-3 anni nell’ambito delle iniziative Nati per leggere e Nati per la musica in tutte le biblioteche, attraverso i cicli di incontri Biblio-Filò. Tante coccole tra musica e parole e Leggo – Racconto con te, e forse un pochino di me. Nel 2024 sta ampliando le attività di formazione per neogenitori e genitori in attesa dei Comuni di Altivole, Asolo, Cornuda, Crocetta, Montebelluna, Pederobba, Segusino, Trevignano, Valdobbiadene, Vidor, Volpago, con modalità e risorse differenti.

Inoltre a fine maggio/inizio giugno 2024 sono in programmazione:

  • due incontri per genitori/educatori serali su Nati per leggere e Nati per la musica con i pediatri e le conduttrici dei laboratori Biblio-Filò e Leggo-racconto con te;
  • Ulss riuscirà a prevedere formazione operatori del sociale, sanitari e bibliotecari, museali promossa dall ULSS 2 Marca Trevigiana.

Elementi salienti del progetto “Genitori Adesso”

Riportiamo di seguito gli spunti e le proposte salienti emerse dall’esperienza di coinvolgimento dei genitori: la propositività che nasce dall’ingaggio e dall’ascolto delle persone interessate, l’importanza del lavoro di rete, le opportunità che si aprono adottando una prospettiva di welfare socioculturale, le potenzialità di collaborazione e innovazione insite nei processi di coinvolgimento sociale.

Ascolto alla ricerca della propositività

Un elemento fondativo di “Genitori Adesso” è l’ascolto diretto delle persone che fruiscono degli spazi della biblioteca, un bacino naturale favorevole a questo tipo di ricerca. Come spiega Mirca Riva (i virgolettati che seguono sono suoi):

“la prima cosa che ci siamo detti, una cosa venuta fuori fortissima dal lavoro con i laboratori Biblio Sociali, è che stavolta dovevamo mettere l’ascolto all’inizio del processo, e non l’ascolto dei tecnici, perché quello già c’era. (…) No, non era questo, era partire dalle persone.”

Quindi i servizi hanno cambiato il loro punto di vista e gli interlocutori per poter rispondere ai reali bisogni delle famiglie. Si tratta di un modo diverso di intendere il proprio lavoro: non più e non solo l’utilizzo del sapere professionale, bensì una tensione animativa a valorizzare le risorse (idee, proposte, disponibilità) provenienti dai fruitori che permette di poter incontrare e connettersi con il mondo che sta al di fuori delle mura della biblioteca. Non è un modo di lavorare facile o scontato, è un approccio che richiede tempo dedicato all’azione e alla riflessione, ma che può dare un senso nuovo alle proprie pratiche professionali.

“L’ascolto dell’utenza ha una forza diversa. Sappiamo anche noi professionisti quali sono gli orari di apertura che vogliono i genitori, (…) però ha una forza completamente diversa sentirselo dire da due gruppi diversi di genitori. È una questione di ordine delle priorità: anche il tecnico, che ha seguito il progetto, di conseguenza si rivolge all’amministrazione in un modo diverso”.

Dunque, i temi emersi dall’incontro con le famiglie riportano la discussione sul servizio bibliotecario ad un piano di concretezza legato ai bisogni reali. Tale concretezza consegna alla Biblioteca un mandato di advocacy a cui non può sottrarsi soprattutto nel dialogo con le amministrazioni e con i Servizi Socio-Sanitari. Troviamo qui il primo innesto tra Cultura e Sociale: gli spazi culturali diventano luoghi per dare voce ai cittadini, trasformandosi in ambienti informali di democrazia e welfare sociale.

Saper fare rete tra servizi per rispondere alle esigenze dei cittadini

Secondo elemento fondativo di questa progettualità è l’esistenza di una rete consolidata tra biblioteche (Rete BAM) e la capacità di relazionarsi con professionisti e agenti di sviluppo del territorio, provvisti di competenze e background differenti.

“Poi la cosa molto interessante è stata che quattro Comuni hanno deciso di fare un’attività in un altro Comune. Questo è un atto di fiducia rispetto a come ragionano i Comuni normalmente e funziona solo perché alla base c’è un lavoro di rete di 15 anni. E quindi dici, ok, investiamo in questo progetto anche se si fa in un altro Comune. Non è sempre cosí, secondo la mia esperienza, se fosse stato un progetto partito davvero da zero, non si sarebbe riusciti a svilupparlo cosí.”

 La presenza di una rete storica rende solida la propria reputazione aumentando la fiducia nei propri confronti da parte di attori esterni. Il modus operandi, interno alla rete, basato su fiducia e collaborazione può stimolare dinamiche collaborative all’esterno della stessa. Di certo non basta solo la costituzione di una rete, ma risulta fondamentale la sua storicità e il modo in cui ha lavorato negli anni.

“Perché noi ragioniamo sempre così in rete: se fai un progetto sperimentale su due comuni e vedi che funziona molto probabilmente serve a tutti, perché così moltiplichiamo.”

Lavorare insieme diventa quindi un modo naturale per condividere pratiche e esperienze nuove, applicabili e estendibili anche in altri territori. È evidente quanto possa essere sterile tenere per sé idee e intuizioni senza darsi la possibilità di confrontarsi per arricchirle.

Grazie a questa dinamica tipica della rete, “Genitori Adesso” cresce, e – da progetto sperimentale – diventa base e modello per esperienze simili da realizzare in altri Comuni del trevigiano. Così l’innovazione si diffonde con passo diverso, a macchia d’olio. Questa è la forza della rete: il moltiplicare.

“Si tratta di un progetto fatto con un orecchio della cultura, un orecchio del sociale, un orecchio del sanitario, perché altrimenti ognuno sente solo quello che già conosce, su questo non ho nessun dubbio ormai.”

 L’esito positivo del progetto è stato possibile soprattutto grazie alla multiprofessionalità dell’équipe. Questa peculiarità ha permesso un ascolto ed una rielaborazione più completa delle istanze portate dalle famiglie. Ogni professionista ha contribuito ad allargare lo sguardo, portando alla luce sfaccettature diverse dei bisogni emersi. Un elemento importante per poter collaborare con attori eterogenei è riconoscere i confini della propria competenza professionale, per potersi aprire a quella altrui e valorizzare al meglio la propria specifica professionalità. Questa visione globale, favorisce l’emersione di risposte più attente alla complessità che sta dietro a ogni bisogno.

Da crisi a risorsa: ampliare le collaborazioni per estendere il welfare socioculturale

Una volta letti i bisogni, per potervi rispondere è necessario avere risorse economiche e di personale adeguate. Come fare quando non sono sufficienti?

“Noi a Montebelluna siamo aperti 47 ore e mezza a settimana; ma non il sabato e la domenica, che è quello che diverse persone chiedono, sicuramente i genitori. Quindi come facciamo a dare una risposta anche a questa richiesta non avendo risorse illimitate di personale ed economiche, sia come singole biblioteche che come rete? Questo è il problema di mettere in atto l’ascolto se poi non puoi dare risposte ai nuovi bisogni che emergono…

Una delle prime azioni è stata quella di chiederci: quali sono gli spazi culturali aperti di sabato e domenica? I Musei.

Tuttavia i servizi culturali al loro interno non sono sempre così coesi, o abituati a lavorare insieme; noi a Montebelluna lo siamo perché abbiamo un unico responsabile di servizio ed un unico dirigente, per cui dobbiamo per forza! Per lavorare con i musei è necessario costruire una prassi: non puoi pretendere di dire “sei aperto, ti porto i bambini”… Serve un altro tipo di condivisione che ha tempi e modalità non banali”.

Una soluzione alla mancanza di risorse diventa dunque la collaborazione con altri enti, che richiede tempo e lavoro ma genera nuove frontiere operative e nuovi obiettivi condivisi. Ritorna quindi la bellezza e la potenza del lavoro in rete anche nel campo socioculturale: attraverso la condivisione si aggirano le problematiche e si scoprono vie inedite per risolverle.

Innovare la capacità di comunicare per facilitare l’interazione

Dalle famiglie emerge il bisogno di una comunicazione efficace e unificata da parte delle biblioteche. Ancora una volta l’ascolto dell’utenza si è rivelato una risorsa fondamentale per l’emersione di esigenze non prese in considerazione con un approccio che proietta sugli interlocutori l’analisi dei bisogni.

“Una delle cose che ci avevano detto i genitori è che manca un sistema di comunicazione efficace, per non impazzire a cercare quello che fa una biblioteca e quello che fa l’altra… Beh noi abbiamo messo in piedi una pagina Instagram dove ci sono tutte le proposte di tutte 16 di biblioteche della rete per le famiglie…”

 Non sempre le soluzioni innovative sono difficili da attuare: a volte basta semplicemente cambiare lo sguardo per attivarle. In questo caso, la creazione di una pagina Instagram è tanto dirompente quanto banale nel 2024, ma sicuramente non è un’azione scontata. Rendere la comunicazione più snella, semplice ed efficace è fondamentale per i servizi quanto per gli utenti. Senza questa componente manca il collegamento tra le parti.

“Alla base c’è un problema, ovvero che non tutte le biblioteche hanno già un profilo Instagram, per cui dobbiamo fare un lavoro di raccolta sistematica. Io stessa che conosco queste biblioteche da 15/20 anni, non avevo realizzato la quantità di attività proposte.”

Emergono dunque due questioni. La prima riguarda l’uso dello strumento digitale, che va formato e allenato. In questo caso, il lavoro di rete e la messa a disposizione delle proprie competenze a favore di diverse audience ha permesso a tutte le biblioteche di innovare le proprie prassi comunicative e promuovere allo stesso modo le proprie attività. In secondo luogo la comunicazione rende visibile e valorizza il lavoro svolto sia nel rapporto con l’esterno, rendicontando in maniera tangibile le proposte culturali, sia all’interno attivando la riflessività e la consapevolezza del proprio operato. La comunicazione ragionata favorisce inoltre una maggiore condivisione di idee e spunti.

“Nel nostro caso, è prassi dei nostri utenti venire in biblioteca a Montebelluna per partecipare a una proposta, andare a Valdobbiadene per un’altra… La creazione di una pagina Instagram condivisa rispecchia di fatto come si muovono le persone ed è questa la differenza.”

Gestire in modo unitario la comunicazione rispecchia il modo in cui le persone intendono il territorio: non più guardando solo al proprio comune di residenza, ma aprendosi a tutte le proposte attorno a loro. Diventa quindi fondamentale anche per le biblioteche cambiare il proprio modo di pensare, aprendo i propri orizzonti di azione, di promozione e di collaborazione.

Una rete propositiva per welfare socioculturale

Cosa significa essere biblioteca sociale?

Interessanti, quindi, anche gli spunti emersi su questo nuovo ruolo assunto dalle biblioteche2.

“Un’idea di biblioteca sociale nel senso che le relazioni che esistono nella comunità, si rispecchiano all’interno della biblioteca”(…) Secondo me più piccola è la biblioteca più questa cosa la senti forte, mentre quando sei un’istituzione è anche facile chiamarsi fuori, solo che quando ti chiami fuori… “

Mirca Da Riva, nelle vesti di portavoce della Rete BAM, sottolinea poi ulteriore un passaggio importante che merita una riflessione. La biblioteca diventa specchio della realtà nella quale è inserita, e quindi luogo da dove partire per conoscere ed approfondire i mutamenti della società, delle persone che vi abitano e dei bisogni che portano con sé. Inoltre, questo costante approfondimento della realtà aumenta quando si entra in contatto con il contesto nel quale si opera: più è piccola la biblioteca maggiore sarà il senso di coinvolgimento, di partecipazione sociale.

“Non posso sostituirmi a delle precise tecniche che non ho. Ad esempio, se ci sono dei ragazzini con specifiche problematiche all’interno dei nostri spazi, che sono al limite dell’accettabilità, abbiamo bisogno che qualcuno ci dia una mano e sappia come gestire queste dinamiche. Noi non diventiamo educatori, perché non lo siamo. Devo avere qualcuno da poter chiamare, deve esserci una relazione sempre presente”.

L’idea di biblioteca sociale non deve però snaturare l’obiettivo primario della diffusione di cultura e nemmeno sostituirsi al lavoro dei Servizi Sociali o dei professionisti del settore. La biblioteca sociale si fa ponte e portavoce, creando collegamenti tra cittadini e istituzioni, ma non può portare avanti da sola interventi sociali. La dimensione del progetto condiviso, come ad esempio “Genitori Adesso”, è un modo per tenere aperta e far fruttare la relazione con gli attori del territorio. In questo modo si creano partnership più o meno formali che diventano risorsa nel momento in cui si presenta un bisogno da parte dei cittadini a cui poter dare risposta solo insieme.

“E non possiamo nemmeno chiamarci fuori in quanto cultura, perché la biblioteca si colloca in uno spazio all’interno della comunità che è anche uno spazio sociale.”

L’obiettivo di diffusione della cultura, infatti, non elimina la mission sociale di una biblioteca. Il suo essere un luogo aperto, gratuito e neutro per i cittadini la rende spazio ideale per le relazioni, intese nel senso più ampio possibile. Concentrarsi solo sulla relazione con la cultura e con il libro fa perdere di vista come essa per diffondersi abbia bisogno di relazioni sociali e di una comunità, di proposte capaci di entrare in sintonia con interessi culturali che diversi gruppi sociali portano.

Parallelamente, anche per il welfare sociale, che concentra i suoi sforzi nella relazione con le persone e nella risposta ai loro bisogni, risulta fondamentale non dimenticarsi della cultura. Essa, infatti, è un mezzo potente di emancipazione e partecipazione sociale, permettendo alle persone di creare relazioni e significati condivisi, di esprimere interessi e di esprimere creatività. Di fatto la cultura crea comunità (Carretta, 2021).

In questo senso lo spazio per far incontrare le domande sociali e le esigenze culturali è la progettazione partecipata: l’atto stesso di progettare crea rete, crea cultura, crea socialità. La progettazione partecipata e la collaborazione nel realizzare i progetti possono far incontrare e dialogare sociale e cultura, due mondi complementari tra loro. Il contatto diretto con le persone attive nel coltivare  passioni e interessi, che si impegnano a contribuire allo sviluppo di proposte culturali apre spazi di incontro, ascolto, elaborazione e riflessione. Tutti questi elementi facilitano la creazione di reti, prima sperimentali e successivamente stabili e continuative in un territorio.

Considerazioni conclusive

Quali elementi dell’esperienza di welfare socioculturale promossa dalla rete BAM possono tornare utili anche per gli operatori del sociale? Innanzitutto, uno sviluppo interessante del progetto “Genitori Adesso” è legato alla volontà delle famiglie coinvolte di partecipare attivamente ad azioni di co-progettazione per continuare a ragionare sui temi emersi nel World Caffè. Probabilmente non si sarebbe giunti allo stesso risultato senza l’ascolto e il coinvolgimento diretto dei genitori a cui si voleva rivolgere la progettualità.

La decisione di partire dal coinvolgimento diretto si è rivelata vincente, ma questo è solo l’inizio del lavoro: una volta attivate, queste nuove risorse vanno accompagnate e valorizzate. L’ascolto dell’utenza si conferma dunque un processo complesso e a volte faticoso, ma che può avere risvolti inaspettati e forse anche insperati.

Un altro elemento che emerge tra le righe di questa ricerca esplorativa  è che

“le persone sono un mix di bisogni; per cui se noi abbiamo ben presente che il nostro focus sono le persone, non possiamo rispondere a quei bisogni senza parlarci tra il sociale e culturale, è impossibile!”.

Intendere le persone come portatrici di una complessità di bisogni e non solo come semplici fruitori, richiede un cambio di passo nel modo di lavorare. Un cambiamento necessario per non vivere in una dimensione autoreferenziale e distante dalla realtà; chiusa all’interno di uffici e sale lettura che rischiano di svuotarsi sempre più. Risulta allora essenziale un reciproco riconoscimento: da parte di biblioteche, servizi sociali e Amministrazioni attraverso l’assunzione di una visione ecologica della persona; da parte dei cittadini, attraverso la riscoperta degli spazi pubblici come ambienti da vivere e fare propri.

“Genitori Adesso” rappresenta un ottimo esempio di questo duplice movimento, che si concretizza soprattutto nella sua natura multiprofessionale. Partendo da una visione ecologica della persona, non si può che ascoltare e rispondere ai bisogni in modo complesso. Questo non è possibile attraverso un solo approccio disciplinare, non è possibile se si scinde sociale, culturale e sanitario. Fare rete tra servizi, collaborare e condividere saperi, rendere i propri confini permeabili, aprire ai fruitori dei servizi, diventa un modo per rispondere al senso di impotenza che può scaturire di fronte all’emersione di domande e esigenze complesse, che richiedono spesso risorse materiali e immateriali difficili da reperire da soli.

 

Per approfondire

Note

  1. Cos’è un World Cafè? Si tratta di una metodologia partecipativa utilizzata per facilitare il dialogo e il confronto tra gruppi di persone su temi specifici. È un approccio che favorisce la condivisione delle idee, la costruzione di conoscenze collettive e la generazione di soluzioni innovative attraverso conversazioni strutturate e informali. Le sue caratteristiche principali sono: la realizzazione in un ambiente informale e accogliente, come un caffè, per creare un’atmosfera rilassata e inclusiva; la realizzazione di conversazioni a piccoli gruppi su una serie di domande predefinite; la scelta di domande focalizzate per stimolare la riflessione e il dialogo su temi chiave; la condivisione delle idee emerse nei singoli gruppi con tutti i partecipanti; la presenza di un facilitatore che guida l’interno processo.
  2. Un tema che Secondo Welfare ha recentemente affrontato insieme agli esperti dei Laboratori Bibliosociali, che lo hanno approfondito in 5 articoli dedicati ai nessi tra biblioteche e welfare, alle esperienze internazionali, ai rischi e opportunità di una svolta sociale ad alcuni casi italiani e a come sostenere il cambiamento
Foto di copertina: Jessica Ruscello su Unsplash