L’articolo che segue è parte di “Allargare lo sguardo sulla conciliazione”, dispensa che raccoglie approfondimenti tematici per i partecipanti del modulo formativo “Rinnovare le RTC: reti e nuove logiche per innovare i servizi locali” realizzato da WorkLife Community.

Promuovere la parità di genere all’interno delle nostre società non è un processo lineare. Nonostante i passi fatti negli ultimi 65 anni a livello europeo (ne abbiamo parlato qui), sono tanti gli ambiti della vita in cui persiste un divario di genere.

L’European Institute for Gender Equality, organismo autonomo dell’Unione Europea che vuole contribuire a rafforzare e promuovere la parità di genere, ogni anno pubblica un report sulla parità di genere. Quest’anno ha messo in luce anche il tema della Long Term Care, l’assistenza alle persone anziane non autosufficienti, in relazione al periodo pandemico. Abbiamo analizzato quindi il Report Gender Equality Index 2022: The COVID-19 pandemic and care per capire come a che punto sta la parità di genere in questo ambito.

Che cos’è la Long Term Care?

Secondo la definizione fornita dal Comitato per la Protezione Sociale della Commissione Europea (2014), per Long Term Care (LTC) si intendono una serie di servizi e assistenza forniti a persone che, a seguito di fragilità mentale, fisica o disabilità per un esteso periodo di tempo, necessitano di aiuto per svolgere le loro attività quotidiane o hanno bisogno di cura sanitaria permanente.

Sono formali le attività LTC fornite dai “professionisti della cura” in vari luoghi, come all’interno dell’abitazione della persona assistita, o in strutture semi-residenziali. Sono, invece, informali le attività di LTC non retribuite o svolte da altri familiari all’interno di quello che possiamo definire lavoro domestico o di cura. Noi abbiamo dedicato un focus al tema, rilevante a livello nazionale.

Il 7 settembre 2022 la Commissione Europea ha presentato la European Care Strategy con l’obiettivo di stabilire un programma volto a migliorare la situazione dei e delle caregiver così come quella delle persone da loro assistite. La raccomandazione prevedeva, infatti, che gli Stati membri elaborassero dei piani d’azione nazionali per rendere l’assistenza a lungo termine, più disponibileaccessibile e di migliore qualità per tutti.

Il Focus di Secondo Welfare sulla Long Term Care

Ci stiamo occupano sistematicamente della riforma del sistema della non autosufficienza. Lo facciamo pubblicando ogni settimana articoli e interviste che aiutino a capire meglio le diverse questioni che riguardano la Long Term Care. Sono tutti qui.

Il Report di EIGE

Come emerge nel Report, in media in Europa circa un terzo degli uomini (31%) e delle donne (30%) tra i 20 e i 64 anni svolgono compiti di cura informale per familiari, parenti o amici, indipendentemente dal fatto che condividano la stessa abitazione. Il Report dell’European Institute of Gender Equality presenta alcuni dati che – ad un primo impatto – sembrano andare contro tendenza. Parlando dei soggetti che svolgono in via maggioritaria i compiti di cura, infatti, ci si aspetterebbe uno squilibrio tra i generi che invece non c’è.

Bisogna tuttavia considerare che, oltre a variare a seconda dei Paesi considerati, il dato medio sottende e “oscura” delle differenze che sono molto più sottili del semplice dato statistico. Abbiamo provato, quindi, ad analizzare altri indici che tengono conto di altri aspetti della vita quotidiana delle persone coinvolte nell’indagine per comprendere meglio la situazione:

  • il coinvolgimento nella cura dei figli;
  • l’impegno nel mondo del lavoro;
  • il benessere individuale e la salute mentale.

Andiamo a vederli nel dettaglio. Spoiler: il gap nella cura c’è.

Childcare: carichi diseguali

7 uomini e donne su 10 che offrono servizi di LTC informale si occupano anche di childcare. Prendersi cura di figlie e figli occupa del tempo che si va a sommare a quello già investito nella cura di persone non autosufficienti. Emerge qui una prima disuguaglianza. Andando infatti ad osservare la distribuzione dell’assistenza e della supervisione di figli, figlie e nipoti in base al genere del caregiver, vediamo che per i minori di età compresa tra 0 e 11 anni è il 52% delle donne ad affermare di prendersene cura in maniera autonoma (completamente o principalmente), contro il 23% degli uomini. Particolarmente interessante risulta anche notare che questi numeri non hanno subito variazioni durante la la pandemia.

Inoltre, tale divario di genere si ripresenta anche quando vengono considerati figli, figlie e nipoti di età compresa tra i 12 e i 17 anni: il 45% delle donne se ne occupa completamente o principalmente in autonomia contro il 18% degli uomini, i quali per di più registrano un dato inferiore di un punto percentuale rispetto al periodo pandemico (19%).

C’è anche chi lavora, e chi no

Volgendo lo sguardo al secondo punto, possiamo osservare che solamente il 68% delle donne tra i 20 e i 64 anni che svolgono LTC hanno anche un lavoro, nella cui definizione vengono ricompresi apprendistati retribuiti, stage, tirocini o lavori autonomi. Lo stesso dato, invece, sale all’80% per quanto riguarda gli uomini. Se guardiamo, inoltre, alle ore lavorate, gli uomini tendono a dedicare più tempo al lavoro delle donne: mentre il 70% degli uomini ha un lavoro di 31 o più ore settimanali, questo vale solo per il 63% delle donne.

Infine, interessante risulta essere un dato del report che evidenzia come all’aumentare delle ore lavorate, gli uomini siano più propensi delle donne a rivolgersi a servizi formali di LTC – un dato che non può evitare di farci riflettere su quanto è probabile che, ancora oggi, sull’accesso ai servizi formali di LTC e sullo svolgimento del lavoro di cura in generale, siano influenti gli stereotipi di genere che le descrivono come mansioni “naturali” per le donne.

Salute mentale

Queste considerazioni incidono direttamente sul terzo punto su cui siamo in grado di osservare la disparità di genere, ossia la salute mentale della persona che garantisce la cura. Dalle domande riguardanti il tempo libero emerge che, durante la pandemia, le donne più degli uomini non hanno mai dedicato tempo a eventi pubblici, sport, attività varie, hobby o volontariato; inoltre, quando anche ciò avviene, le donne prendono parte ad attività individuali o sociali lo comunque meno frequentemente degli uomini (86% per gli uomini e 79% per le donne).

Interessante notare come questi risultati siano connessi a doppio filo con quelli sul ricorso a servizi esterni (formali o informali) di LTC, poiché un maggiore ricorso a tali servizi permette un maggiore tasso di partecipazione e di frequenza ad attività individuali e/o sociali, indipendentemente dal genere.

L’altra faccia della medaglia: servizi formali scarsi e poco accessibili

I problemi, tuttavia, non riguardano soltanto le vite e le motivazioni delle persone che si rivolgono o meno ai servizi formali di LTC. Il report EIGE, infatti, sottolinea come nonostante una crescente domanda di servizi adeguati e (economicamente) accessibili, questi rimangano ancora decisamente scarsi in molti Sati membri dell’Unione.

Questo fatto si deve principalmente alla mancanza di caregiver professionali, causata da vari motivi tra cui registriamo la scarsa attrattività delle condizioni lavorative riscontrabili nel settore, spesso caratterizzate da una retribuzione inadeguata e un’elevata intensità di lavoro, attributi che si accompagnano a orari di lavoro atipici e ambienti sociali di difficile gestione.

Tali questioni si ripropongono forse anche con maggiore problematicità quando si considera che alcuni caregiver professionali devono svolgere il proprio lavoro all’interno delle abitazioni delle persone assistite, luoghi che proprio in virtù della loro natura “privata” sono tra i meno regolamentati e meno facili da raggiungere dai soggetti preposti alla verifica del regolare svolgimento delle attività lavorative – ad esempio, in Italia, l’Ispettorato del Lavoro. Inoltre, è sempre la dimensione “privata” non solo delle abitazioni, ma anche del lavoro di cura in sé che incidono fortemente e favoriscono il ricorso al lavoro irregolare o nero.

Il pane e le rose: come favorire il lavoro dignitoso nel settore domestico

Questi temi si legano a doppio filo all’altra questione centrale quando si guarda ai servizi formali di LTC, ossia l’accessibilità economica. il 49% dei nuclei che avrebbero bisogno di accedere a servizi di LTC domiciliari, ad esempio, non vi fa ricorso proprio perché non è in grado di sostenerne il costo. Una simile situazione, oltre a favorire il ricorso al (più economico, ma pur sempre dispendioso) lavoro nero, favorisce soprattutto il ricorso ai servizi informali (e quindi non retribuiti) di LTC.

Osservando questi dati non possiamo che sottolineare la necessità di promuovere una cultura della condivisione dei carichi di cura. Stando alla situazione attuale, infatti, alle donne vengono richiesti maggiori sforzi nel bilanciare la vita privata con quella lavorativa, ma anche nel mantenimento del proprio benessere psico-fisico. E per sdoganare questa situazione la cura formale deve essere accessibile a tutte le persone che ne necessitano.

Foto di copertina: Philippe Leone su Unsplash