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Nell’autunno 2019 la Regione Liguria ha promosso un bando per realizzare 18 sportelli territoriali di quartiere. Questi servizi – presieduti da “maggiordomi di quartiere” – rappresenteranno per il tessuto locale dei punti informativi presso cui trovare risposta a piccole esigenze ordinarie; potranno inoltre essere inseriti in progetti e reti di welfare aziendale e territoriale. Gli sportelli, finanziati con risorse provenienti dal Fondo Sociale Europeo, saranno avviati a partire dal mese di settembre.

La sperimentazione genovese

In questi anni di crisi e rinnovamento del welfare nazionale e locale sono numerosissime le sperimentazioni avviate, specialmente nel campo del welfare aziendale, territoriale e di prossimità. Rientra fra queste l’esperienza del maggiordomo di quartiere, promossa nell’estate 2019 a Genova, dal Comune in collaborazione con Confindustria e Confesercenti e implementata dalla cooperativa sociale Agorà (ne avevamo parlato qui).

L’esperienza genovese prevedeva l’impiego di un’edicola abbandonata in una zona densamente abitata del centro storico ed era finanziata con risorse del Dipartimento nazionale per le Pari Opportunità attraverso la Regione Liguria: il progetto si proponeva, infatti, anche di favorire la conciliazione tra vita e lavoro. L’edicola è diventata un punto di riferimento per diverse funzioni: ricevimento corrieri per negozi e condomini; sostegno ad abitanti anziani (per esempio con consegna spesa a domicilio, piccole manutenzioni e commissioni); cura e pulizia degli spazi comuni; cura di piccoli animali domestici in assenza dei padroni; informazioni su baby-sitter, assistenti familiari e colf; informazioni turistiche e sulla vita sociale del quartiere (dove mangiare, dove fare shopping e compiere altre attività della vita quotidiana). A queste funzioni si aggiungeva poi la possibilità di svolgere piccole commissioni a favore di commercianti, lavoratori e professionisti della zona; questo aspetto configurava il maggiordomo di quartiere come un vero e proprio servizio di welfare aziendale a favore di lavoratori che accedono con difficoltà a questa opportunità (piccoli commercianti, PMI, professionisti, lavoratori autonomi).

Le novità previste dal bando regionale

La sperimentazione genovese si è conclusa, come previsto, alla fine dell’estate 2019. Tuttavia la Regione ha valutato positivamente l’iniziativa decidendo di destinare 2 milioni di euro alla realizzazione di progetti simili su tutto il territorio ligure. Il bando è stato pubblicato nell’autunno del 2019 e, pur avendo registrato alcuni ritardi a causa della pandemia di Covid-19, i risultati sono stati pubblicati a fine maggio. I progetti saranno avviati subito dopo l’estate e saranno operativi per 18 mesi.

Il tratto distintivo è lo stesso della sperimentazione di Genova: la prossimità. Come ha spiegato l’assessora regionale alle politiche sociali, Sonia Viale, “il progetto mira a individuare e dare risposta a esigenze piccole e particolari, che però spesso incidono in modo rilevante sulla vita delle persone”. Il progetto – ha proseguito Viale – si propone di “ritagliare su misura quasi sartoriale piccoli servizi, nell’ottica di quella sussidiarietà orizzontale di cui spesso parliamo ma che le amministrazioni hanno difficoltà a rendere operativa nel sostegno alle fasce più deboli”.

Le risorse economiche messe a disposizione provengono dal Fondo Sociale Europeo e sono riconducibili all’asse di intervento “Inclusione sociale e lotta alla povertà”. Il bando regionale è dunque stato redatto in coerenza con questo obiettivo e, oltre a promuovere una migliore conciliazione tra vita privata e vita lavorativa, si impegna a favorire e rafforzare l’occupabilità di soggetti in temporanea difficoltà economica tramite il ricorso a tirocini e inserimenti lavorativi. Oltre alle attività che erano previste nella sperimentazione genovese è dunque stato aggiunto un intervento di selezione, accompagnamento, formazione e inserimento lavorativo per persone in condizioni di vulnerabilità. Saranno queste persone a svolgere concretamente le funzioni del maggiordomo di quartiere.

I partenariati alla base dei progetti sono composti necessariamente da un soggetto del Terzo settore – in qualità di capofila – e da un ente di formazione accreditato per l’erogazione dei servizi al lavoro; tra i possibili componenti delle reti figurano anche imprese private in forma singola o associata, istituti di credito e loro fondazioni, comuni singoli e associati o altri enti pubblici. I maggiordomi opereranno presso 18 sportelli fissi o diffusi (cioè servizi che si muoveranno tra due Comuni vicini), di cui cinque a Genova e due nell’area metropolitana.