Recentemente il nostro Laboratorio ha pubblicato il rapporto di ricerca “Un welfare aziendale ‘a filiera corta’. Attuale sviluppo e possibili evoluzioni in provincia di Siena”, firmato da Valentino Santoni, Federico Razetti e Franca Maino.

L’obiettivo dell’indagine, promossa dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, è stato quello di esplorare lo sviluppo attuale del welfare aziendale nella provincia senese e le sue possibili evoluzioni. L’indagine ha inteso perciò scattare una fotografia aggiornata del fenomeno nel Senese, ma anche mappare il posizionamento dei principali stakeholder territoriali sul tema – in modo particolare del mondo della cooperazione sociale – anche alla luce della crisi pandemica da Covid-19.

I risultati ottenuti e i principali concetti utilizzati (tra cui quello di welfare aziendale “a filiera corta”) sono sintetizzati nelle slide utilizzate dai nostri ricercatori nel corso dell’evento di presentazione della ricerca, tenutosi lo scorso 4 febbraio. Potete scaricare le slide a questo link.

 


Un concetto sostenibile

La ricerca si è incentrata sul concetto di welfare aziendale “a filiera corta”. Con questa espressione ci riferiamo a una forma di welfare aziendale fortemente aperta al territorio, incline ad attivare filiere di produzione di valore capaci di mettere a sistema le risorse locali (a partire da quelle del Terzo Settore) e innescare circoli virtuosi di sviluppo (sociale ed economico) in una prospettiva sostenibile e inclusiva, coerente con quella dell’Agenda 2030 promossa dall’ONU.

Organizzazioni orientate al territorio

In questa direzione, alla responsabilità sociale d’impresa e al welfare aziendale più comunemente inteso si va infatti affiancando anche un welfare aziendale maggiormente orientato ad aprirsi al territorio e ad attivare filiere di produzione di valore (economico e sociale) corte. Soprattutto in tessuti produttivi frammentati e dispersi (come quello senese e, più in generale, quello italiano), tale prospettiva sembra agevolata dall’adozione di strumenti – dalla contrattazione collettiva interaziendale al contratto di rete, dalla bilateralità alla contrattazione territoriale, dalla costruzione di reti e partnership multiattore alla co-progettazione e co-gestione di servizi territoriali – che consentano alle imprese di aggregare competenze e risorse economiche per sostenere la progettazione e l’implementazione di piani di welfare, coinvolgendo una molteplicità di soggetti pubblici e privati, parte di un dato territorio.

Contesti favorevoli all’innovazione

Il territorio, nella prospettiva qui proposta, non è da intendersi come un piano cartesiano o un semplice contenitore, ma come un sistema complesso, fatto di risorse (economiche, organizzative e ideative) e di relazioni (più o meno consolidate, più o meno cooperative) fra i diversi stakeholder che lo popolano. Come sta mostrando anche l’emergenza pandemica in corso, i territori possono inoltre rivelarsi contesti potenzialmente favorevoli all’innovazione, in termini di attivazione di progettualità e collaborazioni multi-attore capaci di mobilitare risorse aggiuntive e/o di rendere più efficiente l’utilizzo di quelle già esistenti (pubbliche e private, in una logica aggregativa e inclusiva) proprio nelle aree di bisogno più scoperte. Nel territorio così inteso i piani di welfare in azienda – se generati e condivisi attraverso la collaborazione fra gli attori del territorio stesso – possono essere considerati alla stregua di un “bene collettivo prodotto localmente”.

Per approfondire queste tematiche, di seguito vi lasciamo il link alla ricerca qui descritta e la recente intervista al presidente della Fondazione MPS dedicata proprio ai temi del welfare e dell’innovazione sociale.