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Dopo la recente approvazione del decreto “PNRR quater,  i consultori familiari sono stati uno dei temi  al centro del dibattito pubblico e politico, in particolare per l’emendamento sulla presenza delle associazioni “pro-vita” al loro interno. La questione ha il merito di avere riacceso i riflettori su un servizio che, benché centrale per alcune questioni di massima importanza oggi – come il supporto alla natalità, alla tutela della donna e dell’infanzia – è stato negli anni complessivamente depotenziato e messo in discussione a vari livelli.

Da un lato, per effetto dei tagli e della razionalizzazione della spesa pubblica, i consultori sono stati spesso ridotti a erogatori di prestazioni ambulatoriali. Dall’altro, in virtù di un’interpretazione molto ampia del supporto alla famiglia, hanno visto un allargamento delle funzioni di carattere sociale e di sostegno alla fragilità che ne hanno talvolta minato carattere e funzioni originarie.

Nell’articolo che segue facciamo il punto su questi aspetti, immaginando anche quello che potrebbe essere il futuro dei consultori.

Da dove si parte

I consultori, istituiti dalla Legge 29 luglio 1975, n. 405, sono servizi di prossimità multidisciplinari a tutela della salute della donna, del bambino, della coppia e famiglia. Nascono in un periodo di rivendicazioni femminili e di ridefinizione – tanto sul piano del diritto quanto su quello culturale – del concetto di famiglia, di cui sono in qualche modo espressione. La Legge 405 attribuiva loro compiti di vario tipo quali:

  • l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità  responsabile;
  • la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte  dalla coppia e dal singolo in ordine alla  procreazione responsabile;
  • la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;
  • la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi e i farmaci adatti;
  • l’informazione e l’assistenza riguardo sterilità, infertilità e la procreazione medicalmente assistita;
  • l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare.

Le funzioni dei consultori si sono ampliate con l’approvazione della Legge 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Ad essi è stato attribuito il compito di:

  • assistere le donne che decidono di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, informandole sui propri diritti e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali offerti dalle strutture che operano sul territorio;
  • contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna a interrompere la gravidanza;
  • fornire alla donna che abbia deciso di interrompere la gravidanza il documento/certificato necessario per l’intervento o indicare altre strutture dove poterlo ottenere;
  • fornire alla donna le informazioni necessarie riguardanti le strutture territoriali dove ottenere l’intervento ed eventualmente sulle tecniche utilizzate.

Nel 2000, il Progetto obiettivo materno infantile (Pomi) dell’Istituto Superiore di Sanità ha ribadito il ruolo strategico dei consultori familiari nella promozione e tutela della salute della donna e dell’età evolutiva. Infine, nello stesso anno, le linee guida sull’interruzione volontaria di gravidanza, che hanno eliminato l’obbligo di ricovero per l’aborto farmacologico, hanno previsto che esso possa avvenire anche nei consultori familiari. Tuttavia, secondo gli ultimi dati disponibili, solo in 3 regioni questo è possibile (e peraltro solo in alcuni consultori e con criteri piuttosto restrittivi).

​​Uno sviluppo incompiuto e diseguale

Secondo l’indagine più recente, pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia i consultori sono in numero insufficiente rispetto al potenziale bisogno, soffrono carenze di personale e presentano forti differenze territoriali, essendo stati realizzati con tempi e modalità diverse in seguito all’approvazione delle relative leggi regionali. Dai 2.097 del 2007 i consultori sono scesi oggi a circa 1.800. In media, si tratta di 1 consultorio ogni 35.000 abitanti, sebbene siano raccomandati nel numero di 1 ogni 20.000. Solo in 5 regioni e una provincia autonoma il numero medio di abitanti per consultorio è compreso entro 25.000, con bacini di utenza per singolo consultorio tendenzialmente più ampi al Nord rispetto al Centro e al Sud (Figura 1).

Figura 1. Numero medio di residenti per sede consultoriale (diffusione dei CF). Fonte: Istituto Superiore di Sanità (2019).

Le quattro figure professionali su cui si concentrano i consultori sono ginecologo/a, ostetrica, psicologo/a e assistente sociale. Come avviene per molti altri servizi sanitari e sociali però la loro presenza è sotto-dimensionata: rispetto allo standard di riferimento, il valore medio delle ore di lavoro settimanali è inferiore a 7 ore per la figura del ginecologo, a 14 ore per l’ostetrica, a 3 ore per lo psicologo e a 26 ore per l’assistente sociale (Figure 2 e 3).

Si registra inoltre una grande variabilità interregionale, con un Nord molto concentrato sui servizi ostetrico-ginecologici e un Sud dove ha molto più spazio la dimensione sociale. Infatti, qui il numero medio di ore degli assistenti sociali (14 ore) è quasi doppio rispetto al Centro (8 ore) e al Nord (9 ore). Questi dati suggeriscono un maggior coinvolgimento dei servizi consultoriali nella risposta ai bisogni sociali nelle regioni del Sud. In altre parole, contesti caratterizzati da maggiore vulnerabilità e problematiche sociali, vedono anche i servizi consultoriali orientarsi verso risposte che vanno oltre la sfera sanitaria e socio-sanitaria.

Figura 2. Media delle ore lavorative settimanali di Ginecologi e Ostetriche per 20.000 residenti (Per la Lombardia e la P.A. di Bolzano è incluso anche il privato accreditato). Fonte: Istituto Superiore di Sanità (2019).
Figura 3. Media delle ore lavorative settimanali di Psicologi e Assistenti sociali per 20.000 residenti (Per la Lombardia e la P.A. di Bolzano è incluso anche il privato accreditato). Fonte: Istituto Superiore di Sanità (2019).

Tra sociale e sanitario: quale equilibrio?

I consultori sono luoghi multidisciplinari, che integrano servizi sanitari e sociali. Tale integrazione, necessaria per le problematiche trattate, pone tuttavia alcune questioni.

La prima è relativa al peso che la dimensione sociale e quella sanitaria acquisiscono nei consultori, e il delicato equilibrio che si crea tra i relativi servizi.  I consultori nascono con l’obiettivo di promuovere la salute sessuale, riproduttiva e relazionale del singolo, della coppia e della famiglia attraverso interventi socio-sanitari. Chiaramente questi obiettivi sono connessi a dinamiche culturali, sociali e familiari. La consapevolezza di questa multidimensionalità ha negli anni allargato lo spettro di azione dei consultori, tanto più alla luce dei cambiamenti culturali e demografici, dei flussi migratori e della complessità delle condizioni di vulnerabilità che inevitabilmente si riflette anche su questi servizi. Tuttavia l’ampliamento dei servizi non deve snaturarli, rendendoli delle “succursali del servizio sociale”, e cioè dei luoghi dedicati alla gestione di problematiche e pratiche amministrative afferenti alla sfera dei servizi sociali. Come visto sopra, l’assistente sociale è molto presente al Sud, dove il numero medio di ore degli assistenti sociali è molto più alto rispetto al Centro e al Nord.

Case della Comunità: obiettivi e percorsi di integrazione socio-sanitaria condivisi

Un caso particolarmente emblematico è però quello lombardo. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, le disponibilità della figura del ginecologo e dell’ostetrica sono fra le più basse a livello nazionale e inferiori alla media nazionale. La disponibilità della figura dello psicologo (31,2 ore) è invece la più elevata in Italia, quasi doppia rispetto alla media nazionale e quella dell’assistente sociale è superiore rispetto al valore medio nazionale. Questi dati, si legge nel rapporto, vanno letti “alla luce delle funzioni specifiche svolte da questa figura in Lombardia anche nell’erogazione di misure di sostegno economico alle situazioni di fragilità, che non ha l’eguale nel panorama nazionale”. A partire dal 2011 (DGR IX/937) infatti Regione Lombardia ha identificato i consultori quali nodi fondamentali della rete dei servizi rivolti alla famiglia, avviando un processo di revisione e ampliamento delle loro funzioni affinché diventassero “veri centri per la famiglia in grado di assicurare la presa in carico globale di tutte le problematiche che attengono le famiglie in senso lato”. La Deliberazioni della Giunta Regionale (DGR) n. 937, inoltre, ha anche avviato una fase sperimentale di ridefinizione della mission dei consultori, in esito della quale, tra le altre cose, sono state messe a sistema le funzioni di supporto psico-socioeducative. Gli stessi Centri per la famiglia, sperimentati a partire dal 2020 sempre da Regione Lombardia, vengono spesso presentati come come ampliamento dei consultori.

In cerca di un nuovo modello: le sfide aperte per il futuro del welfare lombardo

Allargare troppo i servizi offerti dai consultori, e soprattutto, sbilanciarli eccessivamente verso il sociale e la fragilità, rischia però di snaturare questi servizi, facendo perdere la loro funzione originaria. Inoltre, ci si chiede, in un contesto come quello attuale, dove la natalità è in calo, e dove i figli si fanno sempre più tardi, quale sia l’efficacia di concentrare così tanto sulla famiglia un servizio che invece oggi sarebbe urgente fosse aperto a tutti e in particolare ai più giovani – si pensi ai servizi relativi alla contraccezione, all’educazione all’affettività, alle attività di screening del tumore del collo dell’utero e della mammella e all’assistenza per problemi di sterilità e preconcezionali.

Inoltre, vi è il rischio di sovraccaricare e disorientare gli operatori, ai quali viene sempre più spesso richiesto lo svolgimento di compiti amministrativi e burocratici dovuti all’aumento delle funzioni, riducendo talvolta le loro competenze di presa in carico e di accompagnamento dell’utenza e le attività di accoglienza, ascolto e relazione.

L’integrazione con i servizi territoriali

Altra questione legata alla multidimensionalità dei servizi consultoriali è, infine, relativa a come essi si integrano con gli altri servizi offerti sul territorio. I servizi erogati dai consultori sono erogati – o almeno dovrebbero esserlo – in rete con gli altri servizi sanitari (es. ospedale, punti nascita, pediatri e medici di medicina generale, Centri per la salute mentale, Centri Procreazione Medicalmente Assistita) e socio-assistenziali del territorio (servizi sociali, autorità giudiziaria, centri antiviolenza, associazioni di cittadini e di volontariato) e con la scuola.

Il contributo di volontariato e Terzo Settore alla riforma della sanità

Secondo l’indagine dell’ISS le Regioni con alto indice di integrazione sanitaria tendono ad avere anche un elevato indice di integrazione sociale e sono tendenzialmente le Regioni del Centro-nord. La quasi totalità delle Regioni ha istituito i Comitati Percorso Nascita, che rappresentano il luogo privilegiato nel quale costruire e strutturare percorsi di integrazione tra ospedale e servizi consultoriali. Meno diffusa è la presenza di attività integrate formalizzate con gli altri servizi sociosanitari e con la comunità (terzo settore e scuola). In particolare, solo il 65% delle ASL/Distretti ha stipulato accordi formali con la scuola, un numero che andrebbe potenziato vista l’area in cui operano.

Il futuro

Il dibattito di questi giorni ha riacceso l’attenzione su un servizio che negli anni è stato – come era inevitabile – riformato, ma spesso senza un’adeguata programmazione e in maniera peggiorativa. Le scelte fatte negli anni ne hanno sicuramente minato la capacità di garantire l’applicazione della legge 194 e dei successivi provvedimenti relativi all’interruzione volontaria di gravidanza, in alcuni casi perchè gli operatori sono stati tagliati o dedicati ad altre mansioni, in altri per scelte politiche. Come spesso accade infatti, non è solo la norma a sancire un diritto, ma il sussistere delle condizioni effettive perché esso possa essere applicato.

Tuttavia, il dibattito sui consultori non deve ridursi al loro ruolo nella gestione dell’interruzione volontaria di gravidanza, poiché essi hanno funzioni importanti anche in altri campi, come la contraccezione, la prevenzione delle malattie, l’educazione all’affettività.

Ciò su cui si dovrebbe riflettere è quindi come attualizzare questi enti mettendoli nelle condizioni di supportare realmente le donne, le madri, i bambini, gli adolescenti e le famiglie. Il consultorio, infatti, è un servizio pubblico, in larghissima parte gratuito e con un approccio olistico a salute e benessere. In un contesto come quello attuale, caratterizzato dal calo delle nascite, da persistenti squilibri di genere e dal malessere giovanile, ce ne sarebbe un gran bisogno.

 

 

Foto di copertina: Foto di charlesdeluvio via Unsplash