L’Università degli Studi di Milano ha ospitato la 23ª Conferenza ESPAnet, il principale appuntamento europeo per studiosi e ricercatori che si occupano di politiche sociali. L’edizione 2025, svoltasi da mercoledì 27 a venerdì 29 agosto, è stata dedicata al tema “The Welfare State in the 21st Century. On the Edge of a New Era or Back to Basics?” e ha offerto un ricco programma di dibattiti, panel e presentazioni. Crisi economiche, pandemia, inflazione, invecchiamento della popolazione, trasformazioni del mercato del lavoro e dei modelli familiari: sono solo alcune delle grandi sfide che i sistemi di welfare devono affrontare in Europa e che sono state al centro dei dibattiti tra accademici.
Maurizio Ferrera, nostro Supervisore Scientifico, ha tenuto un apprezzato keynote speech, concentrandosi sulla definizione del “modello di welfare sud-europeo”, coniata quasi trent’anni fa e sulle sue implicazioni attuali. Oltre a questo intervento, il gruppo di Percorsi di secondo welfare ha contribuito alla conferenza, portando in diverse sessioni riflessioni e analisi capaci di mettere in luce nodi cruciali per l’evoluzione del welfare in Italia e in Europa. Ve le raccontiamo di seguito.
Welfare e sanità: nuove sfide dopo la pandemia
Una delle sessioni a cui ha preso parte il gruppo di ricerca del nostro Laboratorio è stata “Health Policy and Politics”, coordinata da Tamara Popic, Emmanuele Pavolini e Franca Maino. Il panel ha affrontato le grandi questioni che la pandemia ha sollevato rispetto ai sistemi sanitari, mettendo in evidenza le tensioni tra governance sovranazionale, nazionale e regionale, il cost-sharing dell’assistenza sanitaria, il ruolo del Terzo Settore, l’impatto dell’invecchiamento e delle differenze socio-economiche sulla sostenibilità del sistema sanitario e la sfida delle politiche di Long Term Care.
Marco Betti e Franca Maino hanno presentato un’analisi approfondita del Servizio sanitario nazionale (SSN) italiano nel periodo post-pandemico, soffermandosi in particolare sulla frammentazione tra modelli regionali. Lo studio ha individuato quattro diversi modelli sanitari regionali, che si differenziano per stabilità istituzionale, spesa sanitaria, mix pubblico-privato, ruolo dei medici di base e copertura dei nuovi rischi sociali, come la non autosufficienza. È emerso come le Regioni più grandi e strutturate abbiano performance migliori, mentre le aree periferiche e parte del Mezzogiorno facciano più fatica a garantire livelli essenziali di assistenza e a contenere la mobilità sanitaria. Il lavoro solleva dunque una questione cruciale: fino a che punto la regionalizzazione ha favorito equità e universalismo nel nostro SSN? E quanto è urgente un maggior coordinamento verticale e orizzontale per affrontare sfide come l’invecchiamento e le disuguaglianze di salute?
Chiara Lodi Rizzini ha invece messo a fuoco il ruolo del Terzo Settore nella medicina di comunità, tema centrale nelle riforme introdotte con il PNRR e il Decreto Ministeriale 77/2022. Il lavoro ha evidenziato come, nonostante la riforma abbia previsto un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni di Terzo Settore nella progettazione e nella co-produzione dei servizi, la loro partecipazione resti spesso limitata. Molto dipende dalle differenze territoriali: alcune regioni e comunità hanno sviluppato esperienze virtuose di governance collaborativa, mentre altrove il Terzo Settore continua a essere considerato principalmente un fornitore di servizi. La ricerca mostra come la qualità del capitale sociale locale, la storia cooperativa pregressa e la chiarezza del quadro normativo facciano la differenza, generando un vero e proprio mosaico di soluzioni territoriali.

Infine, Valeria De Tommaso ha presentato uno studio sulle politiche di Long Term Care (LTC) in Italia e nell’Europa meridionale, contesto in cui il modello familistico e l’uso prevalente di trasferimenti monetari hanno storicamente frenato lo sviluppo di riforme strutturale nel settore. In particolare, il suo lavoro ha ricostruito il recente ciclo di riforme introdotto in Italia, culminato nella Legge 33/2023 e nel Decreto legislativo 29/2024: provvedimento, il primo, che sembrava aprire la strada ad una dipartita dall’equilibrio iniziale della long-term care in Italia, ma che rischia oggi di essere ridimensionato dal secondo. L’analisi evidenzia come la spinta innovativa sia stata favorita dal contesto straordinario aperto dalla pandemia e dalle opportunità del PNRR, ma come i cambiamenti politici successivi abbiano fatto influenzato il processo decisionale, riducendo gli spazi di partecipazione per gli enti di rappresentanza e attenuando la portata della riforma.
Capitale sociale e servizi per l’infanzia
Un altro contributo portato dal nostro Laboratorio è arrivato nella sessione “The Matthew Effect in Social and Educational Policies”, coordinata da Emmanuele Pavolini e Wim Van Lancker. Qui Simone Manfredi, Eleonora Rossero e Franca Maino hanno esplorato il rapporto tra capitale sociale e disuguaglianze nell’offerta di servizi per la prima infanzia, frutto di un recente lavoro di ricerca disponibile qui.

In breve, è stato mostrato come le reti sociali influenzino la disponibilità e la domanda di servizi educativi per i bambini da 0 a 3 anni, contribuendo a generare veri e propri circoli virtuosi o viziosi. In particolare, laddove prevalgono legami comunitari aperti e basati sulla fiducia, cresce la capacità di sviluppare reti di servizi educativi e di stimolare la domanda da parte delle famiglie verso politiche che defamilizzano la cura. Al contrario, nei contesti in cui dominano legami familiari forti ma chiusi, si assiste a una minore collaborazione tra attori istituzionali e prevale l’accettazione di forme di cura informale che finiscono per ridurre la pressione verso la costruzione di servizi pubblici di qualità. L’analisi, basata sia su dati quantitativi sia su interviste a esperti nazionali e stakeholder locali, mette così in luce come il capitale sociale non sia solo un fattore culturale ma una variabile determinante per spiegare la geografia diseguale dei servizi educativi in Italia.
Povertà alimentare e adolescenza
Infine, nella sessione dedicata a “Child well-being: Policies, Practices, and Challenges in a Changing World”, alcuni membri del team del progetto DisPARi, a cui Percorsi di secondo welfare contribuisce curando la disseminazione, hanno presentato una parte della ricerca sugli interventi contro la povertà alimentare tra gli adolescenti.
Il lavoro di Ilaria Madama, Franca Maino ed Elisa Bordin ha analizzato sistematicamente gli studi e le pratiche internazionali che si rivolgono a questa fascia d’età, troppo spesso trascurata nelle politiche pubbliche. È emerso che gli interventi esistenti sono frammentati, spesso concentrati sugli aspetti nutrizionali e sanitari, ma poco attenti alle dimensioni sociali, relazionali ed educative della povertà alimentare. La ricerca segnala quindi la necessità di strategie più integrate, partecipative e orientate ai bisogni specifici degli adolescenti, capaci di coinvolgerli direttamente nella definizione e realizzazione delle iniziative.
Per un welfare più equo e integrato
Grazie a questi contributi, Percorsi di secondo welfare ha dunque portato alla Conferenza ESPAnet 2025 un insieme di riflessioni che toccano nodi cruciali: il futuro del Servizio sanitario nazionale, il ruolo del Terzo Settore nelle politiche sanitarie locali, la difficile riforma della non autosufficienza, il peso del capitale sociale nelle disuguaglianze educative, l’emergenza della povertà alimentare tra i giovani. Temi diversi ma legati da una convinzione comune: per affrontare le sfide del welfare del XXI secolo occorre superare la logica delle risposte frammentate e costruire politiche più eque, integrate e capaci di valorizzare le risorse delle comunità. In un’ottica, appunto, di secondo welfare.