SpesaSospesa.org è un’iniziativa di solidarietà del network solidale Lab00 Onlus. Lanciato nel maggio 2020, il progetto mira a supportare i cittadini più bisognosi ma al contempo rappresenta uno strumento per i Comuni, le associazioni e gli enti non profit che operano contro spreco e povertà alimentare. Il progetto si è dotato della piattaforma digitale Regusto, in supporto alle azioni delle associazioni non profit e alle iniziative spontanee di volontari.

Per comprenderne meglio le finalità e il valore aggiunto dell’iniziativa, abbiamo intervistato insieme tre figure chiave del progetto: Francesco Lasaponara, Vice Presidente esecutivo di Lab00 Onlus e fondatore dell’iniziativa SpesaSospesa.org, Paolo Rellini, Co-fondatore e coordinatore operativo della Piattaforma Regusto, e Raffaele Izzo ,Responsabile Partnership dell’ONG Terre des Hommes di Milano. Le loro risposte sono riportate in ordine qui sotto.

Francesco Lasaponara, può raccontarci la genesi del progetto “SpesaSospesa”?

Il progetto SpesaSospesa.org nasce nel maggio 2020, durante la prima ondata della pandemia,  contestualmente alla fondazione del network solidale Lab00 Onlus, di cui io sono Vice Presidente. L’obiettivo del progetto è quello di massimizzare i fondi raccolti e recuperare le eccedenze alimentari e non alimentari, così da trasformarle in una risorsa per i più bisognosi.

Quando siamo partiti, ci siamo posti l’obiettivo di non fare una semplice raccolta fondi, ma un’azione di lungo periodocapace di mettere insieme la Pubblica Amministrazione, le aziende private, le charities e le persone bisognose.

Agiamo attraverso l’uso della tecnologia blockchain e di una piattaforma di Regusto – brand della startup Recuperiamo S.r.l. – che è co-fondatore del progetto. Il flusso delle interazioni tra gli attori coinvolti viene tracciato grazia alladigitalizzazione e alla tecnologia di Regusto, di cui vi parlerà più approfonditamente Paolo Rellini, e che permette di ampliare l’impatto sul territorio.

Francesco Lasaponara – Vice Presidente esecutivo di Laboo Onlus

Quale è stata poi l’evoluzione del progetto?

Siamo attualmente presenti in 14 Comuni italiani con cui abbiamo firmato degli accordi di patrocinio, anche grazie al coinvolgimento degli Assessorati alle Politiche Sociali delle amministrazioni locali. In ciascun territorio operiamo con un charity partner di riferimento. Il charity partner diventa il nostro braccio operativo e si occupa della distribuzione di beni alimentari e non, che vengono acquistati grazie ai fondi che mettiamo a disposizione.

Il nostro progetto si va a inserire e non a sovrapporre nei processi già in atto sul territorio e che vantano diverse modalità operative. Noi, a livello territoriale, cooperiamo con le charity le mense aziendali, gli empori solidali o altre organizzazioni impegnate nel recupero del cibo o nel contrasto alla povertà alimentare. La Pubblica Amministrazione svolge un importante ruolo di super-user e di garante delle azioni svolte.

Quale è il contributo degli attori territoriali?

Tutti possono contribuire con una donazione diretta sul nostro sito: aziende, privati sociali, cittadini. Inoltre, le aziende, sia piccole-medio che grandi imprese, possono collaborare attraverso una donazione di beni di prima necessità o unavendita di beni ad un prezzo calmierato: tutte le transazioni sono tracciate in piattaforma, come detto, attraverso blockchain .

I nostri partner ci hanno fornito un supporto rilevante. Attualmente nostri main partners c’è Sorgenia, che ha finanziato l’acquisto di beni di prima necessità e sostenuto il progetto sin dall’inizio condividendone i valori sociali, ambientali e digitali. E da giugno 2021 siamo supportati anche da CNH Industrial Iveco che ci ha donato cinque furgoni a noleggio gratuito e che abbiamo distribuito nei vari territori. Inoltre, con diverse aziende promuoviamo delle campagne di sensibilizzazione.

Ma ci sono anche altri soggetti con cui abbiamo fatto progetti specifici. Ad esempio con GSK Consumer Healthcare, e in particolare con i marchi di Oralcare Paradontax e Sensodyne , abbiamo realizzato una campagna di distribuzione di 60.000 pasti equivalenti, ottenendo anche ampia visibilità nei grandi punti vendita della catena di distribuzione autorizzata.

Quali sono, secondo lei, i punti di forza e le criticità della vostra iniziativa?

Si tratta di un modello di intervento ibrido capace di mettere in connessione Pubbliche Amministrazioni, non profit, for profit e cittadini. Tale sistema crea inoltre una convergenza verso lo stesso obiettivo sociale e coinvolge settori appartenenti a sistemi verticali diversi: aziende di servizi alimentari e aziende di altri settori produttivi e di servizi.

D’altro canto, dialogare con la PA ha i suoi tempi: sradicare metodologie operative che già funzionano e implementare un nuovo modello può essere un fattore di rischio.

Noi siamo partiti velocemente, con un approccio da startup, prima a Perugia e poi a Napoli. Questo ci ha dato grande visibilità. Sarebbe utile fare un’attività di sensibilizzazione sui territori per rendere strutturale e continuativo l’aiuto da parte delle aziende nell’arco dell’intero anno..

Paolo Rellini, ci aiuta a capire meglio la funzione della piattaforma digitale “Regusto” e come si è inserita nel progetto SpesaSospesa.org?

Regusto nasce nel 2016, quindi prima del progetto “SpesaSospesa”, per combattere lo spreco alimentare. Nello specifico l’obiettivo della nostra realtà è proporre soluzioni concrete per prevenire e ridurre lo spreco alimentare, in ambito profit e non profit, agendo secondo le logiche dell’economia circolare.  All’interno di SpesaSospesa.org abbiamo condiviso e sperimentato un modello innovativo di Sharing for Charity che collega le aziende con le charity e con le Pubbliche Amministrazioni.

L’impiego della tecnologia blockchain rende più trasparenti i flussi economici e i passaggi di prodotto dall’azienda for profit all’ente. La piattaforma segue un modello B2B (locuzione utilizzata per descrivere le transazioni commerciali elettroniche Business to Business, che si realizzano cioè tra imprese in un mercato aziendale, e che si distinguono tra quelle che avvengono tra imprese e consumatori finali, indicate invece con il termine B2C, cioè Business to Consumer, ndr) e funziona come un marketplace di solidarietà circolare, attraverso cui tracciamo e registriamo gli scambi in tutta Italia.

 

Paolo Rellini (a sinistra) insieme a Marco Raspati (a destra),  Founders di Regusto

Quali sono i risultati tracciati dalla piattaforma?

 Oggi gli enti attivi in piattaforma trovano oltre 250 aziende alimentari e non alimentari che donano prodotti, di prima necessità e non, in stock. Ad esempio, Moleskine Milano ha donato degli arredi alle associazioni di Terre des Hommes, Croce Rossa e Caritas, oppure  Leroy Merlin dona  i suoi prodotti in tutta Italia.

La piattaforma è inoltre capace di calcolare e monitorare gli impatti sociali e ambientali, attraverso un set di indicatori che ne consentono la quantificazione automatica ad ogni donazione tracciata. Di fatto, calcoliamo l’impatto ambientale e sociale in termini di mancato rifiuto del prodotto che viene recuperato. Per farlo, analizziamo il ciclo di vita del prodotto dal momento della sua donazione e per ogni transazione sono misurati i pasti equivalenti distribuiti, la CO2 e l’acqua risparmiata. I dati sono poi certificati da un ente terzo, RSM International, che fornisce all’azienda una certificazione del dato che può essere utilizzata per il bilancio sociale.

I dati aggiornati a dicembre 2021 ci dicono che sinora abbiamo transato oltre 730 tonnellate di prodotti alimentari e non, di cui circa il 40% donato, per un totale di oltre 1 milione di pasti equivalenti e un risparmo più di 110 tonnellate di CO2.Il valore dei prodotti transati è oltre 1,3 milioni di euro.

Raffaele Izzo, può illustrarci le ricadute operative del progetto a partire dall’esperienza di Terre des Hommes. Quale è il ruolo del privato sociale in un progetto come SpesaSospesa?

Noi di Terre des Hommes a Milano lavoriamo sia con la rete Qubì che con Food Policy Milano (di cui vi abbiamo recentemente parlato in occasione dell’Earthshot Prize assegnato a Milano, ndr).

Con la rete Qubì abbiamo avviato un percorso che riguarda il sostegno alimentare e servizi alla persona per le famiglie, mentre con la Food Policy Milano siamo riusciti a creare un hub alimentare rivolto specificamente alle famiglie con minori. Lavoriamo sulla qualità dell’alimentazione e, con i fondi di SpesaSospesa, acquistiamo molto cibo fresco,soprattutto frutta e verdura.

Raccogliere e distribuire cibo fresco è una sfida che ci siamo posti l’obiettivo di affrontare. Grazie alla collaborazione di partner già attivi sul territorio come Croce Rossa Comitato di Milano e Associazione IBVA, abbiamo attivato dei sistemi che ci permettono di raccoglierlo e conservarlo rispettando la catena del fresco con celle frigo e organizzazione della logistica che, spesso, le realtà locali non sono in grado di gestire in autonomia. Ultimamente siamo riusciti a distribuire anche il pesce.

 

Raffaele Izzo, Responsabile Partnership di Terre des Hommes

C’è una connessione con quanto fate e i Fondi FEAD?

 Certamente. Con le nostre azioni andiamo ad integrare le attività e gli interventi realizzati dai soggetti che beneficiano dei fondi FEAD (il programma europeo di aiuto agli indigenti che, nell’alveo della Politica Agricola Comune, nel 2014 ha sostituito il PEAD con Regolamento UE n. 223/2014. Per il periodo 2014-2020 l’Europa ha stanziato per il FEAD oltre 3,8 miliardi di euro, ndr) che, però, non prevedono cibo fresco. La nostra è un’azione integrativa volta a migliorare la qualità e aumentare la quantità del cibo distribuito.

 Quali sono, dalla sua prospettiva, le criticità e i punti di forza dell’iniziativa?

 I punti di forza risiedono nella capacità di creare reti stabili sul territorio, attraverso cui riusciamo a monitorare tutto ciò che succede, dall’inizio all’ultimo miglio, quando consegniamo i beni alimentari alle famiglie a rischio povertà.

Il lavoro di rete comporta anche numerose sfide. Ogni organizzazione è diversa dall’altra e riuscire a costruire un modello che si integri a quelli già esistenti non è affatto semplice. Lavorare in un periodo emergenziale, come quello pandemico, richiede di ragionare con una prospettiva sia di breve sia di lungo periodo che permetta, pur operando in situazioni di emergenza, di costruire, al contempo, un sistema che duri nel tempo.

Per questo nel nuovo hub che abbiamo chiamato “Spazio Indifesa” oltre a lavorare sul supporto alimentare offriamo un serie di servizi alla persona tesi a supportare le famiglie a 360 gradi per accompagnarle nel difficile percorso per recuperare l’indipendenza economica.