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In Italia il mercato delle aziende che si occupano di logistica per conto terzi  ha raggiunto nel 2021 un fatturato di 86 miliardi in un anno, in crescita rispetto al 2020 grazie all’esplosione dell’e-commerce, ed è quasi tornato ai livelli pre-pandemici.

Dietro questo giro di affari si nasconde un mondo complesso che non può fare a meno del lavoro di magazzinieri, facchini, mulettisti, corrieri e autotrasportatori. Molti di essi sono stranieri. Che rivestono un ruolo fondamentale per il settore. Per il presidente di Federlogistica-Conftrasporto, Luigi Merlo, la logistica si tiene in piedi in buona parte grazie ai lavoratori stranieri. “Logistica, magazzinaggio, autotrasporto, equipaggi delle navi… Queste attività possono operare esclusivamente grazie a personale straniero” ha affermato nel marzo scorso. La loro presenza infatti “pesa” in molti ambiti: quella dei facchini e addetti allo spostamento merci, ad esempio, rappresenta la settima professione tra i contratti di lavoro stipulati nel 2021 a favore di cittadini extra-comunitari.

Un duro lavoro che spesso avviene in condizioni più che discutibili. La task force del Ministero del Lavoro che si occupa di logista e trasporto merci ha individuato profili di irregolarità in metà delle 90 aziende di logistica ispezionate nel 2021, in particolare in materia di lavoro nero, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, violazioni sull’orario di lavoro, straordinario e riposi, falsi part-time e false trasferte. Il settore della logistica è attraversato da forti tensioni sindacali ed è oggetto di rappresentazioni anche assai diverse, descritto sia come asse strategico per lo sviluppo  sia come terreno di arretramento dei diritti e delle condizioni di lavoro.

Dopo esserci occupati di agricoltura, lavoro di cura e costruzioni, torniamo con quest’articolo a interrogarci sul tema del lavoro dignitoso e sull’integrazione sociale dei lavoratori stranieri, a partire dal punto di vista di sindacati e associazioni.

Lavoro migrante, diritti e welfare

È il titolo della serie di Secondo Welfare che vuole approfondire il ruolo di sindacati, associazioni e organizzazioni del Terzo Settore nella promozione di politiche che migliorino le condizioni di lavoro e di vita di lavoratrici e lavoratori stranieri presenti in Italia. Scopri di più.

Tra lavoro grigio e false cooperative

Una vignetta di Mauro Biani può aiutarci a introdurre l’argomento. Ritrae Adil Belakhdim, l’attivista sindacale e magazziniere di origine marocchina, morto dopo essere stato travolto da un tir durante una protesta sindacale, la mattina del 18 giugno 2021, nel novarese. Sopra il ritratto di Adil col pungo alzato compare la scritta: “Sfruttati, picchiati, uccisi. Tanti stranieri fanno lotte che molti italiani non vogliono fare più”.

Luca Ballardini della Filt Cgil ci spiega che proprio Novara, con i suoi 4.000 addetti nella logistica, insieme a Piacenza, rappresenta uno dei poli del settore più importanti e in espansione nel Paese. “In quest’area, nel nord-ovest del Piemonte, a breve distanza dall’aeroporto di Malpensa, hanno aperto le loro sedi grandi player della logistica, dall’e-commerce fino ai gruppi della Grande Distribuzione Organizzata”. Il settore della logistica, in queste aree e non solo, è caratterizzato da una forte domanda di lavoro, sia poco qualificato o generico, come autisti, corrieri, trasportatori, mulettisti, magazzinieri, sia più specialistico, come addetti al controllo qualità o meccanici per la manutenzione dei mezzi di magazzino e dei mezzi di trasporto.

Anche per questo, continua il sindacalista, il settore presenta varie criticità e irregolarità. “Spesso il lavoratore accetta di lavorare in nero una parte delle ore, pur avendo un regolare contratto, entrando nel cosiddetto lavoro grigio. A volte il lavoratore accetta di lavorare più delle ore consentite dal CCNL del settore, altre volte si accettano forme di pagamento a cottimo: l’azienda formalmente retribuisce un tot di ore, che sono anche di più di quelle davvero svolte, e ciò avviene se si raggiungono certi standard, come lo scarico di un certo numero di colli in un certo lasso di tempo”.

Secondo Ballardini in una prima fase, questa situazione può essere giudicata conveniente dallo stesso lavoratore che mira a raggiungere retribuzioni più alte, ma in termini di qualità della vita e di benessere psico-fisico gli effetti negativi di questi duri ritmi di lavoro si vedono sul lungo periodo”. Il sindacalista aggiunge che “si tratta di un mondo estremamente complesso e variegato” ma negli ultimi vent’anni “le cose sono cambiate. Non ci sono più solo lavoratori precari, molte aziende assumono direttamente il personale, per esempio nell’e-commerce, mentre altri gruppi si avvalgono di cooperative alle quali esternalizzano questo tipo di servizi. In quest’ultimo caso sembrano verificarsi maggiori criticità sul versante dell’irregolarità ma anche qui bisogna stare attenti a non generalizzare, ogni cooperativa è a sé”.

Una lettura che appare particolarmente lucida alla luce dell’inchiesta della procura di Milano che la scorsa settimana ha portato al sequestro di 102 milioni di euro a due grandi società del settore proprio per il ricorso a finte cooperative.

Il caporalato c’è anche nella logistica

Per Ballardini, il ruolo del sindacato è quello di intermediare tra i lavoratori e l’azienda, e di informare i lavoratori dei loro diritti e dei rischi che corrono nel settore della logistica ma “spesso ci sono situazioni nelle quali lo stesso sindacato fa fatica ad entrare, perché a volte si crea una reciproca convenienza tra lavoratore e azienda”.

Come abbiamo già evidenziato a proposito del settore edile, alcune variabili possono incidere nel favorire una propensione a turni e ritmi di lavoro più pesanti: il non avere con sé la propria famiglia, la temporaneità e/o la precarietà del progetto migratorio, il recente insediamento, la pressione ad inviare rimesse verso il Paese di origine. Una maggiore sindacalizzazione, la stabilizzazione nel Paese di approdo, il ricongiungimento con il nucleo familiare, spingono invece verso una minore propensione a ritmi di lavoro poco conciliabili con prospettive di integrazione a più lungo termine e con una buona qualità della vita.

Senza caporali: Terzo Settore e corpi intermedi per il lavoro dignitoso in agricoltura

Nei casi più critici, non manca chi può approfittare della condizione di vulnerabilità e di ricattabilità dei lavoratori stranieri, specialmente se sono di più recente insediamento, conoscono meno la lingua, e hanno un disperato bisogno di lavorare.

È questo il quadro che emerge da diverse indagini della Guardia di Finanza a livello nazionale, una di queste ha sgominato un sistema di caporalato operante nella logistica e nella metalmeccanica in Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Puglia. A conferma che il caporalato non riguarda solo i campi ma tutti i settori del mercato del lavoro: dal settore domestico alle costruzioni, fino appunto ai magazzini della logistica, passando per i rider (come emerso di recente). Ed è quindi necessario che le iniziative volte a combattere il caporalato, tengano conto della diffusione e trasversalità di questo fenomeno.

Non solo lavoro: la dignità passa per servizi e welfare

Secondo Ballardini, il tema non è solo quello delle condizioni di lavoro: bisogna parlare del welfare e dei servizi che devono accompagnare lo sviluppo dei poli logistici.

Oggi a Novara mancano perfino sufficienti trasporti pubblici per recarsi verso i poli della logistica dalla città, dove risiedono la maggioranza dei lavoratori. La domanda di lavoro ha portato a un flusso di lavoratori stranieri nel territorio di Novara dove purtroppo però la situazione abitativa è critica: gli affitti sono alti, e ciò incide drammaticamente soprattutto sulle famiglie monoreddito, come le  famiglie della comunità pakistana che ha una significativa presenza nel settore e nel territorio, e in ogni caso è molto difficile trovare casa, servono politiche pubbliche per la casa all’altezza delle sfide, per questo nel tavolo abbiamo coinvolto anche la Regione…”.

Nella città operano diverse associazioni che hanno una conoscenza approfondita sui flussi migratori e le dinamiche di integrazione, o mancata integrazione, dei lavoratori stranieri. Gianfranco Giromini è il Responsabile della Scuola di Lingua e Cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio1 per il Piemonte. Ci spiega che “oggi tra i banchi ci sono tanti lavoratori della logistica, e stranieri che aspirano ad integrarsi in questo settore. A Novara, gli iscritti dello scorso anno scolastico sono stati oltre 700. Le 6 nazionalità maggiormente presenti sono quella ucraina, peruviana, pakistana, marocchina, egiziana e bangladese”.

Diritti in cantiere: come promuovere il lavoro dignitoso nel settore edile

Oltre agli aspetti legati più strettamente alla Scuola, che in circa 30 anni ha formato oltre 30.000 studenti, Giromini ci propone a sua volta alcune considerazioni sullo spinoso tema della casa sollevato da Ballardini della Cgil. “Non è possibile parlare di lavoro se non in strettissimo rapporto col problema casa. Anzi, potrei dire che è relativamente più facile trovare lavoro che casa. È purtroppo frequente, quasi abituale, che le agenzie immobiliari specificano a chi, straniero, cerca casa, che i proprietari non vogliono né inquilini non italiani, né animali, né bambini. Se poi a cercare casa è un uomo o una donna di colore, le difficoltà aumentano, fino a diventare insormontabili perfino a fronte di garanzie bancarie offerte da cittadini italiani”.

In altre parole,il problema non è solo economico, ma affonda le sue radici in una mentalità chiusa. Se non vogliamo che mafia e racket si impossessino della vita degli immigrati, va evitato che essi siano costretti a vivere per strada, mi riferisco per esempio a lavoratori sfruttati per la distribuzione di volantini, perché le loro sistemazioni sono precarie, ridotte a soli posti-letto, in spazi ristretti quando non “impossibili”.

Secondo Giromini: “si tratta di dar corso a politiche attive del lavoro per la casa che aiutino i soggetti fragili a trovare un’abitazione in affitto a prezzi accettabili mediante accordi con le associazioni dei proprietari e degli inquilini, le agenzie immobiliari, l’ATC (l’Agenzia territoriale per la Casa, ndr) e il Comune di Novara”.

Il caso del tavolo novarese sulla logistica

Per questa ragione la Filt Cgil di Novara ha promosso l’avvio di un tavolo della logistica a livello locale, invitando i principali stakeholder a discutere di alcuni nodi critici. Al primo appuntamento hanno partecipato il Sindaco di Novara, esperti e docenti dell’Università degli studi del Piemonte Orientale, rappresentanti di Gxo Logistics e Fedex, oltre all’Assessore ai Trasporti e Infrastrutture della Regione Piemonte.

Un importante risultato dell’iniziativa promossa dalla Filt Cgil è stata la delibera n.64 del 7/11/2022 della Città di Novara, nella quale si premette che il settore è in espansione a Novara e si prevede che continuerà a crescere e che a valle delle piattaforme c’è una lunga filiera nella quale si scaricano i costi attraverso il meccanismo degli appalti e dei subappalti.

Grazie alla delibera “Sindaco e Giunta si impegnano a richiedere alla Prefettura di Novara l’istituzione di un osservatorio permanente sulla logistica che possa coinvolgere i rappresentanti delle aziende e le organizzazioni sindacali al fine di favorire legalità, sicurezza, dignità e salute per i lavoratori e le lavoratrici del comparto della logistica” aggiunge Ballardini.

Domanda di lavoro e inclusione sociale: le policy possibili

L’accesso al mercato del lavoro regolare e a settori come la logistica può dunque essere strumento d’integrazione sociale ed anche di emancipazione da situazioni di grave irregolarità e sfruttamento, si pensi al sistema di caporalato legato alla distribuzione di volantini, oggetto di una delle prime inchieste sul caporalato urbano nel Nord Italia, e per l’appunto, a Novara. Ma l’inserimento dei migranti regolarmente soggiornanti in Italia nei settori economici strategici ed in espansione può fare rima con inclusione solo a patto che siano monitorato il rispetto di norme e diritti anche in tali settori (come la logistica e le costruzioni) che contengono anch’essi purtroppo molte zone d’ombra.

Come per gli altri settori caratterizzati da una forte domanda di lavoro – come quello agricolo, quello domestico e quello delle costruzioni di cui abbiamo già parlato nella nostra serie -, anche per il settore della logistica sembrano valere le stesse raccomandazioni di policy. Come dichiarato dalla stessa Federlogistica, in primo luogo bisogna riconoscere il fabbisogno di manodopera straniera. Per rispondere a questa domanda, occorre governare intelligentemente i flussi migratori permettendo canali di accesso per lavoro regolare, che oggi appaiono del tutto insufficienti, e meccanismi di emersione per coloro che sono già presenti sul territorio ma sono intrappolati in una condizione di irregolarità, come proposto tra gli altri anche dalla Comunità di S.Egidio.

Il pane e le rose: come favorire il lavoro dignitoso nel settore domestico

Oltre ad una razionale gestione dei flussi, occorrerebbe rafforzare le politiche attive del lavoro e della formazione professionale (in linea con le azioni previste dalla Garanzia Occupabilità dei Lavoratori) per far sì che i canali di accesso al mercato del lavoro siano maggiormente connotati da equità e trasparenza. Andrebbero dunque sostenute le attività di informazione di istituzioni regionali, locali, sindacati e associazioni per aumentare la consapevolezza tra i lavoratori stranieri ed italiani rispetto ai fenomeni di grave sfruttamento e caporalato, partendo dalla constatazione che non si tratta di un problema circoscritto all’agricoltura, ma che invece interessa anche i grandi centri urbani, l’industria e i servizi.

Bisognerebbe inoltre investire in politiche d’integrazione: dal rafforzamento dell’offerta di corsi di italiano L2 ai servizi di intermediazione interculturale, in modo da favorire un effettivo accesso anche per i cittadini di Paesi terzi, al welfare fino ai servizi pubblici essenziali (come i trasporti). Come dimostrano diversi studi,  politiche d’integrazione non andrebbero solo a vantaggio dei migranti, ma potrebbero avere ricadute positive sui territori nel loro complesso, producendo a loro volta occupazione e benessere per tutti, generando posti di lavoro e maggiore coesione sociale nei territori. Inoltre, queste politiche non possono che iscriversi dentro un rilancio più generale di politiche sociali e di sviluppo, come misure di welfare e servizi.

 

Note

  1. La Scuola di Lingua e Cultura Italiana della Comunità di Sant’Egidio nasce a Roma nel 1982. A Novara, la scuola ha inizio nel 1989, con un gruppo di giovani senegalesi occupati in agricoltura. Si tratta di presenza consolidata, con diverse sedi in città, dal centro alla periferia.
Foto di copertina: Adrian Sulyok, Pexels