Il dibattito attuale sul ruolo e il futuro delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) in Italia rivela una serie di snodi critici e riflessioni strategiche che coinvolgono operatori, gestori e istituzioni. Le RSA non sono più semplicemente “case di riposo”, ma strutture sempre più orientate all’accoglienza di anziani in condizioni di grave fragilità, spesso affetti da demenza e patologie multiple, con bisogni clinico-assistenziali complessi. In questo articolo basato sui dati raccolti nel 7° Rapporto dell’Osservatorio Long Term Care del CERGAS SDA – che abbiamo già avuto modo di approfondire in un precedente articolo – andiamo a comprendere nel dettaglio alcune delle principali dinamiche in atto nel nostro Paese.

Cosa ci dicono il dibattito e i dati sul posizionamento strategico delle RSA oggi?

Tra i temi ricorrenti nel dibattito sulle RSA vi è, innanzitutto, l’aumento della complessità assistenziale: gli anziani ospiti delle strutture residenziali sono più fragili rispetto al passato per età avanzata, condizioni socio-economiche precarie, isolamento sociale e comorbidità. Questo richiede un’elevata intensità di cura e una forte competenza professionale da parte del personale, mettendo in crisi i modelli tradizionali di gestione delle RSA.

Un altro elemento centrale è l’impatto crescente delle demenze, che non solo modifica la domanda di assistenza, ma richiede ambienti, approcci e competenze specifiche per la gestione del deterioramento cognitivo. Le RSA si trovano spesso in prima linea nel rispondere a questi bisogni, ma spesso senza strumenti codificati e senza riconoscimento formale del loro ruolo nella filiera della presa in carico di queste patologie.

A ciò si aggiunge la percezione di inadeguatezza del sistema regolatorio. I gestori lamentano un impianto normativo rigido, poco aggiornato e non aderente alla realtà quotidiana dei servizi. Il sistema di accreditamento e le tariffe, pensati per un altro tipo di utenza e servizio, non riflettono le attuali esigenze delle strutture, creando squilibri tra domanda assistenziale e risorse disponibili.

Al centro della discussione c’è anche la crisi delle professioni di cura. Si parla non solo di carenza di personale, ma anche di una crisi di senso e di motivazione, connessa alla difficoltà di riconoscere e valorizzare le competenze richieste oggi. I professionisti faticano a trovare un equilibrio tra ruolo sanitario e relazione di cura, mentre aumenta il carico emotivo e operativo.

Una visione più articolata che si scontra coi limiti di una visione strategica

Dalla crisi pandemica del 2020 in poi, si è diffusa una visione più articolata delle RSA come centri di servizi integrati, connessi al territorio, capaci di offrire non solo assistenza residenziale ma anche supporto domiciliare, consulenze specialistiche e promozione di reti comunitarie. Le RSA vengono sempre più immaginate come attivatori di connessioni e relazioni interistituzionali e intergenerazionali, veri e propri ecosistemi a servizio del benessere comunitario.

Questa visione, però, si scontra con un dibattito politico ancora troppo focalizzato su aspetti gestionali e amministrativi: tariffe, liste di attesa, autorizzazioni. Manca un disegno strategico condiviso che riconosca il potenziale evolutivo delle RSA e le accompagni verso un modello più integrato e sostenibile.

A livello empirico, ad esempio, i dati provenienti dalla Lombardia riportati dal Rapporto dell’Osservatorio Long Term Care confermano questa trasformazione. Tra il 2013 e il 2019 è aumentata la quota di ospiti con confusione mentale grave (dal 59% al 62%), le diagnosi multiple (da 4,4 a 4,7 per ospite) e la percentuale di anziani nelle classi di bisogno più gravi. Anche il ricorso al pronto soccorso prima dell’ingresso in RSA è cresciuto, così come la mortalità entro il primo anno di permanenza (dal 37% al 44%). In controtendenza, le ospedalizzazioni dopo l’ingresso si sono ridotte, segnalando un isolamento crescente delle RSA, spesso costrette a gestire internamente situazioni cliniche complesse senza supporto esterno.

I dati del 2024 confermano l’aggravarsi di questi trend: età media degli ingressi pari a 84,5 anni, permanenza media di circa un anno, e quasi il 49% degli ingressi valutati già con disturbi cognitivi. L’accesso è ancora in gran parte legato a posti accreditati (79%), ma la quota in solvenza (21%) evidenzia anche un carico crescente sulle famiglie.

Cosa ci dicono i gestori dei servizi?

Dal punto di vista dei gestori intervistati nel Rapporto dell’Osservatorio Long Term Care, le RSA oggi sono percepite come:

  1. Punti di riferimento indispensabili per le famiglie, che vi si affidano nei momenti di crisi legati alla perdita di autonomia degli anziani.
  2. Servizi orientati alla fragilità e alla gestione del fine vita, con un’evidente “sanitarizzazione” del servizio che però non trova riscontro in adeguati riconoscimenti normativi o tariffari.
  3. Luoghi di integrazione territoriale, con un potenziale ruolo di piattaforme per l’erogazione di servizi flessibili e multidimensionali.
  4. Servizi in sofferenza, schiacciati tra aspettative crescenti, carenza di risorse e difficoltà a innovare modelli organizzativi. La scarsità di personale qualificato, l’aumento dei costi e l’inadeguatezza delle regole rischiano di compromettere la sostenibilità futura del sistema.

Dal loro punto di vista il posizionamento strategico delle RSA è in evoluzione: da luoghi di accoglienza della vecchiaia a strutture di cura ad alta intensità, fortemente connesse al territorio. Tuttavia, questo cambiamento non è ancora accompagnato da un adeguato riconoscimento istituzionale e da politiche coerenti. Le RSA sono sempre più nodi centrali di un sistema di interventi, ma operano in un contesto normativo che ne limita lo sviluppo e il potenziale di innovazione. Serve dunque una nuova visione che riconosca pienamente le interdipendenze tra RSA, territorio e sistema sanitario, e che allinei le politiche pubbliche al ruolo che queste strutture stanno già di fatto svolgendo.

Cosa auspichiamo per il futuro?

In prospettiva futura, le RSA potrebbero evolvere verso un modello strategico più sostenibile, a condizione che sappiano valorizzare attivamente le interdipendenze e costruire reti efficaci. Il nuovo posizionamento proposto vede le RSA come:

  • Piattaforme di servizi territoriali integrati, capaci di gestire la componente sanitaria in sinergia con una rete di attori (ospedali, servizi domiciliari, strutture intermedie).
  • Interlocutori riconosciuti e competenti, in grado di instaurare relazioni collaborative e di scambio con altri servizi e istituzioni.
  • Attori chiave in reti territoriali flessibili, aperte anche a soggetti privati, per rispondere in modo più rapido ed efficace ai bisogni degli anziani e delle famiglie.
  • Servizi più accessibili e flessibili, capaci di adattarsi meglio alla domanda e di superare le rigidità attuali.
  • Parte di un comparto coeso, capace di affrontare insieme la crisi di sostenibilità e la carenza di personale, facendo sistema.

Questa visione richiede però un impegno collettivo. Le RSA possono e devono diventare motori del cambiamento, ma serve anche il coinvolgimento attivo degli altri attori della governance socio-sanitaria per costruire un sistema realmente integrato, capace di rispondere ai bisogni crescenti della popolazione anziana. Serve lavorare congiuntamente per un’evoluzione del sistema che riconosca pienamente il ruolo strategico delle RSA all’interno della rete dei servizi.

Foto di copertina: Jordy Muñoz, Unsplash.com