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Il 30 dicembre 2018 il Parlamento ha approvato in via definitiva la legge sul Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021. Nella sua versione finale la cosiddetta “Manovra del popolo” è sicuramente meno incisiva di quanto annunciato dal Governo Conte che la riteneva in grado, tra le altre cose, di “mandare in pensione la Legge Fornero” e “abolire la povertà”.

Come noto, pur di evitare la procedura di infrazione, l’Esecutivo – alla fine – ha infatti trovato un accordo con la Commissione Europea sul rapporto previsto tra deficit e Pil, che è passato dall’originario 2,4% al famoso 2,04%. Per rispettare l’intesa raggiunta con Bruxelles la maggioranza gialloverde, in fretta e furia, ha dovuto scomputare dal provvedimento 6,5 miliardi di euro. Una parte importante di queste risorse è stata recuperata grazie al ridimensionamento di “Quota 100” e del Reddito di Cittadinanza – i cavalli di battaglia di Lega e Movimento Cinque Stelle sono passati rispettivamente da 6,7 a 4 miliardi di euro e da 9 a 7 miliardi – e dalla scelta di non inserire le normative di attuazione nella Manovra ma rimandarle a successivi provvedimenti ad hoc. Le restanti risorse sono state reperite tra le pieghe della Legge di Bilancio, sia tramite tagli alle spese già previste sia attraverso la previsione di nuove imposte.

Il gruppo di ricerca di Percorsi di secondo welfare si è interrogato sulle possibili conseguenze della Legge di Bilancio prendendo in considerazione i principali contenuti della Manovra sul fronte delle politiche sociali. Di seguito trovate una sintesi delle nostre riflessioni su povertà, politiche per la famiglia, pensioni, lavoro, welfare aziendale, accoglienza, disabilità e periferie, tutti approfondibili tramite i link presenti nel testo.

Prima di passare alle singole analisi vogliamo sottolineare due elementi di fondo che crediamo meritino di essere presi in considerazione.

In primo luogo, appare evidente che gran parte delle promesse fatte in campagna elettorale da Lega e Cinque Stelle, molte delle quali inserite anche nel cosiddetto “Contratto di Governo”, risultino al momento disattese. La cosa è giustificabile considerando che l’Esecutivo è in carica da poco più di sei mesi. Il problema è che gli scarsi risultati raggiunti con la Manovra fanno a pugni con i roboanti annunci arrivati prima, durante e dopo l’approvazione della Legge. Quel che stupisce non è tanto il (comprensibile) mancato raggiungimento degli obiettivi che il Governo si è dato, ma piuttosto il totale disallineamento tra i proclami – il detto – e quanto effettivamente realizzato – il fatto (iconica in tal senso è la “lista della spesa” di Luigi Di Maio). Si tratta di un aspetto che non può più essere giustificato con l’inesperienza di un’ampia parte della maggioranza e la sua conclamata tendenza all’approssimazione, a maggior ragione ora che la realtà sta testardamente dimostrando come certe parole non possano essere convertite in azioni. Occorre che al Governo se ne accorgano prima che le aspettative crescenti su alcune misure, una volta disattese, sfocino in fenomeni di protesta più o meno violenti. Visto quel che sta accadendo in Francia coi gilet gialli si tratta di un’ipotesi poi non così remota.

Secondariamente si evidenzia un problema ben comprensibile guardando a quanto accaduto con la cosiddetta “tassa sulla bontà”, il raddoppio dell’Ires per le organizzazioni non profit dal 12% al 24%. Dopo le aspre critiche del Terzo Settore e il richiamo del Presidente Mattarella, il Governo ha ammesso l’errore e promesso (ancora) di fare marcia indietro. A stupire anche in questo caso non è tanto l’approssimazione (confessata dallo stesso Governo) con cui è stata varata una norma che – per portare in cassa pochi milioni di euro – rischia di mettere in seria difficoltà pezzi fondamentali del sistema sociale del Paese. A far riflettere è l’evidente disaffezione del Governo, che a tratti appare quasi ostilità, verso organizzazioni del Terzo Settore, parti sociali, corpi intermedi e, più in generale, tutti quegli attori che operano sussidiariamente laddove lo Stato non riesce (o non vuole?) arrivare. Ma vista la persistente salute cagionevole del welfare pubblico l’Esecutivo può davvero permettersi di fare a meno di questo mondo?

Povertà: c’è il fondo per il reddito di cittadinanza, ma calano le risorse per i minori

Sul fronte della lotta alla povertà la Legge di Bilancio prevede la costituzione di un fondo da 7,1 miliardi per finanziare la Pensione di Cittadinanza e il Reddito di Cittadinanza. In assenza delle regole di funzionamento della misura in Manovra, spiega Chiara Agostini, permangono forti dubbi sull’efficacia della stessa che, in base a quanto finora noto, non solo non sembrerebbe in grado di centrare l’ambizioso obiettivo abolizionista prefissato, ma neanche di dare continuità ai risultati raggiunti dal Reddito di Inclusione. Allo stesso tempo, c’è da dire che le cifre stanziate per il prossimo triennio su questo fronte sono sicuramente superiori rispetto al passato: forse proprio per questo sarebbe stato importante ripartire da quanto già in essere. La Manovra prevede inoltre nuove regole per il “Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile” alimentato dalle Fondazioni di origine bancaria. È prevista infatti una riduzione dal 75% al 65% del credito d’imposta a favore delle Fondazioni e un abbassamento del relativo limite di spesa da 100 a 55 milioni di euro. Si pongono così condizioni che, molto probabilmente, andranno a indebolire gli investimenti per contrastare la povertà dei minori.
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Famiglia: la politica conferma la sua inerzia

In campagna elettorale la Lega prometteva “un piano strutturale di rilancio della natalità” mentre i Cinque Stelle si dicevano pronti a implementare il “sistema del quoziente familiare” sul modello francese (ve ne avevamo parlato a suo tempo in questo contributo). Il “pacchetto famiglia” presente nella Legge di Bilancio conferma tuttavia una linea lontana da questi propositi. Come accaduto con i precedenti Governi, si è preferito riconfermare bonus e misure una tantum invece di investire su interventi strutturali che sostengano i cittadini che scelgono di mettere al mondo dei figli. L’iniziativa politica, secondo Elena Barazzetta, continua dunque a perseguire una strategia miope che invece di investire in misure volte a rispondere con lungimiranza ai nuovi rischi sociali, in questo caso il calo demografico, naviga a vista senza che sia creato un contesto utile a porre gli individui nella condizione di costruire e migliorare il proprio futuro.
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Pensioni: aspettando Quota 100

In attesa del decreto che disciplinerà "Quota 100", la Legge di bilancio prevede alcune novità anche sul fronte pensionistico. In primo luogo la Manovra disciplina il "Fondo per la revisione del sistema pensionistico" (4 miliardi di euro per il 2019) da cui si attingeranno le risorse per “Quota 100”. È poi previsto il discusso taglio delle “pensioni d’oro”, cioè i (pochi) trattamenti pensionistici superiori ai 100.000 euro lordi l’anno. Inoltre, spiega Valentino Santoni, sono stati rivisti i meccanismi per la rivalutazione degli importi pensionistici in base all’inflazione che colpiranno le (molte) pensioni superiori a 1.521 euro lordi mensili. È inoltre prevista l’applicazione di un’imposta sostitutiva forfettaria del 7% per i pensionati (stranieri o italiani espatriati) che dall’estero decideranno di trasferirsi in alcune regioni del Sud.
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Disabilità: impegno confermato, ma restano diversi punti in sospeso

Sul fronte del sostegno alle persone con disabilità la Legge di Bilancio sembra rafforzare e confermare alcuni provvedimenti importanti varati nella precedente legislatura, in primis la legge sul Dopo di noi e l’istituzione di un Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare. La Manovra introduce anche alcune novità per le disabilità sensoriali e istituisce un Fondo volto a favorire l’accessibilità e la mobilità delle persone con disabilità. Come sottolinea Elisabetta Cibinel, tuttavia, rimane per ora in sospeso la discussione sulla ridefinizione dell’importo delle pensioni di invalidità, argomento affrontato a più riprese negli scorsi mesi in relazione all’applicazione del Reddito e della Pensione di cittadinanza e riesploso proprio in questi giorni. Diversi osservatori auspicavano un suo inserimento nella Legge di Bilancio che non è però avvenuto.
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Welfare aziendale: dopo tre anni c’è stata una battuta di arresto

Dopo le numerose novità introdotte dalle tre precedenti manovre economiche, la Legge di Bilancio segna una battuta d’arresto per quel che riguarda gli interventi a favore del welfare aziendale. La Manovra non prevede infatti misure specifiche in tal senso e si limita a indicare che parte delle risorse che saranno stanziate attraverso il Fondo per le politiche della famiglia saranno destinate a iniziative di conciliazione vita-lavoro e "welfare familiare aziendale". Da sottolineare però come, almeno per il 2019, si sia deciso di non rivedere la normativa in materia di conversione del premio di risultato, la quale prevede importanti vantaggi di natura fiscale per impresa e lavoratori. Valentino Santoni sottolinea come il welfare aziendale, che negli ultimi anni si è rivelato un fattore di rinnovamento della contrattazione e delle relazioni industriali oltre che di modernizzazione del rapporto di lavoro, sembri quindi essere fuori dai temi di attenzione del Governo gialloverde se non per la sua dimensione riguardante l’armonizzazione dei tempi di lavoro e di cura.
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Lavoro: non solo la Flat Tax per le partite IVA e “Mini Ires”

Nella Manovra è presente una versione ridotta della “Flat Tax” targata Lega, che prevede l’estensione del regime forfettario a tutti i titolari di partita IVA che fatturano meno di 65.000 euro annui, e la cosiddetta “Mini Ires”, cioè la riduzione dell’aliquota Ires di 9 punti percentuali per quelle imprese che incrementano i livelli occupazionali ed effettuano investimenti in beni strumentali materiali. Come spiega Valentino Santoni, il Governo ha poi deciso di portare avanti gli incentivi per l’innovazione e lo sviluppo in primis l’Industria 4.0 – previsti nella precedente legislatura, seppur stanziando minori risorse. Poche novità sembrano esserci in tema di formazione professionale e promozione di nuove assunzioni, soprattutto per i più giovani ad esclusione del “Bonus per le giovani eccellenze”. Questo prevede agevolazioni contributive per le imprese che assumeranno giovani che tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019 hanno conseguito la laurea magistrale con il massimo dei voti o un dottorato di ricerca.
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Immigrazione: il depotenziamento del sistema di accoglienza

La Legge di Bilancio prevede l’avvio di processi di revisione e razionalizzazione della spesa per la gestione dei Centri per l’immigrazione e per la riduzione del costo giornaliero per l’accoglienza, che in tre anni dovrebbero permettere un risparmio complessivo di 1,6 miliardi di euro. La norma, unitamente al Decreto Sicurezza (di cui vi abbiamo parlato qui), cambierà radicalmente il sistema di accoglienza italiano. Il ridimensionamento del sistema di accoglienza diffusa dello SPRAR (che cambierà nome diventando SIPROIMI) rischia infatti di far venire meno tutte le attività volte all’integrazione. Il combinato disposto dei due provvedimenti, scrive Orlando De Gregorio, rischia di produrre nuovi costi economici e sociali per il Paese: da un lato la perdita di posti di lavoro nel sistema dell’accoglienza, dall’altro la concentrazione dei migranti in grandi centri adibiti alla mera assistenza e fornitura di vitto e alloggio senza nessuna misura utile alla loro integrazione.
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Periferie: salvi gli stanziamenti

La legge di Bilancio dà seguito all’Accordo raggiunto il 18 ottobre 2018 tra il Governo e l’ANCI presso la Conferenza unificata. Come spiega Chiara Lodi Rizzini, una norma contenuta nella Manovra corregge infatti quanto stabilito dal cosiddetto Decreto Milleproroghe, che prevedeva il congelamento fino al 2020 delle risorse stanziate dal Bando Periferie voluto dai Governo Renzi per sostenere progetti di rigenerazione urbana che integrino interventi fisici di trasformazione e riqualificazione con interventi immateriali di welfare, innovazione sociale e sviluppo economico. I 96 enti locali interessati potranno dunque portare avanti le 120 iniziative selezionate dal Bando, che dovrebbero interessare complessivamente circa 23 milioni di residenti.
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Riferimenti

Il testo della Legge di Bilancio 2019 pubblicato in Gazzetta Ufficiale