8 ' di lettura
Salva pagina in PDF

In Emilia-Romagna, grazie alla legge regionale 10 del 29 luglio 2021, da alcuni anni le persone senza dimora possono accedere servizi sanitari di base; più recentemente, la legge 176/2024 ha avviato una sperimentazione per garantire loro il diritto all’assistenza sanitaria. Queste azioni pubbliche, seppur importanti, appaiono attualmente insufficienti per affrontare un bisogno ampio e variegato che, nei fatti, non riguarda i soli aspetti sanitari.

In questo quadro appare interessante analizzare il ruolo degli ambulatori solidali, luoghi espressione del secondo welfare in cui gli ultimi trovano ascolto e soddisfazione al loro bisogno essenziale di cura in maniera personalizzata e, allo stesso tempo, possono usufruire anche di ambiti di socialità che, rompendo l’isolamento e la solitudine, contribuiscono a migliorare il benessere fisico e psichico, l’autostima e la resilienza.

Di seguito si propone un inquadramento e alcuni riflessioni su questi enti, il cui ruolo è approfondito attraverso l’esperienza concreta di uno di essi: l’ambulatorio solidale “Nessuno escluso” di Rimini.

Il quadro generale dalla sanità italiana

Il 2025 è cominciato con diversi scontri che riguardano il sistema di cura italiano e mondiale.

L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) all’interno del proprio atto costitutivo all’art. 1 stabilisce come obiettivo il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Chi vi partecipa si impegna a contribuire alla sua esistenza e a realizzare questo obiettivo di benessere sebbene oggi si tema per la sua sopravvivenza perché gli Stati Uniti hanno firmato la loro uscita che avverrà ufficialmente nel 2026. L’Italia ha stabilito nel comma 1 dell’art. 32 della sua Costituzione il diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e si impegna a fornire cure gratuite agli indigenti. A dare attuazione a questo articolo è la legge 833/78 che istituisce l’attuale Sistema Sanitario Nazionale.

Sono passati diversi anni da allora e molte modifiche normative, ma si sente sempre più spesso lanciare allarmi sulla sostenibilità del SSN e sul suo continuo decadimento, perché i finanziamenti sono progressivamente diminuiti e l’organizzazione non è più adeguata a rispondere alle necessità della popolazione. A questo si aggiungono i problemi cronici legati alle liste d’attesa e alla capacità di dare risposta ai bisogni di cura di tanti cittadini che non potendo pagarsi le prestazioni rinunciano a curarsi.

L’anno 2024 si è caratterizzato per la presentazione di tre importanti rapporti sulla situazione della rete sanitaria italiana, tra questi la Fondazione Gimbe non si è limitata a guardare allo stato attuale del nostro Servizio Sanitario, ma, al fine di rilanciarlo, ha creato un programma che ritiene fondamentale inserire la salute in tutte le politiche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali  oltre che d’istruzione, formazione e ricerca secondo il criterio del benessere psicofisico della persona. Sulla stessa linea è il documento “Principi per una riforma del Sistema Sanitario Nazionale che al punto 4 (Globalità) richiama l’approccio One Health della persona e sostiene che il perimetro d’interesse della sanità italiana si estende a tutte le attività e settori che influenzano i determinanti di salute (agricoltura, scuola, trasporto, mondo del lavoro, cambiamenti climatici e ambientali ecc.).

Gli ambulatori solidali: nascita, sviluppo e obiettivi

Fino al 2000, anno in cui venne fondato il Banco Farmaceutico, non esistevano dati aggiornati sulla povertà sanitaria in Italia. Oggi sappiamo che nel nostro Paese 4,5 milioni gli italiani rinunciano ad usufruire delle prestazioni sanitarie (dati 2023) e che per molti di loro le risposte, quando ci sono, arrivano da realtà del Terzo Settore (secondo alcune stime circa 1/5 dei Servizi Sanitari è gestito dagli enti assistenziali di varia natura e, tra questi, circa 1/3 sono orientati a curare persone con specifici disagi).

Tra di essi ci sono gli ambulatori solidali, nati da diverse organizzazioni di Terzo Settore, enti religiosi o gruppi autonomi, per perseguire i principi di uguaglianza, universalità ed equità enunciati dalla legge 833/78 e dar loro completa applicazione guardando ai bisogni dei più fragili, che nel contesto sopra descritto sono sempre più difficili da affrontare. Gli ambulatori solidali si rivolgono infatti alla fasce più vulnerabili della popolazione, offrendo assistenza sanitaria gratuita o a basso costo a persone che, per motivi economici, burocratici o sociali, trovano ostacoli nell’accedere al Servizio Sanitario Nazionale.

Le prime esperienze di ambulatori solidali risalgono agli anni ’80, ma il fenomeno si è ampliato soprattutto con la crisi del 2008 e, quando è aumentato il numero di realtà e la tipologia di servizi offerti, che spaziano dalla medicina generale a prestazioni specialistiche come ginecologia, pediatria, odontoiatria e supporto psicologico. Non esiste al momento una mappatura aggiornata degli ambulatori e manca un coordinamento nazionale, anche se un punto comune per molti di essi è rappresentato dal Banco Farmaceutico che fornisce loro medicinali necessari alle proprie attività. Le stime più recenti permettono tuttavia di individuare 270 ambulatori promossi e/o gestiti da enti collegati con la Chiesa cattolica (i dati a cui si fa riferimento di seguito sono stati scaricati da Osporisorse il 14 aprile 2025):

Distribuzione regionale degli ambulatori

Regione N. ambulatori
Abruzzo 11
Basilicata 2
Calabria 7
Campania 24
Emilia-Romagna 23
Friuli-Venezia Giulia 5
Lazio 16
Liguria 8
Lombardia 34
Marche 14
Molise 5
Piemonte 15
Puglia 26
Sardegna 8
Sicilia 13
Toscana 43
Umbria 2
Valle d’Aosta 1
Veneto 13
Totale complessivo 270

Il 36,2% di questi ambulatori è stato promosso dalle Caritas Diocesane, ma solo il 16,5% viene direttamente gestito da esse. Gli enti che gestiscono gli ambulatori solidali hanno in larghissima parte la forma di associazioni, ma esistono anche realtà più strutturate.  Le figure che vi lavorano sono in gran parte infermieri e medici, fra cui prevale la figura del medico di medicina generale e del farmacista a cui si aggiungono diverse altre figure, fra le quali sono da segnalare il pediatra, il geriatra e il dentista.

L’ambulatorio “Nessuno Escluso” di Rimini

L’ambulatorio solidaleNessuno Escluso“ dell’Associazione Caritas Diocesana di Rimini odv è stato istituito nel 2017. La sua nascita si deve a una tavola rotonda organizzata due anni prima dall’Associazione sul tema “Salute e povertà” che denunciò la presenza di circa 200 persone senza dimora prive di assistenza sanitaria sul territorio riminese. Da quell’istante le organizzazioni partecipanti decisero di non considerare questo numero solo come dato statistico, ma di dare una risposta concreta ai bisogni di questi esseri umani. Così si dedicarono a trovare uno spazio ubicato vicino alla mensa della Caritas, in via Madonna della Scala, considerandola come la soluzione migliore per gli utenti che avrebbero frequentano l’ambulatorio.

L’ambulatorio medico, dove vengono svolte attività di diagnosi e terapia delle patologie dei vari utenti e prescrizioni di farmaci, è a libero accesso (non si prende appuntamento) e vi si rivolgono tutte le persone che per vari motivi non possono ricorrere al Sistema Sanitario Nazionale. È dedicato anzitutto ai senza fissa dimora, a chi è privo della tessera sanitaria perché non residente, agli stranieri senza lavoro e quindi privi del permesso di soggiorno o assicurazione personale ed anche a coloro che pur disponendo del medico di base e delle prestazioni del Sistema Sanitario non si possono permettere di pagare il ticket e di sostenere la spesa per i farmaci.

Nel corso del 2024 i pazienti sono stati 340 con una media di tre visite a testa, per un totale complessivo di 947 accessi. Gli utenti risultano 31% italiani, 10% rumeni, 12% marocchini, e il restante 47% sono di varie nazionalità la cui percentuale di prevalenza è difficilmente quantificabile. La loro età media più frequente è compresa fra i 40 e 60 anni circa. I primi anni si riscontrò anche la frequentazione di diversi utenti Rom. I pazienti che si mettono in fila per accedere all’ambulatorio vengono visitati da un medico che effettua la diagnosi e, in caso di malattie acute che richiedono un intervento diagnostico più approfondito, invia le persone al pronto soccorso e dal 2024 si è aperta anche la possibilità di eseguire esami in convenzione con una struttura privata; in caso di patologie croniche segue direttamente il paziente per tutto quello che necessita per ripristinare la sua salute.

Un intervento che unisce Pubblico e privato

L’attività di “Nessuno Escluso” è sostenuta prevalentemente da fondi dei privati e fino al 2024 anche da contributi del Comune di Rimini attraverso i progetti del Piano di zona distrettuale per la salute e per il benessere sociale, ovvero quello strumento di programmazione pensato per realizzare l’integrazione delle politiche sociali con le politiche sanitarie e, allo stesso tempo, di queste con le politiche ambientali, urbanistiche abitative, formative, occupazionali e culturali dando applicazione a livello distrettuale al Piano Socio-Sanitario regionale.

L’ambulatorio conta poi sul grande lavoro dei volontari, che danno tutto loro stessi per sostenere persone abituate a violenze quotidiane. Grazie ai volontari, gli utenti si rendono conto immediatamente che l’ambulatorio è un posto dove vengono accolti, compresi e aiutati nella prevenzione e nella cura della loro salute. All’inizio erano pochi medici e farmacisti e l’ambulatorio era aperto un giorno alla settimana poi, con il tempo, la richiesta è cresciuta e dal 2019 i volontari sono riusciti ad essere presenti le mattine di lunedì e giovedì. Attualmente offrono il proprio tempo 8 medici, 2 infermieri qualificate e 5 farmacisti.

I farmaci messi a disposizione di chi si rivolge all’ambulatorio solidale (ad esclusione di quelli che devono essere conservati in frigo) provengono dal Banco Farmaceutico, che li recupera attraverso diverse modalità (donazioni delle cause farmaceutiche, ma anche quanto raccolto durante la Giornata del farmaco nelle farmacie aderenti) dalla Caritas, che riceve donazioni da parte dei cittadini che vanno così a sostenere anch’essi l’impegno dei volontari.

Per ampliare le possibilità di cura al di là degli aspetti meramente farmacologici, si è attivata una collaborazione con la cooperativa La Filigrana dell’Associazione Papa Giovanni XXIII che offre supporto psicologico e sanitario in cambio di un’offerta libera. Dal 2024 si sono inoltre implementati nuovi servizi. Si è aperto un giorno in più con un ambulatorio per tutte le prestazioni infermieristiche cioè  gestito da infermieri che erogano prestazioni come iniezioni, terapie iniettive, medicazioni, fleboclisi, controllo della pressione arteriosa, e per tutte quelle che non potevano essere fornite all’interno di quello medico e si sono poi attivate delle collaborazioni con il privato che sono fondamentalmente di tre tipi: radiologiche, dentistiche (per gli interventi a cui loro non possono dare risposta come l’estrazione di un dente, carie e protesi complete) e un laboratorio analisi. Inoltre, alcuni specialisti offrono gratuitamente il loro tempo mettendo a disposizione la loro formazione specifica: cardiologi, ginecologi, pneumologi, dermatologi.

Da Rimini all’Italia: quale futuro per gli ambulatori solidali?

La sanità riminese sta mutando dando applicazione alle nuove normative e creando nuovi servizi quali ad esempio Case della Comunità, infermieri di famiglia, Centri di Assistenza e Urgenza e nodi territoriali. Questi ultimi rappresentano un’iniziativa sperimentale introdotta dal distretto di Rimini che prevede la costituzione di undici strutture diffuse sul territorio comunale, destinate all’erogazione di servizi sociali e sanitari integrati. L’obiettivo principale è contrastare le diseguaglianze in salute, rispondendo in modo più efficace e personalizzato alle fasce di popolazione più fragili e vulnerabili, grazie a un modello sanitario “vicino a casa”. Con queste nuove realtà gli ambulatori solidali sperano di fare rete, ma la loro esistenza dipenderà dalla presenza di medici, farmacisti e infermieri volontari e la speranza e che il loro numero in futuro possa continuare a crescere.

Gli “ambulatori solidali” si stanno moltiplicando e hanno bisogno di una filosofia di fondo: dove vogliono andare? Quali obiettivi vogliono perseguire? Che rapporto avranno con il SSN? Come rileggere una sussidiarietà in modo originale e costruttivo? Come coniugare prossimità e diritti? Le domande non si esauriscono qui e soprattutto si tratta di avere chiara la consapevolezza del rischio di una deriva privatistica della sanità italiana e di forme di delega interessata da parte del SSNPer dirla con un concetto che è caro alla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni si rischia di agire con le persone in condizione di marginalità  sociale solo apparentemente in modo inclusivo, ma  di fatto certificando l’esclusione di una intera fetta della popolazione da diritti esigibili, derogandoli verso forme benefiche e solidaristiche e non strutturalmente garantite. 

In questo senso, le proposte della provincia di Rimini e dell’Ausl Romagna potrebbero rappresentare un modello per l’intero territorio nazionale. Possibili soluzioni si possono trovare anche rivedendo le normative sulle migrazioni, sull’accesso alle cure dei turisti in Italia, sulla possibilità di attivare percorsi ad hoc anche per chi oggi è invisibile ad una Sanità non adeguatamente finanziata, ma non certamente per la popolazione che lì vede dormire per strada e li considera un disturbo o per le loro famiglie che soffrono per la loro situazione economica e sociale?

Parlare di Servizio Sanitario universale in fondo vuol dire proprio questo: dare una risposta ai bisogni di salute di tutte le persone e allora perché non andare oltre questi limiti? Stefano Zamagni nella prefazione del libro “Tra le crepe dell’universalismo” sollecita quattro riforme fondamentali del sistema sanitario:

  • portare equilibrio fra medicina ospedaliera e medicina del territorio (obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza missione sei);
  • la deburocratizzazione del sistema sanitario;
  • il rilancio della prevenzione;
  • la riduzione della frammentazione tra regioni dei compiti e delle modalità d’intervento in ambito sanitario.

Inoltre, Zamagni evidenzia che oggi più che mai il principio del dono come gratuità deve essere restituito alla sfera pubblica, che è ben più ampia di quella statale. È evidente ormai che ci stiamo avvicinando ad un modello di ordine sociale tripolare: pubblico, privato e civile. La modernità si è retta su due pilastri: il principio di uguaglianza, garantito e legittimato dallo stato; il principio di libertà reso possibile dal mercato. La post-modernità ha fatto emergere l’esigenza di un terzo pilastro: la reciprocità, che traduce in pratica il principio di fraternità.

Sperare in questo sembra un’utopia e sicuramente, in un momento in cui si mettono in discussione tanto i principi quanto l’organizzazione della nostra sanità, è necessario riflettere su cosa è davvero importante e su come tutto questo impatti non solo sulla popolazione ma su tutto il sistema economico e sociale e quindi anche sul nostro intero pianeta.

Articolo realizzato grazie ad un’intervista ai medici volontari dell’ambulatorio solidale “Nessuno Escluso”.

Foto di copertina: www.caritas.rimini.it