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Lo scorso gennaio Edenred Italia, società provider che offre soluzioni di welfare aziendale e partner del nostro Laboratorio, ha scelto Paola Blundo come Direttore Corporate Welfare.

A seguito di questa novità, e con lo scopo di capire come Edenred investirà nel prossimo futuro nel mercato del welfare aziendale, abbiamo intervistato Blundo.

Una chiacchierata che è stata un’occasione anche per comprendere come il welfare e le scelte delle imprese si stiano trasformando a seguito della pandemia.

 

Dotteressa Blundo, secondo lei che ruolo gioca oggi il welfare aziendale nel rapporto tra impresa e dipendenti?

Il welfare aziendale riesce a produrre un impatto importante nella vita delle persone e in quella delle imprese, sia a livello economico che sociale.

Di certo il welfare è un aiuto concreto ai consumi delle famiglie e rafforza il loro potere d’acquisto. In generale è un’opportunità a livello economico perché l’importo destinato al welfare si trasforma in consumo entro l’anno fiscale di riferimento, permettendo così di sostenere i consumi e quindi anche la crescita. E questo non è scontato in un momento come quello che stiamo vivendo.

Per le aziende è poi uno strumento sempre più rilevante. Sicuramente il vantaggio fiscale è importante, ma quello che rende il welfare un’opportunità ancora maggiore per le imprese risiede nel fatto che è divenuto centrale nelle politiche di people management.

Il welfare aziendale è ormai una pratica comune che consente di attirare nuovi talenti – soprattutto i più giovani – e di trattenere quelli che già ci sono in azienda, riducendo così il turnover. Questo perché consente di migliorare il clima aziendale e la percezione che i collaboratori hanno della loro organizzazione.

Inoltre, come Secondo Welfare racconta da tempo, si tratta di un’opportunità per arricchire le pratiche di conciliazione vita-lavoro delle imprese e, ovviamente, per costruire un sistema di servizi che vanno ad integrare il welfare pubblico per rispondere ai bisogni sociali delle famiglie e delle persone.

Come sta cambiando il welfare aziendale a seguito della pandemia? A vostro avviso sono mutate le scelte delle imprese e dei lavoratori? In che modo?

La pandemia ha cambiato e, al tempo stesso, accentuato i bisogni sociali di tutti. In particolare percepiamo che c’è maggiore attenzione verso la salute, sia per quanto riguarda la prevenzione sia in materia di visite specialistiche.

Inoltre le necessità dettate dalla Didattica a Distanza hanno reso più difficile conciliare la vita privata, quella familiare e quella lavorativa. Negli ultimi mesi abbiamo dovuto combinare gli impegni lavorativi con quelli legati alla cura dei figli e in particolare alla DAD.

La pandemia e il lockdown hanno cambiato anche i comportamenti digitali degli italiani.

In questo senso sono moltiplicate le richieste per servizi – di varia natura, dalla sanità alla spesa di tutti i giorni – da poter fruire direttamente da casa propria, attraverso il proprio device.

Le imprese possono avere un ruolo importante nello strutturare piani di welfare in grado di rispondere a questi nuovi bisogni. Ad esempio attraverso percorsi finalizzati a sostenere i bambini, i ragazzi e le ragazze che studiano; oppure interventi di sanità integrativa in grado di adattarsi alle diverse caratteristiche dei territori italiani. O, ancora, promuovendo nuovi servizi digitalizzati, attraverso l’utilizzo di piattaforme semplici da usare.

È però necessario investire in comunicazione e divulgazione per far conoscere le opportunità del welfare aziendale. Secondo noi, infatti, il welfare non è appannaggio esclusivo delle grandi aziende, ma è importante fare cultura e far passare il messaggio che – anche attraverso l’intervento delle imprese – si possono creare nuove risposte ai bisogni sociali.

Pensa dunque che gli operatori di questo settore debbano pensare a nuove soluzioni e strategie per rispondere ai bisogni di imprese e lavoratori?

Dal nostro punto di vista sarà sempre più importante investire verso soluzioni dedicate alla sanità e alla salute.

Anche per questo, Edenred ha realizzato una partnership con il Gruppo San Donato, eccellenza sanitaria italiana sia nell’attività clinica, sia nella ricerca scientifica. Grazie a questa collaborazione, chi utilizza la nostra piattaforma può usufruire dei servizi legati alla salute messi a disposizione nelle strutture convenzionate del Gruppo: dalla cardiologia alla ginecologia, dall’oculistica all’odontoiatria fino al well-being.

Come dicevo, ci sono poi gli ambiti dell’istruzione, soprattutto legati ai bisogni dei più giovani e dei figli dei lavoratori e delle lavoratrici. Ma c’è anche la formazione. Per le aziende è infatti sempre più necessario investire per rafforzare le competenze dei propri collaboratori, non solo per avere persone preparate, ma anche per ridurre i tassi di turnover e creare un clima positivo.

In questa direzione il welfare aziendale è uno strumento decisivo. In questi giorni si è parlato molto del tema degli elevati tassi di dimissione che si stanno registrando a seguito della pandemia. Sicuramente investire – attraverso il welfare – in azioni di formazione e, più in generale, in misure orientate al benessere dei lavoratori rappresenta una strategia vincente per l’azienda.

Dal nostro osservatorio appare ormai chiaro che il welfare aziendale, in un’ottica di filiera corta, è chiamato ad aumentare la propria sinergia coi territori e a valorizzare le dimensioni più “sociali”, come educazione, salute, previdenza, conciliazione. Da parte di Edenred c’è la volontà di valorizzare gli aspetti più questi aspetti “nobili” del welfare aziendale? 

Noi ci proponiamo di costruire risposte coerenti con le esigenze e i bisogni di tutti. Lavoriamo da sempre a contatto con i territori sviluppando accordi con associazioni imprenditoriali e enti che possano supportare lo sviluppo e la promozione del welfare sui territori.

Il welfare aziendale infatti riesce anche a sviluppare la filiera dei servizi locale e quindi alimentare l’economia del territorio.

Per questo abbiamo realizzato accordi interessanti con alcune associazioni imprenditoriali. In particolare abbiamo fatto delle convenzioni con alcune territoriali di Confindustria, ad esempio nei territorio di Milano, Roma, Lecco, Como, Varese. Abbiamo inoltre un accordo con Federfarma, la Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani, per sostenere le farmacie che vogliono investire nel welfare.

Siamo poi coinvolti in diversi progetti di welfare aziendale territoriale molto interessanti, come il progetto Beatrice della Val Seriana, il progetto Welfare Liguria di Confindustria Genova, Imperia, Savona e La Spezia e il progetto Fare Welfare promosso dalle Confindustria territoriali di Ferrara, Modena e Bologna.

Nell’ultima Legge di Bilancio non è stato inserito il raddoppio della soglia di defiscalizzazione dei fringe benefit. Qual è il suo punto di vista in merito? Crede che si riuscirà a prorogare la misura anche quest’anno?

Raddoppiare la soglia dei fringe benefit nel 2020 e nel 2021 fino a 516 euro è stato un sostegno importante che ha spinto i consumi delle famiglie e quindi ha creato un duplice beneficio: per le persone e per le attività commerciali.

Purtroppo però è stato scelto – per il momento – di non rendere strutturale questa misura. Siamo comunque fiduciosi che, attraverso il Decreto Milleproroghe, siano fatte delle modifiche. Ci sono infatti diversi emendamenti, presentati da forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, in cui si chiede di prolungare la misura almeno fino a dicembre 2022.

Noi siamo dell’idea che il cosiddetto “raddoppio” dei fringe benefit debba essere reso strutturale.

Questo permetterebbe di rafforzare quei vantaggi economici di cui abbiamo parlato. Anche perché la spesa per l’Erario, come sottolineato da un’indagine di The European House – Ambrosetti, sarebbe molto inferiore rispetto ai ritorni in termini di consumi e quindi di IVA.