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L’emergenza sta per finire, ma lo smart working “semplificato” continuerà. Attraverso il cosiddetto Decreto Covid approvato lo scorso 17 marzo (qui il testo della bozza), il Governo ha infatti stabilito che le procedure semplificate per accedere al lavoro agile resteranno in vigore fino al 30 giugno.

In sostanza, fino a tale data non sarà necessario sottoscrivere gli accordi individuali con i singoli lavoratori, come previsto dalla legge 81 del 2017. Resta inoltre in vigore la procedura semplificata per la comunicazione di tali accordi al Ministero del Lavoro, come già previsto dal Decreto Sostegni ter. Alle aziende private basterà quindi indicare al Ministro – anche solo via mail – i nominativi e la data di inizio e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile.

L’intervento è sicuramente importante, ma mantiene un carattere temporaneo, che si rifà peraltro a regole stabilite in una fase emergenziale. C’è dunque da chiedersi come verrà delineato il perimetro entro  cui si muoveranno aziende, lavoratori e parti sociali per fare smart working. Una strada utile per sostenere questa modalità lavorativa – che i dati ci dicono essere stata apprezzata dai lavoratori durante la pandemia, potrebbe essere quella della contrattazione di primo e di secondo livello. E in questa direzione un’esperienza interessante ci arriva dal recente accordo sottoscritto da Leonardo, di cui abbiamo parlato con Roberto Benagila, Segretario Generale di Fim, la federazione dei metalmeccanici della Cisl.

Il lavoro agile secondo Leonardo

La società italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza ha scelto di continuare a promuovere il lavoro agile tra i suoi collaboratori non attraverso la contrattazione individuale ma prevedendo il coinvolgimento dei sindacati.

Lo scorso 8 marzo è stato infatti firmato un accordo aziendale sottoscritto dai vertici della società e le sigle sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil e Uil che definisce la centralità dello smart working. Secondo Benaglia “si tratta di un’intesa che interessa circa 17.000 degli oltre 27.000 lavoratori di Leonardo e che consente a tutte quelle mansioni e professionalità compatibili con il lavoro agile di svolgere l’attività lavorativa in qualsiasi luogo [che non sia l’azienda, ndr] fino a un massimo di 10 giorni al mese. Abbiamo introdotto anche una norma che regola il diritto alla disconnessione, che viene definito in maniera certa per una durata di oltre 12 ore: dalle 19.30 alle 8 del giorno successivo”.

Secondo Benaglia “una novità molto interessante di questo accordo riguarda inoltre il fatto che, in una logica di attenzione alla conciliazione vita-lavoro, l’azienda aggiunge altre 2 ore di disconnessione giornaliera per lavoratrici e lavoratori che hanno carichi di cura relativamente a figli, genitori non autosufficienti o familiari con disabilità”.

Una novità interessante dell’accordo di Leonardo è che in una logica di conciliazione vita-lavoro, l’azienda aggiunge  ore di disconnessione giornaliera per lavoratrici e lavoratori che hanno carichi di cura

Inoltre, come si può leggere dal testo dell’accordo, impresa e sindacati hanno previsto delle azioni di formazione destinate ai manager e ai vertici dell’azienda con l’obiettivo di favorire un cambio di mentalità e una cultura aziendale più favorevole allo smart working.

Un nuovo modo di guardare al lavoro (agile)

Misure e interventi legate alla flessibilità – come lo smart working – sono ormai parte integrante del processo di rinnovamento organizzativo che interessa un numero sempre maggiore di imprese.

Questo richiede un salto culturale da parte dell’organizzazione, dettato dal fatto che le attività lavorative divengono sempre più slegate dal classico orario di lavoro standardizzato. In questo quadro è quindi necessario attivare nuovi sistemi di misurazione della performance e di raggiungimento degli obiettivi.

Come ricorda Benaglia, lo smart working è “una modalità organizzativa del lavoro sempre più legata al rapporto di fiducia e ad una capacità di misurare i lavoratori, non tanto per l’orario di lavoro ma per risultati. In futuro quindi anche la contrattazione salariale dovrà cambiare. I Premi di risultato non dovranno più essere legati solo a obiettivi finanziari o di produttività fisica, ma dovranno remunerare meglio la capacità di lavorare per obiettivi socialmente condivisi da parte di chi lavora in remoto”.

Lo smart working è una modalità organizzativa del lavoro sempre più legata al rapporto di fiducia e ad una capacità di misurare i lavoratori, non tanto per l’orario di lavoro ma per risultati.

Passare quindi da una logica di controllo da parte del proprio responsabile ad un lavoro che mette in primo piano il raggiungimento degli obiettivi è un cambio di paradigma di grande portata non indifferente. E lo è soprattutto per le imprese più piccole, in cui – come ci ha recentemente spiegato Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working – vi sono spesso dei limiti di natura culturale che riguardano soprattutto il management.

Contrattare per sostenere il lavoro agile

Anche per questo, il coinvolgimento delle parti sociali – e quindi la contrattazione – rappresenta una strada da percorrere per favorire il cambio di mentalità tra le aziende e incentivare il lavoro agile.

Come sindacato”, spiega Benaglia, “ci rendiamo conto che sempre di più lo smart working è divenuto un modo di lavorare importante per i dipendenti delle imprese. Le persone stanno capendo il valore del lavoro agile e della sostenibilità che l’attività lavorativa può avere se organizzata in maniera differente. Quindi, dal nostro punto di vista, va agevolato e valorizzato. E la strada da seguire è quella della contrattazione”.

Dal punto di vista del sindacato lo smart working va agevolato e valorizzato. E la strada da seguire è quella della contrattazione.

La stipulazione di contratti collettivi – quindi che prevedano il coinvolgimento delle sigle sindacali – può, dal lato del lavoratore, assicurare e garantire una serie di tutele che non sempre sono scontate, come il diritto alla disconnessione. La contrattazione rappresenta inoltre un’opportunità anche per le aziende, anche e soprattutto per quelle di dimensioni più piccole che spesso non hanno le competenze necessarie per realizzare un accordo di smart working.

Dovrebbe essere la contrattazione – nazionale, territoriale o aziendale – a fissare le regole di base per i lavoratori di un’azienda o di un settore” argomenta Benaglia.Le parti sociali devono realizzare delle intese che mettano le aziende nelle condizioni di attivare gli accordi individuali, per esempio chiarendo tutti i contenuti previsti dalla normativa: dal tema della volontarietà per il lavoratore, alle dotazione che l’azienda deve mettere a disposizione, dalla questione della privacy fino agli obblighi relativi alla salute e alla sicurezza”.

Attraverso la contrattazione si possono così mettere a disposizione dei veri e propri ‘fac-simile’ dei contratti individuali che rappresentino la base per il confronto tra impresa e lavoratore. Questo sistema lo abbiamo adoperato anche con l’intesa in Leonardo. Si tratta di versioni esemplificative che specificano i diritti e i doveri fondamentali e che l’azienda può replicare con i lavoratori, in modo semplice”, conclude il sindacalista.

Il Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile

Da questo punto di vista è importante segnalare anche il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, sottoscritto dallo scorso 7 dicembre dalle principali sigle sindacali, associazioni datoriali e dal Ministero.

Questo accordo interconfederale vuole porre le prime basi per creare un clima di fiducia tra le parti sociali, anche di settori differenti, per favorire la corretta applicazione del lavoro agile. Fornisce inoltre le linee di indirizzo e delinea un quadro di riferimento per la contrattazione nazionale, aziendale e territoriale.

Oltre a specificare i contenuti necessari per gli accordi di smart working, il Protocollo evidenzia la centralità di alcune tematiche, come il trattamento della salute e della sicurezza per i lavoratori agili, la disconnessione, la formazione e il diritto alla parità di trattamento rispetto ai suoi colleghi che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dei locali aziendali.

Inoltre, all’interno dell’articolo 3, mette in chiaro come il  lavoro agile non preveda la definizione di un preciso orario di lavoro e necessiti invece di piena autonomia nello svolgimento della prestazione. L’intento è quello di evidenziare come l’attività lavorativa sia sempre più legata al raggiungimento di specifici obiettivi e che, di conseguenza, le parti sociali sono chiamate a valorizzare questo aspetto in sede contrattuale.

Si tratta di un grande salto culturale in avanti, dato che comporta il superamento dell’idea che la retribuzione sia parametrata esclusivamente all’orario di lavoro. Anche le parti sociali sono perciò chiamate – come evidenziato da Benaglia – a ripensare il proprio ruolo e la loro azione, nel tentativo di guidare le imprese e i lavoratori in questa nuova concezione del lavoro basata sul raggiungimento di specifici obiettivi e risultati.