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Alla fine, il cosiddetto bonus psicologo è arrivato. Inserito con un emendamento nella Legge di Bilancio, bocciato, quindi recuperato a fine febbraio all’interno del “decreto milleproroghe”. Per il 2022, lo stanziamento è di 20 milioni di euro, contro i 50 previsti inizialmente.

Metà dei fondi finanzieranno un vero e proprio bonus, che consentirà ai cittadini con un ISEE sotto i 50mila euro di avere rimborsate le spese per le sedute di psicoterapia fino a un massimo di 600 euro. L’altra metà servirà per il reclutamento di professionisti nelle strutture sanitarie che forniscono sostegno psicologico.

Per quanto la cifra stanziata non lasci immaginare cambiamenti rapidi e su larga scala nel modo in cui in Italia ci si occupa di questo ambito, il percorso del bonus psicologo è significativo perché mostra un’attenzione crescente per la salute mentale. Soprattutto, in relazione alla pandemia.

La pandemia e l’aumento dei bisogni psicologici

Secondo un sondaggio condotto a dicembre dall’Istituto Piepoli, in tempi di Covid-19 sono aumentate le richieste di aiuto agli psicologi per problemi d’ansia (+83%), disturbi dell’umore/depressione (+72%), disturbi dell’adolescenza (+62%), problemi di coppia e con i figli (+49%, per entrambe le voci). La questione è globale ma secondo lo studio Being Mind-Healthy commissionato da Axa a Ispos l’Italia sembra uno dei Paesi più colpiti. L’istituto ha svolto un’indagine su un campione di 11mila persone di età compresa tra i 18 e i 75 anni in undici Paesi europei e territori asiatici rivelando che il 51% degli italiani si è sentito stressato nell’ultimo anno. Peggio fanno solo Irlanda (52%) e Hong Kong (54%).

“In questo periodo si è verificato un cambiamento nel ruolo che il benessere psicologico ricopre nella vita delle persone”, sostiene Diego Scarselli, operation manager di Stimulus Italia, una società che promuove il benessere in azienda e offre anche servizi di supporto psicologico per i dipendenti, pagati dai datori di lavoro.  “La pandemia – prosegue – ha esacerbato le problematiche più diffuse in epoca pre-Covid e aumentato i livelli di malessere generale della popolazione, tanto che oggi sempre più persone ricercano un aiuto professionale per confrontarsi su questioni essenziali del vivere quotidiano”.

A confermare le impressioni di Scarselli, è arrivato a febbraio l’annuncio dell’Istat, che ha inserito per la prima volta la psicoterapia individuale nel paniere di prodotti usati per rilevare i prezzi al consumo.

Le (poche) risorse per curare la salute mentale

La cura della salute mentale, quindi, si diffonde, ma in larghissima parte grazie a chi se la può permettere privatamente. “La psicologia non è un lusso, eppure nel nostro Paese, finora, se ne è fatto un uso soprattutto privato”, commenta David Lazzari, presidente dell’Ordine nazionale degli psicologi (CNOP) e responsabile del servizio psicologia dell’Azienda Ospedaliera di Terni.

In Italia, il diritto dei cittadini ad avere un supporto psicologico tramite il sistema sanitario sarebbe incluso nei livelli essenziali di assistenza (LEA), ma molto spesso non è garantito. Anche perché solo una piccola percentuale degli psicologi lavora in strutture pubbliche. Per questo Lazzari, per quanto abbia spinto per l’approvazione del bonus, ammette che “se si considerasse la quantificazione del bisogno [di supporto psicologico] le risorse da stanziare diventerebbero molto più grandi [dei 20 milioni stanziati]”.

Alcuni miglioramenti strutturali potrebbero arrivare grazie al PNRR e proprio il CNOP insieme a numerose altre società scientifiche ha fatto delle richieste in tal senso. Secondo Lazzari, lo Stato stanzia alcuni fondi per i casi più gravi di disagio mentale ma “manca un investimento per i problemi psicologici più comuni e molto più diffusi. L’investimento pubblico in questa fascia è quasi inesistente, ma riguarderebbe milioni di persone”.

Il ruolo delle aziende

Per colmare questa mancanza, un ruolo interessante possono svolgerlo le aziende, soprattutto quelle più grandi. Nel 2021, nel secondo anno di pandemia, Stimulus ha visto crescere del 151% il numero di consulenze psicologiche a distanza erogate ai lavoratori delle aziende sue clienti, per un totale di 8.301. In 6 casi su 10 si è trattato di donne e in 7 casi su 10 il motivo della consulenza erano motivazioni personali. Sono dati che non hanno valore statistico, ma possono favorire alcune riflessioni.

“In un’epoca dominata da continue richieste di adattamento e da rapporti interpersonali sempre più distanti, il dialogo con lo psicologo assume la funzione di uno scambio autentico e profondo su questioni che oggi le grandi organizzazioni considerano parte integrante della cultura aziendale”, ragiona Scarselli.

“Le tematiche emerse dal lavoro clinico ci aiutano a comprendere le sfide del nostro tempo e a scoprire come le persone, se adeguatamente ascoltate e accompagnate, possono diventare la risorsa che più fa la differenza nelle aziende leader del mercato”, aggiunge il manager. Stimulus – che è nata in Francia – opera in 121 Paesi del mondo, tra cui l’Italia, e promuove il benessere psicologico in azienda per convenienza, ma anche per convinzione.

Oltre l’emergenza, quali prospettive per il sostegno psicologico

Il punto è quanto le imprese condividono questa convinzione, quanto la pandemia ne abbia aumentato la consapevolezza e se l’attenzione al tema proseguirà anche in futuro. Il responsabile risorse umane di un’azienda che ha usufruito dei servizi di Stimulus negli ultimi due anni e che preferisce restare anonimo, racconta che è stato tutto sommato facile avviare questa attività. “Abbiamo contattato Stimulus durante il primo lockdown perché volevamo fornire un sostegno ai nostri dipendenti, in caso di ansie e altri problemi legati alla pandemia”, spiega.

In piena emergenza, non ci sono stati problemi a firmare un primo contratto di alcuni mesi, durante i quali molti lavoratori hanno usufruito del servizio da remoto. “In seguito, quando il bisogno è diminuito, mi sono dovuto battere con il management per dare continuità al servizio. L’idea – conclude il responsabile risorse umane – è farlo diventare un qualcosa di normale, non legato all’emergenza o a un disagio acuto”.

Il nocciolo della questione è proprio questo: non dare attenzione alla salute mentale solo nei momenti di crisi. Nella vita e, quindi, anche sul lavoro.

D’altronde il sostegno psicologico è un servizio che può rientrare anche nei piani di welfare aziendale delle imprese. Attraverso la collaborazione con professionisti e operatori, le organizzazioni possono avviare dei progetti di welfare incentrati proprio su questo genere di supporto. In questa direzione possono contribuire a migliorare il benessere dei propri collaboratori e quindi migliorare il clima organizzativo e, potenzialmente, anche i risultati dell’azienda.

“Credo sia giusto e doveroso che le imprese, soprattutto le più grandi, tengano conto di un dato sempre più evidente”, conclude Lazzari. “Il clima psicologico delle aziende e il benessere dei lavoratori sono fattori importanti per la produttività e la performance”.

 


Questo approfondimento è stato realizzato grazie al sostegno di Stimulus Italia.