Il 9 novembre scorso l’Unione Europea e sedici Paesi dell’America Latina e dei Caraibi hanno lanciato l’EU–LAC Bi-regional Pact on Care. Con questo atto, le due macro regioni si impegnano formalmente a collaborare su una delle sfide sociali più urgenti e complessi dell’agenda globale: le politiche di assistenza e cura (care policies).

Il Pact on Care firmato in Colombia

L’annuncio è avvenuto a margine del Vertice dei Capi di Stato e di Governo della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) e dell’Unione Europea, tenutosi in Colombia. Nonostante il Vertice abbia registrato un profilo istituzionale inferiore alle aspettative, con una partecipazione contenuta dei massimi leader nazionali, la sua Dichiarazione Congiunta finale ha incluso un ampio ventaglio di temi. Nei prossimi mesi sapremo se e in quali aspetti i grandi enunciati di principio contenuti nella Dichiarazione saranno tradotte in un programma di lavoro effettivo.

Intanto va registrato che due dichiarazioni supplementari daranno avvio ad iniziative di particolare rilevanza. Una, appunto, è il Pact on Care, l’altra è l’alleanza biregionale in materia di sicurezza e lotta al crimine organizzato. In un contesto in cui la coesione sociale sembrava aver perso centralità nelle priorità delle relazioni biregionali, l’attenzione dedicata al care risalta come una scelta prospettica, di lungo periodo.

Il Patto, pur tracciando inizialmente solo linee programmatiche generali e rimandando a una fase successiva la sua declinazione operativa, si fonda su un presupposto chiaro: la volontà di “rafforzare i nostri sistemi di care come uno dei principali pilastri del welfare e di muoverci verso una società del care che sostenga e protegga sia coloro che hanno bisogno di cure sia coloro che le forniscono”.

In questa cornice, l’iniziativa si configura come un forum privilegiato per il dialogo e la cooperazione, focalizzato sugli sviluppi e le best practice nell’economia della cura, includendo politiche, programmi, servizi, quadri normativi e strutture istituzionali. Benché l’enfasi sia posta sullo scambio, la dichiarazione incoraggia anche la “formulazione di proposte concrete che siano prese in considerazione dalle autorità di entrambe le regioni, favorendo l’innovazione, l’adattamento ai diversi contesti locali e misurando i progressi”.

Il ruolo della società civile

Ma perché i policy maker hanno posto il care, per la prima volta, tra i temi importanti della cooperazione biregionale?

Un ruolo cruciale sembra essere stato svolto dalla spinta della società civile e degli stakeholder internazionali, in particolare organismi delle Nazioni Unite (ONU) e agenzie di sviluppo. Questi attori promuovono da anni il diritto al cuidado in America Latina, in genere con una forte accentuazione del carattere femminista di questa politica. Tale approccio ha trovato una notevole sensibilità negli ambienti della Commissione Europea, decisa a integrare l’ottica di genere nelle sue iniziative esterne.

L’attivismo degli organismi internazionali trova un riscontro parziale nello stato d’avanzamento della regione in questa materia. Sebbene con le notevoli eccezioni di Paesi pionieri come l’Uruguay (che ha implementato un Sistema Nazionale Integrato di Cuidados) e di alcune poche altre esperienze significative (come il Sistema distrital de cuidados di Bogotá, in Colombia), l’America Latina nel suo complesso presenta un basso livello di sviluppo dei sistemi di care, con drammatiche carenze di servizi per le persone non autosufficienti.

Tuttavia, il tema ha conquistato uno spazio crescente nell’agenda pubblica, mosso non solo dal rapido invecchiamento demografico che sta investendo la regione, ma soprattutto dall’influenza determinante dell’agenda femminista, sostenuta e amplificata dalle agenzie internazionali.

Generare interesse e vera cooperazione: le sfide aperte

Per decollare, il Patto dovrà affrontare due sfide principali.

Primo, dovrà generare un interesse effettivo nei confronti di un dialogo biregionale, tenendo conto del fatto che la maggior parte dei Paesi delle due regioni potrebbero non avere particolari stimoli a sviluppare ulteriormente gli spazi di dialogo e scambio biregionale già esistenti.

Secondo, e cruciale, è scongiurare il rischio che la piattaforma venga percepita come una mera riedizione della cooperazione tradizionale, ovvero come un canale di accesso a finanziamenti europei. L’efficacia e la sostenibilità del Patto si misureranno sulla capacità di garantire una vera bidirezionalità degli scambi, riconoscendo e valorizzando le innovazioni e le esperienze sviluppate in entrambi i continenti.

Nonostante le incertezze operative, la sola istituzione di questa alleanza biregionale offre un’opportunità di visibilità e rafforzamento per tutti gli attori che, nei paesi latinoamericani e caraibici, si adoperano affinché i governi aumentino l’impegno, anche dal punto di vista finanziario, a favore delle politiche di assistenza e cura. Una leva che potrebbe avere un qualche effetto anche in Italia, che da anni attende una riforma in questo campo.

Si ricorda, tra l’altro, il contributo significativo fornito in questi anni dall’IILA (Organizzazione Internazionale Italo-Latinoamericana), con sede a Roma, che attraverso il programma Eurosocial dell’Unione Europea, ha supportato attivamente la nascita e la crescita delle politiche di care in America Latina.

 

 

Foto di copertina: European External Action Service (EEAS)