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Che in Italia il benessere mentale sia un bene prezioso non è una novità: secondo l’Headway – Mental Health Index 3.0, report realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Angelini Pharma, 1 italiano su 5 soffre o ha sofferto di almeno un disturbo mentale, dai più lievi ai più acuti.

Anche la presenza di personale e strutture adeguate, come ha spiegato Armando Piccinni nella conferenza stampa sui dati dell’Osservatorio sulla Salute Mentale svoltasi il 6 febbraio 2024 scorso, costituisce una raritá: “l’80% dei sanitari intervistati pensa che il numero di specialisti non sia congruo al numero dei cittadini, non garantendo quindi continuità nell’assistenza ai pazienti”. L’Osservatorio ha rilevato, inoltre, che circa l’85% dei cittadini riporta “difficoltà nell’accedere alla sanità pubblica per il trattamento dei disturbi psichici”. 

Partendo da questi spunti, dopo aver parlato di come la salute mentale è trattata a livello europeo, di seguito andiamo a vedere come è affrontata nel nostro Paese.

Le iniziative governative nella fase dell’emergenza 

A partire dal 2020, la salute mentale ha trovato spazio nelle iniziative del Governo italiano: nel corso dell’emergenza pandemica numerosi decreti legge hanno tentato di garantire la salute e il benessere psicologico individuale e collettivo attraverso differenti previsioni e stanziamenti finanziari (vd. Tabella 1).

Un elemento importante è stata anche l’istituzione di due tavoli tecnici per la salute mentale: il primo, istituito nel gennaio 2021, ha prodotto un’analisi in merito alla (mancata) attuazione nelle regioni del Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale del 2013; il secondo, istituito dal ministro della Salute Schillaci nell’estate 2023, è ancora al lavoro per “il miglioramento della qualità dei percorsi di prevenzione, trattamento e riabilitazione a favore delle persone con disagio psichico, in tutte le fasce di età”. 

Tabella 1. Decreti contenenti misure per la salute mentale (2020-2022)

Le iniziative legislative nel post pandemia

Nella fase post-pandemica il Parlamento ha iniziato a trattare il tema della salute mentale con maggiore attenzione. Negli ultimi anni sia a Montecitorio e che Palazzo Madama hanno assunto alcune decisioni in materia e sono state presentate diverse proposte di legge collegate alla salute mentale, il cui iter legislativo appare tuttavia ancora molto incerto. Vediamo di seguito le principali misure varate o all'esame delle Camere.

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Il bonus psicologo

Tra le iniziative governative nate nel corso della pandemia vi è sicuramente il Bonus psicologo, introdotto dal decreto 228/2021, che riconosce l’erogazione di un contributo regionale per le spese di sessioni di psicoterapia. Lo stanziamento totale, inizialmente previsto di 10 milioni, di fronte alle tantissime domande è stato di 25 milioni di euro per l’anno 2022, con un importo massimo di 600 euro a persona parametrato secondo le fasce ISEE.

Tale misura ha, poi, travalicato i confini del periodo emergenziale: nel corso della XIX legislatura, la Legge di bilancio 2023 ha esteso il bonus, rendendone poi l'erogazione strutturale per gli anni seguenti. Il limite massimo pro capite è stato alzato a 1.500 euro e sono stati stanziati 5 milioni per il 2023 - poi divenuti 10 con il D.L. 145/2023 - e 8 milioni per il 2024 e gli anni seguenti. Proprio sul bonus è stato realizzato un recentissimo studio, presentato il 17 aprile scorso in Parlamento, che analizza l’impatto e il costo-efficacia della manovra. Realizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi in collaborazione con le università di Milano Bicocca, Bergamo, Catania, Palermo, Pavia e La Sapienza di Roma, lo studio dimostra il valore di investimento che il bonus ha avuto per il bilancio pubblico. Anche se tutti i cittadini possono beneficiare di questo contributo pubblico, l’analisi di impatto ha riguardato i soli lavoratori.

A fronte di un investimento di 25 milioni di euro, che ha permesso a 21.360 lavoratori di fruire di sedute psicologiche, il ritorno di investimento è calcolabile come 312 milioni di euro, pari ai 5 giorni medi di malattia per malessere psichico in meno al mese moltiplicati per tutti i lavoratori che hanno usufruito del bonus. Secondo i dati 9 persone su 10, infatti, si sentono migliorate o fortemente migliorate grazie ai servizi psicologici erogati, con un -45% dei sintomi di ansia alla fine del trattamento e un -24% di quelli per la depressione. Ma non solo: secondo lo studio sono diminuiti anche gli accessi al medico di base per dolori fisici e l’uso di antidolorifici, dimostrando la trasversalità e significatività dell’attenzione al proprio benessere mentale.

Emerge quindi la convenienza di ampliare i fondi e concentrare l’attenzione su stanziamenti e interventi analoghi, dal momento che solo il 14% dei richiedenti ha potuto accedere alla misura. Nelle parole di Laura Parolin, coordinatrice del progetto di ricerca, il bonus deve essere “un tassello di una rete, che deve includere la psicologia scolastica e lo psicologo di base, come tre vertici di un triangolo”.

Lo psicologo scolastico

Il 20 febbraio scorso la Commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati ha avviato un ciclo di audizioni relativo all’istituzione della figura professionale dello psicologo scolastico nelle scuole di ogni ordine e grado, correlando le analisi alle tre proposte di legge presentate nel corso della legislatura - la C. 247 Marrocco dell’ottobre 2022, la C. 520 Di Lauro del novembre dello stesso anno e la C. 1108 Scarpa dell’aprile 2023. Nonostante il peggioramento evidenziato soprattutto nel benessere mentale infantile e adolescenziale nel periodo post pandemico, infatti, l’Italia è l’unico Paese UE sprovvisto della figura dello psicologo scolastico.

Come specificato dalle apposite linee guida redatte dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, lo psicologo scolastico può svolgere numerose attività di supporto nelle scuole, per esempio con iniziative mirate al personale, a studentesse e studenti, alle famiglie. A seguito della pandemia, sulla scia dei Decreti Sostegni, è stato previsto per il 2022 un aumento in bilancio di 20 milioni (L. 234/2021, art. 1 c. 697) da assegnare alle istituzioni scolastiche per introdurre supporto psicologico in relazione alla prevenzione e al trattamento dei  disagi e delle conseguenze derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Al di là di questo finanziamento una tantum, però, continua a mancare una presenza sistematica regolata a livello nazionale. Quest’’assenza di un’adeguata previsione legislativa è compensata, in alcuni casi, da disposizioni regionali ad hoc: come nel caso di Piemonte, Lombardia, Abruzzo, Marche, Campania e Calabria.

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Lo psicologo di base

Vi è anche un’altra importante manovra correlata al benessere mentale in attesa di discussione in Parlamento: l’introduzione della figura professionale dello “psicologo di base”. La proposta di legge C. 814 Ciocchetti disciplina, in particolare l’“Istituzione del servizio di psicologia di assistenza primaria nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”, mentre la proposta C. 1034 Lupi prevede l’“Istituzione della figura professionale dello psicologo di base”.

A novembre 2023, è stato adottato un testo base unificato di queste e precedenti proposte di legge dal tema analogo, di cui però non è ancora stata finalizzata l’approvazione in Assemblea. Lo psicologo di base, secondo queste previsioni, oltre alla sua attività professionale tipica, avrebbe il ruolo di promotore del benessere e della prevenzione, fornendo un supporto individuale e comunitario, integrato con i servizi sociali e garantito in ogni distretto nella misura di uno psicologo di assistenza primaria ogni 4-7 medici di medicina generale o pediatri di libera scelta. Anche in questo caso, alcuni Consigli Regionali hanno anticipato il Parlamento: Toscana, Abruzzo, Campania, Puglia, Piemonte, Lombardia e Sicilia sono state le prime regioni a disciplinare la presenza dello psicologo di base.

Sia dalle proposte per lo psicologo scolastico sia per quelle per lo psicologo di base, però, non emerge in maniera chiara quanti siano i fondi necessari per rendere concrete queste misure e, soprattutto, in che modo lo Stato potrebbe reperire queste risorse aggiuntive.

Il livello locale: i casi di Milano e Bologna

Per concludere questa carrellata di iniziative intraprese dalla Politica, al fine di garantire un maggiore benessere psicologico della popolazione italiana, è utile tener conto del fatto che la salute mentale è un tema d’interesse anche a livello locale. In tal senso, sono diverse le iniziative avviate da Comuni ed enti locali in tutta Italia. Quelli di Milano e Bologna sono due esempi significativi.

Il Comune di Milano ha adottato il manifesto “Salute Mentale bene in Comune” l’ottobre scorso, nell’ambito della Milano 4 Mental Health, iniziativa volta a favorire l’accesso alle informazioni su progetti, attività di prevenzione e possibili azioni individuali da intraprendere, in collaborazione con le associazioni e i servizi socio-sanitari della città. Il manifesto è un “documento strategico che descrive e sancisce principi e valori condivisi da mettere a disposizione della comunità per orientare le scelte e le azioni di enti, associazioni, imprese e cittadini su questo delicato tema nei prossimi anni”. Il manifesto è stato promosso da numerosi protagonisti delle istituzioni - quali il presidente di ANCI, Antonio De Caro, e il coordinatore del Tavolo Tecnico sulla Salute Mentale del Ministero della Salute, Antonio Siracusano - ed è stato rilanciato anche dalla Rete delle Città Sane, progetto dell’OMS atto a promuovere la salute come punto centrale delle proprie politiche, presente in Italia dal 1995 e a cui hanno aderito oltre 70 comuni.

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Il Comune di Bologna, invece, ha avviato il progetto “Ci vuole una città”, il cui obiettivo è promuovere la salute mentale come bene comune fornendo servizi più efficaci e di prossimità. Per farlo, il progetto promuove la partecipazione di utenti e familiari e una forte sinergia tra aziende sanitarie, Università, Comune e Città Metropolitana. Un’impostazione virtuosa perché in linea con le raccomandazioni per una salute mentale di comunità che hanno pubblicato sia l’Organizzazione Mondiale della sanità sia il Ministero della Salute italiano.

Le prospettive future

I riflettori degli attori pubblici italiani sembrano, dunque, puntati con maggiore interesse rispetto al passato sulla salute mentale, tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale e locale. Resta da capire, monitorando i progetti di legge attualmente in esame e i risultati dei molti studi avviati nel periodo post pandemico, se quest’attenzione riuscirà davvero a tradursi in iniziative concrete, ma, soprattutto, strutturali.

Bisogna, inoltre, che i decisori politici a tutti i livelli si dimostrino effettivamente capaci di cogliere la necessità di prendersi cura anche della salute mentale, che è sicuramente stata esacerbata dall’emergenza pandemica ma che,  in realtà, è insita nel concetto stesso di benessere.

Disegnare politiche di welfare senza considerare anche le dinamiche psicologiche e psicosociali è per i policy-maker un enorme rischio: con l’acquisizione di questa consapevolezza in merito alla capillarità del disagio mentale e, soprattutto, alle sue ripercussioni in ogni ambito della vita dei cittadini - incluso quello della salute fisica -, si deve trasformare il benessere mentale in una priorità politica fondamentale a tutti i livelli e in tutti i settori. Solo così saremo capaci di raggiungere un reale miglioramento della salute mentale - e non solo mentale - della popolazione.

 

Foto di copertina: Unsplash.com