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Il sistema sanitario che oggi, per la sua inscindibilità con il sociale, è definitivamente socio-sanitario, fin dalla sua istituzione affronta profonde trasformazioni concettuali e fattuali, trovandosi nella porosa interfaccia tra scienza e società. Questi due fattori – in tutto il loro dinamismo dalle invenzioni ai cambi culturali – hanno assunto negli ultimi anni sia un’energica accelerazione mutazionale sia una multiforme segmentazione, reciprocamente pervasive: il progresso avanza per suo conto, a grandi passi e in ogni direzione, nel mentre emergono precarie condizioni geo-politiche, demografiche ed epidemiologiche. La comparsa simultanea di tali fenomeni sta innescando effetti sistemici a cascata, amplificati dalle interdipendenze globali.

Per quel che riguarda il perimetro di questo articolo ci limitiamo a costatare il portato destrutturante, di profilazione e numerico, degli organici dei servizi per la salute e dell’ancoraggio a rigidi vincoli finanziari. Inoltre e fondamentalmente, lavorare in questo settore della salute, soprattutto per chi svolge compiti dirigenziali o di costruzione di scenari e modelli politico-programmatori, significa camminare lungo il magmatico confine tra presente e futuro, riscontrando la snervante difficoltà a conseguire una comprensione dotata di certezza interpretativa durevole, che non debba, cioè, affrontare ulteriori ricomposizioni in un lasso di tempo breve. Col rischio di dover navigare a vista e agire di rimessa quasi esclusivamente nella riduzione del danno.

La sfida che si delinea per i professionisti che agiscono ai vari piani del servizio socio-sanitario nazionale come sopra inteso, con differenti posizioni e con diverso tipo di ruoli, in organico o di collaborazione, non è unicamente quella di doversi sottoporre a un aggiornamento multiforme e frenetico, perciò deficitario e a rischio equivoci o veri abbagli nell’assimilazione, c’è infatti la tenuta di tutto il sistema che subisce scosse telluriche a magnitudo e intensità anche serie.

Queste prime righe non sono l’espressione di una psicologia catastrofica ma dell’evidente incrociarsi dell’innovazione tecno-informatica (IA, robotica, big data e telemedicina che stanno rivoluzionando la pratica medica) con la concettualizzazione dell’approccio One Health (che riconosce l’interconnessione tra la salute umana, la salute animale e la salute dell’ambiente e la necessaria collaborazione multi-settoriale e trans-disciplinare, coinvolgendo esperti di medicina umana, veterinaria e scienze ambientali) e la medicina delle 5P (preventiva, personalizzata, predittiva, partecipativa e di precisione rivolta al singolo paziente in un intorno territoriale e relazionale circoscrivibile). In termini non scherzosi ma puramente deduttivi dalla natura di questo incrocio, ciascuna persona si trova al centro di un apparato dai contorni più utopici che reali, perché dovrebbe provvedere lui e l’ambiente in cui vive di informazioni e interventi su misura sartoriale.

Una transizione epocale

A ben riflettere, gli accenni di contesto lasciano intravedere che stiamo ormai calpestando la soglia di un passaggio storicamente significativo, avvio della trasformazione radicale della società tutta, dal mondo lavorativo alla scuola, dalle telecomunicazioni, sempre più onnipresenti, all’industria e all’economia. Siamo agli albori di una rivoluzione più penetrante di quella industriale di fine XVIII secolo, che introducendo la macchina a vapore e altre apparecchiature ha sì favorito la modernizzazione e l’urbanizzazione, ma ha pure approfondito le disuguaglianze economico-politiche, creato nuove classi di privilegiati o di esclusi – il proletariato operaio, i lavoratori rurali e gli artigiani – e suscitato movimenti di protesta sfociati in scontri e conflitti cruenti in molte parti del mondo.

Se si conviene di essere in un momento epocale di novità assolute, si dovrebbe anche essere d’accordo sulla necessità di soluzioni – organizzative, culturali e tecniche – mai prima esperite e dalla rapida attivazione in ogni settore e, per quel che riguarda il perno di questo articolo, in quello della socio-sanità, peraltro pienamente paradigmatico del cambiamento globale in atto.

Una proposta di Agenzia interministeriale per l’innovazione

L’innovazione in corso è trasversale e capillare, arreca opportunità e minacce che riguardano diversi settori, quali l’economia, l’istruzione, la socio-sanità, il lavoro, la cultura e anche il modo in cui viviamo quotidianamente. Quindi, non è qualcosa che interessa solo un ambito specifico, ma si diffonde e influenza vari aspetti della nostra vita, creando conseguenze a catena. Pertanto benché apprezzabile e lungimirante, risulta limitativo avere un semplice ‘Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale’.

Servirebbe, ad avviso di chi scrive, un’Agenzia interministeriale per l’innovazione che abbia per fine di fare studi e consulenza su come governare il progresso tecnologico secondo scadenziari e modalità applicative efficienti, così che le innovazioni siano al servizio di tutti e non creino seri disagi ed estromissioni definitive dal mercato del lavoro. Essa può al suo interno fare un utilizzo oculato dell’IA per impostare, non risolvere, i problemi (Merlo 2025) e può essere propositiva a vari livelli affinché:

  • i Ministeri agiscano in modo convergente sui temi cruciali, quelli associati a grande rilevanza politica e a un tasso elevato di modernizzazione, come i servizi e le prestazioni di cura e assistenza, evitando sovrapposizioni o conflitti di spettanza, progetti duplicati e incoerenze nei provvedimenti;
  • le normative siano aggiornate e coerenti con le innovazioni;
  • le strategie siano orientate a benefici tangibili per le collettività di tutte le aree nazionali, dal sud al nord.
  • sia favorita la collaborazione tra Ministeri, Regioni, Enti pubblici, università e aziende.
  • siano definite priorità, stabiliti tempi e presentati gli adeguati suggerimenti per evitare inutili ritardi e asincronie o mancate tutele.
  • siano date indicazioni precise a ospedali, università, enti di ricerca e aziende farmaceutiche per sviluppare soluzioni d’utilità comprovata e validata e, laddove necessaria, corredata da raccomandazioni e linee guida d’efficacia sperimentata prima della loro divulgazione.
  • siano previste per tempo gli impatti dell’introduzione di nuove tecnologie sul mercato del lavoro, sulla formazione e sulle competenze richieste integrando l’Health Tecnology Assessment con il Work Impact Assessment, in modo che si possano pianificare interventi di riqualificazione, formazione e politiche sociali con le quali accompagnare il cambiamento senza sovvertimenti gravi.
  • siano allocati fondi e risorse umane in modo strategico, valutando bene il fabbisogno.

I vantaggi di una maggiore integrazione

I Ministeri dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca e quelli dell’Industria, del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Sanità giocano ruoli fondamentali nel promuovere un esteso e duraturo progresso sociale ed economico di un Paese e la sua competitività internazionale. La loro collaborazione deve mirare a scoprire quali applicazioni di intelligenza artificiale hanno il potenziale per migliorare non solo la qualità dell’assistenza, il carico di lavoro del personale e l’esperienza del paziente, ma anche la sicurezza e la produttività del sistema sanitario e assistenziale stesso.

Istruzione, Università e Ricerca formano la base su cui si costruisce una società avanzata e resiliente. Un sistema educativo efficace permette ai cittadini di sviluppare le competenze necessarie per il mercato del lavoro, stimola l’inventiva e favorisce la mobilità sociale. L’università e Ricerca, in particolare, è per il mondo (Beccalli 2025) motore di un sapere duttile e operativo, estendendo conoscenze e creando tecnologie che alimentano il miglioramento culturale e con esso l’inclusività occupazionale e la crescita economica.

Attraverso politiche mirate, il Ministero dell’Industria facilita la tenuta delle imprese nel tempo conservando e generando occupazione. Può assumersi anche il compito di un benchmarking trasparente sugli strumenti ritenuti efficaci sulla salute e da immettere in commercio.

I Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Sanità  garantiscono una popolazione sana e attiva, salvaguardando le fasce deboli e riducendo i costi sociali legati alle malattie così da migliorare la qualità della vita e il benessere di tutti.

Il compito di chiarificazione, spinta e integrazione, svolto dall’Agenzia interministeriale per l’innovazione dovrebbe condurre a ridisegnare l’ecosistema formativo rendendolo:

  1. Plastico: plasmabile dalle modernità pur mantenendo un giudizio critico su di esse.
  2. Pratico: rispondente a problemi reali, attuali e incombenti, e ispiratore di competenze trasversali e agili.
  3. Interdisciplinare: perfezionante conoscenze, metodologie e competenze provenienti da più discipline, per fornire una visione sufficientemente completa delle situazioni in corso e degli scenari prevedibili.
  4. Etico: mosso da prudenza e appropriatezza per non creare danni di nessun tipo, da quelli psicofisici a quelli sociali; capace di appianare le disuguaglianze nell’accesso alle nuove frontiere tecno-informatiche e nel farne esperienza; idoneo a considerare i benefici nel contesto, ossia sensibile a che i vantaggi per una parte interessata (per esempio, una maggiore efficienza organizzativa) non significhino compromessi o svantaggi per un’altra, come l’aumento del carico di lavoro burocratico per i medici (Cresswell 2025).

Alcune idee in tal senso, a puro titolo esemplificativo e non esaustivo e sempre con un’attenzione principale alla socio-sanità, potrebbero essere queste che seguono.

1. Formazione abbinata: di base, continua e adattiva, e personalizzata

Promuovere una formazione di base non soltanto uniforme per tutti e orientata a soddisfare le necessità di un periodo determinato, ma continua e adattiva ovvero in grado di educare la mente a sapersi evolvere aggiustandosi su cambiamenti e aspettative. Inoltre, la formazione andrebbe a essere sempre più personalizzata: oltre a essere flessibile, il processo di apprendimento è confezionato su misura per ogni persona, tenendo conto delle sue preferenze, obiettivi e modalità di apprendimento. Essa è conseguibile con:

  • sistematici sondaggi tra gli addetti ai lavori concentrati sul tema “Dove si vede il valore e il potenziale positivo di determinate innovazioni”.
  • Corsi brevi, modulari e on demand con il supporto di piattaforme adaptive learning che, grazie all’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati, riscontrano lacune e suggeriscono contenuti e forniscono tutor virtuali per un affiancamento costante.
  • simulazioni immersive: esperienze interattive che sfruttano tecnologie avanzate come la realtà virtuale (VR), la realtà aumentata (AR) e l’intelligenza artificiale (AI) per creare ambienti realistici e coinvolgenti per il training su nuove tecnologie (es. chirurgia robotica, interpretazione di immagini diagnostiche basate su deep learning).
  • Strumenti “just-in-time” che riducono il carico cognitivo. L’intelligenza artificiale (AI) integrata negli EMR (Electronic Medical Records) è in grado di sfruttare algoritmi avanzati per migliorare la gestione delle informazioni cliniche e aiutare i medici con suggerimenti intelligenti e contestuali ai casi in carico (es.: “Il paziente ha una complicazione inaspettata: ecco le ultime pubblicazioni a riguardo e i modi più aggiornati per affrontarla”).

2. Collaborazione tra industria e università

  • Partnership obbligatorie. Le aziende tech che sviluppano strumenti medici o software diagnostici dovrebbero validarne l’uso con l’affiancamento delle università e con essa co-progettare corsi di formazione, garantendo un trasferimento diretto di know-how. Con focus su “meta-skills”, cioè insegnando non solo come utilizzare ma come imparare nuove tecnologie (mentalità agile, dubbio metodico su dati e algoritmi).

3. Iniziative relazionali di ausilio all’apprendimento.

  • Comunità di pratica tra pari. Piattaforme con funzioni audio-video e condivisione di documenti, dove specialisti della stessa branca della medicina condividono casi, soluzioni e tutorial (es. come usare un nuovo software per l’imaging).
  • Scambi intergenerazionali biunivoci. Professionisti junior affiancano i senior per trasferire abilità digitali, mentre questi trasferiscono ai primi esperienza clinica.

4. Governance del cambiamento

  • Standardizzazione. La standardizzazione è un pilastro fondamentale, soprattutto in contesti complessi come quello sanitario. Il suo valore strategico risiede nella capacità di creare coerenza sistemica, ma deve essere bilanciata con la flessibilità necessaria per adattarsi a realtà locali e innovazioni e far risparmiare tempo. Essa riduce duplicazioni, ottimizza risorse e accelera processi (es.: protocolli uniformi per le SDO), garantisce benchmark comuni (es.: classificazione DRG per valutare l’appropriatezza dei ricoveri); consente trasparenza sulle performance, scalabilità (linee guida trasferibili da una fase pilota a quella di regime ordinario) e interoperabilità, quindi la condivisione di dati tra istituzioni (es.: sistemi informativi sanitari regionali integrabili a livello nazionale).
  • Linee guida dinamiche. Le linee guida dinamiche sono tali se, senza perdere coerenza sistemica, sono caratterizzate:
    • da appropriatezza temporale intesa quale il ponte tra l’innovazione e la sua reale utilità e la facilità di incorporarla nella formazione;
    • da un approccio flessibile e conformabile a scenari specifici (es.: differenze regionali, emergenze demografiche);
    • da revisione periodica in grado di incorporare nuove evidenze e feedback alla definizione di regole o protocolli;
    • da processi partecipativi degli stakeholder per definire obiettivi condivisi.

5. Riorganizzazione, riprofilazione delle professionalità e responsabilità diffusa sugli obiettivi comuni

Tutta l’articolazione, schematicamente qui appena richiamata, dimostra che il vero nodo, oggi, non è se sia necessario adattarsi, ma come farlo in modo efficace, equo e sostenibile dal piano economico a quello dell’apprendimento.

L’oggettività di pensiero riconosce che la ridefinizione delle professioni non sempre porta a un miglioramento della qualità dell’assistenza, dell’esperienza del paziente o dell’efficienza dei costi, soprattutto se non studiata adeguatamente (Palmer et al 2025). Però se è incontrovertibile l’obbligo di pianificazione, progettazione e supervisione, si esige pure l’operosa adesione di quanti sono attivi nel mondo del lavoro, perché sorgono nuovi settori, superspecializzazioni, inusitate competenze, architetture organizzative cangianti, differenti forme di collaborazione interdisciplinare. Pertanto per essere efficaci e comunitariamente responsabili bisogna uscire dai confini entro i quali ciascuno si è assestato e si arreca un danno se, all’interno di un’impresa, l’apprendimento è sfasato e non sincronico e omogeneo sugli elementi di base che reggono il modello in cui si opera.

Sono diversi anche gli stili di vita professionale per la priorità crescente data ai soft skill. Capacità di riassestamento, pensiero critico, propensione a intervenire in team eterogenei e doti di problem solving, divengono centrali quando il proprio bagaglio conoscitivo e le abilità tecniche hanno cicli di obsolescenza rapidi e il progresso avanza lungo linee tortuose e di interdipendenza tra discipline. La formazione continua esige voglia di apprendere e investimento di tempo su reskilling e upskilling, e di rendersi disponibili al task shifting senza che, ovviamente, siano sacrificati diritti e nel contempo senza che nessuno alzi ingiustificabili barriere corporative.

Conclusione

Generalmente e ancor più nel caso del sistema socio-sanitario, per evitare il rischio di un collasso sotto il peso della irruente innovazione, si richiede un “patto sociale psicologico”. Esso traspone il tradizionale “contratto psicologico”, suscitato dalla relazione individuo-organizzazione, a una dimensione pubblica collettiva, quando ci si rende conto che ci si trova tutti sulla stessa barca in acque turbolente.

Ci si riferisce, quindi, a un accordo implicito, basato su aspettative reciproche e fiducia corrisposta, in cui:

  • i cittadini si sforzano di essere proattivi dimostrandosi disposti ad assecondare al meglio delle proprie possibilità gli avanzamenti in corso, assicurando sereni feedback circa il procedere delle finalità di migliorare condizioni di vita e di lavoro di tutti.
  • I professionisti si impegnano a essere aggiornati ma non subalterni alla tecnologia; eticamente vigili, per evitare derive disumanizzanti; collaborativi, evitando l’elitarismo digitale senza lasciare indietro nessuno; attenti alla custodia delle risorse.
  • Gli organismi decisionali elaborano regole chiare e una cultura condivisa, premiando i comportamenti virtuosi e attuando processi riparativi quando le speranze sono disilluse.

 

 

Bibliografia

  • Beccalli E., Il potere dell’educazione e il futuro dell’università, Vita e Pensiero, n° 2 Marzo – Aprile 2025.
  • Cresswell K., Time to rethink how we evaluate digital technologies in healthcare, Digitalhealt 21 May 2025.
  • Manca, F. and D. Eslava, Digital and AI skills in health occupations: What do we know about new demand?, OECD Artificial Intelligence Papers, No. 36, OECD Publishing, Paris, 2025 https://doi.org/10.1787/5fbd42ab-en.
  • Merlo G., Istruzioni per l’uso delle intelligenze artificiali nella programmazione sociale, Secondo Welfare 19 maggio 2025.
  • Palmer W., Crellin N., Lobont C., In the balance: Lessons for changing the mix of professions in NHS services, Nuffield Trust Research report January 2025