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In Italia la povertà continua a crescere e “normalizzarsi” secondo l’espressione coniata da Caritas Italiana (2020). Secondo i dati ISTAT oltre 5,7 milioni di persone (9,7% della popolazione) e più di 2,2 milioni di famiglie (8,4% del totale) si trovano in povertà assoluta, confermando livelli record ormai stabilizzati negli ultimi anni (ISTAT 2024). Particolarmente grave risulta la condizione dei nuclei con componenti stranieri (30,4% di povertà assoluta contro il 6,3% delle famiglie italiane) e dei nuclei con minori (21,6 % nelle famiglie con 3 o più figli minori).

Anche considerando il più ampio indicatore europeo del rischio di povertà o esclusione sociale, il quadro nazionale resta critico: dopo il 22,8% registrato nel 2023, le stime del Rapporto ISTAT sulle condizioni di vita pubblicato nel marzo 2025 indicano un lieve peggioramento al 23,1% nel 2024 (ISTAT 2025). Un dato che segnala come, al di là delle oscillazioni, la quota di popolazione esposta a condizioni di fragilità sociale resti stabilmente alta.

Se però spostiamo lo sguardo sull’Emilia-Romagna, il quadro appare in controtendenza: nel 2023 tale indicatore scende al 5,8% a livello regionale, dimezzandosi rispetto al dato del 2019 e collocando la regione tra le meno esposte d’Italia. Una situazione solo in apparenza rassicurante.

È proprio in un contesto in cui gli indicatori statistici regionali sembrano raccontare un territorio in salute che il report Pellegrini di Speranza della Caritas di Reggio Emilia-Guastalla si propone come strumento prezioso per andare oltre i numeri aggregati e cogliere quelle dinamiche che sfuggono ai dati generali. Dal 2002, questo documento curato dall’Osservatorio Povertà offre un monitoraggio sistematico delle povertà incontrate nei propri servizi. Un lavoro che nasce dall’esperienza quotidiana nei Centri di Ascolto, nelle mense, nei servizi di accoglienza e nelle attività di prossimità.

I dati raccolti tramite OspoWeb1 si intrecciano così con osservazioni qualitative, focus group, narrazioni emblematiche e sguardi maturati sul campo. Il report in questo senso non restituisce dunque solo il quanto della povertà, ma soprattutto il come essa si manifesta, evolve e interpella chi la incontra ogni giorno. Il documento diventa così strumento generativo, capace di svelare le trasformazioni in atto anche in territori che, in superficie, appaiono solidi.

Due povertà complementari: grave emarginazione adulta e povertà familiare

Nel 2024 l’azione della Caritas intercetta due volti complementari della povertà reggiana. Il primo riguarda la grave emarginazione adulta, rilevata principalmente nei servizi diocesani. Sono 808 le persone incontrate, di cui il 63,5% (512 persone) in condizione di grave esclusione abitativa, in aumento rispetto al 59,5% del 2023. Il 74,4% è già noto ai servizi Caritas, segnale di una crescente cronicizzazione. La marginalità estrema coinvolge prevalentemente uomini (83,8%), stranieri (76,2%), con una distribuzione per età che vede i giovani adulti fra gli stranieri e gli over 55 fra gli italiani, che rappresentano il 23,1% degli accolti.

L’esclusione si misura anche nell’intensità dei bisogni: nel 2024 sono stati distribuiti 101.964 pasti nelle mense (+8.000 rispetto al 2023). La multiproblematicità cresce: in media ogni persona presenta 4 bisogni distinti.

Il secondo volto riguarda la povertà familiare, osservata nei Centri d’Ascolto parrocchiali. Si stimano tra 2.000 e 3.000 famiglie accompagnate (8.000–9.000 persone), di cui un campione di 817 monitorate su OspoWeb. Qui emergono caratteristiche differenti: prevalenza di donne (63%) con responsabilità di cura; 65% stranieri e 29% italiani; nuclei prevalentemente composti da più membri (78,3%) e frequentemente in situazioni abitative precarie o sovraffollate (66,2% vivono con parenti). Le fasce centrali di età lavorativa (25–54 anni) risultano le più colpite.

Dai territori emergono anche nuove criticità: presenza crescente di persone senza dimora anche fuori dal capoluogo, con servizi locali spesso impreparati a gestire marginalità estreme; e un aumento rilevante di problemi di salute mentale, sia tra giovani che tra anziani, spesso correlati a solitudine e fragilità relazionali.

Questi due volti non sono alternativi, ma intrecciati. La Caritas diocesana si confronta prevalentemente con la marginalità estrema maschile e senza dimora; i Centri parrocchiali incontrano soprattutto famiglie vulnerabili, spesso con lavoro precario e gravosi carichi di cura. Insieme offrono uno sguardo articolato sulle molteplici declinazioni della povertà a Reggio Emilia.

L’ascolto che genera relazione e accompagna la complessità

Il report conferma che il primo vero dispositivo operativo resta l’ascolto. Nel 2024 sono stati realizzati 2.607 colloqui complessivi: 1.159 formali (di cui 250 in contesti informali) e 1.448 informali, svolti prevalentemente in mense e locande. L’ascolto, sia formale che informale, non rappresenta una fase preliminare, ma costituisce il cuore stesso dell’accompagnamento: intercetta storie complesse, domande latenti, costruisce fiducia là dove spesso prevale la diffidenza verso i servizi. Nei contesti informali di prossimità l’ascolto diventa presidio leggero ma continuativo, capace di avvicinare chi si muove ai margini e faticherebbe ad accedere ai percorsi tradizionali.

Proprio da questa prossimità emerge con chiarezza come la povertà intercettata non sia mai solo materiale, ma profondamente multidimensionale e relazionale. Contrastarla richiede risposte capaci di accompagnare percorsi graduali di autonomia, riconoscendo la complessità delle situazioni. L’approccio Caritas si fonda su una logica relazionale e generativa che integra: la reciprocità e la valorizzazione delle competenze delle persone; la personalizzazione dei percorsi; le alleanze con servizi sociali e sanitari; il coinvolgimento attivo delle comunità e dei volontari; la coprogettazione tra pubblico, terzo settore e territori.

Dentro questa complessità, l’abitare emerge come uno degli ambiti più sensibili: l’emergenza abitativa rappresenta una sfida crescente, tra costi in aumento, carenza di alloggi popolari e barriere d’accesso che spingono molti nuclei fragili verso coabitazioni precarie e sovraffollamenti.

La speranza come postura professionale e culturale

Il titolo Pellegrini di Speranza rappresenta una scelta di campo. Per chi opera nella prossimità, la speranza non è un atteggiamento ingenuo, ma una postura professionale concreta:

  • è speranza restare accanto a chi fatica a fidarsi;
  • è speranza costruire reti e relazioni che durano nel tempo;
  • è speranza scommettere sulla possibilità di piccoli passi, nonostante la complessità.

Ma questa postura professionale chiede di essere assunta anche come sguardo collettivo. I dati raccolti dal report ci interrogano infatti non solo come operatori, ma come comunità. Le povertà che attraversano il territorio reggiano non sono il fallimento di pochi, ma il riflesso di equilibri sociali sempre più fragili. La speranza, allora, non è semplicemente un sentimento, ma un impegno concreto a non normalizzare il disagio, a contrastare la solitudine sociale, a coltivare alleanze nuove tra istituzioni, società civile e cittadini. In questa direzione, il lavoro quotidiano della Caritas offre non solo aiuto, ma anche una possibile grammatica del welfare di domani: relazionale, territoriale, corresponsabile.

 

 

Per approfondire

  • Istat (2024), Le statistiche dell’istat sulla povertà | anno 2023.
  • Istat (2025), Report-reddito-condizioni di | Anno 2024
  • Caritas Italiana (2020), Gli anticorpi della solidarietà
  • Caritas Reggiana (2024), Pellegrini di Speranza

Note

  1. OSPoWeb è la piattaforma web della Caritas per la raccolta sistematica e l’analisi dei dati sugli utenti dei Centri di Ascolto e delle povertà, che consente di monitorarne bisogni, interventi e servizi a livello locale e nazionale.
Foto di copertina: Jeswin Thomas, Pexels.com