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Non è facile, ma a Padova stanno provando a creare un Social Welfare District.

È un progetto a cui il Comune, insieme al Terzo Settore cittadino, sta lavorando da anni, facendo passi avanti significativi. Partendo dall’ambizioso obiettivo di “aggregare l’offerta delle differenti tipologie di welfare territoriale”, il digitale è diventato uno strumento grazie al quale le strutture comunali possono leggere meglio i bisogni del territorio e individuare le risposte migliori.

“Intercettare i bisogni grazie a dei dati aggregati”, sintetizza Sara Bertoldo, dirigente del settore Servizi Sociali del Comune di Padova, è il modo migliore per “orientare i servizi”.

La strada da fare però è ancora tanta e superare gli ostacoli non è facile. I più grandi sono creare una “cultura del dato” condivisa e trovare i fondi necessari per implementare le idee. Sono due difficoltà che non riguardano solo la città veneta, ma ricorrono in molti progetti che a livello locale provano a sfruttare le potenzialità del digitale per migliorare il welfare.

Per questo, il caso di Padova è interessante anche fuori dai confini del Veneto.

Aggregare i dati per disegnare le politiche

Il progetto del Padova Social Welfare District è una collaborazione tra il Comune di Padova, il Centro Servizio Volontariato (CSV) di Padova e Rovigo e Human Foundation, ente privato di ricerca e consulenza per l’innovazione sociale.

L’idea di fondo, spiega la documentazione del progetto, è creareun sistema di integrazione tra le diverse componenti del mercato del welfare su base locale, attraverso quattro azioni principali:

  1. Sistematizzazione del processo di raccolta delle informazioni relative ai bisogni dei cittadini.
  2. Raccolta e aggregazione dei panieri di offerta presenti a livello locale.
  3. Stimolare e favorire l’accesso all’offerta presente nel territorio sistematizzando le informazioni.
  4. Stimolare la costruzione di nuove offerte di servizi in risposta alle nuove esigenze dei cittadini.

Al centro di tutto ci sono i dati, quelli prodotti dal Comune stesso, quelli delle banche dati nazionali e quelli degli enti del Terzo Settore cittadini, da incanalare in unico strumento digitale.

“Come servizi sociali volevamo una piattaforma che potesse restituirci in forma aggregata tutta una serie di dati sulla città”, dice in merito alla nascita del progetto Bertoldo. “I dati puntuali, quelli della singola persona, li abbiamo sempre avuti. Quello che non avevamo era una fotografia complessiva della città, aggiunge.

Come cambiare il welfare locale: le idee di WILL

Quale è il quartiere della città col maggior numero di anziani? E quello con gli ISEE più bassi? Dove è più forte la presenza di giovani o persone straniere? Avere una risposta a queste domande, secondo la dirigente, “è il modo migliore per affrontare i bisogni dei cittadini”, mettendo insieme tutte le forme di welfare che un territorio offre: quello pubblico, ma anche quello territoriale, quello occupazionale e anche quello informale.

“Per me – riprende Bertoldo – una grande fonte di ispirazione è stato il progetto WILL (Welfare Innovation Local Lab, in cui Percorsi di Secondo Welfare ha garantito la supervisione scientifica, ndr). Quel percorso e quello del Social Welfare District sono proseguiti in modo parallelo e poi, in qualche modo, abbiamo fatto una sintesi”.

Il finanziamento (finale) mancato

L’occasione per mettere in pratica il Social Welfare District è stata il Fondo Innovazione Sociale (FIS), lanciato nel 2020 dal Dipartimento della Funzione Pubblica e gestito da Formez. Il ricercatore del CNR Luca Tricarico, che ha lavorato per il Fondo, ha scritto sulla rivista Impresa Sociale che l’obiettivo dello strumento era “potenziare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni nel campo dell’innovazione sociale”.

Il progetto del Comune di Padova è stato scelto e le sue prime due fasi hanno ottenuto due finanziamenti dal FIS per uno studio di fattibilità e una prima sperimentazione, rispettivamente da 150.000 euro e 450.000 euro. La terza e ultima fase, quella più corposa, avrebbe previsto il consolidamento della sperimentazione, attraverso l’utilizzo di strumenti di finanza d’impatto sociale, con il coinvolgimento di Banca Etica.

Bertoldo spiega che, grazie ai primi due finanziamenti, la piattaforma per i dati è stata creata ed è stata utilizzata per i dati comunali, poi però non c’è mai stata la possibilità di chiedere il terzo finanziamento. Il percorso del Fondo Innovazione Sociale, infatti, si è interrotto.

Il programma Fondo Innovazione Sociale è stato un’importante piattaforma di sperimentazione di soluzioni innovative”, ci ha spiegato via mail il Dipartimento della Funzione Pubblica. Tuttavia “si è sviluppato in concomitanza con l’emergere di eventi di straordinaria gravità ed urgenza, come quelli legati alla pandemia da COVID 19, che hanno drasticamente influenzato le sue originarie tempistiche, comportando l’impossibilità di portare a compimento anche il previsto Intervento III in tempi compatibili con i termini di conservazione in bilancio degli stanziamenti inizialmente appostati”, aggiunge l’ufficio comunicazione del Dipartimento.

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“Sapevamo che ci sarebbe stata una selezione anche per ottenere il terzo finanziamento e che quindi non era automatico ottenerlo, ma eravamo fiduciosi di farcela”, ci spiega Niccolò Gennaro, direttore generale del CSV di Padova e Rovigo, partner del progetto. Il Terzo Settore è stato quello più penalizzato dal venir meno dei fondi per la terza fase del Padova Social Welfare District, che sarebbe costata circa 1 milione di euro.

“La piattaforma avrebbe dovuto essere utilizzata, sempre e solo in forma aggregata, anche dagli enti del Terzo Settore convenzionati col Comune. Abbiamo anche sottoscritto le convenzioni, ma poi tutto si è fermato”, ricorda Bertoldo. Nella terza fase la piattaforma di Social Welfare District avrebbe dovuto aggregare anche i dati di realtà come la Caritas, le Acli o i sindacati e le parrocchie, e anche quelli delle imprese che in città offrono servizi di welfare aziendale ai loro dipendenti. Invece, non è stato possibile.

Quel che è stato fatto, però, ha comunque migliorato la situazione, quanto meno all’interno del Comune.

Un valore comunque evidente, e premiato

“La piattaforma di Social Welfare District è stata sviluppata dal personale dei servizi sociali, insieme a colleghi di altri uffici comunali e a un fornitore esterno”, spiega Bertoldo.

Anche avendo avuto a che fare solo con i dati del Comune e alcuni dati nazionali e non essendo arrivati al coinvolgimento completo degli enti del territorio, il lavoro non è stato facile. I progressi del progetto si sono scontrati con diverse difficoltà: l’interoperabilità tra database diversi è molto complessa; i sistemi di dati sono spesso incoerenti tra loro, alcuni vengono aggiornati in modo disomogeneo, creando problemi di qualità, accuratezza e integrità; i processi vengono spesso inutilmente duplicati e la collaborazione tra le amministrazioni centrali e locali è ridotta.

È una lista lunga di criticità che, però, sono state tutte o in parte superate. O, quanto meno, non hanno impedito al Comune di Padova di raggiungere un primo risultato. Oggi, i dati dei servizi sociali pubblici sono consultabili in un’unica piattaforma insieme a quelli provenienti da altre fonti: anagrafe, tributi, catasto, ISEE. “E riusciamo anche a vedere dei dati provenienti dall’INPS, facendo delle richieste specifiche al loro database”, dice tradendo una punta di orgoglio Bertoldo.

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A suo giudizio, infatti, Social Welfare District è stato “un progetto più che positivo”, che ha raggiunto i risultati raggiungibili con i fondi ottenuti: “la piattaforma ce l’abbiamo e la usiamo”, riassume. E, infatti, lo scorso maggio il progetto è stato premiato dall’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano.

“Per me le opportunità sono tantissime”, continua Bertoldo. “Questo è uno strumento potentissimo per poter fare delle proposte alla politica, soprattutto di visione. Per creare un nuovo servizio sociale serve tempo: bisogna cominciare oggi qualcosa che vedrà la luce tra tre, quattro o cinque anni”, argomenta.

In questo, come detto, i dati sono preziosi. E lo sarebbero ancora di più se arrivassero da più fonti, come Social Welfare District aveva immaginato. Per ora, il Comune non ha trovato altre risorse per continuare quanto iniziato col Fondo Innovazione Sociale. Ma sia Bertoldo sia Gennaro non perdono le speranze.

La base per una coprogettazione data-driven

Il direttore del CSV Gennaro si augura che il progetto possa in qualche modo riprendere e tornare a coinvolgere anche il non profit. Questo, a suo parere, consentirebbe di strutturare quelle che lui definisce delle “coprogettazioni data driven”. “L’interconnessione delle banche dati consentirebbe di chiamare a raccolta gli enti del Terzo Settore per leggere quei dati e formulare risposte condivise a partire da essi”, spiega.

Sarebbe uno sviluppo interessante, ma i fondi rimangono il problema principale. Non l’unico, però. Bertoldo sottolinea un altro aspetto, legato alle competenze digitali ( un tema su cui sta lavorando anche il progetto Non Profit Digital Leaders, grazie al quale è realizzato questo approfondimento, ndr).

Da quel che ha potuto osservare durante il lavoro svolto all’interno del Comune e quello preparatorio con gli enti del Terzo Settore, “manca una cultura del dato”. “Cominciamo adesso a ragionarci. Non mi permetto di dire che sia così ovunque, ma per la mia esperienza è così”, aggiunge.

Ecco come Non Profit Digital Leaders vuole trasformare il Terzo Settore

Gennaro concorda: “L’investimento grosso che non abbiamo potuto fare nella terza e ultima fase di Social Welfare District sarebbe stato quello dell’accompagnamento formativo. Il milione di euro che il Comune sperava di ottenere dal Fondo Innovazione Sociale, a suo parere, avrebbe dovuto essere speso in formazione. “Avremmo pagato le ore di persone competenti che avrebbero accompagnato gli enti del Terzo Settore nella raccolta dei dati e nella loro lettura”.

Quell’occasione è sfumata, ma non è detto che non se ne presentino altre in futuro.

Nella sua risposta a Percorsi di Secondo Welfare, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha spiegato di volersi impegnare per “non disperdere il patrimonio di conoscenze e di nuove competenze apprese nel corso della sperimentazione, e di proseguire lungo il solco tracciato, con una nuova iniziativa che sappia sintetizzare quanto di meglio realizzato nello svolgimento del FIS, ampliandone l’ambito di azione, e nel contempo, ponendo rimedio a taluni difetti operativi che ne avevano rallentato l’attuazione”.

Il Dipartimento, quindi, ci ha riferito che “è in corso la valutazione per rendere concreto tale impegno e dare nuovo impulso all’innovazione sociale ed alla capacitazione amministrativa, in particolare delle realtà locali”. A Padova, ci sperano.

 

 

Foto di copertina: Stefano Intintoli, Unsplash.com