8 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Nel precedente articolo della nostra raccolta di narrazioni dal Bosco delle Querce, abbiamo raccontato come è stato strutturato il progetto “Insieme per il Bosco” di FARE Arte  Contemporanea Applicata e Circolo Legambiente Laura Conti di Seveso. In questo articolo (e nel prossimo) racconteremo come sia stato possibile, a partire dai processi di figurazione e dal con-pensare1, far discendere quelle pratiche che abitano il Bosco delle Querce da quasi quattro anni. Per questo, di seguito narreremo di storie e memorie, equilibri e visibilità della natura. Vogliamo dedicare queste riflessioni a una persona che ha seguito a lungo i laboratori di “Insieme per il Bosco” e venuta a mancare prematuramente.

A Giorgia Rota,
abitante delle pratiche del Bosco delle Querce
attenta interprete della cura
e degli equilibri tra essere umano e natura.
Unita oggi alle sue amate cime.

Condivisione, cura, rete

Un progetto non è una carta scritta da cui far discendere azioni. Perché queste si concretizzino e vedano poi raggiungere risultati di senso è necessaria una regia, che si determina in costanza del lavoro di condivisione e di cura del contesto di parola e pensiero che diventano così riflessione collettiva”. Gemma Beretta, cofondatrice di Natur&Onlus e del Circolo Legambiente Laura Conti di Seveso affronta così la narrazione del percorso di coprogettazione avviato con “Insieme per il Bosco”.

I focus group hanno avuto questo portato. La regia interpretata dal lavoro costante di Beatrice Oleari, unita alla conduzione del processo di elaborazione collettiva portato avanti da Emanuela Macelloni: una miscela che ha potuto poi contare sulla preziosa partecipazione dei, delle referenti delle associazioni coinvolte. Questo è ciò che caratterizza l’esperienza che viviamo: una rete che ha dato vita a un contesto di parola e pensiero”.

Dopo aver lavorato a esercizi di figurazione metaforica e di significazione dello spazio simbolico del Bosco, il gruppo ha ideato percorsi e iniziative pubbliche. Ma come declinare a livello pratico uno “stare con il Bosco” considerando il Bosco un soggetto attivo? L’esercizio di immaginazione ha prodotto i risultati che in questo articolo cercheremo di narrare. Dalla metà del 2022 a oggi sono state organizzate più di cento iniziative, tra arte performativa e relazionale, immagini, suoni, narrazioni e memorie. Non è certamente possibile, né utile, elencarle tutte. Ne sceglieremo alcune per mostrare come dal con-pensare sia stato possibile arrivare all’esperienza più materiale di condivisione di pratiche.

Percorsi di benessere al Bosco

Fanno parte della rete del Bosco delle Querce due enti territoriali che si occupano di benessere e percorsi olistici: A.S.D Dan Dien, scuola di formazione Shiatsu Xin, che dal 1989 propone lo studio, la diffusione e l’insegnamento dello Shiatsu a livello amatoriale e professionale; Il centro Olistico Samadhi, spazio dedicato al benessere attraverso diverse discipline come lo yoga, la meditazione e che propone percorsi di consapevolezza attraverso trattamenti olistici di diverso tipo. Grazie a questa presenza e nello spazio di riflessione collettiva è risultato così piuttosto naturale proporre pratiche olistiche a contatto con la natura del Bosco.

Alice Monti, insegnante di yoga del centro Samadhi e Yogainspiral, ci restituisce l’esperienza di questo con-pensare: “Mi ha colpito e ho osservato alla fine, il fatto di essere tutte delle anime sensibili. Questa sensibilità è tipica delle persone che hanno a cuore l’aspetto ambientale. C’è poi l’attenzione all’aspetto anche umano e sociale, che qui a Seveso deriva dalla nostra più diretta esperienza e storia. Ci siamo ritrovati in questo cerchio di rappresentazione di ciò che poi abbiamo scelto di divulgare e portare fuori. Il desiderare nuove informazioni, l’approfondimento e la conoscenza e da lì arrivare a essere più rispettosi non solo dell’ambiente ma anche di tutto ciò che ti circonda. Una spirale. Questo è ciò che ha alimentato il progetto”.

Foto scattata durante la pratica dello yoga in natura nell’ambito del percorso benessere al Bosco delle querce.

I Percorsi di benessere al Bosco offrono da due anni appuntamenti mensili aperti al pubblico nel Bosco delle Querce. Incontri che vanno al di là della pratica specifica e che si ricollegano più profondamente al luogo in cui vengono esperiti.

Abbiamo portato al Bosco delle Querce le pratiche di meditazione, i drum circles, le danze africane e i mantra. È un luogo a me molto caro, in cui sono cresciuto e dove giocavo con gli amici” spiega Simone Tagliabue del centro Samadhi. “Ho conosciuto grazie a questa esperienza di rete la storia, il dettaglio, il vissuto e tutta la parte dell’ecosistema del Bosco. È come se io abbia potuto dare ancora più valore al luogo stesso. Nello specifico fare pratiche nella natura, rispetto a un luogo chiuso come un centro olistico, ha sempre qualcosa in più da regalarci. Praticare vicino agli alberi ci consente di connetterci ancora più in profondità sia nel corpo, perché ci permettono di radicarci, così come espandere la percezione di noi stessi grazie a tutto ciò che è l’energia della natura che ci porta verso l’alto. È più potente”. Inoltre, continua Tagliabue “sapere poi che le persone hanno lottato per avere quel luogo e che sia legato anche a una sofferenza che è stata attraversata per poi riuscire a mantenerlo è come se rendesse tutto ancora più sacro e rende onore a chi porta avanti questa missione. È un po’ come praticare in un tempio: perché c’è la potenza della natura e tutte le persone che ci sono passate che ne hanno avuto cura. Riconoscenza e gratitudine”.

Questo stesso sentire viene riportato anche da Marco Gazzetta, insegnante di Shiatsu della scuola di formazione ASD Dan Dien: “non si tratta solo di una bella energia, le persone sembrano arrivare già orientate, di godersi il posto facendo qualcosa di interessante. Ho visto un pubblico disponibile e rilassato”.

Rendere visibile la natura

Stefano Mancuso, docente di arboricoltura all’Università di Firenze, ci parla di un fenomeno noto a chi studia la relazione tra l’essere umano e le piante che lo circondano: la cecità umana alle piante. La causa sembra essere di matrice evoluzionistica ed è strettamente legata alla capacità del nostro cervello di processare una determinata quantità di informazioni a fronte di un numero di stimoli che sembrano essere eccessivi rispetto a questa nostra capacità. Il cervello, dunque, filtra: sceglie cioè cosa “vedere”, cosa considerare come necessario di attenzione e cosa no. Per questo meccanismo di filtrazione delle informazioni, per esempio, l’essere umano in una foresta sarà più portato a vedere ciò che è preda o che può essere predatore, dunque pericoloso. Filtriamo il verde, non lo vediamo, perché non è pericoloso. In questo modo il verde diventa sfondo.

All’interno di “Insieme per il Bosco” ci siamo quindi interrogati su come fosse possibile rendere visibile questa natura. La sua visibilità agli occhi della sua comunità di riferimento aveva infatti molto a che vedere anche con uno degli obiettivi del lavoro di progetto: restituire al Bosco delle Querce quella personalità che permettesse di considerarlo portatore di interesse e non più palcoscenico delle attività antropiche.

Per questa ragione abbiamo pensato ad alcuni percorsi, in grado di restituire alla natura del Bosco la sua centralità e quindi una certa visibilità. Il primo passo è stato un laboratorio fotografico rivolto a bambini e adulti, condotto da Fausta Riva e Stefano Bevilacqua. Come spiega Cristina Minà, referente di Seveso Futura nella rete di coprogettazione, questo percorso, nato proprio da una sua spinta ideatrice, “offre la possibilità di concentrarsi sulle immagini del Bosco, sulla peculiarità della sua natura con l’intento preciso di renderla soggetto: la possibilità di interessare, di scrivere con la luce il significato più profondo di una bellezza che non è da consumare ma da restituire a quella cura che ci chiede responsabilità”.

Due diverse passeggiate hanno poi avuto lo scopo di far parlare di sé quella natura.

Franco Arminio, paesologo e poeta autore di numerosi libri di poesia, ha condotto un folto gruppo di partecipanti attraverso il bosco, con la lettura di poesie, il silenzio, i canti. La natura che prende voce attraverso le parole. Un’anima silenziosa che sa parlare se riconnessa alle radici della nostra stessa vita: “Camminare, guardare gli alberi, non dire e non fare nient’altro che un giro nei dintorni, uscire perché fra poco esce il sole, perché una giornata qualsiasi è il tuo splendore” (Arminio, 2017).

Foto scattata durante una passeggiata con il paesologo Franco Arminio. Fonte: Emanuela Macelloni.

Mattia Molteni, arboricoltore e appassionato di erbe selvatiche, ci ha accompagnato dove il Bosco diviene più intenso e profondo. Un luogo poco passeggiato dai fruitori perché lambisce la superstrada Milano-Meda. Questo luogo coincide con la parte di Bosco che verrà sbancata. In questo modo abbiamo reso omaggio a quei 3200 alberi, ai funghi, alle orchidee e alle erbe selvatiche, che a breve verranno sradicate per la costruzione dell’autostrada pedemontana2(ne abbiamo parlato qui). La passeggiata ha attraversato i confini dello sbancamento e ha avuto anche lo scopo di rendere percepibile alla sensibilità umana ciò che a breve verrà perso a causa di questa infrastruttura. Un danno che si rinnova.

Storie di riparazione di territori e comunità

Un altro filone di iniziative ha concentrato la sua attenzione sulle narrazioni, come strumento di trasmissione del portato simbolico del Bosco. Il pensiero e l’interesse si sono mossi verso la conoscenza di buone prassi praticate in altri territori come fonte di scambio di competenze ed esperienze, rivolgendo lo sguardo a quei luoghi che hanno vissuto l’esperienza di un disastro socio-ambientale.

Nasce così “Storie di riparazione di territori e comunità”: un ciclo di conferenze dedicate alle narrazioni, testimonianze e scambio di memorie, saperi e pratiche. Percorsi di rielaborazione collettiva capaci di mostrare come si possano riparare le ferite di un danno trasformandolo in apprendimento sociale, rigenerando così il futuro.

Questo ciclo di incontri ha già visto due importanti narrazioni: gli insegnamenti dal Vajont e l’incontro con Bhopal. La prossima iniziativa avrà luogo il 10 Luglio 2025 nel giorno della ricorrenza del 49esimo anniversario dal disastro dell’Icmesa e sarà dedicata all’incontro con Stava3 e con il prezioso contributo teorico di Alex Langer.

Foto scattata durante l’incontro con gli attivisti di Bhopal nell’ambito del percorso Storie di riparazione di territori e comunità. Fonte Emanuela Macelloni.

Abitare il luogo della memoria non è il luogo in cui la domanda si risolve ma è il luogo in cui la domanda persiste. Dove la domanda viene salvata e dove non si rinuncia a cercare il senso. La ricerca, la divulgazione, la narrazione: sono questi gli strumenti attraverso cui il passato smette di essere solo un’eredità e si fa compito, progetto, orizzonte” Così Sergio Astori4, moderatore di questo intero ciclo di incontri, ci restituisce il significato e il portato di queste iniziative.

Ci spiega poi con la parola reciprocità questo processo: “le parole hanno fatto da ponte tra due mondi segnati da una stessa nube anche se a decine di migliaia di chilometri di distanza. Si è parlato di alberi piantati, di cure offerte, di memorie custodite. E qualcosa di inatteso è accaduto: non più due dolori distinti ma un’unica voce, quella dell’umanità ferita che non smette di cercare giustizia. Il gesto più radicale è stato specchiarci (…) e riconoscere che (…) nel lavoro silenzioso delle mani che ricostruiscono territori e relazioni nasce la reciprocità vera, che non chiede nulla in cambio ma restituisce senso proprio nel donare”.

Questo percorso di significazione fatto di intrecci tra natura, storia, memoria e confronto ha avuto il senso di costruire una reciprocità tra umani e ambiente. Un ambiente che con la sua storia è in grado di restituire un particolare senso all’agire umano con e nella natura. La costruzione di questo significato è quel seme che getta nuove radici non solo nell’approccio della comunità al suo Bosco, ma più in generale restituisce il senso dell’insegnamento che quel luogo ha da offrire nella relazione dell’essere umano con l’ambiente in cui abita.

Nel prossimo articolo scopriremo le pratiche artistiche che hanno avuto lo stesso obiettivo con strumenti diversi di conoscenza ed esperienza.

 

Questo contributo è parte del Focus tematico Collaborare e partecipare, che presenta idee, esperienze e proposte per riflettere sui temi della collaborazione e della partecipazione per facilitare cooperazione e coinvolgimento. Curato da Pares, il Focus è aperto a policy maker, community maker, agenti di sviluppo, imprenditori, attivisti e consulenti che vogliono condividere strumenti e apprendimenti, a partire da casi concreti. Qui sono consultabili tutti i contenuti del Focus.

 

Per approfondire

 

 

Note

  1. Donna Haraway ci parla di questa pratica che è più del condividere un pensiero. È lo strumento di coltivazione della responso-abilità: una vera ecologia di pratiche che ci interroga su quali pensieri pensano altri pensieri (..) quali conoscenze conoscono altre conoscenze. Quali relazioni mettono in relazione altre relazioni (…) quali storie raccontano altre storie (Haraway, 2019)Così il con-pensare è per Haraway una figura di filo, un intreccio che è trasmissione e che passa per questo dalla relazione di chi è in gioco.
  2. Per un approfondimento sui cantieri della bonifica e sullo sbancamento delle aree nel tracciato di pedemontana si consiglia di leggere i numerosi articoli sul Blog di Sinistra e Ambiente Meda Sinistra e Ambiente.
  3. Per un approfondimento del disastro della val di Stava 19 luglio 1985 – Fondazione Stava 1985 onlus.
  4. Dr. Sergio Astori MD PhD, psichiatra, psicoterapeuta e docente presso l’Università Cattolica di Milano.
Foto di copertina: Scatto di Maria Sole Mari nell'ambito del laboratorio di fotografia al Bosco delle querce.