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Tra il 2021 e il 2022 le Fondazioni di origine bancaria compiono 30 anni. Nate in adempimento della Legge Amato che separò l’attività filantropica da quella creditizia delle Casse di Risparmio, vedono culminare il proprio iter normativo nella Legge Ciampi del 1998 e nelle sentenze 300 e 301 del 2003 della Corte Costituzionale che ne hanno definitivamente sancito la natura di soggetti privati preposti alla cura del bene comune. Oggi le Fondazioni sono organizzazioni non profit, private e autonome, che, attraverso l’investimento dei patrimoni di cui dispongono, generano utili che vengono messi a disposizione delle comunità e del Paese esclusivamente per scopi di utilità sociale e per la promozione dello sviluppo economico (vuoi saperne di più sulla storia delle Fob?, ndr).

Le Fondazioni di origine Bancaria sono 86, eterogenee per dimensione patrimoniale e operatività territoriale. Presenti in tutta Italia, prevalentemente al Nord e al Centro, dalla loro nascita hanno erogato 26 miliardi di euro supportando il Terzo settore, gli enti locali, le istituzioni scolastiche, le università e i centri di ricerca. Grazie alla loro natura privatistica e alla prossimità con i territori, sono in grado di cogliere i bisogni delle comunità e di agire con rapidità, sperimentando e innovando gli interventi e sempre adattandoli al mutare dei contesti.

Come ricordato più volte da Itinerari Previdenziali, un esempio su tutti è stata la rapidità con cui le Fondazioni sono intervenute nella crisi generata dalla pandemia da COVID-19: in pochi mesi hanno messo a disposizione oltre 130 milioni di euro, tra risorse proprie e raccolte fondi attivate sui territori, cercando di alleviare la precaria tenuta del Paese, in un momento di grande difficoltà.

L’evoluzione degli investimenti delle Fondazioni di origine bancaria

Le Fondazioni perseguono la missione a loro affidata dal legislatore attraverso l’investimento del patrimonio e l’attività erogativa. Oggi  detengono un patrimonio che ammonta complessivamente a circa 40 miliardi di euro che, come risulta dalle ultime elaborazioni del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, è investito in maniera molto diversificata. La ripartizione per macroaree di investimento ne vede il 29% destinato agli impieghi istituzionali (banca conferitaria, Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione con Il Sud) e il 71% investito direttamente (circa il 70%) o affidato a gestori professionali tramite specifico mandato (poco meno dell’1%). Il peso della conferitaria sul totale attivo si è ridotto dal 36% del 2014 al 25% del 2020, in linea con quanto previsto dal Protocollo firmato tra Fondazioni e MEF nel 2015.

Le modalità di investimento diretto delle Fondazioni si sono particolarmente evolute nel tempo, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008. La complessità dell’attività in un lungo periodo di rendimenti bassi degli investimenti obbligazionari è stata accelerata dalle incertezze e dalla volatilità dei mercati, accentuandosi poi nel 2019 e ulteriormente nel 2020 a causa delle conseguenze della pandemia. A partire dalle grandi Fob si è quindi proceduto alla riduzione dei rischi complessivi attraverso una diversificazione non solo geografica ma di settori, mercati e strumenti, l’affidamento di risorse a gestori sempre più specializzati, un maggior presidio del risk management e semplificazione amministrativa, riduzione dei costi di gestione e ottimizzazione fiscale.

A fronte di queste mutate esigenze, sono sempre più le Fondazioni che utilizzano piattaforme e comparti dedicati: si tratta di veicoli in forma di fondi o sub-fondi SICAV UCITS ma più spesso di SIF, qualificati come Fondi Alternativi di diritto lussemburghese, contenitori indipendenti e con obiettivi di investimento dedicati anche per singola fondazione a cui far confluire parte o tutto il portafoglio finanziario non investito negli investimenti strategici o gli investimenti in fondi chiusi specializzati. Su 27 Fondazioni esaminate nel citato Report di Itinerari Previdenziali, 17 utilizzano veicoli dedicati che rappresentano ormai il 47% degli investimenti diretti. È bene sottolineare come il confine tra “investimenti indiretti” con specifico mandato di gestione che definisce le linee guida, il benchmark, il target e il budget di rischio e l’investimento diretto rappresentato dai fondi dedicati/piattaforme sia diventato molto labile grazie alla possibilità di raggiungere un elevato grado di personalizzazione.

 

Figura 1. Lo sviluppo degli investimenti delle Fondazioni di origine Bancaria

 

Nella gestione dei loro patrimoni, le Fondazioni pongono sempre maggiore attenzione alle tipologie d’investimento, privilegiando quelle operazioni che rispettano criteri ambientali, sociali e di governance (ESG), oltre che ai cosiddetti Mission Related Investment e all’impact investing. Come risulta infatti dal Quaderno di Approfondimento 2021 “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani” a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nelle strategie di investimento sostenibile adottate dalle Fondazioni di origine Bancaria l’impact investing risulta al primo posto della classifica, con un’importante crescita nell’ultimo triennio (dall’11% del 2019 al 44% del 2021). Tutte le Fondazioni rispondenti all’indagine che utilizzano l’impact investing hanno poi dichiarato di farlo nell’ambito del social housing, campo in cui le Fondazioni sono da sempre pioniere.

 

Figura 2. Le strategie d’investimento sostenibile adottate dalle Fondazioni di origine Bancaria

Cosa saranno le Fondazioni di orgine Bancaria tra trent’anni?

È questa la domanda a cui prova a rispondere il Presidente Acri, Francesco Profumo, nel suo editoriale per l’ultima rivista Acri. “Cambieranno le loro modalità operative? Muteranno nel numero e nella presenza territoriale? Quali saranno i nuovi bisogni a cui rispondere? E quali i campi in cui intervenire? Non ho la risposta a tutti questi interrogativi. Ho solo due certezze su quello che le Fondazioni non dovranno mai smarrire”.

“La prima” scrive Profumo “è la loro propensione all’innovazione. In quanto enti privati, esse hanno il privilegio di poter assumere – prudentemente – il rischio di sperimentare nuove strade. Probabilmente commetteranno degli errori, senza i quali, però, è impossibile generare una vera innovazione. Ma sono chiamate a questo rischio, per aprire sempre nuove strade. Non serve incamminarsi su terreni già battuti: il loro compito è – e sarà – sperimentare nuove soluzioni che possano divenire policy da poter replicare su ampia scala”.

“La seconda è il dialogo costante con le loro comunità di riferimento. Un dialogo fatto di ascolto e di stimolo alla partecipazione. Solo così l’azione delle Fondazioni continuerà ad essere radicata ed efficace. Perché – come ci ha ricordato il Presidente Mattarella – comunità, significa condivisione di valori e di visione, ma significa anche responsabilità, perché ciascuno di noi, in misura più o meno grande, è protagonista del futuro del nostro Paese. Nuove grandi sfide ci aspettano” conclude il Presidente di Acri “ma guardiamo al 2051 con un patrimonio di saperi, di esperienze e con tanti compagni di strada. Siamo fiduciosi, perché convinti, come scrisse la filosofa spagnola Maria Zambrano, che “le radici devono avere fiducia nei fiori”.

 


Questo articolo è stato pubblicato su il Punto – Pensioni & Lavoro, il blog del Centro Studi Itinerari Previdenziali, ed è stato qui riprodotto previo consenso dell’autrice.