4 ' di lettura
Salva pagina in PDF

La nuova edizione del Rapporto sul secondo welfare, la sesta, assomiglia sempre più a un rapporto sul Paese nel suo complesso. Molte delle analisi proposte, infatti, fanno riferimento a macro tendenze rispetto alle quali misurare la capacità di risposta del welfare. In questo senso il titolo della nuova edizione – Agire insieme – appare come una chiamata verso una società che un altro importante rapporto uscito poche settimane prima, quello del Censis, ha definito di “sonnambuli”.

Coprogrammazione e coprogettazione vengono individuati, da questo punto di vista, come gli strumenti per invertire la tendenza rispetto a un quadro caratterizzato da uno stato di policrisi derivante da pandemia e tensioni geopolitiche all’interno di una sempre più evidente crisi ambientale a cui si accompagna una ormai pluridecennale recessione economica.

In sintesi un trentennio tutt’altro che glorioso rispetto al quale le iniziative di welfare sorte numerose proprio nello stesso periodo, in particolare tra Terzo Settore e amministrazione pubblica locale, non sembrano fin qui essere riuscite a generare veri e propri impatti trasformativi.

Il ruolo delle crisi nella coprogettazione_ Sesto Rapporto sul secondo welfare
Il ruolo delle crisi nella coprogettazione, Sesto Rapporto sul secondo welfare, p. 92.

Un paradigma per innovare

Ci riuscirà quindi il nascente paradigma dell’amministrazione condivisa? Gli approfondimenti del rapporto restituiscono l’immagine di un cantiere ancora aperto rispetto al quale appare necessario più di un aggiustamento “in corso d’opera”. Un primo aspetto che appare rilevante riguarda il carattere autenticamente condiviso di questo modello di amministrazione traguardando le colonne d’Ercole della programmazione e della progettazione per considerare e agire sugli assetti di cogestione delle attività che da esse scaturiscono.

Questa “terza gamba” può infatti sfuggire, almeno in parte, ai rischi di proceduralismo insiti in un approccio di mera applicazione della normativa vigente – in particolare in sede di coprogettazione dove peraltro oggi si concentra la maggior parte degli sforzi – riposizionando così l’amministrazione condivisa in un contesto di innovazione sociale capace di elaborare quelle soluzioni radicali che appaiono sempre più necessarie.

Questa innovazione si basa infatti su cicli di apprendimento che alimentano l’intenzionalità di obiettivi strategici e di progettazioni operative.

Tre ingredienti per una nuova cultura

Ma per incrementare l’impatto appare necessario un ulteriore salto di qualità non solo a livello di competenze e strumenti ma anche di approccio in senso lato culturale. Il rapporto evidenzia in più parti che l’amministrazione condivisa richiede di amalgamare in tutte le sue fasi tre ingredienti base.

Il primo è rappresentato dalla dimensione erogativa del welfare attraverso la produzione di servizi che da una parte garantisce la stabilità e la continuità di risposta a bisogni di persone e comunità, ma che d’altro canto può evidenziare limiti rispetto a una componente relazionale che non trova risposta in prestazioni sempre più “limate” in senso tecnico e specialistico per esigenze di risparmio economico e, in epoca più recente, per difficoltà a reperire il personale.

Il secondo ingrediente, elaborato negli ultimi anni quasi come un antidoto al precedente, consiste nell’intervenire sui processi sociali e comunitari allo scopo di rigenerare contesti generativi per un nuovo welfare, forti di nuovi strumenti e competenze di design collaborativo e di community management. Un investimento promettente, spesso legato alla rigenerazione di spazi e luoghi fisici, che però riproduce, anche per la sua impostazione metodologica, coalizioni d’interessi – dunque contingenti e focalizzate – più che delineare grandi narrative che sostengono veri e propri modelli di cogestione dal basso.

Infine il terzo ingrediente è dato da una capacità di analisi e di azione sistemica in grado di riconoscere il welfare e, più in generale, i servizi di interesse collettivo come determinanti di nuovi paradigmi di sviluppo coerenti con le “transizioni giuste” figlie di questa epoca storica. Un elemento tipicamente di mindset che deve fare i conti con un’impostazione a silos delle politiche che persiste anche nella riforma del terzo settore, nonostante sia ormai evidente la necessità di adottare, soprattutto per le policy, un approccio di missione.

Le pratiche collaborative-i fattori facilitanti_ Sesto Rapporto sul secondo welfare
Le pratiche collaborative: i fattori facilitanti, Sesto Rapporto sul secondo welfare, p. 113

Una chiamata estesa

Così riconfigurata, cioè come un approccio sistemico alla riprogettazione dei servizi e all’accompagnamento ai processi sociali, la chiamata ad agire attraverso l’amministrazione condivisa può, e per certi versi deve, essere estesa a una pluralità di soggetti. In questo modo si potrebbe allargare la sfera pubblica oltre gli attori normativamente ricompresi ovvero enti pubblici e soggetti di Terzo Settore, recuperando così lo spirito dell’articolo 118 della Costituzione che a proposito di sussidiarietà fa riferimento all’impegno di tutti i cittadini, sia singoli che associati in svariate formazioni sociali.

 

Immagine di copertina del Sesto Rapporto sul secondo welfare

Agire insieme. Coprogettazione e coprogrammazione per cambiare il welfareè il titolo del Sesto Rapporto sul secondo welfare, che raccoglie le ricerche condotte dal nostro Laboratorio negli ultimi due anni sulle pratiche collaborative. Il 4 dicembre si è svolta la presentazione nazionale del Rapporto.