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Comunemente si ritiene che le prestazioni di welfare occupazionale siano destinate esclusivamente ai lavoratori dipendenti. Ciò è vero quando si fa riferimento al welfare aziendale “in senso stretto, quindi a quello definito all’interno degli articoli 51 e 100 del TUIR. In alcuni casi però anche i lavoratori autonomi hanno la possibilità di accedere a forme di welfare di natura integrativa.

Il sistema delle casse di previdenza

Alcune tipologie di professionisti possono ad esempio accedere a servizi e interventi messi a disposizione dalle casse di previdenza promosse dagli ordini professionali. L’Adepp, l’Associazione degli Enti Previdenziali Privati, che rappresenta oltre 1.600.000 professionisti, individua tre ambiti di azioni in questa direzione.

Una prima tipologia è finalizzata all’empowerment dei liberi professionisti; in questo caso si parla di formazione e sostegno allo studio e all’aggiornamento, ma anche misure per incrementare la visibilità, facilitare l’accesso ai fondi europei e favorire la nascita di sinergie e partenariati.

La seconda è quella degli interventi sociali, che fanno riferimento alla salute (spese mediche e odontoiatriche, la copertura Long Term Care, spese di assistenza per anziani o malati non autosufficienti), alla famiglia (rimborsi o convenzioni per servizi, polizze assicurative) e all’accesso al credito.

Infine, la terza categoria riguarda gli interventi emergenziali e quindi bonus, indennità, rimborsi o contributi ad hoc volti a rispondere a un’emergenza specifica (come quella del Covid-19).

Il ruolo del “Jobs Act Autonomi”

Vi sono poi alcuni diritti riconosciuti dallo Stato. In questo senso, il cosiddetto “Jobs Act Autonomi” (l. 81/2017 ) ha introdotto interessanti novità per le Partite Iva in materia di welfare.

Questa legge ha infatti introdotto una nuova regolamentazione dei congedi e delle assenze legate alla maternità, alla paternità o a malattie e infortuni; inoltre, la norma ha previsto la possibilità per le casse o gli enti rivolti ai lavoratori indipendenti di attivare prestazioni di natura socio-sanitaria e sociale (articolo 6), di dedurre spese formative (articolo 8) e di usufruire di strumenti di sostegno economico.

Queste opportunità – che, stando ai dati Istat, avrebbero dovuto riguardare circa 1.400.000 liberi professionisti e 3.000.000 di lavoratori autonomi – sono rimaste però solo “su carta”. Lo Statuto del lavoro autonomo è infatti operativo solo a metà. Di fatto, da oltre due anni sono scadute le deleghe contenute nel provvedimento: ciò significa che buona parte delle disposizioni previste – tra cui quelle che riguardano i temi del welfare – non sono applicabili per l’assenza dei decreti attuativi.

Altre esperienze nel contesto italiano

Perciò, il welfare occupazionale per i lavoratori autonomi, allo stato attuale, sembra essere estremamente limitato rispetto alle risorse mobilitate e alle persone effettivamente raggiunte. Tuttavia, le esperienze messe in campo, per quanto circoscritte, denotano una significativa capacità di innovazione.

È il caso ad esempio dell’app BeProf. Si tratta di un portale nato su iniziativa di Confprofessioni (una delle maggiori organizzazioni di rappresentanza dei liberi professionisti) che permette di accedere a un’ampia gamma di prestazioni e servizi, anche di natura sociale, a prezzi agevolati. L’app è frutto della volontà di integrare e combinare le tutele di welfare previste dal Contratto Collettivo degli studi professionali (che prevede interventi di sanità integrativa) con le altre misure offerte da Enti e Casse specializzate, con l’obiettivo di renderle disponibili a un numero sempre maggiore di professionisti e lavoratori autonomi.

Il welfare occupazionale per i liberi professionisti: nasce una app ''su misura''

Questa iniziativa si pone quindi in linea con le logiche di innovazione precedentemente menzionate dal momento che promuove la ricomposizione della domanda e dell’offerta di prestazioni e cerca anche di integrare ambiti professionali differenti mirando a raggiungere non solo i circa 80.000 titolari di studi professionali che (sulla base di quanto prevede il CCNL del settore) devono prevedere una copertura di assistenza sanitaria ai loro collaboratori, ma anche tutti coloro che possiedono una Partita Iva. Inoltre, l’app è pensata come punto di incontro fra professionisti e può quindi promuovere (almeno potenzialmente) lo sviluppo di pratiche di community building.

Il caso dello Studio Professionale “La Scala mostra invece come i piani di welfare aziendale possano trovare attuazione anche nel campo delle libere professioni e, in particolare, degli studi professionali. Al pari di quanto avviene nel caso del welfare aziendale, misure di questo tipo sono più facilmente sostenibili quando il numero di lavoratori coinvolti è consistente (nello specifico La Scala conta circa 215 professionisti e uno staff di oltre 100 persone). Tuttavia anche realtà più piccole potrebbero adottare logiche simili e, operativamente, veicolare lo sviluppo del welfare aziendale territoriale aderendo ad esempio a mutue territoriali e, più in generale, promuovendo sinergie con altre realtà che hanno bisogni simili.

Il welfare aziendale (anche) per i liberi professionisti: il caso dello studio legale La Scala

Quali prospettive per il futuro?

Le esperienze appena descritte sono ancora una novità nel panorama italiano. Come detto, di fatto la normativa sul welfare aziendale è rivolta in maniera specifica solo ai redditi da lavoro dipendente. L’estensione di queste misure e, più in generale, degli ammortizzatori sociali ai lavoratori autonomi – ma anche agli atipici, ai precari, ai co.co.co e ad altre figure come, per esempio, quella dei dottorandi o degli assegnisti di ricerca in Università – potrebbe rappresentare un importante cambiamento culturale e legislativo.

Dato il peso sempre maggiore di queste tipologie di occupati nel mercato del lavoro del nostro Paese, sarebbe auspicabile un intervento del Legislatore atto a facilitare la diffusione di misure e interventi di welfare integrativo anche per i liberi professionisti e i lavoratori “atipici”. Soprattutto questi ultimi sono infatti sempre più esposti ai rischi del mercato e, al tempo stesso, esclusi – totalmente o parzialmente – dai sistemi di tutele collettive (indennità per malattie, per infortuni, per disoccupazione, maternità o paternità, ecc.) che vengono garantite ai lavoratori cosiddetti standard. In questo senso, il welfare occupazionale rischia di alimentare questo dualismo tra gli insider del mercato del lavoro, cioè coloro che hanno una posizione lavorativa stabile che garantisce maggiori diritti, e gli outsider.

Per questo potrebbe essere utile sistematizzare formule di detrazione e deduzione fiscale rivolte ai freelance e ai lavoratori autonomi con regime agevolato (come il “vecchio” regime dei minimi o quello forfettario), procedendo con cautela al fine di scongiurare il possibile trade-off che potrebbe generarsi tra retribuzione e welfare. Per età media e per livelli di fatturato, sono proprio queste tipologie di lavoratori che potrebbero beneficiare maggiormente di interventi di welfare integrativo.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 12/2022 di “Prospettive”, il magazine di Mefop