L’attenzione sul welfare aziendale negli ultimi anni ha portato negli studi e nel dibattito una focalizzazione ora su alcuni elementi, ora su altri. Dal favor fiscale del primo momento si è arrivati all’esigenza di avere una maggiore finalità sociale durante i periodi dell’emergenza sanitaria.

Un tema che è rimasto sempre presente, ma poco trattato, è quello dell’adeguata comunicazione delle iniziative all’interno dell’organizzazione.

La comunicazione e la Prassi UNI 103:2021

In quest’ottica è molto chiaro l’orientamento nella Prassi di Riferimento UNI 103:2021 per il welfare aziendale, che – a questo riguardo – cita: “Si dovrebbe altresì porre particolare attenzione al tema informativo e comunicativo per facilitare l’accesso a servizi propriamente connessi a bisogni ed obiettivi di protezione del corso di vita, si deve porre in essere una attività di orientamento, informativa ed educativa nei confronti dei destinatari delle erogazioni di welfare aziendale. La comunicazione dei progetti di welfare aziendale deve rivolgersi, con linguaggi coerenti, ai destinatari individuati ponendo particolare attenzione alle seguenti funzioni: motivare, rendere consapevoli, coinvolgere, rendicontare (evidenziando anche gli eventuali benefici connessi al servizio/prodotto offerto).

In particolare, si raccomanda una comunicazione educativa, volta a consentire ai destinatari un esercizio consapevole delle proprie scelte e a poter analizzare, valutare e confrontare i servizi offerti in termini di utilità per il miglioramento del proprio benessere.

Sempre nel medesimo documento l’importanza del piano di comunicazione è portata in evidenza: Al fine di rendere efficace il progetto, la Direzione e le risorse responsabili del progetto dovrebbero adottare una comunicazione interna aziendale orientata alla partecipazione e all’allineamento dei valori tra l’organizzazione e i propri dipendenti. Per fare questo dovrebbe essere prevista un’attività con tutti i partecipanti al progetto nel quale si presentano il piano di intervento e le figure coinvolte nel progetto” (cit Punto 9.4 PdR 103:2021).

Perché comunicare il piano di welfare aziendale

L’attenzione posta dalla Prassi Uni 103:2021 trova le sue ragioni da studi effettuati prima e dopo il periodo dell’emergenza pandemica, in cui si evidenzia come il successo di un piano di welfare sia determinato da un processo di comunicazione efficace che informi i dipendenti sulle iniziative adottate, formi alla modalità di accesso e li coinvolga in attività di miglioramento continuo.

Già nel 2018 la pubblicazione Il welfare aziendale è una iattura” 1 poneva l’attenzione sulle incomprensioni esistenti fra azienda e dipendenti nell’attuazione di un piano di welfare, minando così i presupposti che lo spingevano come risparmio fiscale, maggior poter d’acquisto dei dipendenti, attrarre e trattenere talenti.

A supporto della pubblicazione vi era un’indagine curata da Censis ed Eudaimon 2 (di cui Secondo Welfare si era occupato qui) e finalizzata a rilevare il livello di conoscenza e il tipo di aspettative che cittadini e lavoratori nutrono nei confronti del welfare aziendale.

La ricerca, che ha coinvolto 1.000 lavoratori e un totale di 2.000 cittadini, conferma l’esistenza di quelle che vengono definite “cavità informative”, ovvero di rilevanti gap di conoscenza sul fenomeno, particolarmente evidenti fra le fasce più deboli della popolazione. Dal rapporto emergeva, infatti, che meno di 1 lavoratore su 5 ha una conoscenza precisa del welfare aziendale (17,9%), il 58,5% lo conosce per grandi linee, mentre il 23,6% non sa che cosa sia.

A conferma di questi dati di scarsa diffusione della conoscenza, già nel 2018 emergeva che solo il 20% dei Premi di Risultato venissero convertiti in beni e servizi di welfare aziendale, benché tra coloro che sanno cosa sia il welfare risulta essere particolarmente elevata la quota di lavoratori che sostiene che tali prestazioni siano utili per migliorare la condizione dei lavoratori e il clima aziendale (61%). Questo elemento rafforza la tesi secondo cui chi dispone delle informazioni necessarie per accedere ai benefici tenderebbe a guardare con occhi diversi queste misure di natura aziendale.

La comunicazione dei piani di welfare nelle PMI

Negli ultimi tre anni, oltre ad una maturazione nelle norme e delle aziende nell’uso dello strumento del welfare aziendale, non si sono registrati particolari cambiamenti nella struttura del welfare. È stato però rilevato che molte realtà aziendali abbiamo optato per lo strumento del welfare aziendale come leva di compensazione del potere d’acquisto dei dipendenti nei mesi di lockdown e ricorso cassa integrazione.

Dalle analisi di Welfare Index 2021 3 (per approfondire), che hanno riguardato più di 6.000 imprese, emerge che il livello di conoscenza dei lavoratori è giudicato minimo dal 38,5% delle imprese (“i lavoratori non hanno consapevolezza dei servizi di welfare”) e medio dal 42% (“conoscono i servizi in generale”).

I lavoratori conoscono i servizi di welfare in modo dettagliato o molto bene solo nel 19,5% delle aziende. Ma il dato più significativo è come varia questa quota tra i segmenti di imprese: dal 6,6% che ritiene il welfare come ambito secondario, al 38,5% del welfare come leva strategica; mentre nelle fasce intermedie invece si rilevano differenze importanti che riportano al 21,2% le imprese che dichiarano una buona consapevolezza ma attività limitata e all’11,5% le imprese che ritengono il welfare come benefit significativo. Parrebbe che la capacità gestionale, l’attenzione del vertice aziendale, le capacità di coinvolgimento e comunicazione contino più dell’entità dell’investimento e del numero di servizi erogati.

Molto simile è il giudizio su quanto i lavoratori gradiscano e utilizzino i servizi di welfare aziendale, con un livello di gradimento e utilizzo considerato buono o abbastanza buono dal 30,4% delle imprese. A queste si aggiunge un 28% di imprese che considerano i servizi di welfare discretamente apprezzati dai lavoratori ma non utilizzati quanto si potrebbe. Anche su questo tema il profilo welfare come leva strategica ottiene un risultato decisamente migliore, con un 47% di imprese con livello buono o abbastanza buono di gradimento e utilizzo.

La conversione del Premio di Risultato in welfare

A conferma delle analisi di Welfare Index 2021, troviamo dati simili nel documento dell’Osservatorio Welfare, a cura di Edenred su campione di circa 3.000 imprese e 500.000 lavoratori che pone un ulteriore attenzione sulla conversione di premi di risultato gestita da circa 160 piattaforme Easy Welfare Edenred con gestione della fase di scelta della conversione avvenuta online, per un totale di circa 110.000 utenti beneficiari di formule premiali convertibili.

Rispetto al 2019, si registra una flessione sia nel numero di beneficiari che optano per la conversione (dal 30,5% del 2019 al 29,8% del 2020) sia nel tasso di conversione delle somme complessivamente a disposizione (dal 30,5% del 2019 al 20,6% del 2020). Con maggior dettaglio, tra chi converte scende la percentuale di quanti optano per una piena o quasi conversione del premio (ovvero quote convertite tra il 91% e il 100% del premio a disposizione): si passa da oltre il 70% nel 2019, al 67% nel corso del 2020.

In altre parole, si riscontra una diminuzione pari a circa 8 punti percentuali rispetto al valore medio di conversione pro-capite nel corso del 2019 che passa dall’85% al 77% nel 2020 (in media circa € 1.040 in welfare a partire da un Premio di Risultato di circa € 1.360 pro capite).

Resta l’evidenza che chi converte tendenzialmente sceglie di convertire una quota rilevante del proprio premio, anche se in misura inferiore rispetto al 2019: tra il 91% e il 100% e in media pro-capite per il 77% circa del PdR a disposizione.

Infine, si aggiungono i dati forniti dal Ministero del Lavoro che evidenziano un lento ma continuo incremento degli Accordi di produttività che prevedono la conversione dei premi in misure di welfare aziendale. Dal 51,2% del 2019 si è passati al 57,6 del 2021, e in considerazione del fatto che tale possibilità è stata introdotta nel 2016 possiamo parlare di un miglioramento costante ma privo della spinta iniziale.

Comunicare e raccontare il welfare in azienda

Valutando i dati fin qui riportati, emerge che le misure di welfare aziendale sono apprezzate e utilizzate dove le attività di formazione, informazione e coinvolgimento dei dipendenti sono state affrontate con cura dei dettagli.

Per questo, FareWelFare e Toad Creative Studios hanno deciso di investire in una collaborazione dal nome Dire, Fare…. Welfare, il welfare che parla alle persone”, per sostenere le organizzazioni nella realizzazione di piani di welfare e piani di comunicazione in un’unica strategia votata al benessere delle persone e dell’organizzazione.

L’idea nasce con punti di partenza evidentemente diversi ma convergenti: FareWelFare si occupa di sviluppare progetti di benessere organizzativo nelle organizzazioni pubbliche e private e Toad è società di comunicazione, grafica e consulenze editoriali.

La comunicazione è il punto d’incontro, il termine che strategicamente accomuna le due realtà, nel caso di Toad è ovvio, è il core business della società, mentre per FareWelFare è un punto strategico nei piani di welfare.

Il progetto è nato quindi un confronto su temi come:

  • Perché spesso i lavoratori non sanno delle iniziative di welfare messe a disposizione dalla propria azienda?
  • Perché i dipendenti fanno scarso utilizzo dei propri fondi di assistenza sanitaria?
  • Perché le convenzioni per beni e servizi non sono sfruttate?
  • Perché i premi convertibili in welfare aziendale non vengono convertiti malgrado la convenienza economica?
  • Perché nonostante soldi e impegno investiti non lasciano traccia sui lavoratori?

Le risposte sono essenzialmente due. La prima è che i PWA vengono fatti senza l’adeguato ascolto dei bisogni dipendenti, dell’organizzazione e dell’esigenze di mercato; la seconda è che le risposta ai bisogni non è comunicata in modo accattivante, continuo e integrato.

Le due organizzazioni hanno quindi cercato di immaginare come sarebbe se invece della newsletter aziendali, le opportunità del piano venissero comunicate con un fumetto disegnato sulla tovaglietta della mensa, oppure se ci fosse una mascotte realizzata ad hoc per comunicare informazioni importanti, o ancora se fosse il bicchierino della macchinetta del caffè a ricordare a migliaia di operai di una fabbrica metalmeccanica che ci sono 200 euro di welfare che aspettano di essere spesi.

Da queste riflessioni l’idea di una sinergia fra le due realtà, strutturata in unico un processo in tre step:

È nato così “Dire, fare… welfare. Il Welfare che parla alle persone”. In questo modo si vogliono sostenere le aziende allo scopo di aumentare la partecipazione dei dipendenti ai piani di benessere, aumentare il livello di conversione dei premi di produzione in welfare, creare sinergie e opportunità sul territorio e, infine, a evitare di sprecare risorse senza i risultati desiderati.

 

 

Note

  1. Perfumo Alberto, “Il welfare aziendale è una iattura. Spunti per un welfare aziendale efficace per l’azienda e per le persone”, Edizioni Este, 2018
  2. Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale
  3. Welfare Index PMI. Il welfare aziendale genera impatto sociale. Rapporto 2021