Il report Tessere la Salute. Meglio solidali che solitari ricostruisce obiettivi, metodo e risultati della sperimentazione avviata nel Biellese per integrare salute e sociale “dal basso”, ispirandosi ai principi di comunità che cura e alla sanità di prossimità. L’analisi, presentata il 4 dicembre scorso, combina monitoraggio quantitativo, interviste qualitative e lettura dei processi di governance. Di seguito facciamo il punto sul progetto Tessere la Salute e sulle principali evidenze, raccolte nel report, che da esso emergono dopo tre anni di sperimentazione.
Contesto, origini e obiettivi del progetto
Il progetto Tessere la Salute nasce nel 2022, su sollecitazione di un Comitato Promotore costituito ad hoc, per rispondere a fenomeni come invecchiamento, cronicità e impoverimento dei servizi nel Biellese, nonché ai bisogni socio-sanitari che questo contesto produce nella popolazione più anziana e fragile. Come approfondito in un nostro articolo precedente, il progetto si inscrive nel framework concettuale del welfare di comunità, che promuove lo spostamento del focus dalla prestazione alla relazione, con una particolare attenzione ai determinanti sociali della salute.
Il progetto originario prevedeva un intenso lavoro di comunità, sostenuto da tre sportelli denominati PReSS (Punti di Rete Socio-Sanitaria) concepiti come “antenne territoriali” per facilitare accesso e presa in carico integrata dei soggetti fragili,definiti come over 75, con multi-patologie o rete sociale debole. I PReSS sono stati avviati nell’ottobre 2023 nei tre territori che hanno ospitato la sperimentazione: Occhieppo Inferiore, Ronco Biellese e Valdilana, rappresentanti contesti eterogenei (rispettivamente periurbano, di transizione e montano disperso).
Tessere la salute: come fare integrazione socio-sanitaria dal basso
Un intervento reso possibile grazie alla pluralità di soggetti finanziatori e sostenitori (tra cui Comuni dei territori interessati, Regione Piemonte e Fondazioni locali) evidenzia la volontà di attivare una rete territoriale collaborativa sin dalle prime fasi del progetto.
Il ruolo di Percorsi di Secondo Welfare: dalla formazione alla valutazione finale
Percorsi di Secondo Welfare ha accompagnato il progetto lungo quattro fasi integrate:
- formazione e capacity building su elementi teorici, strumenti per individuare i bisogni, supporto all’avvio del lavoro di rete;
- accompagnamento nella coprogettazione con le istituzioni e nei tre contesti territoriali;
- monitoraggio di utenza, indicatori e attività;
- valutazione dei processi che hanno generato i risultati attraverso il dialogo con i diversi attori coinvolti.
Il lavoro si è sviluppato tra il 2023 e il 2025, prevedendo regolari momenti di confronto con il Comitato Promotore e con il più ampio Gruppo Operativo.
Il 4 dicembre 2025, come detto, il Laboratorio ha presentato i risultati del monitoraggio e della valutazione in occasione dell’evento finale “Per continuare a tessere…”.
Cosa dicono i dati di monitoraggio?
Sul fronte dell’utenza che si è rivolta ai PReSS, sono state intercettate 30 persone qualificabili in modo univoco come utenza “scoperta”: l’83% non era in carico ai servizi sociali e l’80% non si era rivolto ad altri servizi per il bisogno espresso nel momento in cui ha avuto accesso allo sportello. Anche il rischio di isolamento sociale ha caratterizzato le persone utenti degli sportelli, poiché l’80% di loro ha dichiarato di non frequentare enti del proprio territorio, come associazioni, gruppi informali e parrocchie. Gran parte dell’utenza, inoltre, è portatrice di una o più fragilità, perché vive da sola (1 su 3) o con un coniuge altrettanto anziano (1 su 3); il 33% di loro, inoltre, risulta affetto da patologia cronica o disabilità. A fronte di queste caratteristiche e dei bisogni espressi – soprattutto di natura socio-assistenziale o sanitaria, burocratico/amministrativa o di socialità e di relazione – i PReSS hanno funzionato soprattutto come porta di accesso relazionale, non erogando direttamente prestazioni, bensì collegando persone e opportunità/soluzioni locali.
Il registro delle attività svolte da gruppo di lavoro e operator* di comunità quantifica l’impegno speso nella sperimentazione in almeno 583 ore1: 437 in attività territoriali, 54 in azioni inter-territoriali e 92 in incontri di governance multi-livello (Comitato promotore, Cabina di Regia, Gruppo operativo, PReSS team). Ne emerge una forte presenza di prossimità (circa il 75% del monte ore è stato speso sul territorio), cui si sommano una quota inter-territoriale del 9,3% e una di governance pari al 15,8% (coordinamento, raccordo e processi decisionali in itinere). La distribuzione per Comune riflette geografie e maturità diverse, ma in tutti i casi le attività hanno combinato PReSS, outreach, orientamento, laboratori e coordinamento dei tavoli territoriali periodici ideati e avviati grazie alla fase di co-progettazione.
Infine, gli indicatori rilevati, dettagliati nel Rapporto, descrivono l’istituzione di tre tavoli territoriali permanenti e partecipati attraverso incontri periodici (uno in ciascun Comune), l’avvio di una serie di attività proposte e decise collaborativamente all’interno dei tavoli (tra cui: attivazione di cittadini come figure di prossimità, incontri a supporto dei caregiver, momenti di socialità in sinergia con altre realtà locali, creazione di un gruppo di auto-mutuo-aiuto, iniziative con le RSA per erodere il pregiudizio e riconoscerle come parte della comunità). Infine, tutti e tre i territori hanno prodotto una mappatura delle risorse locali formali e informali, volta a diventare eredità e patrimonio collettivo per facilitare l’individuazione di soluzioni e la relazione tra servizi e cittadinanza.
Dalla progettazione all’implementazione reale: gli esiti della valutazione
La valutazione qualitativa documenta uno spostamento di baricentro del progetto, con una perdita di enfasi del singolo sportello PReSS a favore di un potenziato lavoro di comunità e di tessitura di relazioni. Sin dalla coprogettazione, infatti, è emersa l’esigenza di istituire degli spazi di confronto: i tavoli territoriali periodici (uno per Comune), luoghi stabili in cui leggere i bisogni e co-progettare risposte.
Le amministrazioni di Valdilana, Ronco e Occhieppo ne hanno poi deliberato la permanenza oltre la sperimentazione. I tavoli e le attività più in generale hanno assunto forme diverse a seconda dei contesti: a Ronco si sono valorizzati i rappresentanti frazionali come cerniere di prossimità; a Valdilana il tavolo è cominciato in forma più istituzionale e si è gradualmente aperto a una comunità civile attiva; a Occhieppo si è osservata una forte partecipazione civica e l’esigenza condivisa di creare uno spazio di aggregazione intergenerazionale.
Queste differenze hanno prodotto portafogli di iniziative specifiche (es. gruppi di auto-mutuo-aiuto, connessioni intergenerazionali, eventi di comunità), accomunate dai valori e dallo spirito infuso sin dall’inizio da Tessere la Salute.
Fattori abilitanti e condizioni per la sostenibilità
La valutazione, che ha coinvolto 39 soggetti tra implementatori e fruitori del progetto, converge su alcuni fattori abilitanti: cultura della rete, governance policentrica, presenza di un facilitatore professionale, mappatura e coordinamento delle risorse, apertura alla coprogrammazione inter-istituzionale. Una forte opinione condivisa riguarda gli operatori e le operatrici di comunità, che hanno agito da soggetti terzi (estranei agli interessi di parte locali) occupandosi della manutenzione delle connessioni tra servizi, associazioni e cittadini. Nelle ultime fasi della sperimentazione, si sono inoltre strutturate figure “leggere” diffuse (es. apriporta a Valdilana, rappresentanti frazionali a Ronco) come moltiplicatori di fiducia all’interno di una comunità che deve fare conti, tavolta, con la resistenza culturale al chiedere aiuto e con la rarefazione dei legami sociali.
Terminata la sperimentazione, il Rapporto sottolinea come la sostenibilità sia un processo e va coltivato fin dall’inizio: istituzionalizzare ruoli e regole, integrare il metodo nel lavoro ordinario, mantenere un raccordo inter-comunale senza perdere la regia locale, progettare indicatori e cicli di apprendimento utili a monitorare e a trasferire le conoscenze su scala inter-comunale. La trasferibilità di questo modello richiede inoltre una capacità di adattamento: non un “copia-incolla”, ma una diffusione che, a partire da elementi centrali, sappia adeguarsi sartorialmente e con sensibilità alle realtà locali, alle loro peculiarità e ai loro tempi.
Tra le condizioni imprescindibili emergono la continuità del facilitatore di comunità come figura terza, l’impegno economico e politico stabile delle amministrazioni (anche attraverso accordi inter-territoriali), i tavoli territoriali con funzioni minime chiare (convocazione, facilitazione, verbalizzazione) per garantire continuità, preservare memoria e processi decisionali, e un monitoraggio snello orientato all’utilizzo concreto degli apprendimenti.
La lezione di fondo e il Vademecum
Gli esiti della sperimentazione di Tessere la Salute ci riportano un apprendimento che dovrebbe essere ovvio ma che troppo spesso sembra essere dato per scontato: la salute è un bene relazionale. Il vero esito trasformativo del progetto, in questo senso, è aver reso il lavoro di comunità il perno dell’intervento, superando la logica prestazionale dei servizi classici e ritagliando comunque un ruolo ai PReSS come “cerniera” tra servizi/risorse territoriali e cittadini, in particolare quelli più fragili e “scoperti”. Il Vademecum finale realizzato a conclusione del report condensa principi e meccanismi chiave – impegno istituzionale formale, centralità del facilitatore, governance adattiva, tavoli come fulcro propositivo e dialogico – con l’obiettivo di ispirare altri territori e scalare il modello mantenendolo coerente con il contesto in cui verrà implementato.

La discussione collettiva con cui si è concluso l’evento ha riconosciuto il percorso fatto e i risultati raggiunti – grazie all’impulso, alle competenze e alle relazioni dei membri del Comitato promotore, tutti e tutte professionisti/e autorevoli del settore sociale e sanitario oggi in pensione, e al gruppo di lavoro costituto. Sono intervenuti in primis i tre Comuni interessati dalla sperimentazione: Tessere la Salute, promotore di un welfare di prossimità, ha permesso alle amministrazioni di “guardare i territori con altre lenti, [mettendo in luce] quei panorami di solitudine che molte volte non emergevano: quel welfare che va incontro alla persona e non è la persona che si rivolge ai servizi quando è troppo tardi” (Sindaca di Occhieppo Inferiore, territorio intenzionato a portare avanti il progetto); l’Assessora di Valdilana ha individuato nel progetto l’opportunità di concretizzare valori condivisi, come lo spazio per dare voce alle persone e di “creare reti che fossero reali e non soltanto un parlare di reti”, con l’auspicio di proseguire in futuro quanto intrapreso in questo triennio; infine, il Sindaco di Ronco Biellese ha ringraziato il Comitato promotore e il suo Presidente, Mario Clerico, consigliere dell’amministrazione comunale, per l’innovazione introdotta sul territorio. Tutti e tre i Comuni hanno deliberato per formalizzare la prosecuzione dei Tavoli territoriali periodici nati grazie al progetto.
Tra gli altri interventi che hanno arricchito la discussione, si ricordano quelli dell’ASL di Biella (Dott.ssa Barbara Bragante, Direttrice del Distretto di Biella, delle operatrici della COT, Centrale Operativa Territoriale), del Centro Servizi per il Volontariato (che ha insistito sull’esigenza di un coordinamento tra le numerose realtà presenti localmente per risolvere problemi comuni, come i trasporti), di altri Comuni impegnati nel progetto “Patto Valle Elvo” (sostenuti dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e animati dal desiderio di condividere risorse e strumenti sviluppati, come quelli di telemedicina), del Segretario Generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella Andrea Quaregna (che ha sottolineato le opportunità offerte dal nuovo bando +Territori, che premia proprio le alleanze tra Comuni), di un libero cittadino domiciliato tra diverse aree del Piemonte e Genova che ha auspicato la diffusione del progetto al di fuori del Biellese (anche grazie al Vademecum prodotto dal progetto), degli operatori/operatrici di comunità (che hanno operativamente promosso le attività, grati/e in particolar modo ai cittadini e alle cittadine che hanno accolto e sposato con fiducia il progetto) e della loro coordinatrice (che ha definito il progetto una “bottega” a cui ciascuno ha portato un contributo, tessendo “fili trasparenti” così importanti e così fragili da perdere di vista in mancanza di cura delle comunità e dei suoi legami), infine, di due volontarie (una di Ronco e una di Occhieppo) che hanno evidenziato il valore del sentirsi parte di una “comunità che cura” e di aver incontrato grazie al progetto con nuovi potenziali volontari.
Lo scambio, molto partecipato, ha testimoniato la capacità del progetto di connettere in questi tre anni di sperimentazione una pluralità di soggetti, guadagnandone gradualmente la fiducia e coltivando in loro il desiderio di un impegno che possa proseguire, grazie ai finanziamenti disponibili in grado di garantire complessivamente una sostenibilità e alle risorse formali e informali che il territorio biellese conserva in sé.
Note
- Non sono conteggiate, per esempio, le ore dedicate da operatrici e operatori alla raccolta dei dati e all’interazione periodica con il Laboratorio per l’accompagnamento e il monitoraggio del progetto.