Il presente articolo riporta una selezione dei principali risultati dell’edizione 2023 del Rapporto OASI (Osservatorio sulle Aziende e sul Servizio sanitario Italiano). Il Rapporto, presentato lo scorso 28 novembre, è a cura del Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e sociale (CERGAS) della SDA Bocconi School of Management ed è integralmente scaricabile dalla pagina web dello stesso CERGAS.

Il problematico contesto nazionale: lo squilibrio demografico e l’effetto spiazzamento della spesa pensionistica

Nel Rapporto OASI 2023 emerge che le risorse a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e i bisogni sanitari della popolazione italiana seguono due trend opposti: le prime in calo, mentre i secondi in aumento marcato, soprattutto per ragioni demografiche. Infatti la popolazione italiana è una delle più anziane al mondo: nel 2023 il numero di over 65, e quindi di potenziali pensionati, è ormai il doppio di quello dei minori di 15 anni (14,1 milioni contro 7,3 milioni). A ciò segue l’aumento della spesa pensionistica, divenuta ormai insostenibile oltre che fattore di spiazzamento per tutte le altre aree di intervento pubblico, inclusa la sanità. Il rapporto tra lavoratori e pensionati è di 1,7 a 1 ed è in costante peggioramento.

Tra le cause, il calo della natalità (fra le più basse al mondo: 1,2 figli per donna), la scarsa percentuale di occupati (solo il 62% della popolazione in età lavorativa), un’insoddisfacente programmazione dell’immigrazione regolare e l’aumento, anche se in rallentamento, della speranza di vita media (una delle migliori al mondo: 80,5 anni per gli uomini e 84,8 per le donne). Quest’ultimo è un dato senz’altro positivo, ma che accentua le tensioni che interessano il sistema di welfare nazionale.

Così, se da un lato i bisogni sanitari di una popolazione sempre più longeva e anziana aumentano, i contribuenti diminuiscono e il numero di pensioni da erogare cresce. La NADEF1 di ottobre 2023 prevede un aumento della spesa pensionistica di 64 miliardi di euro solo nel periodo 2022-2026: un incremento del 22% per una voce di spesa che già oggi assorbe il 15% del PIL, oltre il doppio della sanità pubblica che si ferma al 6,7%.

Sempre secondo la NADEF, entro il 2026 la spesa sanitaria crescerà di 8 miliardi rispetto al 2022, un aumento del 6%, altamente al di sotto del trend economico e inflattivo previsto, che farà sì che l’incidenza nominale e reale della spesa sanitaria sul PIL cali dal 6,7% al 6,1%, dato molto più basso rispetto a quello registrato in Francia, Germania e Regno Unito dove la spesa sanitaria rappresenta il 10-11% del PIL. Pur con gli aumenti di finanziamento recentemente approvati dalla Legge di Bilancio (3 miliardi per il 2024 e 4 miliardi per il 2025 e 2026) la distanza dagli altri grandi Paesi europei è destinata a permanere.

Il riflesso sul livello regionale

La situazione descritta mette in difficoltà, ancor più dello Stato, le Regioni, che si trovano di fronte alla difficile scelta fra il mantenimento dell’equilibrio economico e quello dei livelli erogativi dei servizi sanitari necessari alla popolazione. In particolare, molte regioni del Centro-Nord, con una maggiore capacità produttiva e una più robusta rete di erogazione pubblica di servizi sul territorio, sono in grande difficoltà economica e finanziaria, come nel caso delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana, eccellenze di servizio che registrano risultati finanziari negativi nel 2022. Al contrario le regioni del Mezzogiorno, asciugate da anni di piani di rientro e con un’offerta di servizi relativamente più modesta, riescono a ottenere buoni risultati in termini di equilibrio finanziario. Esempio emblematico è quello della Regione Calabria, regione italiana con l’offerta di servizi sanitari meno ampia, minore speranza di vita e minore speranza di vita in buona salute, che presenta un avanzo di bilancio nel 2022.

Cosa pensano gli italiani del nostro sistema sanitario

Espansione dei volumi o riorganizzazione di servizio?

Secondo il rapporto CERGAS Bocconi nel SSN universalistico italiano, al 2021, il 50% delle visite specialistiche ambulatoriali viene pagato privatamente, così come il 33% degli accertamenti diagnostici ambulatoriali. Anche la riabilitazione domiciliare e ambulatoriale è per lo più a pagamento. Così, l’universalismo del SSN è in pratica già selettivo: spesso è accessibile a chi dimostra la capacità di navigare il sistema e/o di accedervi a pagamento, oppure, semplicemente, perché accede a una componente di offerta meno congestionata. Ne consegue che chi riesca ad usufruire dei servizi non sia necessariamente chi ne abbia maggior bisogno.La questione diventa quindi se porre delle “priorità consapevoli, orientate a massimizzare il beneficio collettivo, o se continuare con prioritizzazioni emergenti e inconsapevoli, che spesso rendono randomico l’accesso ai servizi, dal momento che quest’ultimo è scollegato dall’entità del bisogno” (p. 6).

Come gestire la sanità per affrontare i problemi della cronicità

Nel Rapporto OASI 2023 si cerca di delineare una risposta a questo interrogativo, proponendo soluzioni che vertono verso la trasformazione profonda dei modelli di servizio in una logica di maggiore governo della domanda e di reingegnerizzazione dei processi di cura.Bisogna “ricollocarsi decisamente verso logiche di presa in carico, da applicare soprattutto ai pazienti cronici e ai fragili, i quali determinano una quota maggioritaria della spesa” (p. 10), applicando innanzitutto ottiche di convergenza dei consumi per paziente.

I ricercatori sostengono vada superata “la logica che vede il prescritto nel SSN non correlato alla capacità produttiva disponibile; che osserva il cittadino, senza una guida, alla caccia della prestazione reperibile; che prova a inseguire le liste di attesa, quando in realtà non sappiamo quanti pazienti ricevono più prestazioni del necessario e quanti invece ne ricevono di meno. Cosa succederebbe se registrassimo, come probabile, che la maggior parte delle persone in lista d’attesa sono over-treated, mentre nessuno insegue gli under-treated?” (ibidem).

Possibili soluzioni

Nel dettaglio si possono delineare tre punti attorno ai quali strutturare gli interventi di analisi e trasformazione del servizio:

  1. i consumi, tra pazienti omogenei in termini di patologie e stadiazione, dovrebbero essere convergenti;
  2. i volumi e mix delle prestazioni prescritte dovrebbero essere coerenti con quanto effettivamente erogabile;
  3. le prestazioni appropriate ed effettivamente disponibili in un arco territoriale e temporale ragionevole dovrebbero essere indicate direttamente al cittadino in sede di prescrizione.

Questi passaggi – sostiene il Rapporto OASI – rappresentano una grande rivoluzione di cultura di servizio. Richiedono processi più trasversali tra i silos aziendali e logiche di presa in carico opposte a quelle prestazionali. Richiedono soprattutto un framing diverso dei problemi” (ibidem).

Secondo il documento è interessante, da questo punto di vista, osservare il caso delle liste di attesa: non sono le liste il vero problema, ma segnalano una serie di problemi sottostanti che non possono essere genericamente inquadrati come scarsa produttività. Se le prescrizioni registrano ancora elevata e non giustificabile variabilità tra pazienti cronici omogenei e tra territori comparabili, anche perché il prescritto non tiene conto delle agende disponibili nel SSN, è inevitabile che si formino liste d’attesa e che il 50% delle visite sia poi ottenuto a pagamento. Il problema, certamente a fronte di risorse scarse, è di programmazione, di governo clinico, di operations management. Un problema di postura, che deve passare dal focus esclusivo sull’offerta al governo della domanda.

Investire nel Servizio Sanitario conviene a tutti

Questa logica può essere impiegata anche per impostare realisticamente la fase di rinnovo dei setting erogativi proposto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Tale importante e necessario processo si concilia con il contenimento della spesa se gli investimenti sono occasione di riorganizzazione e ridisegno dei servizi, a fronte di risorse stabili se non in calo e di un quadro epidemiologico in trend inesorabilmente peggiorativo.

Qualora, invece, il PNRR venisse interpretato come politica di espansione e diversificazione dei servizi, a fronte di risorse finanziarie e umane stabili o in riduzione, il programma di investimento risulterebbe inconsistente e anzi dannoso per la qualità dei servizi e per la reputazione del SNN.

E quale sarebbe il ruolo delle tanto discusse Case della Comunità in questo nuovo contesto? Attualmente esse appaiono declinate in logica supply oriented, con spazi e tecnologie proprie e personale sanitario prevalentemente tratto da articolazioni organizzative ospedaliere o dalle cure primarie. Se la piattaforma erogativa si confermerà come la logica stabile dei nuovi setting fisici del territorio, sarà necessario responsabilizzare sulla coerenza tra le risorse proprie e quelle appartenenti ad altri, e, poi, tra il combinato disposto delle due e le prestazioni erogate. In alternativa a essere oggetto del processo di riflessione e responsabilizzazione dovrà essere il macro-processo della presa in carico, fino all’introduzione di veri e propri budget di salute. Questo richiederebbe un ripensamento globale dei sistemi di controllo di gestione in una logica orientata ai processi, applicando alle CdC metriche globali di sostenibilità, appropriatezza, efficacia e qualità complessive della presa in carico.

Note

  1. Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanzia
Foto di copertina: Hush Naidoo Jade Photography, Unsplash