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Il welfare aziendale può essere un’opportunità anche per il settore pubblico? Dall’insediamento del Governo guidato da Giorgia Meloni si è aperto un dibattito circa le possibilità di sviluppo del welfare integrativo nella Pubblica Amministrazione (PA). Di recente il Ministro Paolo Zangrillo ha chiarito che nei rinnovi contrattuali che nei prossimi anni interesseranno il comparto pubblico quello del welfare sarà sicuramente uno dei temi centrali. A confermarlo c’è una Direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica. E qualcosa già si sta muovendo in uno dei settori più importanti del pubblico impiego.

Le parole del Ministro Zangrillo

Lo scorso 31 gennaio, nel corso di un seminario organizzato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute, il Ministro per la Pubblica Amministrazione ha ricordato che la PA italiana “conta 3,2 milioni di dipendenti ed è la più grande organizzazione del nostro Paese” aggiungendo che “in prospettiva dobbiamo pensare alla cura delle nostre persone, soprattutto in occasione dei rinnovi contrattuali, guardando non soltanto agli aumenti salariali ma anche alla gestione del capitale umano, per soddisfare esigenze emergenti”.

L’obiettivo, ha continuato Zangrillo, è quello di “affrontare anche il tema del welfare aziendale e quindi della sanità integrativa”. Questo perché “si tratta di una possibile leva da azionare – accanto alla riforma del reclutamento, dei meccanismi premiali, della formazione professionale e della mobilità – per rendere il settore pubblico più moderno, dinamico, competitivo in linea con la determinante funzione che esso svolge per la crescita dell’intero Sistema Paese”.

Questo impegno è stato messo nero-su-bianco dal Ministro attraverso una Direttiva che fornisce alcune linee guida per prossimi i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego.

La Direttiva per il rinnovo dei CCNL del settore pubblico

Questa “Direttiva madre” – termine utilizzato dallo stesso Ministro – fornisce le indicazioni operative per le parti sociali che sono chiamate a lavorare ai rinnovi dei Contratti Collettivi del settore pubblico. Come si legge, la dotazione finanziaria per i contratti da rinnovare sarà pari a 7,95 miliardi per il 2024 e di 9,95 miliardi per il 2025: c’è quindi un significativo aumento rispetto al 2023 (in cui la cifra stanziata è stata di 4,7 miliardi), dovuto in particolare all’incremento dell’inflazione.

Oltre a tematiche cruciali come la formazione e lo smart working, la Direttiva pone particolare attenzione – per la prima volta – alla questione del welfare aziendale e contrattuale. Come si legge dal documento: “la motivazione del dipendente pubblico deriva da un complesso di fattori, non riconducibili al solo aspetto economico; la costruzione di condizioni organizzative adeguate, costituite dal benessere organizzativo in senso lato, ma anche dal senso di appartenenza, rappresentano leve motivazionali straordinarie. È in tale ottica che assume un ruolo fondamentale la previsione di un moderno welfare aziendale/integrativo”.

Nel Patto per l'innovazione del lavoro pubblico nuove opportunità per il welfare aziendale

Ed è proprio per questo, continua la Direttiva, che attraverso i rinnovi contrattuali le parti sociali devono “favorire e migliorare il sistema soprattutto nella prospettiva di un adeguato sviluppo del sistema di welfare aziendale quale strumento di attrattività del lavoro alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione comparabile al settore privato”.

A tale scopo è chiamata in causa l’ARAN, l’Agenzia per la rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, cioè l’ente che svolge ogni attività relativa alla negoziazione e alla definizione dei contratti collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego. Questo soggetto, in base alla Direttiva, dovrà valorizzare “quegli istituti del welfare aziendale che possono fruire di agevolazione fiscale e contributivache il documento elenca a titolo esemplificativo in “contributi per l’assistenza sanitaria integrativa; servizi con finalità di educazione; istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria; servizi di cura per familiari anziani non autosufficienti; contributi e premi versati per assicurazioni del rischio di non autosufficienza e del rischio di malattie considerate gravi; sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze del dipendente o dei suoi familiari; contributi per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico”.

Un passo avanti importante per la PA

La scelta di puntare sul welfare aziendale nel comparto pubblico è una novità rilevante per tutti i suoi dipendenti. Oltre agli aumenti delle retribuzioni – che sono necessari soprattutto a causa dell’incremento dell’inflazione negli ultimi anni – il welfare può infatti essere una concreta innovazione per rendere alcuni impieghi pubblici più attrattivi e per dare nuova linfa ai meccanismi delle relazioni industriali.

Nonostante il dibattito sullo sviluppo del welfare integrativo nella Pubblica Amministrazione sia nato da alcuni anni, attualmente ci sono pochissime esperienze concrete. A distinguersi in questo campo sono state soprattutto la Università – l’Università degli Studi di Milano, l’Università Cà Foscari di Venezia, la SISSA di Trieste e l’Università di Siena ad esempio hanno sviluppato proprie iniziative – ma in altri Enti pubblici gli interventi di welfare integrativo risultavano sostanzialmente assenti.

Le pubbliche amministrazioni siamo noi

Ciò è dipeso in modo particolare da due fattori. Il primo è relativo alle limitate risorse economiche previste in passato per i rinnovi contrattuali e, quindi, ai ridotti margini per introdurre qualsiasi forma di premialità; come detto, la citata Direttiva ha previsto un aumento delle risorse che le parti sociali che dovrebbe permettere di superare questo problema. Il secondo riguarda invece il fatto che, prima di oggi, non c’era mai stata una così chiara e netta “spinta” del Ministero all’incentivo del welfare aziendale per i lavoratori e le lavoratrici delle PA. Nelle Direttive precedenti (come, ad esempio, quella relativa al triennio 2019-2021) questa tematica era solo menzionata, ma non era valorizzata e dettagliata come in quella più recente.

Le nuove indicazioni – e le nuove risorse – previste dal Dipartimento per la Funzione Pubblica potrebbero dunque cambiare le cose. In un settore, in particolare, potremmo vedere dei risultati già nel breve periodo.

Il welfare per il personale della scuola

Di recente il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha avviato un piano di welfare sperimentale per il personale della scuola (docenti, educatori, dirigenti scolastici, personale amministrativo, tecnico e ausiliario e personale in servizio presso il Ministero), per un totale di circa 1,2 milioni di lavoratori e lavoratrici. Si tratta di un progetto piuttosto semplice che prevede un sistema di scontistica per una serie di beni e servizi acquistabili all’interno di società convenzionate (Coldiretti, Italo, Ita Airways e Trenitalia, Aeroporti di Roma Fiumicino e Ciampino) ma che quest’anno potrebbe essere allargato e rafforzato.

Sulla base dei dati rilevati in questa fase pilota, il Ministero ha giudicato positivamente l’impatto delle misure e lo scorso dicembre ha pubblicato una manifestazione di interesse per estendere il Piano al 2024, allargare la platea dei beneficiari e includere nell’offerta nuovi settori e operatori.

La volontà di questo Governo e del Ministero sembra dunque tracciata e, in almeno un caso, già in fase di concretizzazione. Bisognerà ora capire come si svilupperà la contrattazione e, quindi, come le parti sociali gestiranno la “questione” del welfare aziendale. Continueremo a monitorare questa interessante vicenda.