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Maggio è stato un mese caldo per il PNRR.
E i prossimi sembra che lo saranno ancora di più.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sta entrando in una fase cruciale che dovrebbe concludersi, al più tardi, con la fine di agosto, data ultima per chiedere alla Commissione Europea di modificare gli impegni presi.

Il momento, quindi, è importante sia per verificare quanto effettivamente è stato fatto finora sia per capire come l’Italia proseguirà nell’implementazione del piano di rilancio post pandemia finanziato con 191,5 miliardi di fondi UE, che come riporta Il Post sta incontrando diversi problemi.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il 31 maggio il Governo ha presentato alla cabina di regia dello stesso PNRR la terza relazione semestrale sul Piano.

A che punto siamo

Il Ministro per gli Affari Europei, le Politiche di Coesione, il Sud e il PNRR, Raffaele Fitto, ne ha presentato i contenuti in una conferenza stampa. E le notizie non sono positive.

Per quanto riguarda i 27 obiettivi assegnati per il primo semestre del 2023, il Corriere della Sera spiega che ci sono “ritardi e difficoltà su almeno 6 progetti”, tra cui la realizzazione di almeno 264.480 nuovi posti in asili nido e scuole per l’infanzia. Secondo la relazione, l’attuazione del PNRR avrebbe cominciato ad entrare in crisi “a partire dai primi mesi del 2022”, soprattutto per le “strozzature dal lato dell’offerta e la forte accelerazione della dinamica dei prezzi” ma anche per una serie di fattori interni, tra cui spiccano “carenza di risorse umane e disallineamento di competenze” e “la capacità effettiva di realizzare gli interventi” da parte dei Comuni. Elemnti che in realtà erano emersi fin dai primi passi del Piano e che sono diventati ancora più evidenti negli ultimi mesi.

 

Tutto questo ha fatto sì che, alla fine dello scorso anno, fosse stato speso solo l’8% dei 91 miliardi di euro destinati ad opere pubbliche e che, ad oggi, su 527 misure siano 120 quelle “rispetto alle quali sono stati rilevati elementi di difficoltà nella loro realizzazione”, di cui 11 presentano 3 o più fattori critici.

Considerato che i fondi europei che finanziano il PNRR vengono erogati solo al raggiungimento degli obiettivi concordati con la Commissione UE, questo quadro mette a rischio il pagamento delle due rate previste per quest’anno, per un totale di quasi 50 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni. Senza contare che l’Italia sta ancora aspettando che le venga erogata la terza rata del Piano, quella da 19 miliardi di euro legata agli obiettivi della seconda metà del 2022.

Raccomandazioni

A fronte di questi dati, non stupisce che lo stesso giorno della conferenza stampa del Ministro Fitto, si sia espresso sul tema anche il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, alla sua ultima relazione annuale prima di lasciare la guida dell’istituto. Per Visco, il PNRR “rappresenta un raro e nel complesso valido tentativo di definire una visione strategica per il Paese”. “I miglioramenti sono possibili, ma non c’è tempo da perdere per realizzarlo”, ha dichiarato.

Paolo Gentiloni – Foto: Commissione Ue

Parole precise che sono arrivate a una settimana di distanza da quelle della Commissione Europea, all’apparenza molto più concilianti. Il Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni ha detto che gli Stati UE “dovrebbero dare la priorità alla corretta attuazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza, il nostro strumento più potente per raggiungere una prosperità duratura e condivisa”.

Come riporta Euractiv, Gentiloni ha usato toni morbidi verso l’Italia: “non ci sembra che fino ad ora si siano accumulati ritardi”, ha detto. Ha poi ammesso che la Commissione non ha ancora finalizzato la propria valutazione sulla terza richiesta di esborso, ma che ciò “non significa che il piano” del nostro Paese “sia di per sé in ritardo”. “Quello che chiediamo – ha però aggiunto – è uno sforzo, perché sappiamo che ora sta arrivando, nel 2023 e 2024, la parte più impegnativa, non solo per l’Italia, ma per diversi Paesi”. 

Il bello, insomma, deve ancora venire.
E il Governo italiano ha provato ad arrivarci pronto, con risultati controversi.

La governance

Presentato a fine febbraio dall’esecutivo, il decreto legge n. 13 del 2023, detto anche Decreto PNRR 3, è stato convertito in legge a fine aprile. Il provvedimento, riguarda in particolar modo la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Come spiegano su lavoce.info Piero David e Giacomo D’Arrigo, “le principali novità riguardano la nascita di due nuovi uffici: la Struttura di missione Pnrr a Palazzo Chigi, attiva sino al 31 dicembre 2026 e l’Ispettorato generale per il Pnrr costituito al ministero dell’Economia e delle Finanze”.

La Struttura di missione diventa il principale strumento di funzionamento del Piano: assorbe i compiti della segreteria tecnica e coadiuva l’autorità politica delegata (il Ministro Fitto) per funzioni di indirizzo e compiti di coordinamento dell’azione di Governo sull’attuazione generale del PNRR. E diventa anche il punto di contatto nazionale con la Commissione europea.

L’Ispettorato generale per il PNRR è invece incardinato alla Ragioneria generale dello stato e sostituisce il Servizio centrale, di cui continua a svolgere i compiti di primaria importanza per l’attuazione del Piano, compresi la responsabilità del fondo di rotazione, dei flussi finanziari e la gestione del monitoraggio. È specificato che l’Ispettorato, seppure dal Mef, fornisce supporto diretto all’autorità politica delegata (che è sempre il ministro Fitto).

La nuova governance del Pnrr - Figura: lavoce.info
La nuova governance del Pnrr – Fonte: lavoce.info

Non solo. Come fatto notare da Openpolis “a ogni soggetto titolare di misure del PNRR è stata data la possibilità di cambiare la propria struttura di governance. Questo vuol dire che 14 Ministeri e 7 Dipartimenti della Presidenza del Consiglio potranno modificare l’organizzazione degli uffici che gestiscono le misure del PNRR”. 

Al momento solo il Ministero dell’agricoltura ha approvato alcuni cambiamenti definitivi e non è detto che tutti gli organi coinvolti faranno dei cambiamenti. La possibilità di farlo, però, secondo l’analista di Openpolis Michele Vannucchi, genera un’incertezza che crea ulteriori ritardi”. “Lo ha detto anche la Corte dei conti”, aggiunge, riferendosi alle relazioni 2022 e 2023 della massima autorità contabile. Nella seconda, per, esempio, vi si legge che sarebbe bene “evitare che la fase di avvio delle nuove strutture sia caratterizzata da tempistiche e difficoltà simili a quelle già segnalate [nel 2022, ndr] con conseguenti rischi di rallentamenti nell’azione amministrativa proprio nel momento centrale della messa in opera di investimenti e riforme”. 

Quello del tempismo è un problema che sollevano anche David e D’Arrigo. I due, però, aggiungono anche una valutazione positiva del provvedimento: “la struttura della nuova governance sembra essere un ulteriore passaggio di un disegno più largo che, nel complesso della politica di coesione unitaria, da un lato compatta ancora di più la catena di decisione e dall’altro omogeneizza la gestione di ambiti, deleghe e risorse tra loro vicini e comunicanti, ma finora formalmente separati, con il rischio di generare mancanza di uniformità, regia unica e visione d’insieme necessaria per (tutti) i fondi europei”. 

Una lettura di segno opposto, invece, è che questo riordino della governance sia solo un modo per il nuovo Governo di inserire persone di fiducia in ministeri e dipartimenti, in un momento molto delicato.

Niente coesione

Il momento è delicato perché, oltre al cambio di governance, l’esecutivo dice da tempo di voler cambiare anche lo stesso PNRR. Fratelli d’Italia lo sosteneva già quando era all’opposizione, prima del voto, e lo ha ribadito durante la campagna elettorale.

Con la scadenza del 31 agosto, il Governo si trova di fronte all’ultima occasione per farlo. Anche perché altre possibilità sembrano, in questi mesi, essere sfumate.

Raffaele Fitto - Foto: Commissione Ue
Raffaele Fitto – Foto: Commissione Ue

“Il grande obiettivo della strategia dell’esecutivo è avere la possibilità di spostare alcuni interventi dal PNRR ai Programmi cofinanziati dai fondi strutturali, sostiene l’esperto di fondi UE Antonio Bonetti. Questa mossa potrebbe consentire di disporre più tempo per realizzare i progetti approvati: la scadenza ultima per spendere i fondi del PNRR è il 2026, mentre per i fondi di coesione si arriva fino al 2029, come avevamo spiegato anche su queste pagine.

“La commissaria europea per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira, però, ha detto chiaramente di no, dal momento che i fondi strutturali hanno finalità e sistemi di governance chiaramente definiti e diversi da quelli del PNRR”, continua Bonetti. Inoltre, per vari motivi non è neanche tecnicamente così semplice come si potrebbe pensare, effettuare uno spostamento di interventi.

A marzo, il Sole 24 Ore spiegava proprio come il Ministro Fitto avesse ricevuto da Ferreira “un altolà abbastanza secco alle intenzioni di accentrare la gestione dei fondi strutturali europei per la programmazione 2021-2027”. E infatti, nei mesi successivi, il Governo, pur continuando a sostenerne la necessità, non ha avanzato nessuna richiesta formale di modifica del PNRR.

L’occasione di REPowerEU?

Ora, la nuova occasione è legata a REPowerEU, il piano lanciato nel maggio 2022 dall’UE per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia e per velocizzare la transizione verde.

Il piano sarà in larga parte finanziato dalla Recovery and Resilience Facility, lo stesso dispositivo che sostiene i Piani nazionali di ripresa e resilienza. Proprio per questo, gli Stati UE hanno ora la possibilità di modificare i propri PNRR, per renderli coerenti con il nuovo quadro energetico. Sei lo hanno già fatto, con la Danimarca ultima in ordine di tempo, lo scorso primo giugno.

Il 25 e 26 maggio 2023, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, si è recata in Italia a seguito delle devastanti alluvioni che hanno colpito il Paese. Qui, con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a sinistra - Foto: Commissione Ue
Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a sinistra – Foto: Commissione Ue

Gentiloni, presentando le raccomandazioni per Paese, ha parlato anche delle modifiche ai Piani nazionali e ha spiegato che alla Commissione sono pronti a discuterne in modo molto costruttivo e flessibile, ma dobbiamo farlo il prima possibile”. 

La questione tempo è infatti cruciale.

Una volta ricevuta la richiesta di modifica da parte di uno Stato, la Commissione ha due mesi di tempo per vagliarla. E, se  accettata serve un altro mese per l’approvazione da parte del Consiglio. “Il Governo – riprende Bonetti – dice che sta prendendo tempo per fare le cose bene, ma il rischio è di avere una situazione di stallo praticamente fino a dicembre. E non è affatto una buona cosa”.

Intanto, nel giorno in cui la Camera ha approvato la fiducia al decreto che limita i controlli della Corte dei conti sul PNRR – che come detto in passato ha espresso dubbi formali e sostanziali sull’andamento del Piano –  il Ministro Fitto si è recato nuovamente a Bruxelles. Al termine dell’incontro tra la delegazione italiana e alti funzionari UE, una portavoce della Commissione ha spiegato in un tweet che c’è stato “uno scambio di vedute sul piano di ripresa e resilienza italiano e sui progressi compiuti per quanto riguarda la terza e la quarta richiesta di pagamento”. 

“Inoltre – ha aggiunto – si è discusso della strada da seguire per il capitolo RePowerEU. Entrambe le parti hanno sottolineato la necessità di proseguire i lavori in corso con la massima urgenza”. E forse, queste ultime due parole, sono quelle di maggiore peso.

Foto di copertina: Fitto e, a destra, Gentiloni - Foto: Commissione Ue