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Milioni di persone in tutto il mondo non riescono ad avere il numero di figli che desiderano, sia che ne vogliano di più, di meno o nessuno. E ad essere incolpate dei cambiamenti demografici sono spesso le donne. Ma la vera crisi è che la decisione riproduttiva più importante che un essere umano possa prendere – quando, se e con chi avere un figlio – viene minata. Si apre con queste premesse l’ampio Report 2025 State of World Population dal titolo The real fertility crisis pubblicato dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA).

Il rapporto ha raccolto dati da 14 Stati in tutto il mondo, Italia compresa, e tra gli autori c’è anche la demografa Agnese Vitali, professoressa ordinaria del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento.

Agnese Vitali
Agnese Vitali

Vitali spiega a Percorsi di secondo welfare perché il nostro Paese è stato incluso nel rapporto ONU: “l’Italia è uno dei primi Paesi al mondo ad aver raggiunto livelli bassissimi di fecondità negli anni ’90. Inoltre oggi è il Paese con la più alta età media al primo figlio in Europa e con la più alta quota di nati da madri ultra-quarantenni. Da un punto di vista di ranking, quindi, l’Italia è interessante perché estrema, eccezionale”.

“Poi è interessante  – continua – perché negli ultimi anni il Governo si è espresso in modo esplicitamente pro-natalista, dall’istituzione di un Ministero intitolato alla natalità, alle dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e della Ministra per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella sul fatto che il Governo ha fatto della natalità e della famiglia una priorità assoluta”.

Le cause della crisi di fertilità, in Italia e nel mondo

Ma facciamo un passo indietro. Lo studio mette in luce come spesso i governi tendano a concentrarsi sullo spostamento della fecondità in una direzione o nell’altra. In alcuni Paesi vogliono promuovere la contraccezione, in altri la natalità. Dall’altra parte, tra le persone, c’è chi vuole prevenire una gravidanza e chi invece formare una famiglia. A volte queste due scelte opposte, seppur in momenti diversi, coesistono nell’arco di una vita. In entrambe le situazioni spesso si frappongono ostacoli: precarietà economica, discriminazione di genere, mancanza di sostegno da parte di partner e comunità, scarsa qualità dell’assistenza sanitaria, incertezza sul futuro.

Nell’indagine emerge ad esempio che il 18% delle persone ha sperimentato una situazione di impossibilità ad accedere a servizi medici o sanitari relativi alla contraccezione o alla procreazione. La percentuale varia dal 10% di Italia e Germania al 33% del Marocco. I sistemi sanitari di tutti i Paesi hanno quindi un ampio margine di miglioramento. O ancora, il 30% di chi ha risposto in Italia indica disoccupazione e instabilità lavorativa come fattori responsabili del mancato raggiungimento del numero di figli desiderato.

Per quanto riguarda l’Italia nello specifico, il rapporto contiene alcuni dati che mostrano aspetti nuovi della denatalità e altri che, invece, consolidano il complesso quadro attuale. “Di conferme ce ne sono tante. Ad esempio l’esistenza di un divario tra fecondità desiderata e fecondità reale; il fatto che le principali barriere alla realizzazione delle proprie aspirazioni riproduttive siano di tipo economico, lavorativo e abitativo, insieme alla mancanza di un/a partner e all’infertilità; quanto sia minoritaria la quota di intervistati che non vede la genitorialità come parte del progetto di vita e  quanto sia invece alta la quota di coloro che vorrebbero idealmente due o addirittura più figli”, elenca Vitali.

Poche nascite e meno figli per donna: per l’Italia il futuro a bassa fecondità è già qui

Anche se queste informazioni erano già note, continua il ragionamento della demografa, la nostra conoscenza sull’Italia si fermava al 2016 – è questo l’anno in cui sono stati raccolti i più recenti dati provenienti da fonti di statistica ufficiale attualmente disponibili, come l’indagine ISTAT Famiglie e Soggetti Sociali, la principale fonte di dati per studiare le famiglie e la fecondità in Italia. Ma anche ad altre indagini importanti, come quella dell’Istituto Toniolo, che però ha un focus sui giovani e quindi non copre temi legati alle età più adulte, come l’infertilità, o indagini ad hoc sviluppate all’interno di molti progetti di ricerca finanziati dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che però spesso non consentono confronti internazionali.

L’Italia a confronto, con i Paesi extraeuropei

I dati che hanno maggiormente colpito la professoressa dell’Università di Trento sono soprattutto due. “Uno è il fatto che in Italia oltre 1 rispondente su 3 sopra i 50 anni, quindi al termine della propria vita riproduttiva, dichiara di avere meno figli di quanti desiderasse: sono tanti”. Al tempo stesso, prosegue, “anche il fatto che il 9% dei rispondenti dichiari di aver avuto più figli di quanto desiderasse è molto interessante e poco studiato”.

Il secondo elemento riguarda la difficoltà ad avere pieno controllo delle proprie scelte riproduttive. In Italia 1 persona su 4 ha avuto nella sua vita esperienza di una gravidanza non pianificata, poco meno di 1 su 5 si è sentita incapace di soddisfare il desiderio di avere un figlio quando voleva e il 6% ha avuto esperienza di entrambe le situazioni in momenti diversi della propria vita”, puntualizza Vitali.

Altre riflessioni interessanti emergono dal confronto tra i dati italiani e quelli degli altri 13 Paesi presi in esame tra i quali, per l’Europa, si contano Ungheria, Germania e Svezia.

“Un confronto non usuale, come questo tra i 14 Paesi del rapporto UNFPA, ci fa capire che, per certi aspetti, siamo più simili a Thailandia e Sud Africa che non ad altri Paesi europei”, sostiene Vitali. “È così se guardiamo alla percentuale di rispondenti che indica disoccupazione e instabilità lavorativa come responsabili del mancato raggiungimento del numero di figli desiderato: 30% in Italia e 33% in Thailandia e Sud Africa contro solo 5% in Svezia e 10% in Germania. O ancora, il dato sul divario tra figli avuti e figli desiderati di cui abbiamo parlato nella domanda 2, pari a 34% tra gli ultra 50enni in Italia, è più vicino a quello di Marocco, Ungheria, Corea del Sud, Thailandia e Stati Uniti d’America che non a Germania (22%) o Svezia (27%)”, conclude la professoressa.

Quali politiche per affrontare la crisi della fecondità?

Il rapporto ONU dedica anche ampio spazio a quali potrebbero essere le politiche migliori per affrontare quella che definisce “una crisi globale della fecondità”. Chiaramente, si tratta di indicazioni molto ampie, che devono essere valide per Paesi estremamente diversi da loro e che non fanno i conti con i vincoli di bilancio che in molti stati sono particolarmente rigidi. Al tempo stesso, però, gli esperti delle Nazioni Unite indicano una direzione chiara.

“Il rapporto dimostra che le ragioni economiche sono percepite dalle persone, in Italia come nel resto del mondo, come la principale barriera al raggiungimento della genitorialità e del numero di figli desiderato. Ma dal Governo italiano continuano ad arrivare dichiarazioni sul ruolo importante del cambiamento culturale. Come ad indicare che la bassa natalità sia dovuta a un basso desiderio invece che a una serie di ostacoli e barriere, argomenta Vitali.

Un nuovo futuro per i Centri per la famiglia?

Il rapporto invita i governi a mettere le persone e i loro desideri al centro nel progettare le politiche pubbliche. L’approccio consigliato è inclusivo, ispirato da principi che valorizzano diritti umani e l’equità di genere.

“UNFPA invita i governi a porsi come obiettivo quello di permettere agli individui e alle coppie la piena realizzazione delle proprie scelte riproduttive, in altre parole di poter scegliere se, quando e con chi avere figli. E di farlo non per aumentare il numero di nati così da salvaguardare la stabilità dello stato sociale, ma per il benessere delle persone. Perché scelte negate possono portare a malessere psichico e fisico. Nulla di tutto ciò si ritrova nel Piano Nazionale per la Famiglia 2025-2027, conclude Vitali.

Foto di copertina: Maxim Tolchinskiy, Unsplash.com