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Il Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali è lo strumento con cui il Governo italiano definisce le priorità, gli indirizzi e le modalità di utilizzo delle risorse per garantire l’uniformità e la qualità dei servizi sociali su tutto il territorio italiano. Si tratta dunque di un documento molto importante per il nostro sistema di welfare che, attraverso un processo collaborativo e interistituzionale, intende guidare l’attuazione delle politiche sociali assicurandone coerenza e omogeneità.

Nei giorni scorsi è stato pubblicato il Piano relativo al triennio 2024-2026 che fornisce indicazioni per l’allocazione di oltre 3 miliardi di euro provenienti dal Fondo nazionale per le politiche sociali e dal Fondo povertà.

Per la prima volta, come vi raccontiamo di seguito, il Piano prende esplicitamente in esame il concetto di “secondo welfare per definire il contesto di riferimento necessario all’attuazione della programmazione nazionale. Una scelta significativa che, tra le altre cose, è anche un riconoscimento del lavoro svolto dal Laboratorio Percorsi di secondo welfare in tal senso. Ma andiamo con ordine.

Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2024-2026

Il 5 maggio 2025 la Corte dei Conti ha registrato il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che adotta il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2024–2026, definito a novembre scorso dalla Rete della protezione e dell’inclusione sociale e approvato dalla Conferenza Unificata il 6 marzo.

Il Piano si articola in due parti principali: il Piano sociale nazionale vero e proprio (Capitolo 2) e il Piano per gli Interventi e i Servizi Sociali di contrasto alla povertà (Capitolo 3).

Il Piano Sociale Nazionale si concentra su tre assi prioritari: azioni di sistema, interventi rivolti ai minori e servizi connessi all’implementazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS). Tra le azioni di sistema, il documento evidenzia la digitalizzazione attraverso la cartella sociale informatizzata, il rafforzamento dei Punti Unici di Accesso, lo sviluppo delle équipe multiprofessionali e il potenziamento dei percorsi di attivazione dei beneficiari degli interventi, in linea con quanto indicato dal Fse+. Aspetto che, tuttavia, resta un’incognita in quanto necessità di investire nelle risorse umane e in servizi di accompagnamento che sono deboli nel nostro Paese. Per quanto riguarda i minori, è prevista la destinazione del 50% delle risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali agli interventi a loro favore, con particolare attenzione all’affido familiare e al sostegno alla genitorialità in situazioni di vulnerabilità.

Il Piano per gli Interventi e i Servizi Sociali di contrasto alla povertà affronta invece le sfide legate all’Assegno di Inclusione Sociale (ADI) e al Supporto alla Formazione e Lavoro (SFL), strumenti che non stanno rispondendo adeguatamente alla crescente domanda di sostegno. Questa parte del documento governativo, inoltre, sottolinea la necessità di una maggiore integrazione tra le dimensioni sociale e sanitaria, ancora carente nel documento attuale.

In termini finanziari, il Piano prevede uno stanziamento complessivo di circa 3 miliardi di euro fino al 2026, suddivisi tra il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (1,19 miliardi) e il Fondo Povertà (1,81 miliardi). Tali risorse sono destinate a sostenere le varie iniziative delineate nel documento per garantire una maggiore equità e inclusione sociale su tutto il territorio nazionale.

Verso un welfare più integrato

Gli elementi sopra accennati sono affrontati tenendo in considerazione un ampio quadro concettuale delineato nella prima parte del documento (Capitolo 1). Qui il Piano, tra le altre cose, sottolinea il ruolo della sussidiarietà e delle forme di collaborazione tra pubblico, privato e Terzo Settore, riconoscendo l’importanza crescente di un welfare capace di coinvolgere diversi soggetti nella progettazione e realizzazione degli interventi.

È in questo contesto che trova spazio il concetto di secondo welfare, inteso come quell’insieme di interventi e risorse riconducibili a soggetti non-pubblici – cioè enti del Terzo settore, fondazioni, imprese e cittadini – che contribuiscono al benessere collettivo e al rafforzamento della coesione sociale.

Il documento, citando a più riprese anche diverse riflessioni elaborate dal Laboratorio Percorsi di secondo welfare1, sottolinea come queste integrazioni alle azioni del Pubblico possano favorire una maggiore aderenza ai bisogni locali, un uso più efficiente delle risorse e una partecipazione più attiva delle comunità. In questo senso co-programmazione e co-progettazione tra attori sociali territoriali sono indicate quali strumenti collaborativi centrali per rendere più efficaci gli interventi.

Maino: un segnale importante, un riconoscimento che ci incoraggia

Secondo Franca Maino, Direttrice Scientifica di Percorsi di secondo welfare e professoressa dell’Università degli Studi di Milano, “l’inserimento del concetto di secondo welfare nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali è certamente un segnale importante che senza dubbio permette di concepire in maniera diversa gli interventi che servono ad affrontare le tante sfide che oggi interessano il nostro Paese”.

Maino ha quindi voluto sottolineare come il documento riconosca l’importanza del lavoro che da oltre dieci anni viene svolto da Percorsi di secondo welfare in questo ambito: “il nostro Laboratorio contribuisce quotidianamente a diffondere riflessioni e buone pratiche per innovare il welfare italiano. Il fatto di essere citati esplicitamente nel Piano è un riconoscimento che ci fa piacere e che ci incoraggia a continuare nel nostro lavoro, finalizzato a dare un contributo fattivo nella trasformazione sempre più necessaria del nostro sistema di protezione sociale”.

In questo senso la direttrice ha voluto mettere in evidenza come Percorsi di secondo welfare continui a richiamare la necessità “di più risorse e una reale volontà di eliminare i tanti ostacoli normativi, amministrativi e procedurali che impediscono una effettiva integrazione tra settori di policy e tra interventi per accompagnare l’attuazione del Piano”. Inoltre l’impressione è che i nuovi rischi e bisogni sociali siano ancora non adeguatamente percepiti. Sappiamo che si è allargata la fascia grigia di chi ormai è intrappolato in situazioni di vulnerabilità, ma questa continua a non trovare nel sistema di welfare pubblico le risposte di cui avrebbe bisogno”.

 

Note

  1. In particolare “Agire Insieme”, il Sesto Rapporto sul secondo welfare, ma anche altri testi pubblicati su riviste specialistiche che hanno permesso di aggiornare il concetto alla luce dei mutamenti in atto nel nostro sistema sociale.