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Come sempre nella vita, le ricorrenze possono essere commemorazioni di un passato senza futuro oppure occasioni per fare memoria di qualcosa che ci rimette in moto e rilanciare una azione positiva per il presente verso il futuro. Così interpretiamo il ventesimo anno dalla approvazione della legge sull’accessibilità digitale, tema importante e urgente oggi più di vent’anni fa, perché la tecnologia accessibile restituisce libertà e garantisce dignità alle persone con disabilità.

Breve storia della “Legge Stanca”: l’importanza del fattore umano è decisivo

Incontrare, ascoltare, capire, valutare, rispondere sinceramente e poi, se si è in grado di fare qualcosa, iniziare a lavorare per conseguire l’obiettivo. Queste sono le modalità operative che ho seguito nella mia attività di deputato, dal 2001 al 2022.

Fedele a questo metodo, su suggerimento del mio collega e amico Cesare Campa, al tempo deputato di Venezia, a inizio ottobre 2002 ho incontrato un giovane informatico suo concittadino, Roberto Scano. Seguivo i temi del digitale. Per questo Campa mi fece incontrare Scano, che mi aprì il mondo dell’accessibilità digitale.

Dal primo incontro e dai successivi approfondimenti nacque la proposta di legge Campa-Palmieri sull’obbligo per i siti della pubblica amministrazione di essere accessibili alle persone con disabilità. L’obiettivo concreto era rimuovere le barriere architettoniche digitali che, per esempio, impediscono a una persona cieca o ipovedente di accedere a informazioni o servizi online.

Welfare digitalizzato, welfare digitale e nuovi rischi sociali digitali

Presentammo la proposta a fine novembre 2002. Volevamo approfittare del fatto che l’Unione europea avesse proclamato il 2003 “Anno europeo dei disabili. Questa concomitanza in effetti fece da traino alla nostra proposta di legge, assieme ad altre due favorevoli circostanze.

  1. Come accade quando si centra un tema “interessante”, le altre forze politiche presentarono proprie proposte di legge. Ciò favorì la calendarizzazzione della discussione del testo, perché una pluralità di proposte rende una legge un obiettivo comune e non più di una sola forza politica.
  2. Incontrammo il convinto sostegno dell’allora Ministro dell’innovazione, Lucio Stanca. Come lui stesso ha ricordato nel corso del convegno “La legge Stanca vent’anni dopo. Non solo per ricordare, ma per fare!” aveva già “assimilato” il tema dell’accessibilità nel corso della sua decennale attività manageriale in IBM, azienda che ha sempre avuto una particolare attenzione nel mettere le tecnologie al servizio delle persone con disabilità sensoriali, cognitive, di apprendimento.

Queste circostanze, unite a un certosino lavoro prima in Commissione e poi in aula alla Camera, quindi al Senato e in terza lettura di nuovo alla Camera, ebbero un esito che in Italia capita raramente. Il 9 gennaio 2004 nell’aula di Montecitorio approvammo all’unanimità la legge sulla accessibilità digitale dei siti internet della pubblica amministrazione.

Siamo stati i primi in Europa a sancire per legge il principio che un servizio digitale deve poter essere utilizzato da tutti, indipendentemente dalle proprie capacità fisiche, sensoriali o cognitive. Abbiamo anticipato la Convenzione delle Nazioni Unite che afferma per le persone con disabilità il sacrosanto diritto di godere di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.

La morale di questa storia? Anche in politica – e pur durante un tempo di “bipolarismo armato” come quello che ha caratterizzato gli anni dei governi Berlusconi – vi può essere spazio per iniziative che uniscono, in nome del bene comune, su temi condivisibili e su soluzioni condivise. Un dato incoraggiante anche per l’oggi.

Perché l’accessibilità è più importante oggi di venti anni fa

Purtroppo la stragrande maggioranza della popolazione – compresi molti che nelle aziende e nel Terzo Settore si occupano della comunicazione e del digitale – ignora l’esistenza di questa legge, chiamata “Legge Stanca” perché, come detto, il Ministro si era fatto carico della norma. Questo ne fa una legge ancor più necessaria. Infatti è evidente che in questa nostra era tecnologica l’accessibilità digitale è essenziale per vivere e per far partecipare alla vita sociale le persone più deboli.

Per questo motivo, l’anniversario è una occasione utile per ricordare l’importanza l’ideale di questa legge e le sue ricadute pratiche. Man mano che la società diventava sempre più digitale, la legge ha avuto diverse modifiche e integrazioni. Da ultimo, il recepimento nel maggio 2022 della Direttiva europea sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi digitali che ha esteso l’obbligo di accessibilità digitale ai prodotti e servizi digitali delle imprese del settore privato. Le imprese con fatturato superiore ai 500 milioni nel triennio devono già rispettare la norma. Per le altre, l’obbligo di accessibilità parte dal 28 giugno 2025, escluse le microimprese, con meno di 10 persone e fatturato annuo non superiore a 2 milioni.

Questa scadenza coinvolge moralmente anche le realtà del Terzo Settore e rende l’eliminazione delle barriere architettoniche digitali un cantiere aperto che richiede l’applicazione delle norme e la diffusione della cultura della accessibilità digitale. Infatti, mentre per le barriere fisiche, dopo tanti anni di promozione e di realizzazioni la consapevolezza è cresciuta, per quelle digitali ancora non ci siamo.

Digitale per bene

Parafrasando il Piccolo Principe, “l’accessibilità digitale è invisibile agli occhi” ed è questa la prima situazione alla quale dobbiamo porre rimedio.

La legge prevede sanzioni forti: sono previste ammende fino a diverse decine di migliaia di euro e fino al 5% del fatturato per le grandi aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di euro. Tuttavia è più importante far capire agli sviluppatori e ai manager pubblici, privati e del Terzo Settore i motivi ideali e i principi fondamentali della accessibilità. Ne cito alcuni: utilizzare un linguaggio chiaro e semplice; fornire un’alternativa testuale per immagini o video; utilizzare un layout semplice e coerente, con un’abbondanza di spazi bianchi; fornire un’interfaccia utente che possa essere utilizzata con una varietà di dispositivi come mouse, tastiera o touchscreen.

È anche importante che tutti facciano proprio il principio che l’accessibilità è da applicare “by design”, dalla progettazione del prodotto o servizio digitale e non si improvvisa con soluzioni “tampone” a posteriori. Lo affermano le associazioni di professionisti dell’accessibilità e quelle delle persone con disabilità, lo ha ribadito a fine 2023 una nota tecnica della Commissione Europea. Insomma, vent’anni dopo abbiamo molto da fare e bisogna farlo in fretta, perché è giusto e perché il tempo stringe.

Il giubileo dell’accessibilità. Con la g minuscola, ma con una grande ambizione

Poiché l’accessibilità non è solamente una questione tecnica, ma è prima di tutto un fatto culturale, oltre che morale, la Fondazione Pensiero Solido assieme alla International Web Association hanno dato l’avvio a quello che chiamo il “giubileo dell’accessibilità“, rigorosamente con “g” minuscola. Si tratta di una serie di iniziative pubbliche utili a diffondere la cultura dell’accessibilità.

Come già detto, siamo partiti il 9 gennaio ricordando il ventennale della approvazione della legge. In quella sede abbiamo dialogato con aziende che praticano l’accessibilità e con gli sviluppatori che la rendono possibile. Sono stati con noi Alessandra Locatelli, Ministro per le disabilità, Paolo Zangrillo, Ministro della pubblica amministrazione, e Alessio Butti, Sottosegretario con delega all’innovazione. Locatelli, Zangrillo e Butti hanno dialogato con la senatrice Giusy Versace, coordinatrice Intergruppo parlamentare per le disabilità, con Lucio Stanca e con Roberto Scano.

Il 1° febbraio sarà presentata la ricerca “Dichiarazioni di accessibilità 2023: qual è la situazione dei privati?”. La ricerca analizza 292 dichiarazioni di accessibilità di aziende della grande distribuzione, banche, utilities ed e-commerce con fatturato superiore a 500 milioni, obbligate per legge a pubblicare questo documento su ognuno dei propri sistemi (siti web e App mobile) rivolti al pubblico.

In marzo sarà disponibile il libro edito dalla Fondazione Pensiero Solido “L’accessibilità è cosa buona, giusta, utile! Perché i prodotti e i servizi digitali accessibili sono migliori per tutti e fanno bene anche al business.” Questa pubblicazione sarà uno strumento utile a diffondere la cultura dell’accessibilità.

Il 16 e 17 maggio, in occasione della Giornata mondiale della accessibilità digitale, l’Università La Sapienza ospiterà l’edizione 2024 di “Accessibility Days“, organizzato dalla omonima associazione, una due giorni che coinvolgerà aziende, terzo settore e istituzioni politiche.

Con queste iniziative (e le altre che seguiranno fino al 9 gennaio 2025) vogliamo dimostrare che è decisivo garantire questo fondamentale diritto a chi ha difficoltà visive, uditive, cognitive. Inoltre farlo produce un vantaggio per tutti: i prodotti e i servizi digitali accessibili sono più intuitivi e più facili da usare per chiunque. Di conseguenza, un prodotto o servizio accessibile fa bene anche al business, perché risponde non solo a un bisogno dei clienti con disabilità, ma di tutti i possibili clienti.

A me piace ricordare sempre che ciò che è buono è anche utile. Il bene ha la sua convenienza, aiuta a garantire quel “centuplo quaggiù” cui si fa riferimento nel Vangelo. Una citazione che ben si adatta alla celebrazione di un giubileo con la g minuscola, come il nostro, ma che può impattare positivamente sulla vita di molti. Andiamo avanti!

 

 

Foto di copertina: Google DeepMind, Unspash