Gli schemi di reddito minimo (MIS – Minimum Income Schemes) consistono in trasferimenti monetari, spesso accompagnati da una serie di servizi supplementari e/o di supporto, che vengono rivolti a famiglie in gravi condizioni economiche e che sono condizionati al rispetto di vari impegni di attivazione sociale e lavorativa da parte dei componenti dei nuclei beneficiari. Questi schemi, sebbene siano stati introdotti con tempi e modalità diversi, si collocano all’interno dei sistemi di welfare di tutti i Paesi dell’Unione Europea con l’obiettivo principale di contrastare il fenomeno della povertà. Nella valutazione dell’efficacia di questi schemi la domanda fondamentale, di natura tanto socioeconomica quanto politica, a cui bisogna rispondere è: quale povertà? È il tema al centro del nostro recente articolo “Monetary poverty and adequacy of minimum income schemes in seven major EU countries: What linkages?” pubblicato su Stato e Mercato n. 3/2022.

Le definizioni di povertà e i criteri di accesso ai MIS

L’intrinseca multidimensionalità del fenomeno, infatti, implica la possibilità di molteplici definizioni, tutte in grado di identificare un determinato tipo di “deprivazione” ma potenzialmente in contrasto l’una con l’altra. Di conseguenza, nel corso del tempo, i diversi Paesi UE hanno adottato delle proprie – più o meno esplicite e/o empiricamente fondate – definizioni di povertà. Un esempio di queste definizioni nazionali di povertà è la nostra “povertà assoluta”, che è misurata annualmente dall’Istat sulla base dell’indagine sulle spese delle famiglie.

Nel tentativo di mitigare questa eterogeneità di definizioni nazionali, la Commissione Europea decise di introdurre un indicatore ufficiale del “rischio di povertà” denominato AROP (At-Risk-Of Poverty), il quale, seguendo un approccio “relativo”, identifica come poveri quegli individui che vivono in una famiglia con un reddito disponibile equivalente inferiore a una soglia di povertà fissata pari al 60% della mediana nazionale del reddito familiare disponibile equivalente (dopo i trasferimenti sociali).

L’introduzione dell’AROP ha permesso di avere una definizione di povertà perfettamente comparabile tra i diversi Paesi UE, ma non ha spinto allo stesso modo verso un orientamento comune dei criteri economici di accesso ai diversi MIS nazionali (per dettagli si veda Raitano et al., 2021). I criteri di accesso ai MIS dei Paesi UE sono infatti, nella maggior parte dei casi, solo vagamente correlati (quando non del tutto estranei) alla soglia di povertà AROP. Ad esempio, non sono correlati all’indicatore AROP quando si basano su scelte di consumo, sulla spesa familiare, sugli indici del costo della vita o su livelli minimi di protezione sociale. Inoltre, anche quando adottano criteri economici simili all’indicatore AROP, i Paesi possono stabilire criteri aggiuntivi (ad esempio, riguardo alla ricchezza o ad altre caratteristiche personali come età, cittadinanza o residenza minima) che impediscono agli individui con un reddito inferiore alla soglia di povertà di accedere al MIS.

È possibile dire, dunque, che la platea a cui si rivolge un determinato MIS risponde a una definizione “amministrativa” di povertà che rispecchia le preferenze dei policy-maker nazionali, ma non è necessariamente correlata con indicatori “standard” di povertà come l’AROP.

Un’analisi comparata tra Paesi UE

Nel nostro recente articolo pubblicato su Stato e Mercato n. 3/2022, presentiamo un’analisi comparata dell’adeguatezza dei sussidi di reddito minimo in 7 Paesi europei rispetto alla soglia AROP.

L’ipotesi alla base dell’articolo è che, mentre la riduzione della povertà è un obiettivo comune a tutti gli schemi di reddito minimo, la riduzione complessiva dell’AROP dovuta a tali schemi dipende da vari fattori, tra cui l’adeguatezza del sussidio (vale a dire la sua capacità di riportare le famiglie beneficiarie oltre la soglia AROP). A tal fine, abbiamo preso in considerazione Paesi UE che appartenessero il più possibile a regimi europei di welfare differenti: Italia, Germania, Spagna, Francia, Svezia, Irlanda e Polonia. Dopo aver brevemente discusso i collegamenti teorici ed empirici presenti nella letteratura tra definizioni di povertà e criteri di accesso ai MIS, l’articolo descrive nel dettaglio i principali criteri di eleggibilità dei 7 schemi analizzati, per poi concentrarsi sul solo requisito reddituale di accesso. L’articolo fa inoltre riferimento a 8 fattispecie familiari, incrociando il numero di adulti con il numero di minori che vivono all’interno del nucleo, che comunque rappresentano il 70% circa della popolazione totale.

Il confronto tra soglia AROP e soglia reddituale di accesso ai MIS per le diverse tipologie familiari sottolinea, tra le altre cose, l’importanza delle scale di equivalenza che a tali soglie sottostanno. Nel caso dell’AROP si adotta scala di equivalenza è quella “Ocse modificata”, mentre nel caso delle soglie reddituali dei MIS questa di equivalenza cambia da Paese a Paese e non fa riferimento ad alcuna scala “standardizzata”.

Dalla comparazione delle scale di equivalenza emerge che il MIS polacco è quello che adotta nella sua soglia reddituale di accesso la scala più “ripida” – che cioè cresce più rapidamente al crescere della numerosità familiare – seguito da quelli tedesco e svedese, così garantendo prestazioni di importo relativamente più elevate a chi vive in nuclei numerosi. Al contrario, le scale usate nel MIS irlandese e nel MIS italiano (ossia, attualmente, il Reddito di Cittadinanza) si dimostrano essere quelle più “piatte”, soprattutto con le famiglie con figli minori a carico, così penalizzando tali tipologie familiari in termini di accesso e importo della prestazione. Non a caso, l’Italia è l’unico Paese tra quelli analizzati dove si registrerebbe un incremento della generosità del beneficio per tutte le fattispecie familiari qualora la scala di equivalenza attuale venisse sostituita dalla scala Ocse modificata.

Il peso delle scelte politiche sull’efficacia dei MIS

Nella parte finale dell’articolo abbiamo inoltre cercato di comprendere se le definizioni “amministrative” di povertà sono legate all’incidenza della povertà tra le diverse tipologie familiari. In particolare, visto che queste definizioni amministrative hanno spesso alla base decisioni squisitamente politiche, si voleva verificare se i MIS proteggono di più proprio quelle tipologie familiari che sono maggiormente in difficoltà economica.

Ciò che emerge dalla nostra analisi è che i criteri reddituali di accesso ai MIS non sono necessariamente collegati con le peggiori condizioni economiche di una certa parte della popolazione. In Germania, Svezia, Irlanda e Polonia, in particolare, le famiglie che segnalano maggiori difficoltà economiche sembrano ricevere un sostegno relativamente minore rispetto alle altre. Solo i MIS francese, spagnolo e (parzialmente) italiano sembrano proteggere maggiormente le popolazioni con una maggiore incidenza di AROP.

Riferimenti bibliografici

Aprea M., Gallo G., Raitano M. (2022), Monetary poverty and adequacy of minimum income schemes in seven major EU countries: What linkages?, in “Stato e Mercato”, 126, pp. 409-443.

Raitano M., Jessoula M., Gallo G., Pagnini C. (2021), Fighting poverty and social exclusion. Including through minimum income schemes, Policy Department for Economic, Scientific and Quality of Life Policies, European Parliament, Luxembourg.

 

Foto di copertina: Danielle Rice, Unsplash