Sono pochi i temi che posseggono oggi una risonanza simbolica e politica pari a quello dei rifugiati e, soprattutto, della loro accoglienza. Sebbene quantitativamente si tratti di una componente minoritaria del più ampio fenomeno migratorio, nell’opinione pubblica italiana, come d’altronde in altri Paesi, è diventata invece maggioritaria, nella forma di una “sineddoche” che ha finito per spostare equilibri politici interni, ma anche europei e internazionali.

Non è pertanto difficile osservare come la retorica ansiogena – improntata al catastrofismo, di un’invasione mai avvenuta – abbia impedito un’analisi lucida della questione, propedeutica ad elaborare risposte ragionevoli. Le reazioni di chiusura hanno poi preso di mira coloro che non hanno ceduto al ripiegamento nazional-sovranista e, in un clima di inimicizia, hanno invece deciso di offrire ospitalità a fronte della fragilità delle risorse istituzionali preposte, finendo anche per essere additati come «buonisti» corresponsabili degli arrivi, se non collaboratori dei trafficanti.

Il Focus su immigrazione e accoglienza

Percorsi di secondo welfare cura uno spazio dedicato ai temi dell’immigrazione e dell’accoglienza e al loro impatto sul nostro Paese. Scopri di più.

Il ruolo della solidarietà per l’asilo

Il volume recentemente curato da Maurizio Ambrosini per il Mulino “Rifugiati e solidali. L’accoglienza dei richiedenti asilo in Italia” entra nel merito di un tema che di fatto ha sconvolto l’agenda politica degli ultimi dieci anni, concentrandosi sul ruolo della solidarietà che la società civile ha espresso nei conforti di coloro che sono giunti in Italia e hanno chiesto protezione e assistenza.

Con una certa obiettività, possiamo riconoscere come la stagione della “solidarietà per l’asilo” sia una delle tappe più importanti che ha scandito la storia recente dell’attivismo civico e politico nel Paese, nonché ha rappresentato uno dei fattori di innovazione più interessanti nel panorama dei movimenti sociali, dell’associazionismo, del volontariato e delle varie forme che l’impegno filantropico ha assunto in Italia.

Nella letteratura scientifica possiamo riconoscere come le pubblicazioni attinenti al tema “dell’altruismo per i rifugiati” siano significativamente cresciute, contribuendo all’emergere di un dibattitto che ha catalizzato e intrecciato più prospettive disciplinari.

Come è cambiata la percezione pubblica sui rifugiati

Il volume trae ispirazione da questo approccio e, entrando nel merito, l’introduzione ha un ruolo centrale e di linea guida. Si ritrova una rara e insieme lucida analisi non della “crisi dei rifugiati”, ma della “crisi dell’accoglienza dei rifugiati” (p. 11).

Pagina dopo pagina, l’autore affronta temi quali il deterioramento dell’immagine di cui beneficiavano in passato coloro che fuggivano da guerre e/o situazioni di grave pericolo, il motivo del successo della “retorica dell’abuso” contro la possibilità di richiedere una forma di tutela posta a detrimento dei cittadini italiani, la fisionomia di una “perenne emergenza” che ha accompagnato l’impianto istituzionale per gestire l’accoglienza dei rifugiati sul territorio.

ActionAid e Openpolis denunciano il vuoto dell’accoglienza italiana

Qui si discute inoltre uno dei fenomeni “psicoanalitici” più interessanti in termini di comunicazione pubblica e mass media: l’autoconvincimento collettivo di essere diventati il Paese “campo profughi d’Europa”, assediati e quindi titolati a richiedere senza indugi la chiusura dei confini.

Tra promesse e premesse: il campo di battaglia dell’accoglienza

Leggendo l’introduzione, mentre si deduce come l’articolo 10 della Costituzione1 sia  unapromessa” tradita dagli attori pubblici, per una parte della società civile è stata invece la “premessa di un’ampia mobilitazione, che trova nel concetto di “campo battaglia” un riferimento analitico originale, per analizzare la linea di tensione che in molti Paesi attraversa e caratterizza il rapporto tra Governi nazionali e poteri locali (p. 21) in merito all’ammissione e ai percorsi di accoglienza dei rifugiati. Con l’immagine proposta, l’autore coglie infatti la pluralità degli attori pubblici e non-pubblici e la dimensione sia competitiva sia conflittuale che a livello territoriale prende forma tra le rispettive istanze di chiusura e di apertura. Mentre i diritti umani sono quindi sempre meno tutelati dalle Istituzioni, sono soggetti della società civile che provano a farsene carico, esprimendo, nelle parole stesse del curatore, una «solidarietà contro i confini» (p. 30).

L’accoglienza ricomincia dallo sguardo

Ambrosini ripercorre inoltre il quadro interpretativo che si è sviluppato sull’azione umanitaria, comprese le critiche che muovono dalla letteratura che considera questo sforzo come un ulteriore ingranaggio della “macchina governativa dell’oppressione”. Infine, proprio il tema dei profughi ucraini è posto, non a caso, a conclusione della sezione introduttiva, come monito per indicare che l’esistenza di un possibile percorso di riconoscimento e di accoglienza sia possibile in collaborazione tra Enti locali, servizi e associazionismo. Curioso, in questo senso, il processo di «rimozione collettiva» di questa esperienza, non scalfita, solo per ora, da critiche e retoriche dell’abuso.

L’introduzione è poi seguita da una serie di 9 capitoli, redatti da varie autrici e autori tra le voci più preparate del panorama scientifico italiano sul tema. Il volume, infatti, è il risultato collettivo di un ampio Progetto di ricerca nazionale (PRIN).

Governance, processi e ruoli nell’accoglienza

I primi due contributi sono a cura di Francesca Campomori e Raffaela Bazurli. Nel primo capitolo si offre un’analisi puntuale delle dinamiche di governance dell’accoglienza, e della loro evoluzione diacronica, a livello urbano. Prendendo in esame due casi studio, Bologna e Venezia, il contributo esamina il peso di fattori quali il ruolo delle subculture politiche regionali e dei circuiti ammnistrativi locali nel determinare esiti assai differenti. Nel secondo si restituisce un’interessante analisi dei processi di stratificazione e contrazione dei diritti, segnatamente sociali, dei rifugiati al tempo della pandemia di Covid-19. Un’indagine che mette in relazione la letteratura sulle politiche migratorie con quella sul welfare e la cittadinanza sociale.

Chiara Denaro e Paolo Boccagni nel capitolo 3 propongono invece un’indagine sul ruolo delle assistenti sociali (al 90% donne infatti) che si occupano dell’accoglienza dei rifugiati, e delle tensioni che affrontano mediando tra i vincoli posti dalle Istituzioni e la loro deontologia professionale; si tratta di uno sforzo da loro inquadrato come pratica di “de-confinamento”, in grado di utilizzare competenze e know-how e di “navigare” tra la serie di incoerenze organizzative del sistema (p. 133) per fornire risposte puntuali a bisogni complessi.

Il gender gap e le donne straniere

Sempre Chiara Denaro (nel capitolo 5) propone un contributo originale e centrato, in primo luogo, sulla necessità di “femminilizzare lo sguardo” sull’asilo. Quindi, analizza l’esperienza di attivismo di un gruppo di donne impegnate per il diritto alla casa e altri diritti di welfare, e pone l’attenzione sullo sviluppo di interessanti percorsi di «presa di parola» e di autonomia personale (p. 201).

Integrazione all’autonomia: l’arte di arrangiarsi

Maurizio Artero e Minke H.J. Hajer curano invece i capitoli 4 e 6. Nel primo contributo, dopo una puntuale rassegna della letteratura critica sull’azione umanitaria, esplorano quella che definiscono in modo icastico “l’arte di arrangiarsi” di operatori e volontari, che porta a rivedere alcuni cliché sul loro ruolo. L’analisi fa infatti emergere “la necessità di considerare i supporter come soggetti consapevoli che, nonostante le difficoltà strutturali del sistema di accoglienza, trovano spazi di manovra per resistere (dal basso) agli aspetti più limitanti di tale sistema” (p.142).

Nel loro secondo contributo, invece, usando dati sia quantitativi sia qualitativi, entrano nel merito dei percorsi di integrazione dei richiedenti asilo, ed esplorano se e come gli assunti e le aspettative dei supporter (operatori e volontari) sul tema corrispondano alle traiettorie vissute dai diretti interessati. Inoltre, merita attenzione la conclusione al capitolo, centrata sulla questione del raggiungimento di un’autonomia personale e del suo rapporto con il concetto stesso di integrazione.

Storie di città e confini

Il capitolo 7, a cura di Paola Bonizzoni, Samule Davide Molli e Iraklis Dimitriadis prende in esame un caso studio specifico, la città di Como, snodo di confine e luogo in cui il fenomeno dell’homelessness in relazione ai rifugiati ha, da un lato, generato un clima di inimicizia e forte ostilità politica, dall’altro ha progressivamente portato allo sviluppo di un campo solidale che, tramite varie forme di supporto e di volontariato, ha provato a colmare problemi e necessità evase dalle stesse istituzioni.

Il capitolo 8, redatto da Davide Filippi, Francesca Fortarezza e Emanuela Abbatecola, prende in esame un altro luogo di confine, Trieste, epilogo della rotta balcanica, e viene presentato un lavoro etnografico molto ben sviluppato. In particolare, attraverso la dicotomia visibilità/invisibilità, vengono poste in dialogo le prospettive di vari attori e si analizzano le tensioni e le contraddizioni proprie “della vita del confine” (p. 305).

L’ultimo capitolo è infine redatto da Filippo Torre, Luca Giliberti e Luca Queirolo Palmas ed analizza l’attivismo pro-rifugiati nella regione alpina di Briançon, tra la Francia e l’Italia, entrando nel merito della strutturazione e della composizione delle reti di solidarietà che si sono sviluppate al confine, analizzando contatti, tensioni e frizioni tra queste istanze solidali e apparati statali di controllo.

Alimentare il dibattito pubblico in tempi bui

Il volume ha dunque il pregio di presentare e analizzare i temi più importanti relativi ai rifugiati e alla loro accoglienza giovandosi di varie prospettive disciplinari, approcci metodologici e casi studio emblematici. Infine, una nota per lo stile di scrittura del libro. Sebbene sia di profilo scientifico, si presta ad essere letto da un pubblico di più ampio respiro, in ricerca di riferimenti che si discostino dalle rappresentazioni imperanti sul tema.

In questo senso, il volume ha il merito di aver restituito, fuori dai confini scientifici, l’insieme degli sforzi conoscitivi di vari gruppi di ricerca, rappresentando un valido esempio di divulgazione scientifica. Se, soprattutto dopo la finestra pandemica, questa viene invocata come esigenza per accrescere la qualità del dibattito pubblico, ne troviamo un esempio interessante.

Mentre il vento sovranista soffia sui Paesi europei, una corrente contraria ha quindi «seminato» un futuro differente: qui ne troviamo un’analisi interessante e puntuale che, parafrasando Hannah Arendt, prova ad alimentare lo spazio pubblico in tempi bui.

 

Note

  1. L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
    La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
    Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
    Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici
Foto di copertina: Roger Bradshaw, Unsplash