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Questo articolo è il terzo di una raccolta di esperienze, riflessioni e testimonianze sul Bosco delle Querce di Seveso e Meda, nate nell’ambito del progetto “Insieme per il Bosco” promosso da FARE arte contemporanea e circolo Legambiente Laura Conti di Seveso. Alle soglie dell’anniversario dal disastro dell’Icmesacome spiegavamo nel primo approfondimento, l’obiettivo è restituire memorie collettive fatte di pratiche, relazioni socio-ecologiche e apprendimento sociale sviluppate grazie al progetto, per dimostrare come collaborazione, partecipazione e confronto possono cambiare il sentire di un territorio e della sua comunità. Di seguito raccontiamo meglio origine e sviluppo di “Insieme per il Bosco”.

L’assenza di una presenza: il punto di partenza

Nel precedente articolo del nostro ciclo ci siamo lasciati con il racconto dell’abbraccio al Bosco delle Querce, un’attività di contrasto all’avanzare del progetto Pedemontana che metteva a rischio parte del Bosco delle Querce – simbolo del riscatto ambientale del territorio – e che ridiede vita alla riflessione e all’azione di tutela di questo luogo.

Un ulteriore passo importante di questo percorso di verificò nel 2021 quando, in assenza di una presenza istituzionale per la celebrazione della ricorrenza del 10 luglio, data del disastro dell’Icmesa, quattro realtà locali di Seveso e Meda (il Circolo Legambiente Laura Conti, Sinistra e Ambiente, Impulsi di Meda, Seveso Futura) si impegnarono in un’azione che si configurò come una quasi-occupazione del Bosco a fini culturali e di memoria. In quella occasione fu realizzato un convegno all’aria aperta con interventi sulla storia del Bosco e su un’idea di futuro: in particolare l’ampliamento a ovest per raggiungere e inglobare le aree libere fino a congiungersi con il PLIS1 Grubria. Musicamorfosi2 organizzò anche una sorta di concerto con una banda itinerante, che condusse quanti erano accorsi all’iniziativa a visitare la collina della vasca di Seveso.

Foto della bandakadabra durante il concerto organizzato da Musicamorfosi al Bosco delle Querce il 10 luglio 2021. Fonte: Bandakadabra

È su questa nuova creatività e patto di rete tra diversi soggetti del territorio che si innerva la risposta progettuale che arrivò l’anno successivo a Regione Lombardia.

Un progetto per ritornare al Bosco delle Querce

Nel 2022 Regione Lombardia stanziò fondi residui dedicati al Bosco delle Querce per progetti di rilancio delle attività culturali e di sensibilizzazione ambientale volti a stimolarne la valorizzazione. I fondi disponibili vennero destinati a due realtà con differenti progetti: una parte venne assegnata a Legambiente Lombardia per le attività di educazione ambientale con le scuole; un’altra, all’associazione FARE Cultura Contemporanea Applicata3 in partnership con il circolo Legambiente Laura Conti di Seveso per valorizzare il Bosco con iniziative a carattere culturale attraverso un progetto di rete con le realtà territoriali. Quest’ultimo progetto, finanziato nel 2022 con scadenza dicembre 2023, ha poi visto un rinnovo per le annualità 2024–2026.

Nasce così “Insieme per il Bosco, conoscere, amare, custodire, valorizzare”, un progetto che raccoglie l’eredità delle pratiche ambientaliste che avevano caratterizzato la storia di Seveso, risignificandole con uno sguardo al presente e al futuro.

L’obiettivo della prima fase progettuale era la definizione di una governance locale capace di occuparsi del Bosco come bene comune, materiale e immateriale, valorizzandolo e migliorandone gli aspetti di fruizione da parte della comunità di riferimento, anche attraverso la coprogettazione di iniziative culturali. Lo strumento utilizzato è stato quello della strutturazione di una rete tra le associazioni territoriali volta a interpretare il Bosco come bene comune.

Il progetto ha avuto avvio con una ricerca sociologica svolta tra la primavera e l’autunno 2022. La ricerca aveva come obiettivo quello di indagare il legame tra il Bosco e la sua comunità, analizzando a che punto fossero tutta una serie di questioni a esso legate:

  • la permeabilità del portato delle memorie;
  • il simbolismo nell’immaginario collettivo;
  • il futuro come possibilità.

Da un punto di vista progettuale la ricerca sociologica ha permesso uno studio preliminare su cui fondare le azioni successive con diversi stakeholders.

L’indagine, da me svolta con la supervisione di Laura Centemeri4, è stata condotta attraverso interviste qualitative faccia a faccia semi-strutturate. Sono state previste domande stimolo e argomenti quadro per raccogliere le opinioni, le analisi e i punti di vista di ciascun intervistato, con risposte aperte che lasciassero la libertà di seguire una propria linea di pensiero. Le interviste prevedevano l’analisi di quattro macro-aree:

  • memoria e permanenza nell’immaginario del binomio Seveso/disastro;
  • il Genius Loci del Bosco;
  • il rapporto con il Bosco come elemento distintivo dell’identità collettiva;
  • il futuro.

Campo di indagine sono stati i “portatori di interesse” ovvero quei soggetti collettivi che nel corso degli anni avevano interagito con il Bosco. In totale sono state intervistate persone appartenenti a diciotto associazioni: 4 di Meda, 13 di Seveso, 1 di Barlassina.

Esiti interessanti dell’analisi sociologica

Tre questioni di fondo sono emerse nelle interviste, sintetizzate qui in macro-temi.

Il legame affettivo al Bosco delle Querce

Un sentimento condiviso di attaccamento al luogo, al cui rafforzamento ha contribuito il lavoro scaturito dal progetto “Ponte della memoria” (2002-2004). Dalle interviste è emerso che questo lavoro di ricostruzione, archivio e scrittura delle memorie, ha permesso di sviluppare un quadro di senso della realtà del Bosco come luogo significativo e rappresentativo del riscatto. Questo ha inoltre posto le premesse per sviluppare un senso di responsabilità verso di esso.

Una delle interviste ai portatori di interesse all’interno della sede del circolo Legambiente Laura Conti di Seveso, dove è custodito l’archivio della memoria. Fonte: Emanuela Macelloni

Lo sviluppo di una più completa consapevolezza della singolarità storica ed ecologica del Bosco è stato declinato come volontà di non ridurre lo stesso a un mero scenario di eventi, ma di favorire forme di uso collettivo che ne potessero cogliere e valorizzare l’unicità. Da questo punto di vista è sembrato molto forte il richiamo alla necessità di una maggiore e più diffusa conoscenza del Bosco. Al momento dell’indagine questo percorso di responsabilizzazione è sembrato tuttavia ancora in fase di sviluppo. In particolare emergeva la richiesta di un maggiore coinvolgimento delle associazioni e della cittadinanza da attuarsi anche con un più stabile legame con le istituzioni gerenti: amministrazione comunale, Ersaf e Regione Lombardia.

La preoccupazione per il divenire del Bosco

Questa seconda questione è apparsa legata ad una percezione di abbandono che gli intervistati hanno condiviso. L’abbandono è un tema ricorrente connesso a diversi aspetti: le scelte politiche sulla gestione, la perdita di riferimenti stabili con gli uffici a essa deputati e la distanza sentita con gli enti sovra territoriali che ne hanno la responsabilità gestionale. Altri elementi riguardano l’impressione di una mancanza di un quadro condiviso nell’utilizzo e nella fruizione dello spazio, imputata a una generale assenza di coordinamento e mancanza di opportunità per sviluppare una coprogettazione.

Un sentimento generale di “trovarsi a un bivio”

Un “bivio demografico”, determinatosi per due differenti movimenti: il ricambio generazionale della popolazione da una parte e la crescita demografica dovuta a trasferimenti di nuovi abitanti dall’altra. Ad accomunare entrambi i movimenti è l’aspetto dell’assenza di socializzazione alla memoria del disastro e alla conoscenza di ciò che il Bosco rappresenta. Il suo potenziale simbolico sembra ancora essere poco conosciuto. Un “bivio simbolico”, una cesura temporale di fronte a cui gli intervistati pongono il Bosco con il suo significato: il momento in cui agire per un rinnovo della sua memoria storica o lasciare che questo diventi un semplice parco cittadino. Questa svalutazione viene vista come un impoverimento. Per evitare questa perdita, occorre un’attivazione delle forze vive della società civile che contrasti l’effetto di inerzia.

Dalla ricerca all’azione: abitare il pensiero collettivo

Lo studio e la rielaborazione degli esiti della ricerca ha riempito molte giornate di incontri nei luoghi più disparati della città e dell’etere. Laura Centemeri, Beatrice Oleari, Gemma Beretta, Laura Balestrini, Alberto Colombo, Maurizio Zilio, Sandra Bertoli, Massimiliano Fratter e Lele Galbiati, che non ho potuto conoscere ma il cui pensiero e sguardo vive in questo contesto relazionale, sono state le persone che hanno accompagnato e abitato le numerose riflessioni intorno a ciò che questa fotografia ci restituiva, così come l’elaborazione di senso rispetto alle applicazioni progettuali. C’è da dire e ricordare che questa narrazione è la restituzione di un lavoro collettivo. Le relazioni, i legami, il con-pensare hanno arricchito gli spunti per la declinazione in azioni di quanto dalla ricerca era emerso. Beatrice Oleari5, responsabile di progetto, ha interpretato e incarnato queste elaborazioni collettive, restituendo al Bosco, con impegno e dedizione, un nuovo corso: tessendo un filo tra passato, presente e futuro, partecipazione, arte, parola, natura e umanità.

Il portato dell’indagine sembra ruotare intorno a riflessioni che Laura Centemeri mi ha restituito quando mi ha messo tra le mani Donna Haraway e il suo “Chthulucene” (2019). Tra le prime frasi dell’introduzione troviamo espressione del tema centrale, punto di arrivo di un lungo percorso di riflessione dell’autrice da “Manifesto Cyborg” (1995) in poi: il trovarsi a vivere in tempi confusi, torbidi e inquieti che ci impongono di restare a contatto con questo problema, interrogandoci su quali siano le strategie utili per coltivare una giustizia multispecie.

Haraway costruisce un articolato filo di pensieri che parte dalla critica alla logica dei dualismi oppositivi, tra cui quello uomo/natura (2019), che strutturano meccanismi di potere attraverso la costruzione di una alterità: che cioè dividono e gerarchicamente pongono un “oggetto” al di sopra di qualcuno o qualcosa di altro. Quel meccanismo che ci fa pensare alla natura come qualcosa di subalterno all’umano e che può per questo essere sfruttata e estratta in modo distruttivo a suo piacimento. L’errore di fondo che Haraway mette in luce è ciò che dal darwinismo in poi è stato adottato come discorso mainstream: la vita non è solo il risultato di una lotta tra meccanismi di diverse specie in cui la più forte esclude la più debole ma in realtà, se osservata al microscopio, è anche e soprattutto il risultato di processi di relazioni simbiotiche.

Per Haraway restare a contatto con il problema è superare l’idea di questo modo di opporre e strutturare logiche di quel separatismo, che ha prodotto i risultati che oggi osserviamo. Arriva dunque a una nuova critica del concetto di Antropocene che mette al centro l’uomo come figura al di sopra delle altre. L’arte di vivere su un pianeta danneggiato si manifesta così come meccanismo sinpoietico: si crea cioè dalle relazioni tra organismi diversi, un con-divenire l’uno insieme all’altro in una staffetta sorprendente. Un’alleanza multispecie nutrita da responso-abilità (Haraway, 2019).

Illustrazione di Marco Arioli per il progetto Insieme per il Bosco a tema “alleanze multispecie” Fonte: Marco Arioli

Questa fu dunque una delle prime consapevolezze, nate dalla riflessione condivisa di quella che amiamo chiamare la compagnia del bosco: lavorare con gli stakeholders al riconoscimento del bosco come portatore di interesse. Da qui partiranno nuove pratiche socio-ecologiche che si arricchiranno del lavoro di rete tra i portatori di interesse. Queste pratiche saranno al centro della narrazione dei prossimi articoli.

 

Bibliografia

  • Haraway D. (1995), Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli.
  • Haraway D. (trad. in Italiano 2019), Le promesse dei mostri, DeriveApprodi.
  • Haraway D. (trad. In Italiano 2019), Chthulucene, Sopravvivere su un pianeta infetto, Produzioni Nero.
Questo contributo è parte del Focus tematico Collaborare e partecipare, che presenta idee, esperienze e proposte per riflettere sui temi della collaborazione e della partecipazione per facilitare cooperazione e coinvolgimento. Curato da Pares, il Focus è aperto a policy maker, community maker, agenti di sviluppo, imprenditori, attivisti e consulenti che vogliono condividere strumenti e apprendimenti, a partire da casi concreti. Qui sono consultabili tutti i contenuti del Focus.

Note

  1. PLIS è acronimo di Parco Locale di Interesse Sovracomunale. In particolare Il Parco Grubria, nasce nel 2019 dall’aggregazione del Parco Grugnotorto Villoresi e Parco della Brianza Centrale. L’estensione verso ovest del Bosco delle Querce permetterebbe un collegamento tra questi parchi con l’annessione di piccole aree frammentate di verde residuo.
  2. Musicamorfosi, associazione culturale che si occupa dal 1998 di ideazione, produzione e promozione musicale. Nasce per spin off da NATUR&-Onlus nel contesto territoriale sevesino sempre a seguito di quella spinta che negli anni ’90 favorì la nascita del Circolo Legambiente Laura Conti di Seveso e di Natur&Onlus.
  3. FARE, associazione impegnata nella progettazione culturale e nella formazione e promozione di artisti e curatori che opera attraverso l’ideazione di mostre e programmi di residenza. Lavora costantemente per la costruzione di reti e relazioni forti e sostenibili tra artisti, curatori e operatori culturali, per l’inclusione e la partecipazione dei pubblici e per il riconoscimento dell’arte come strumento di trasformazione sociale, rigenerazione dei territori, partecipazione attiva delle comunità.
  4. Laura Centemeri, ricercatrice senior in sociologia dell’ambiente al Centre National de la Recherche Scientifique francese. È membro permanente del Centre d’étude des Mouvements Sociaux dell’EHESS dove svolge attività didattica, nel polo di Parigi e di Marsiglia. È co-editor in chief dello European Journal of Cultural and Political Sociology, una delle riviste ufficiale dell’associazione europea di sociologia (ESA). È membro della redazione della rivista online di storia dell’ambiente Altronovecento.
  5. Beatrice Oleari, project manager nell’ambito delle arti visive e fondatrice di FARE.
Foto di copertina: Alberto Colombo