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Le coabitazioni solidali rappresentano un importante ingrediente delle politiche abitative “ad alto contenuto sociale” (Tosi 2017). Eppure, nonostante siano molto diffuse, di fatto non sono mai state studiate né messe a tema in modo sistematico con statistiche aggiornate e con la disamina degli aspetti cruciali del loro funzionamento (Costa 2020). Il recente volume curato da Giuliana Costa e Francesco Andrea Minora Coabitazioni Solidali. Politiche, programmi e progetti, edito da Carocci nella collana Faber, rappresenta il primo e sistematico sforzo di ragionamento attorno a questo modello abitativo, volto a superare questa lacuna attraverso il coinvolgimento nella redazione del testo sia di esperti accademici, sia di project manager del Terzo Settore che gestiscono e organizzano coabitazioni solidali da almeno un decennio da Nord a Sud.

Cosa sono le coabitazioni solidali

Le coabitazioni descritte nel libro sono basate sulla condivisione di appartamenti e spazi domestici (stanza, cucina, bagno, arredi ecc.) secondo un progetto abitativo ben preciso, definito da organizzazioni del Terzo Settore (gestori sociali) e rivolto a soggetti che si trovano, generalmente, in condizioni di disagio socio-abitativo o a soggetti che non necessariamente ricadono in questa situazione, ma che stanno vivendo una fase di transizione (separazioni, migrazioni, trasferimento ecc.). I progetti di coabitazione hanno perlopiù un termine temporale limitato e prevedono che i coabitanti collaborino tra di loro nella conduzione della vita quotidiana (cucinare, fare la spesa, svolgere piccole commissioni, fare le pulizie, ecc.) e creino dei legami di solidarietà e reciprocità, aiutandosi vicendevolmente e mettendo in atto, in molti casi, veri e propri atti di cura.

Da questo modo di intendere le relazioni sociali all’interno di queste forme di coabitazione discende il termine nella sua accezione più generale di “coabitazioni solidali”. Queste ultime differiscono dalle iniziative di cohousing con cui spesso vengono confuse, poiché, come spiegano Giuliana Costa (nell’introduzione del volume e nel capitolo 1) e Chiara Lodi Rizzini di Secondo Welfare (nel capitolo 2), esse prevedono la condivisione di spazi domestici e non solo pertinenziali (scale, giardino, parcheggio, sale per svago ecc.) in una logica di iper-prossimità (Costa 2022). Si tratta di vivere “sotto lo stesso tetto e dietro la stessa porta” (Costa 2015).

Inoltre, in esse l’intenzionalità, tipica delle comunità che realizzano cohousing, viene mediata da organizzazioni del terzo settore e quindi perde il suo carattere spontaneistico. Lo spazio di autogestione degli abitanti è definito non da loro stessi, ma da organizzazioni terze, che hanno un peso determinante nell’avviare o chiudere il percorso di coabitazione in caso di problemi.

Le opportunità offerte dalle coabitazioni solidali

Le coabitazioni solidali rappresentano – parafrasando Carlo Cattaneo (Grossi 1977) “un altro modo di abitare” non assimilabile in alcun modo, perché alternativo alla proprietà privata di un alloggio o all’affitto, e perché differente dalla maggior parte dei servizi di welfare a carattere abitativo istituzionali.

Alcuni autori del libro, in particolare Minora e Danesi (nei capp. 3 e 13), segnalano che questo modello abitativo consente di superare – anche se molto parzialmente dato che i numeri sono ancora modesti – la forte crisi abitativa in cui ci troviamo a seguito del lento e inesorabile declino del ruolo dell’ente pubblico nelle politiche abitative e a causa della rigidità del mercato della casa, interamente dominato dalla proprietà privata a detrimento dell’affitto (Minora et al. 2013).

L’utilizzo condiviso di spazi domestici privati in forma temporanea, abbinato ad un progetto a forte connotazione sociale e relazionale, rappresenta una delle soluzioni abitative che consentirebbe l’accesso alla casa a prezzi ragionevoli (affordability – accessibilità economica), senza usare formule abitative eccessivamente normate dalla legge (affitto a canone sociale e/o moderato), configurando la casa come un vero e proprio servizio di welfare di prossimità (Bricocoli 2017).

Esperienze concrete e una rete per diffonderle

Le ampie e variegate esperienze illustrate nel volume realizzate a vantaggio di persone con disabilità intellettiva (cap. 5) malati psichici (cap. 6), anziani (cap. 8), giovani care leavers (cap. 9), migranti (capp. 4, 10 e 11), persone in stato di temporanea fragilità abitativa (cap. 7) rappresentano in modo chiaro la versatilità e la capacità di innovare del modello delle coabitazioni solidali.

Il volume descrive nel dettaglio, caso per caso, le condizioni che rendono possibile replicare e mantenere questo modello nel tempo in appartamenti di civile abitazione, reperiti sia nello stock abitativo pubblico che in quello privato. Nel libro sono spiegate nel dettaglio alcune strategie utili a reperire tali alloggi in molti capitoli (con affondi specifici nei capp. 13 e 14).

Per dare maggior forza a questo modello, ancora sottotraccia, e sostenerlo come un possibile opzione di politica abitativa, si è di recente costituita una rete nazionale delle coabitazioni solidali (Costa e Velame 2022) che aggrega persone e organizzazioni che studiano e sviluppano progetti di coabitazione ormai anche assai consolidati. Molti di loro hanno illustrato la propria esperienza nel volume.

 

Per approfondire

  • Bricocoli M., (2017) Progetti e luoghi nella riorganizzazione dei servizi di welfare: una sperimentazione a Milano, in “Territorio” n. 83 pp. 70–74.
  • Costa G. (2015) Abitare insieme sotto lo stesso tetto, dietro la stessa porta, in  “Territorio” n. 75, pp. 30–31.
  • Costa G. (2022) Organized  Cohabitation  and  Domestic  Hyper-proximity  in  “Social  Policies. Italian Sociological Review”, vol. 12, n. 3, pp. 1161-1183.
  • Costa G. e Velame L.Z. (2022) La costruzione di una rete nazionale sulla coabitazione solidale. Studi Zancan n. 2, pp. 16-23.
  • Grossi P. (1977) Un altro modo di possedere. L’emersione di forme alternative di proprietà alla coscienza giuridica postunitaria. Milano, Giuffré.
  • Minora F.A., Mullins D. e Jones P.A. (2013) Governing for Habitability: Self–organised communities in England and Italy. Journal of Co–operative Management n. 6, pp. 33–45.
  • Tosi A. (2017) La casa dei poveri. È ancora possibile pensare un welfare abitativo?, Mimesis Edizioni, Milano.

 

Foto di copertina: Mike van den Bos, Unsplash.com