La European Federation of National Organisations Working with the Homeless (FEANTSA) e Fondation Abbé Pierre hanno recentemente pubblicato il Seventh Overview of housing exclusion in Europe, che esplora gli effetti della pandemia sull’inclusione abitativa delle persone povere o a basso reddito. Lo studio, tra le altre cose, offre dati sulla situazione abitativa in Europa, segnalando un aumento delle persone in ritardo col pagamento di affitti o mutui – peggiorato dopo la cessazione di alcune misure che erano state introdotte per contenere gli effetti della pandemia-  e offre alcune raccomandazioni per affrontare il problema.

La condizione abitativa degli europei

Secondo le stime riportate nel rapporto, ogni notte in Europa 700.000 persone dormono in strada o nei dormitori,  con un incremento del 70% tra il 2009 e il 2019. Ma il problema non riguarda solo coloro che sono “già in strada”, ma anche quelli a rischio. Il 3,3% dei nuclei familiari in Europa è in ritardo nel pagamento dei canoni di affitto o delle rate del muto, con un incremento del 19% tra il 2019 e il 2020. In Italia questa percentuale si attesta al 2,3%, ma con una crescita superiore pari al 21%.

Questa difficoltà si deve soprattutto all’aumento dei costi abitativi: il rapporto riporta che oltre il 7% della popolazione europea spende più del 40% del proprio reddito per spese abitative. Una percentuale destinata a crescere per effetto dell’aumento dei costi energetici: già tra il 2020 e il 2021 in tutti quasi tutti i Paesi europei, il prezzo di luce e gas era aumentato sensibilmente, ma è tra febbraio e marzo 2022 che è cresciuto di ben il 43% per effetto del conflitto in Ucraina. 

Il tema sfratti 

Una parte dello studio è dedicata al tema degli sfratti. Anzitutto il rapporto evidenzia come la perdita dell’abitazione sia un costo per la persona sfrattata, perché ha effetti sulla salute, sull’esclusione sociale, e sulla povertà – ad esempio perché compromette le possibilità di ottenere e mantenere un’occupazione. Ma ha anche costi sociali, ad esempio in termini di salute pubblica, come dimostrano alcuni studi condotti negli Usa sui senza dimora e Covid; e sulle spese per la giustizia, considerando i costi di procedimenti e processi.

Gli autori offrono quindi alcune indicazioni per prevenire gli sfratti e intervenire laddove si verificano, tra cui supporto finanziario per il pagamento degli affitti arretrati; supporto giuridico e tecnico per aiutare chi è sfrattato; l’offerta di soluzioni abitative alternative; la collaborazione tra gli stakeholder coinvolti – ad esempio servizi sociali,associazioni ecc.

Possibili soluzioni

Lo studio offre anche alcune raccomandazioni per affrontare il problema:

  • nessuno dovrebbe essere sfrattato senza la garanzia di poter accedere ad un altro alloggio, diventando così una persona senza dimora, indipendentemente dallo scoppio di una pandemia e nel rispetto del diritto internazionale
  • per rafforzare e adattare le misure di prevenzione è necessario che i dati sugli sfratti siano aggiornati e di qualità;
  • le strategie di prevenzione degli sfratti dovrebbero includere un quadro giuridico che promuova la tutela del diritto all’alloggio per i più bisognosi, servizi specializzati per fornire consulenza legale, garanzia di un rapido ricollocamento alloggiativo e un supporto per le persone sfrattate, garanzia di una dotazione di alloggi economicamente accessibili e adeguati per le persone a basso reddito, coordinamento delle strategie locali e scambio di buone pratiche, sufficienti risorse finanziarie;
  • le strategie di prevenzione degli sfratti dovrebbero valorizzare le migliori pratiche individuate: potenziando gli aiuti finanziari, supportando l’accesso ai propri diritti da parte delle famiglie, nell’accesso ai propri diritti, proteggendo gli occupanti, contrastando la finanziarizzazione dell’edilizia abitativa;
  • elaborare strategie ambiziose e di lungo termine per contrastare lo strutturale disfunzionamento dei mercati immobiliari europei;
  • allineare l’obiettivo del contrasto alla povertà energetica con il contrasto all’esclusione abitativa e alla grave emarginazione adulta, ovvero aumentare gli investimenti in efficientamento energetico garantendo al contempo garanzie sociali per gli occupanti;
  • utilizzare le risorse del Recovery Fund come leva per raggiungere l’obiettivo di porre fine alla homelessness;
  • rendere la Piattaforma Europea per il contrasto alla homelessness uno strumento di cambiamento nelle politiche pubbliche. La voce, i bisogni e le esperienze delle persone senza dimora devono essere messi al centro del dialogo e dell’azione.

Il focus sul PNRR italiano

Il rapporto analizza anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano (di cui Secondo Welfare si sta occupano qui, ndr) indicandolo come quello con il maggiore potenziale nella prospettiva di contrasto all’homelessness. Ricordiamo che, nello specifico, esso prevede:

  • 450 milioni di euro per aiutare i senza dimora ad accedere facilmente a soluzioni abitative temporanee, sia in dormitorio che in abitazione, integrando tali soluzioni con servizi volti all’empowerment e all’inclusione sociale;
  • un piano operativo per l’Housing First con l’obiettivo di supportare, entro il 2026, 25.000 senza dimora per un periodo minimo di 6 mesi;
  • incrementare l’edilizia residenziale pubblica;
  • ristrutturare 200 stabili confiscati alla mafia per metterli a disposizione di progetti rivolti a persone in vulnerabilità abitativa;
  • 300 milioni di euro per alloggi destinati ai lavoratori agricoli;
  • 200 milioni di euro per alloggi studenteschi.

 

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