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Il contributo intende riflettere sul ruolo che l’impresa sociale può svolgere nel processo di rinnovamento delle edicole, spazi sempre più spesso dismessi anche a causa della crisi del mercato editoriale italiano. L’impresa sociale può rappresentare uno strumento particolarmente adatto per ridisegnare la funzione d’uso delle edicole quali “presidio sociale e culturale del territorio”.

Nello specifico, grazie al modello di governance multi-stakeholder da essa adottato, l’impresa sociale è in grado di accrescere la partecipazione degli abitanti di un quartiere e di individuare, attraverso il loro coinvolgimento, nuovi servizi che le edicole possono erogare, contribuendo in questo modo a rigenerare sia uno spazio urbano che il tessuto sociale del quartiere nel quale si colloca l’edicola (Borzaga et al., 2017; Sacchetti, Borzaga, 2018).

A Perugia, l’associazione culturale Emergenze ha deciso di diventare impresa sociale per acquisire e rivitalizzare un’edicola nel centro storico della città con l’obiettivo di diffondere la conoscenza della cultura editoriale e di valorizzare la funzione sociale dell’edicola come punto di riferimento per la comunità mediante un’azione dal carattere fortemente partecipato, ma “delicata e non invasiva”. 

Introduzione

Negli ultimi quindici anni si sta assistendo ad una progressiva crisi dell’industria editoriale, in particolare per quanto riguarda i giornali e la carta stampata. Una crisi dovuta a vari fattori, come i cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie (che influenzano le modalità di fruizione dei giornali), o a quelli che riguardano i gusti e le abitudini dei lettori (online – come esigenza di velocità e aggiornamento continuo dell’informazione – versus carta stampata – quale strumento di approfondimento delle notizie e di relazione di fiducia con una particolare testata giornalistica) e alla capacità di saperli intercettare (dal restyling della veste grafica dei giornali per renderli di più immediata e facile lettura, all’adozione di strategie di vendita dove al quotidiano sono allegati supplementi di varia natura) fino alla sostenibilità dei modelli di gestione delle varie testate (Fieg-Upa, 2015).

Una crisi che, però, non riguarda solo le imprese del settore editoriale che producono giornali, riviste e libri, ma anche quelle che, tali prodotti, li vendono. Tra queste ultime, in particolare, la crisi sta avendo ripercussioni importanti sulle edicole e sulla loro capacità di continuare a stare sul mercato.

In questo scenario, questo articolo intende proporre alcune strategie per affrontare e contrastare la chiusura delle edicole, a partire dalle potenzialità dell’impresa sociale come nuovo modello organizzativo per gestirle e contribuire positivamente al loro rilancio, valorizzando il loro ruolo di presidio locale di tipo sociale e culturale. In particolare, prendendo ispirazione da una ricerca empirica su di un singolo caso, gli assunti e gli elementi analizzati potranno rappresentare spunti di riflessione auspicabilmente utili per salvaguardare, in generale, le edicole esistenti e per accompagnarle verso un potenziale processo di trasformazione sia della loro offerta (nuovi servizi di prossimità) che del loro modello di gestione (impresa sociale).

Inquadramento teorico

Nel 2018 l’industria italiana dei quotidiani assistite ad un calo della produzione giornaliera di copie cartacee del 7,25% rispetto all’anno precedente, così come diminuisce quasi del 6% anche la diffusione dei giornali sia cartacei che in formato digitale. Il settore, già in crisi da un decennio, mostra un calo generale delle cosiddette vendite tradizionali, ovvero quelle tramite acquisti in edicola e con abbonamento, del 7,5% rispetto al 2017. La popolazione italiana, inoltre, risulta sempre meno dedita all’acquisto di quotidiani, diminuendo anche coloro che leggono i giornali con regolarità: circa un italiano su tre sfoglia abitualmente un quotidiano, con un considerevole e progressivo calo della popolazione femminile dedita a questa pratica, dove, tra i non lettori di quotidiani, le donne sono circa 11.141.000 sul totale che si aggira intorno ai 17.235.000 (Associazione Italiana Editori – AIE, 2019a).

La Federazione Nazionale Giornalai (Fenagi) ha recentemente descritto il 2019 come “l’anno nero dell’editoria”, con ricavi di vendita diminuiti del 10% rispetto al 2018 e con una media di due edicole chiuse ogni giorno senza particolari differenze tra il Nord e il Sud del Paese. Quadro che potrebbe aggravarsi ulteriormente alla luce dell’attuale emergenza sanitaria da Covid-19.

Prima dell’emergenza sanitaria, per evitare la chiusura delle edicole, Fenagi proponeva di rispondere alla loro crisi attraverso un ripensamento dei servizi da esse forniti, a partire dalla loro funzione di presidio sociale e culturale del territorio. A questo proposito, già a partire dal 2017, il comune di Firenze, primo in Italia ad adottare un provvedimento ad hoc in questo senso, ha attuato una serie di misure volte a rilanciare le edicole della città, a cominciare dall’abbattimento dei costi di occupazione del suolo pubblico e dall’attivazione, tramite convenzione, di alcuni servizi anagrafici dei quali i cittadini possono usufruire anziché recarsi all’ufficio anagrafe (es. rilascio certificati di matrimonio, di nascita e di residenza e simili) (ANCI Toscana, 2017). Sulla linea del “modello Firenze”, sempre nello stesso anno, anche a Milano sono state approvate linee guida per interventi volti a rilanciare le edicole prevedendo, anche in questo caso, la possibilità per le edicole di erogare servizi di prossimità per i cittadini (associazione ChiamaMilano, 2017).

Sebbene l’emergenza sanitaria, tra le varie conseguenze, porti con sé anche il rischio di aggravare la crisi del mercato editoriale, ogni decreto governativo emanato in questo periodo ha consentito l’apertura delle edicole e il regolare svolgimento delle loro attività perché considerate erogatori di servizi essenziali, prevedendo agevolazioni fiscali specifiche per quegli esercizi commerciali situati in periferia o nei piccoli centri abitati (progetto di riforma Editoria 5.0). Per assolvere alla funzione di erogatori di un servizio di primaria necessità, molti edicolanti, dalla Brianza a Roma, fino ad arrivare alla Sicilia, si sono organizzati per la consegna a domicilio dei quotidiani e delle riviste con l’obiettivo di continuare a mantenere vivo il contatto con le persone e rafforzare la loro funzione di luogo di riferimento per il quartiere (La Repubblica, 2020; Italia Oggi, 2020).

In generale, il futuro dell’editoria continua a subire la limitata cultura della lettura in Italia, che risulta essere il Paese con il più basso indice di lettura tra i maggiori mercati editoriali d’Europa (AIE, 2019b), anche se i dati presentati dall’ultimo “Rapporto sull’editoria del 2019” a cura dell’Associazione Italiana Editori (AIE), registrano una lenta ma una graduale ripresa del mercato dei libri con una crescita del 2,1% nel 2018 rispetto all’anno precedente e con un incremento del 1,4% di imprese attive sul territorio nazionale.

Ciò detto, un altro dato rilevante riguarda i cambiamenti da parte dei lettori nelle scelte dei canali di acquisto. L’importanza quantitativa delle vendite di libri attraverso store online (tra cui è compreso anche Amazon) è aumentata, passando da un peso percentuale del 3,5% nel 2007 ad uno del 26,7% nel 2019. Fenomeno questo che ha visto diminuire il peso percentuale delle vendite di libri tramite librerie e GDO (grande distribuzione organizzata) che sono passate, nel primo caso, da un peso percentuale del 79% nel 2007 ad uno del 66,2% nel 2019, e del 17,5% al 7,1% per quanto riguarda l’importanza della GDO (AIE, 2019b). Se questo può non avere particolari ripercussioni per la GDO, non si può dire lo stesso per le librerie, che registrano una perdita del loro numero sul territorio nazionale pari a -6,9% (-245 librerie) in soli 5 anni (2012-2017) (AIE, 2019 su dati ISTAT 2017). Tra queste, quelle più in difficoltà risultano essere quelle a conduzione familiare e quelle indipendenti che non fanno parte del circuito delle grandi catene. Anche per le librerie, alla stregua delle edicole, emerge il bisogno di ripensare le proprie attività ed offrire servizi aggiuntivi per sfuggire al pericolo di chiusura, perché sempre più in concorrenza con un mercato editoriale nazionale gestito, dalla promozione alla vendita, dalle stesse case editrici che ormai corrispondono alle grandi catene di distribuzione (Corriere della Sera, 2020).

Per incoraggiare questa graduale ripresa vi è un elemento che viene individuato come chiave sia per le edicole che per le librerie: la necessità di fare leva sul valore simbolico e culturale che entrambe rivestono all’interno dei quartieri e dei borghi dove operano, sulla loro capacità di «tessere dei fili tra le persone, di proporsi come punto di incontro e di aggregazione» (intervista al libraio della libreria Marco Polo di Venezia riportata sul Corriere della Sera del 18 gennaio 2020).

In tutta Italia, sono sempre più numerose le esperienze di librerie che si rinnovano offrendo servizi aggiuntivi, diventando hub di quartiere che organizzano eventi culturali e realizzano attività aggiuntive per accrescere la cultura della lettura e promuovere nuove e diverse occasioni per passare del tempo in libreria. Inoltre, le occasioni di incontro tra i librai (come ad esempio i vari festival del libro organizzati ogni anno in varie città) vengono utilizzate come momento per discutere e trovare strategie condivise e unitarie per ri-portare la cultura della lettura nei quartieri delle città e non solo. Nella stessa direzione vanno anche alcuni eventi locali, come ad esempio, il progetto “Editori allo scoperto” realizzato a Palermo dalla casa editrice indipendente Glifo che si propone di organizzare eventi culturali e occasioni di incontro dedicate alle piccole case editrici indipendenti, proprio per alimentare una comunità di addetti ai lavori che collabori e faccia rete per promuovere la cultura editoriale nella città (Il Fatto Quotidiano, 2018).

Se le librerie si sono attivate già da alcuni anni per affrontare e rispondere alle proprie difficoltà, per quanto riguarda le edicole, invece, sono ancora poche le esperienze che, facendo leva sulla funzione di presidio sociale e culturale che possono svolgere, si sono dimostrate capaci di avviare analoghi processi di trasformazione. A questo proposito, nel presente lavoro si intende riflettere sulle potenzialità che l’impresa sociale può svolgere nell’avviare questo processo di trasformazione a partire dalle specificità e dagli obiettivi di interesse generale che questa forma organizzativa persegue.

L’impresa sociale, grazie alla sua capacità di coniugare al tempo stesso la dimensione “economico-imprenditoriale” e quella “sociale”, svolge azioni che la differenziano dall’impresa tradizionale, perché utilizza i fattori produttivi (capitale, mezzi di produzione e lavoratori) per produrre beni e/o servizi orientati al perseguimento dell’interesse generale della collettività, ma attraverso un’attività di impresa secondo criteri imprenditoriali, in autonomia rispetto ad altri soggetti pubblici e privati (Borzaga et al., 2017). Attraverso le sue attività, l’impresa sociale contribuisce ad accrescere il senso di appartenenza dei soggetti coinvolti al proprio ambiente di vita quotidiano favorendo un processo di rigenerazione “sociale” perché fondato sulla cooperazione e sulla partecipazione dei diretti interessati alla realizzazione di azioni che hanno ricadute positive in termini materiali e relazionali sia diretti che indiretti (Sacchetti, Borzaga, 2018).

Ripensare il ruolo delle edicole attraverso l’impresa sociale consente, dunque, di supportare questi punti vendita nello svolgimento di attività aggiuntive nell’interesse del quartiere nel quale operano. L’impresa sociale, grazie al particolare modello di governance multi-stakeholder che la contraddistingue, rappresenta la soluzione migliore per la trasformazione delle edicole in veri e propri luoghi di interazione sociale. Attraverso il coinvolgimento diretto di differenti categorie di soggetti con capacità, interessi e obiettivi eterogenei nella gestione e nelle attività dell’impresa, una governance multi-stakeholder

  1. consente un’identificazione più accurata dei bisogni presenti all’interno di una data comunità rispetto a modelli organizzativi mono-stakeholder (basati cioè sul coinvolgimento di un’unica categoria di soggetti con interessi omogenei);
  2. riduce le asimmetrie informative all’interno degli organi decisionali;
  3. favorisce la circolazione delle informazioni in modo più chiaro e comprensibile, stimolando un diverso uso delle risorse (materiali e non) presenti sul territorio e generando maggiore fiducia tra i soggetti coinvolti (Fazzi, 2007; Sacchetti, 2008, 2018; Tortia, 2008).

Infine, la capacità di offrire ai soggetti interessati la possibilità di partecipare alle decisioni che riguardano gli obiettivi che l’impresa sociale si impegna a perseguire, e la rispondenza tra questi e le modalità attraverso cui vengono realizzati, consente di perseguire l’interesse generale in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale (Fici, 2018).

La possibilità di gestire in ottica rinnovata le edicole attraverso l’impresa sociale si collega ad un altro tema di particolare rilevanza: la gestione in senso imprenditoriale dei beni comuni. Le edicole, come si è visto, sono considerate un bene comune perché la loro presenza sul territorio è riconosciuta dalle istituzioni locali e dai cittadini come funzionale al raggiungimento del benessere collettivo. Promuovere la loro gestione attraverso un’impresa sociale, non solo vuol dire favorire il coinvolgimento diretto dei cittadini, ma anche contribuire positivamente allo sviluppo di una relazione molto stretta tra il bene (l’edicola) e coloro che si assumono la responsabilità di gestirlo (gli abitanti) con ricadute in termini di costruzione di nuove reti di relazioni che un simile intervento può produrre all’interno di un territorio (Arena, 1997). L’impresa sociale diventa così lo strumento più funzionale per mettere al centro dei processi di sviluppo socio-economico i beni comuni in maniera rinnovata, affiancando alla “cura” (affidata alla buona volontà e all’impegno volontario di singoli o gruppi di abitanti) una “gestione” imprenditoriale capace di creare attorno ad essi delle attività economiche, generate direttamente dalla gestione del bene o indirettamente (nuove attività economiche che si sviluppano attorno a quel bene). Un’edicola gestita da un’impresa sociale, inoltre, potrebbe garantire nuovi servizi agli abitanti e, in alcuni casi, rappresentando le loro istanze, diventare un potenziale interlocutore tra questi e gli enti locali in ottica di co-progettazione per la realizzazione di interventi sociali innovativi finalizzati a soddisfare i bisogni della comunità (Burini, Sforzi, 2020).

Oggi, in Italia, vi sono già esperienze di imprese sociali che hanno rilevato alcune edicole, valorizzando proprio la funzione sociale che esse possono continuare a svolgere rinnovandosi. Nel 2015, a Milano, la cooperativa sociale Comunità Nuova ha riaperto una storica edicola nel centro della città attraverso il progetto Social Press Point, diventando la prima edicola sociale d’Italia che fa inserimento lavorativo. L’edicola rappresenta un punto informazioni sulle attività della cooperativa, sulle attività dei servizi pubblici e delle associazioni limitrofe, come una sorta di “sportello di quartiere” di segretariato sociale non istituzionale. Nel dicembre 2019, in provincia di Mantova, la cooperativa sociale Virgiliana ha rilevato e riaperto un’edicola, chiusa ad aprile dello stesso anno, situata in piccolo borgo con molti esercizi commerciali in crisi; oggi, grazie alla cooperativa sociale, l’edicola continua a garantire un servizio per gli abitanti (vendita di quotidiani e riviste) e, soprattutto, offre una nuova opportunità lavorativa a chi l’aveva persa e si trova in condizione di svantaggio (Il Fatto Quotidiano, 2019). Infine, sempre nel 2019, a Perugia l’associazione culturale Emergenze, come anticipato, ha deciso di diventare impresa sociale per acquisire e rivitalizzare un’edicola in un quartiere del centro storico della città attraverso una nuova e peculiare offerta editoriale focalizzata sulla cultura come elemento per ripristinare un luogo di riferimento per gli abitanti del quartiere. Su quest’ultima esperienza si concentra lo studio di caso presentato di seguito.


Studio di caso: Edicola 518 a Perugia

La scelta di approfondire la storia di rinascita di questa edicola perugina risiede nella presenza all’interno di questo progetto di tutti gli elementi discussi nel paragrafo precedente in merito alla crisi del mercato editoriale, alla chiusura delle edicole e, soprattutto, alla necessità di ripensare l’offerta proposta da questi luoghi a partire dalla funzione sociale che gli è storicamente riconosciuta all’interno dei quartieri e dei piccoli centri abitati.

Il presente studio di caso è stato realizzato a giugno 2019 attraverso una ricerca empirica di tipo qualitativo orientata a descrivere, comprendere e analizzare le specificità di questa esperienza. Attraverso l’analisi dei documenti e delle informazioni a disposizione (sito internet, social network, articoli di giornale) e alcune interviste rivolte ai soggetti promotori dell’impresa sociale, l’obiettivo si è concentrato sull’esaminare il progetto, i soggetti coinvolti, il processo che ha portato alla sua realizzazione, le attività avviate e le sue potenzialità in funzione del contesto socioeconomico nel quale opera. Edicola 518 è un progetto giovane e per questo motivo molte delle attività che intende realizzare non sono ancora state del tutto implementate; nonostante questo, però, la risposta degli abitanti risulta positiva proprio grazie alla capacità del gruppo promotore di rendersi riconoscibile quale luogo di riferimento per la vita del quartiere.

Nel dicembre 2014, un gruppo di giovani con in comune la passione per l’arte e la cultura editoriale, decise di fondare al tempo stesso un’associazione culturale e una rivista, entrambe con lo stesso nome: Emergenze. L’obiettivo del gruppo era chiaro fin dall’inizio: divulgare e diffondere la loro visione in tema di arte e di cultura attraverso una linea editoriale indipendente su carta stampata, presentando la rivista come «il primo giornale al mondo senza linea editoriale». In poco tempo il numero degli abbonati alla rivista e dei soci dell’associazione arriva complessivamente a circa 500 unità.

 

Immagine 1 – Borgo Bello 
Borgobello
Fonte: borgobello.wordpress.com

 

Nel corso del 2016 il gruppo promotore dell’associazione decide di sospendere momentaneamente la pubblicazione della rivista per concentrare le energie nella costituzione di una cooperativa di produzione e lavoro e poter così rilevare una storica edicola ormai dismessa a Borgo Bello, uno dei borghi più caratteristici del centro storico di Perugia (dove era nata l’associazione1). Il quartiere si estende dalla scalinata di Sant’Ercolano (uno dei tre patroni del capoluogo umbro a cui è dedicata la chiesa adiacente) per circa due chilometri, fino a Porta San Costanzo, ospitando gran parte del patrimonio artistico ed architettonico della città. In questa zona, da circa un decennio, si è andato sviluppando un rinnovato spirito imprenditoriale che vede coinvolti soprattutto giovani che hanno deciso di riprendere in mano la gestione di esercizi commerciali storici (botteghe di artigiani, librerie, cinema, ristoranti e bar). Si è così creato un nuovo dinamismo all’interno del borgo orientato a mantenerne e valorizzarne le specificità locali, al contrario di quanto sta accadendo in Corso Vannucci, la parte più frequentata del centro, ormai quasi totalmente interessata da negozi di grandi catene commerciali. In questo processo di valorizzazione della zona, è nata anche un’altra associazione, l’associazione culturale Borgo Bello, che riunisce gli abitanti, i commercianti, gli artigiani e coloro che frequentano il quartiere per sostenerne la valorizzazione.

La scelta dello spazio fisico, dunque, non è casuale. Tuttavia, nonostante questa edicola non sia l’unica del centro storico ad essere stata chiusa a seguito della crisi del settore, essa non è al tempo stesso neanche quella la cui chiusura ha scosso maggiormente l’opinione pubblica della città, proprio a causa della sua collocazione lungo la scalinata di Sant’Ercolano che, pur in pieno centro storico, è prevalentemente di passaggio e scarsamente visitata rispetto al Corso principale dove si svolgono anche le grandi manifestazioni che rendono Perugia famosa in Italia e nel mondo (Umbria Jazz, Festival Internazionale del Giornalismo, Eurochocolate).

Il problema principale, analogamente agli altri borghi di Perugia, è che tutti gli eventi di cartellone della città si svolgono nella parte principale del centro, Corso Vannucci; mentre la città fa poco per valorizzare i borghi sebbene anche questi siano da considerarsi centro storico. A Borgo Bello è stata organizzata la prima notte bianca dell’Umbria, che al tempo era un evento molto poco diffuso anche nel resto d’Italia. Questo per dire che il desiderio di far vivere il borgo è sempre stato molto forte. [Intervista al presidente di Edicola 518]

Per i promotori del progetto, le potenziali criticità di questo spazio rappresentano i punti di forza dai quali partire per avviare un’attività in un luogo strategico che possa «intercettare le persone nelle loro tratte quotidiane». Sulla scia degli obiettivi della rivista, i soci della cooperativa decidono di trasformare non solo il modello di gestione dell’edicola, ma anche la sua offerta. Edicola 518 non vende, infatti, quotidiani e riviste convenzionali, ma propone un’offerta peculiare di magazine internazionali e nazionali che appartengono al mondo dell’editoria indipendente su temi che vanno dalla cultura all’architettura, dall’enologia alla fotografia e molto altro, attraverso l’organizzazione di eventi culturali e di animazione di quartiere in collaborazione con gli altri commercianti della zona e di molti residenti.

Una delle prime iniziative attraverso le quali il gruppo promotore ha comunicato al quartiere e alla città l’intenzione di riportare l’edicola a nuova vita, senza perdere di vista il valore relazionale di questo luogo, è stato il progetto “Riprendiamo il filo” (2016), realizzato in collaborazione con l’amministrazione comunale e con un’artista esperta in arti visive, documentato nel film “Gros Grain” a cura dell’allora associazione e presentato in un evento aperto alla comunità. Riprendiamo il filo è un’iniziativa dall’elevato valore simbolico che consiste nella stesura di un filo rosso lungo tutte le abitazioni di Borgo Bello. Il film-documentario, sulla scia dell’avviato processo di rinnovamento di Borgo Bello, mostra, infatti, i giovani di Emergenze intenti nell’istallazione del nastro rosso come simbolo di risanamento delle ferite e delle fratture del quartiere che si palesano alla cittadinanza e creano un’occasione per riattivare un senso di comunità. Un’iniziativa che è servita, inoltre, anche come mezzo per presentare la zona ai turisti e per far conoscere il progetto dell’Edicola anche al di fuori del contesto regionale.

Immagine 2 – Edicola 518
Edicola 518. Foto di Leonardo Pellegrino. Fonte: artribune.comFonte: artribune.com, foto di Leonardo Pellegrino

Oltre a quello di preservare un’attività, promuovere la cultura e sue nuove modalità di fruizione, l’obiettivo del progetto è avviare un processo ampio di rivitalizzazione del quartiere a partire dalla figura dell’edicolante e dal recupero del suo ruolo come punto di riferimento nella vita del borgo. Ad oggi, le principali attività avviate sono la vendita di riviste indipendenti in due spazi fisici del quartiere – uno è l’Edicola e l’altro è il Paradiso 518 – e l’organizzazione periodica, nella piazza antistate, di eventi aperti a tutta la popolazione, finalizzati a creare luoghi e opportunità di interazione all’interno del quartiere. Accanto a queste attività, Edicola 518 collabora con numerosi imprenditori locali (commercianti, agricoltori, enologi) per pubblicizzare i prodotti tipici all’interno degli spazi dell’impresa sociale e diffondere, attraverso il sito internet e i canali social, la cultura enogastronomica regionale con particolare riguardo a quella del quartiere Borgo Bello. Grazie a quello che l’Edicola è stata in grado di realizzare fino ad ora, essa è diventata un luogo di riferimento nel quartiere, tanto per chi vi abita e lavora (es. ritiro di un pacco postale, scambio di opinioni con chi si ferma a bere un caffè nel bar di fronte) che per chi attraversa il quartiere per visitare la città (es. richiesta di informazioni per turisti). Grazie alla riapertura dell’edicola, dunque, Sant’Ercolano, da luogo di semplice attraversamento, è tornato ad essere uno dei centri nevralgici della vita di Borgo Bello con i suoi eventi e la sua piazza pedonalizzata, di nuovo vissuta con regolarità.

Gli edicolanti sono sempre stati un punto di riferimento per le persone di un centro abitato, sono un po’ un portinaio di quartiere, e per questo siamo tornati a dialogare anche con chi non compra le nostre riviste e non è neanche interessato a quello che facciamo, ciò che conta è la funzione sociale dell’edicola che è stata riscoperta. [Intervista al presidente di Edicola 518]

Per perseguire la propria mission organizzativa in modo più efficace ed efficiente, nel giugno 2019, la cooperativa Edicola 518 decide di adottare la qualifica di impresa sociale. Gli obiettivi – il perseguimento dell’interesse generale di una comunità attraverso la gestione di un bene comune – e le modalità scelte per avviare questo processo di rigenerazione urbana e sociale – la partecipazione e l’inclusione degli abitanti nei processi decisionali – hanno portato a identificare, infatti, nell’impresa sociale la strada migliore per conciliare l’attività economica con la funzione sociale. Sebbene al momento la base sociale sia ristretta e composta da due soci lavoratori e due volontari, il modello di governance adottato grazie alla qualifica di impresa sociale mira a coinvolgere il maggior numero possibile di interessati alle attività dell’impresa, sia quelle più specifiche che riguardano l’editoria sia quelle più ampie di interesse generale rivolte a tutto il quartiere. Per permettere a tutti i soggetti interessanti di potersi esprimere e per soddisfare interessi e bisogni comuni, l’Edicola adotta come principali strumenti di partecipazione e coinvolgimento attivo una serie attività ed eventi aperti al pubblico, partendo dalle esigenze di chi vive e frequenta assiduamente il quartiere e costruendo una serie di relazioni stabili e collaborative sia con l’amministrazione comunale sia con le associazioni e le imprese locali. Questa azione «delicata e non invasiva», come la definisce l’intervistato, ha favorito il riconoscimento dell’importanza di questa impresa sociale nel quartiere.

Il fatto che ci sia una sorta di presidio culturale e sociale nel quartiere è positivo e porta benefici anche alle attività commerciali che sono qui intorno. Credo che nelle battaglie civiche che combattiamo (es. pedonalizzare la zona) il quartiere si riconosca molto. Il fatto che i turisti, o anche i perugini con parenti al seguito, vengano a vedere l’Edicola e non vadano a fare solo il classico giro in Corso Vannucci è una cosa importante. [Intervista al presidente di Edicola 518]

Come anticipato, oltre all’edicola, l’impresa sociale ha aperto e gestisce Paradiso 518, una libreria indipendente di sua proprietà che presenta la stessa offerta editoriale dell’edicola e che consente di organizzare eventi culturali durante tutto l’anno, specialmente nei mesi invernali che non permettono l’uso della piazza, andando così ad arricchire ulteriormente l’offerta commerciale peculiare che Borgo Bello mette a disposizione dei suoi abitanti e dei visitatori. Questo spazio è gestito con l’obiettivo di rappresentare un ulteriore punto di riferimento per il quartiere e non fa che accrescere l’interesse degli abitanti per le attività dell’impresa sociale.

Discussione dello studio di caso

Edicola 518 rappresenta un esempio delle possibilità di rinnovamento che le edicole hanno per rispondere ad una crisi del settore che sembra essere irreversibile, ma anche per valorizzare la loro funzione sociale. Un processo di sviluppo che, prestando attenzione, oltre all’offerta editoriale in senso stretto, alle differenti tipologie di interventi da implementare a seconda delle specificità territoriali e delle esigenze di tutti gli abitanti di un quartiere piuttosto che della sola clientela che acquista riviste e periodici, può contribuire ad offrire nuovi servizi di vicinato rivolti a migliorare la qualità di vita degli abitanti.

Nello studio di caso presentato, infatti, la dimensione sociale volta al raggiungimento dell’interesse generale risulta chiara a partire dalla decisione dell’associazione di rilevare un immobile situato in un quartiere del centro storico poco frequentato e in una posizione apparentemente poco strategica. I punti di debolezza di questa edicola e della sua collocazione fisica, che hanno determinato la cessazione delle attività, sono stati valorizzati e trasformati in punti di forza e occasioni di riscatto e rinnovamento sociale di un luogo simbolo di un quartiere ricco di storia della città di Perugia.

Sebbene il tema della rigenerazione urbana risulti oggi oltremodo utilizzato, con il rischio di non saperne distinguerne in maniera chiara i confini teorici e pratici, l’esperienza di Edicola 518 si presenta come un progetto che rinnova fisicamente un luogo facendo leva sulla dimensione socio-relazionale del percorso di rigenerazione e lo inquadra come «un processo sociale che porta, se gestito in maniera intelligente, ad avvicinare popolazioni diverse che abitano uno stesso quartiere, generando potenti processi di coesione sociale» (Ostanel, 2017 – p. 8).

In generale, i processi di rigenerazione urbana orientati alla riqualificazione di beni immobili spesso in stato di sottoutilizzo o abbandono che puntano ad introdurre soluzioni innovative orientate a favorire nuove relazioni tra istituzioni e società civile per rispondere a problemi sociali che emergono in particolari quartieri, creando valore per chi vi abita (Mulgan, 2016), trova negli Enti del Terzo settore, e in particolare nell’impresa sociale, uno strumento funzionale per accompagnare questo processo (Moulaert, Nussbaumer, 2005; Cottino, Zandonai, 2012; Sacchetti, 2016; Sacchetti, Borzaga, 2018).

Da questo punto di vista, l’esperienza di Edicola 518 ne è un chiaro esempio. Essa si pone come interlocutore nella rigenerazione di un quartiere utilizzando la cultura come mezzo per veicolare questo processo con l’obiettivo di ri-creare quel sistema di reti di relazioni all’interno del quartiere volti a favorire l’inclusione sociale e la partecipazione dei suoi abitanti. Edicola 518 ha come obiettivo profondo proprio la costruzione di momenti volti a favorire sia l’incontro tra persone che vivono in un medesimo contesto, e che sono portatrici di esigenze e di bisogni differenti, sia tra queste e le organizzazioni locali, attivando meccanismi di apprendimento reciproco e avviando un processo di innovazione sociale capace di generare un miglioramento delle relazioni tra gli individui attraverso la ricerca di soluzioni a problemi che ne compromettono il benessere (Moulaert et al., 2013; Vicari, Moulaert, 2009; Ostanel, 2017).

L’impresa sociale, inoltre, può svolgere un’altra funzione: quella di interlocutore nella relazione tra chi vive e svolge le proprie attività all’interno di un quartiere e le istituzioni locali in attuazione dei principi che dovrebbero contraddistinguere la democrazia partecipativa (Allegretti, 2006; Bobbio, 2006). Nel caso analizzato, Edicola 518 si è fatta portavoce dell’esigenza collettiva di riportare in uso la piazza del quartiere e pedonalizzare lo spazio antistante dialogando con l’amministrazione comunale di Perugia dopo aver raccolto in merito le opinioni degli abitanti durante le varie assemblee pubbliche aperte a tutti.

La riapertura delle edicole attraverso imprese sociali può, come dimostrano ad esempio le due esperienze di Mantova e di Milano menzionate nella prima parte di questo lavoro, porre al centro del progetto anche altri obiettivi di interesse socio-economico, come l’inserimento lavorativo di soggetti in condizione di svantaggio e, al tempo stesso, quello di un lavoro ad ampio raggio di inclusione sociale all’interno del quartiere attraverso l’attivazione di uno sportello di segretariato sociale aperto alle necessità non solo degli utenti della cooperativa che lo gestisce, ma di tutti. Indipendentemente dal fatto che al centro dell’intervento di riqualificazione vi sia la cultura, l’inserimento lavorativo o un altro servizio, non cambia l’obiettivo che tutti questi progetti perseguono, ovvero quello di riportate le edicole al centro delle dinamiche economiche e relazionali di quartiere e renderle dei luoghi di snodo strategici per le relazioni umane e per quelle di mercato.

Infine, nel comprendere e analizzare le specificità dell’esperienza studiata, emerge un altro tema che rafforza al contempo la necessità della presenza delle edicole nei quartieri e di una loro riorganizzazione: la capacità per questi luoghi di svolgere la funzione di “portiere di quartiere”, sia nel senso di luogo di riferimento aperto tutto il giorno, sia sull’esempio dei chioschi di “Lulu dans ma rue”[2] a Parigi che, in numerosi quartieri della città, sfruttando piccoli spazi simili a un’edicola, offrono una serie di servizi alla popolazione (montaggio di mobili, piccole riparazioni e pulizie domestiche, supporto per traslochi, consegna della spesa a domicilio e simili) affidandosi a persone che vivono nei quartieri all’interno dei quali i chioschi sono collocati e che versano in condizioni di indigenza economica, o a chi offre il proprio tempo per supportare un abitante della stessa zona.

Appare evidente, dunque, come sia possibile rilanciare le edicole proponendo vari modelli di ripresa realizzabili purché ognuno di essi basi l’attività sulle specificità territoriali e si interfacci con la propria comunità di riferimento. In questo modo, le edicole, così come le librerie, potrebbero essere considerate, dopo la casa e il luogo di lavoro, un «third place», un luogo cioè dove è possibile socializzare, incontrarsi e comunicare e che spesso viene riconosciuto come componente rilevante per il mantenimento del benessere psico-fisico e sociale degli individui (Oldenburg, Brissett, 1982; Laing, Royle, 2013).

Conclusioni

In questo lavoro, attraverso lo studio di caso di Edicola 518, si è cercato di ragionare su quali possibili soluzioni possano essere adottate per salvaguardare le edicole dalla loro chiusura e contrastarne il declino a cui il mercato rischia di condurle. Se le librerie sembrano rispondere, non senza difficoltà, alla crisi del mercato editoriale attraverso una diversificazione dell’offerta dei loro servizi, le edicole sembrano restare indietro in questo processo nonostante le associazioni di categoria rivendichino il loro ruolo strategico e necessario all’interno dei quartieri delle città o dei piccoli centri abitati. Aggiungere alla lista dei prodotti editoriali altre tipologie di beni come giocattoli per bambini e biglietti per gli autobus non è più sufficiente per salvare questi luoghi dalla chiusura. Sono richiesti interventi di altra natura capaci realmente ri-mettere la funzione sociale delle edicole al centro del processo di rinnovamento.

Il caso di Edicola 518 è sicuramente un esempio particolare di riorganizzazione di un’edicola, ma utile per mettere in evidenza alcune delle potenzialità che esse possono svolgere in varie direzioni. La ristrutturazione di un’edicola può essere finalizzata a preservare un servizio informativo e culturale sul territorio (rafforzamento della sua funzione attuale); può contribuire alla rigenerazione di spazi urbani o di edifici abbandonati o sottoutilizzati che possono assumere una nuova funzione d’uso (rigenerazione fisica); può rafforzare il sistema di relazioni presenti all’interno di un quartiere, e generarne di nuove, e incidere con la propria azione sulla vita personale e collettiva degli abitanti influenzando la loro capacità di prendersi cura del proprio luogo di vita (rigenerazione sociale).

Oltre al tipo di azione realizzata e di offerta proposta dalla singola edicola, il presente lavoro mette in evidenza come, affinché un’edicola possa sopravvivere, ciò che è fondamentale è la sua capacità di rendersi nuovamente visibile alla propria comunità, di diventare un punto di riferimento al quale potersi rivolgere per creare occasioni quotidiane di socialità, per beneficiare di servizi di varia natura (es. punto ritiro posta e pacchi) e per raccogliere idee e punti di vista da portare all’attenzione del comune per esigenze che riguardano il benessere collettivo del quartiere (es. riqualificazione della piazza e relativa pedonalizzazione).

Inoltre, nello studio di caso perugino, ma anche negli esempi di Milano e Mantova sopra accennati, il processo di rinnovamento è reso maggiormente efficace dal modello imprenditoriale adottato. L’impresa sociale, infatti, con il suo modello di governance multi-stakeholder, consente di erogare beni e servizi finalizzati al perseguimento dell’interesse generale garantendo la possibilità di partecipare al processo decisionale dell’impresa a chiunque sia interessato ad esprimere il proprio contributo in merito alle modalità di gestione di un bene comune che diventa il fulcro della socialità di un quartiere, quale in questo caso è l’edicola.

Tutti questi elementi risultano ancora più rilevanti alla luce dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19 e delle ripercussioni in termini sociali ed economici che porterà con sé nel medio-lungo periodo. I decreti ministeriali emanati nei mesi del lockdown che hanno imposto la chiusura di molti esercizi commerciali non hanno coinvolto le edicole, che hanno potuto continuare a svolgere la propria attività, nel rispetto delle regole e con le precauzioni previste dalle normative. E questo, poiché svolgono un servizio essenziale per il Paese dato che l’informazione è riconosciuta come un diritto che deve essere tutelato in qualsiasi situazione. Come conseguenza, i dati più recenti mostrano un aumento delle attività delle edicole di circa il 30% dalla metà di marzo 2020, specie per ciò che riguarda la vendita di quotidiani, di riviste per il tempo libero e di cruciverba. Molte edicole hanno anche attivato il servizio di consegna a domicilio dei giornali, un modo per continuare a rimanere a contatto con i propri clienti, ma soprattutto per comunicare la loro presenza e funzione come luogo di riferimento della socialità di quartiere anche adesso che le relazioni tra persone sono limitate (Ansa, 2020).

Una situazione quella attuale che fa riflettere sul futuro delle edicole e, più in generale, delle attività economiche che le nostre città sono in grado di offrire e sul modo di gestirle, ma anche sul modo di vivere la città e i suoi quartieri, che porta le persone a riscoprire la dimensione di vicinato e i servizi che si possono trovare al loro interno (sociali, educativi, alimentari, culturali, ecc.).

Un’edicola che chiude non rappresenta solo la cessazione di un servizio (vendita di giornali) di cui con le nuove tecnologie (acquisto di giornali online) molti pensano teoricamente di poter fare a meno. Un’edicola che scompare all’interno di un quartiere vuol dire perdere un luogo di interazione sociale e di relazioni di vicinato. Per evitare questa perdita, è necessario però che le stesse edicole si dimostrino capaci di intercettare i processi di trasformazione in atto e di avviare un processo di riconversione, come ad esempio quello perseguito dall’Edicola 518, nel quale integrare nuove attività e servizi di prossimità funzionali a risolvere i problemi della vita quotidiana dei propri abitanti. Solo così esse potranno tornare, in veste rinnovata, ad essere un punto di riferimento formale e informale per gli abitanti, un luogo di fiducia, di interazione e di intermediazione tra le varie professionalità presenti nel quartiere, un luogo simbolo dell’informazione, della cultura e della socialità capace di produrre nuovo valore sociale ed economico e contribuire positivamente alla rivitalizzazione del tessuto locale.

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Note

Oggi, le principali attività di Edicola 518 vengono realizzate dalla cooperativa (tra queste rientra l’attività editoriale), mentre l’associazione si occupa solo della promozione delle attività culturali che ruotano attorno all’edicola.

Lulu dans ma rue: www.luludansmarue.org. Sul modello nato a Parigi, vi sono esperienze di portiere di quartiere anche in Italia, le più note sono quelle di Milano, di Genova, Bologna e Firenze, ma ad oggi non vi sono edicole che svolgono ufficialmente questa funzione.