I recenti avvenimenti di rilevanza globale – pandemia di Covid-19, emergenza climatica, guerra russo-ucraina, crisi energetica, incremento dell’inflazione – hanno costretto tante aziende italiane a reagire, adattarsi, talvolta reinventarsi. Molte non sono riuscite a farlo e sono fallite (17.000 le attività cessate solo in Lombardia nel 3° trimestre 2022, +144% rispetto al 2021). In questo clima d’incertezza, le imprese si chiedono: come affrontare il momento di crisi attuale? Come anticipare i cambiamenti futuri?

Sulla scia di questi interrogativi, si sta facendo sempre più strada il tema della sostenibilità. Nel 1987 il Rapporto Brundtland definiva lo sviluppo sostenibile come quello sviluppo “che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

Da allora sono stati compiuti grandi passi avanti verso una presa di consapevolezza e un maggiore senso di responsabilità rispetto al futuro del pianeta e dei suoi abitanti, tanto che, ad oggi, tutti i 193 stati che fanno parte dell’ONU si sono impegnati nel raggiungimento dei 17 obiettivi – e 169 sotto-obiettivi – di sviluppo sostenibile (“SDGs”) contenuti nell’Agenda 2030.

In questo processo di cambiamento, le imprese sono coinvolte sia nel limitare gli impatti critici delle attività economiche, sia nel rendersi promotrici di un approccio sostenibile nel fare impresa.

Si pensi all’introduzione delle “comunicazioni di carattere non finanziario” (direttiva 2014/95 UE, recepita dall’Italia con il d.lgs. 254/2016), per cui le grandi aziende sono tenute a rendicontare il proprio impatto su ambiente, sistema economico e società, integrando i “fattori ESG” (Ambiente, Società, Governance) nel proprio modello di business, e rendendo pubbliche e facilmente accessibili tali scelte.

È solo di pochi giorni fa la notizia che il Consiglio Europeo, seguendo il Parlamento Europeo, ha adottato in via definitiva la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive): una nuova direttiva in vigore dal 2024 che porterà diverse novità, come l’introduzione di standard comunitari di rendicontazione e l’ampliamento degli enti soggetti all’obbligo. Tra cui le PMI quotate.

La nuova direttiva offrirà strumenti utili per tutte le imprese, anche non soggette ad obbligo, che vorranno rendicontare volontariamente le proprie performance di sostenibilità. Ma in che modo questo investimento può rappresentare un’occasione per le PMI, che rappresentano il “cuore” del tessuto imprenditoriale italiano?

La relazione tra sviluppo sostenibile e sviluppo dell’impresa

Nella vita “ordinaria” dell’impresa, che si tratti di una piccola manifattura o di una catena di negozi, ogni scelta ha una potenziale impatto su ambiente e società: dal consumo di energia o di altre risorse (acqua, materie prime) allo smaltimento di rifiuti, dalle tutele per i lavoratori e per i consumatori, fino alla digitalizzazione e al sostegno di attività benefiche.

Prendiamo come esempio l’ipotetica azienda tessile “Rossi”, di medie dimensioni, che ha da poco acquisito come cliente un grande brand di moda soggetto all’obbligo di rendicontazione e perciò molto attento alle performance di sostenibilità dei propri fornitori. Se l’azienda “Rossi” scegliesse di redigere un Bilancio di Sostenibilità, si attrezzerebbe per monitorare, e dunque comunicare con precisione, la sostenibilità dei propri processi produttivi, generando un impatto sul rapporto con il grande brand cliente, che sarebbe così più propenso a continuare e consolidare la collaborazione.

Ma non solo: la redazione del Bilancio consentirebbe alla Rossi, oltre che di comunicare la sostenibilità, anche di “essere sostenibile”, ovvero di attrezzarsi per agire responsabilmente nella gestione delle risorse utilizzate, nel relazionarsi con la comunità in cui opera, nel migliorare la qualità di vita dei lavoratori.

La “Rossi”, monitorando le risorse impiegate nei processi produttivi – ad esempio nel finissaggio dei tessuti – potrebbe rivalutare alcuni dettagli che possano fare la differenza – ad esempio la temperatura minima oltre il quale un aumento del calore dell’acqua non genera miglior risultato, formando i dipendenti a ottimizzare l’efficienza delle procedure –  generando così un impatto sull’energia consumata, sulle modalità di riutilizzo dell’acqua, sullo smaltimento delle sostanze coloranti utilizzate, ecc..

E ancora: rilevando le esigenze dei lavoratori – ad esempio le difficoltà di conciliare orari lavorativi e necessità familiari, l’impatto fisico di alcune mansioni lavorative – potrebbe rivalutare le proprie iniziative di welfare aziendale, introducendo nuovi servizi o implementando quelli esistenti e generando un impatto sui livelli di salute dei lavoratori, sull’equilibrio tra vita lavorativa e vita personale, sulla facilità con cui recluta nuovo personale.

Valutare e comunicare la propria performance di sostenibilità rappresenta perciò un investimento per la crescita dell’azienda, come rilevato da un numero sempre maggiore d’imprese. Da un una ricerca condotta da Capterra, che ha coinvolto 461 manager, direttori o titolari di PMI, non a caso è emerso che 1 azienda su 6 destina più del 10% dei propri investimenti in sostenibilità.

Possiamo quindi affermare che “sostenibilità” vuol dire prendersi cura non solamente dell’ambiente o delle persone, ma anche dell’impresa stessa, investendo nel futuro dell’iniziativa imprenditoriale e della comunità in cui opera. E la rendicontazione può diventare uno strumento per valutare, ovvero per “dare valore”, alla propria idea d’impresa e di sviluppo, impegnandosi in un percorso di miglioramento continuo verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Ma che impegno è  concretamente richiesto?

Il Bilancio di Sostenibilità: un percorso di conoscenza e di trasformazione

Un passo importante consiste nell’impegnarsi in un percorso di rendicontazione che porti alla realizzazione di un Bilancio di Sostenibilità, attraverso l’utilizzo di standard internazionali (quali i GRI, Global Report Initiative) che offrano riferimenti e indicatori precisi per fotografare le performance dell’impresa. Anche se non soggette all’obbligo di pubblicazione, le imprese che intraprendono questa via migliorano la conoscenza dei punti di forza e delle criticità rispetto al contributo apportato allo sviluppo sostenibile, come presa di consapevolezza e di responsabilità rispetto alla direzione da intraprendere.

La rendicontazione è un percorso di conoscenza in cui è fondamentale la condivisione del processo con i ruoli decisionali e gestionali (proprietà, board, management) e il coinvolgimento di lavoratori e stakeholder.

Il primo passo è la misurazione e rilevazione di dati, mentre diventa fondamentale individuare quali sono i temi “materiali”, ossia quegli aspetti di sostenibilità che l’impresa considera essenziali, al fine di “incrociarli” con ciò che gli stakeholder considerano rilevante e di tradurli in obiettivi, strategie e azioni concrete. L’esito di tale processo è la definizione di un Piano di sostenibilità, che intervenga sulle criticità individuate e valorizzi i punti di forza dell’impresa rispetto ai criteri ESG, offrendo anche un monitoraggio di quanto realizzato. Infine, ma non per ultimo, si procede con la comunicazione, attraverso la pubblicazione del Bilancio e la promozione dei suoi contenuti principali, la cui diffusione può giovare a valorizzare la reputazione dell’azienda e a sensibilizzare la comunità

Questo iter, se vissuto come un’occasione di miglioramento, rappresenta un investimento in grado di rafforzare competenze e incisività nelle scelte future. Quali sono allora i principali benefici per l’impresa?

Investire nello sviluppo sostenibile: quali vantaggi per le PMI?

Il primo evidente vantaggio è il miglioramento della reputazione: investendo in sostenibilità, un’azienda migliora infatti l’immagine e la legittimazione attribuita dai clienti e della comunità locale (l’88% dei consumatori italiani sceglie aziende socialmente responsabili – fonte WIN International). La reputazione non è tuttavia un motivo sufficiente per intraprendere questo percorso, e rischia di far percepire l’investimento come operazione di “green washing”, di pura facciata.

Quali sono allora i motivi per cui un’azienda dovrebbe investire nel rendicontare la sostenibilità? Eccone alcuni:

  • Ridurre i rischi e favorire l’inovazione: rendicontare la sostenibilità consiste in un percorso di lettura e valutazione dei processi organizzativi, della qualità delle relazioni costruite con gli stakeholder, oltre che del patrimonio materiale e immateriale a disposizione dell’impresa. Come sottolinea Confindustria, realizzare un report di sostenibilità consente di individuare e valutare i rischi e l’opportunità che l’azienda ha davanti a se nel futuro, osservandoli con occhi “diversi”, verso una crescita a medio-lungo termine;
  • Attrarre giovani talenti: secondo un’indagine Randstad, la “Gen Z” (giovani tra i 18 e i 25 anni) è sempre più attenta, nella ricerca di lavoro, ad aspetti quali il rispetto della diversità e dell’inclusione e la generazione di un impatto positivo sulla società. Investire in sostenibilità significa quindi rendersi attrattivi per i più giovani;
  • Semplificare l’accesso al credito: in continuità con il Piano d’azione della Commissione Europea per la finanza sostenibile del 2018, banche e investitori si stanno orientando verso la valutazione delle performance ESG, oltre che di quelle economiche. Mentre le risorse pubbliche, quali i fondi del PNRR, vengono attribuite anche in base al contributo agli obiettivi di sviluppo sostenibile e al Green Deal Europeo. Offrire elementi precisi e fondati circa il proprio impatto diventa strategico per accedere a finanziamenti e rendersi appetibili agli occhi degli investitori;
  • Incrementare la coesione e la corresponsabilizzazione della comunità aziendale: la performance dell’impresa non dipende solo da strategie e obiettivi aziendali, ma anche da quanto i cambiamenti proposti vengono accolti e messi in pratica da chi in azienda ci lavora. Investire in sostenibilità è quindi un’occasione per diffondere corresponsabilità “nelle scelte organizzative sostenibili”, anticipando possibili scenari di attuazione di comportamenti sostenibili, costruendo con i lavoratori obiettivi comuni e favorendo il “lavoro di squadra”.

La sostenibilità come creazione di valore per l’impresa e la comunità

In conclusione, l’avvio di un percorso di rendicontazione della sostenibilità, attraverso la realizzazione di un Bilancio di Sostenibilità, rappresenta per le PMI un investimento non solo nel futuro dell’ambiente e della società, ma anche nel futuro dell’impresa e delle  persone che ne permette ogni giorno l’esistenza. Una scelta, dunque, capace di creare valore per l’impresa, ma anche per la comunità in cui essa è inserita.

 

Questo contributo è stato curato dagli esperti di Iraise, che accompagna le imprese a riconoscere e valorizzare il legame tra sviluppo sostenibile e sviluppo dell’impresa, in particolare attraverso la redazione di Bilanci di Sostenibilità e la definizione di strategie di sostenibilità e responsabilità sociale.

 

Foto di copertina: Tara Winstead, Pexels