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Le regole sulla soglia di detassazione dei fringe benefit1 potrebbero cambiare di nuovo. Come vi abbiamo spiegato in un recente articolo, attraverso il cosiddetto Decreto Lavoro (DL 48/2023) il Governo ha previsto un aumento della soglia di defiscalizzazione a 3.000 dei fringe benefit per il 2023, ma solamente per lavoratori e lavoratrici dipendenti con figli a carico. Si tratterebbe di un intervento temporaneo sui fringe che segue quelli fatti nel 2020 e nel 2021 (in cui la “normale” soglia di 258,23 euro è stata raddoppiata) e quelli realizzati nel 2022, in cui le cifra spendibile annualmente è stata prima alzata a 600 euro e, successivamente, a 3.000 euro fino alla fine dell’anno di riferimento.

Nuove regole per i fringe benefit nel 2023?

A seguito delle audizioni alla Camera che hanno coinvolto parti sociali e altre associazioni interessate, il Governo sarebbe in procinto di modificare il testo del Decreto Lavoro precedentemente approvato. Come riportato da alcune testate, la nuova regola dovrebbe prevedere – sempre per il solo 2023 – un innalzamento della soglia per tutti i lavoratori e lavoratrici a 1.000 euro.

Allo stesso tempo, però, non verrebbe meno la scelta di prevedere ulteriori vantaggi per i dipendenti con figli. L’ipotesi sul tavolo riguarda l’introduzione di un “bonus” di 660 euro per ogni figlio a carico, fino a un massimo di tre figli. In tal caso, quindi, le soglie entro cui i fringe benefit sono detassati diventerebbero:

  • 1.000 euro i lavoratori senza figli;
  • 1.660 euro per i lavoratori con un figlio a carico;
  • 2.320 euro per i lavoratori con due figli a carico;
  • 2.980 euro per i lavoratori con tre o più figli a carico.

In questo modo l’Esecutivo punterebbe a estendere la potenziale platea di beneficiari, aumentando però anche i costi di questa operazione che salirebbero da 142 milioni di euro inizialmente previsti a 250 milioni di euro.

Possiamo andare oltre i fringe benefit?

Questo cambiamento rappresenta, da un lato, un segnale rilevante in quanto mette in luce come il Governo stia cercando di integrare le osservazioni e gli spunti emersi durante le audizioni. Dall’altro lato appare però sempre più chiara la necessità di prendere una decisione definitiva sui fringe benefit e non intervenire ogni volta “in corso d’anno”. In questa direzione l’auspicio è che il comma 3 dell’articolo 51 del TUIR (cioè il riferimento normativo per i fringe) sia presto modificato con una cifra congrua a quelli che sono i livelli di inflazione e al costo della vita.

Al contempo, oggi più che mai, sarebbe tuttavia necessario che il dibattito sul welfare aziendale non si limiti allo strumento dei fringe benefit. Infatti, come spiegato qui, i fringe possono rappresentare un’opportunità per molte imprese che vogliono sperimentare il welfare aziendale, vista la semplicità dello strumento adottabile anche dalle piccole realtà che non hanno le possibilità organizzative necessarie per lo sviluppo di piani strutturati. C’è però il rischio che questi buoni siano utilizzati dalle aziende come una “compensazione” della retribuzione, piuttosto che come utile occasione per accedere a servizi di natura sociale. Utilizzare la quota di fringe per voucher spesa e carburante, o comunque altri benefit “accessori”, non è infatti la stessa cosa che utilizzarli per servizi di natura sociale riguardanti la sanità, la famiglia, la cura e l’assistenza.

Per questo, come abbiamo già avuto modo di sottolineareuna quota troppo elevata di fringe benefit potrebbe rappresentare un limite per il futuro sviluppo del welfare aziendale, soprattutto nella sua dimensione sociale. Inoltre, anche differenziare il trattamento tra i dipendenti che hanno figli a carico e coloro che non li hanno potrebbe essere controproducente, soprattutto perché per le imprese non è facile giustificare – con lavoratori/trici e sindacati – trattamenti differenti (per approfondire) e al contempo organizzare piani differenziati in tal senso.

Per queste ragioni, accanto all’aggiornamento delle quote, sarebbe cruciale modificare la normativa del welfare aziendale cercando di valorizzarne le finalità sociali. In merito, come Secondo Welfare, abbiamo più volte avanzato proposte. Tra queste le più rilevanti sono quelle di incentivare la fruizione di servizi sociali, sanitari e assistenziali (anche tramite l’utilizzo dei fringe), introdurre nuove voci alla normativa, come la flessibilità, l’orientamento e l’ascolto dei lavoratori e, infine, valorizzare la dimensione territoriale, prevedendo sgravi e incentivi per le aziende che fanno rete (tra loro e con il territorio). Per conoscere meglio queste proposte vi rimandiamo a questo articolo.

 

Note

  1. Misure che riguardano una vasta gamma di servizi e soluzioni che le imprese possono destinare ai propri dipendenti, godendo di specifici benefici fiscali. Tra le formule più comuni ci sono: card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online) e i buoni benzina.