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L’educazione finanziaria è fondamentale per garantire l’indipendenza a tutte le persone e può essere una strada per l’empowerment delle donne vulnerabili. Questo è stato il tema al centro del webinar organizzato dalla Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio FEduF, il Museo del Risparmio e Fondazione Triulza lo scorso martedì 20 settembre.

Se la discriminazione nei confronti delle donne è un fenomeno strutturale, a livello culturale viene spesso perpetrata inconsapevolmente. E la questione dell’indipendenza economica gioca un ruolo fondamentale per la parità di genere.

Famiglia: singolare, femminile.

Giovanna Paladino, Direttrice e curatrice del Museo del Risparmio, nel corso del webinar ha spiegato che il problema della ripartizione iniqua dei compiti all’interno della coppia ha una radice culturale. Il Museo si è occupato molto della questione nel corso degli anni. Nel 2018, per esempio, ha promosso la ricerca “Le donne e la gestione del risparmio”, che mostra che nel 60% delle coppie eterosessuali la gestione economica è delegata al partner. E nel caso in cui le donne gestiscono le finanze, difficilmente prendono parte a decisioni come gli investimenti, le scelte di lungo termine o di risparmio.

Secondo Azzurra Rinaldi, coordinatrice della School of Gender Economics di Unitelma Sapienza, il tema dell’empowerment economico emerge già nell’infanzia. L’economista ha spiegato che “il problema si ha dai primi anni, quando la paghetta viene data in maniera distinta a maschi e femmine“. Se le bambine vengono educate a chiedere i soldi piuttosto che a saperli maneggiare e gestire, l’indipendenza arriva più difficilmente. E questo fattore risulta una discriminazione di genere nel momento in cui i bambini hanno un accesso maggiore al denaro.

Questa tesi è dimostrata da diverse ricerche in tutto il mondo, come per esempio il report di Childwise1: le ragazze britanniche, in media, ricevono come paghetta il 20% in meno rispetto ai ragazzi. Il gender pay gap inizia quando siamo piccoli. Secondo Rinaldi la società si aspetta cose diverse dalle donne e dagli uomini: “dalle donne ci si aspetta un atteggiamento remissivo, anche nei confronti della gestione del denaro, dagli uomini ci si aspetta che portino a casa i soldi“. E questo è svilente, per tutte le persone. 

Accessibilità al mondo del lavoro

La questione fondamentale, secondo Giovanna Paladino, è che “le donne devono avere accesso al denaro attraverso il lavoro, non attraverso una forma di dipendenza economica, che spesso sfocia in violenza“. Vi è dunque un forte legame tra indipendenza economica e occupazione.

Secondo Istat e Eurostat, in media, in Unione Europea il tasso di occupazione femminile nel 2019 era del 63%. Il dato varia però in maniera significativa in base alla presenza di figli: il tasso di occupazione per le donne senza figli è del 67%, (contro il 75% per gli uomini nella stessa condizione); con un figlio, del 72% (e 87% per gli uomini); con tre o più figli, del 58% (mentre per gli uomini è dell’85%).

Questa evidente disparità risulta paradossale se paragonata agli esiti dei percorsi formativi delle studentesse. Come dimostrano i dati di Almalaurea, le donne hanno migliori curriculum di studi, sia nelle performance pre-universitarie (dove la media del voto di diploma è di 82,5/100 per le ragazze e 80,2/100 per i ragazzi), sia nel percorso universitario, da cui le donne escono con una valutazione media di 103,9/110 contro il 102,1/110 degli uomini. Il tasso di occupazione a 5 anni dalla laurea, però, vede un vantaggio per gli uomini: tra i laureati di primo livello (laurea triennale) il tasso è pari all’86% per le donne e al 92,4% per gli uomini; tra quelli di secondo livello (laurea magistrale o equivalenti) è rispettivamente pari a 85,2% e 91,2%.

Si verifica, dunque, un problema strutturale nell’accesso e nella permanenza nel mondo del lavoro. Questa dinamica – come mostrano i dati relativi all’occupazione di donne e uomini con e senza figli – è significativamente influenzata dalla presenza di una famiglia di cui prendersi cura. Gli ostacoli culturali, istituzionali e sociali che limitano le scelte di padri e madri in questo campo incidono dunque pesantemente sull’occupazione delle donne, rendendole maggiormente esposte al rischio di dipendere economicamente da altri.

Uscire dalla bolla

Se nella vita delle coppie è necessario condividere la gestione finanziaria, il primo passo per rompere lo stereotipo in cui cadiamo è sicuramente una presa di consapevolezza. A questa devono seguire percorsi il più possibile precoci di alfabetizzazione finanziaria, affinché ragazzi e ragazze imparino da giovani l’importanza dell’indipendenza economica e di operare scelte condivise in questo campo. Questi percorsi dovrebbero rivolgere un’attenzione particolare alle bambine e alle ragazze, in un’ottica di empowerment delle adulte di domani e del futuro.

Gli attori del secondo welfare sono importanti per favorire un’educazione e una consapevolezza finanziaria diffusa (avevamo approfondito il tema anche nel Quarto Rapporto sul secondo welfare 2019). A tal proposito, durante il webinar è stata presentata l’esperienza della Cooperativa Eureka. Si tratta di un attore che promuove l’educazione finanziaria sia all’interno delle scuole, sia tramite uno sportello interno.

Effettuare delle scelte consapevoli e avere obiettivi futuri da realizzare anche da un punto di vista economico e finanziario è fondamentale. In una società che intende perseguire la parità di genere è dunque necessario scardinare un potere tradizionalmente maschile, anacronistico e penalizzante dal punto di vista economico. Il cambiamento auspicato passa anche dalle abitudini quotidiane: nel pensiero, nel linguaggio, nella condivisione di scelte in materia di denaro e investimenti.

Note

  1. Childwise è un ente di ricerca britannico specializzato nelle indagini rivolte a bambini e giovani.