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Palazzo Guerrieri a Brindisi, oltre ad essere la sede del Laboratorio di Innovazione Urbana, che contribuisce all’elaborazione delle policy locali, è uno spazio aperto e condiviso di lavoro, formazione e progettazione partecipata. In una città che ha visto, a partire dalla fine degli anni ’70, la crisi del modello industriale su cui aveva poggiato il suo sviluppo a partire dal dopoguerra, nonché l’avvento e la proliferazione dello spaccio di droga gestito dalla Sacra Corona Unita, quello che ruota attorno a Palazzo Guerrieri è un progetto teso all’attivazione di energie dal basso.

Come sintetizza una ricerca condotta per conto di Anci e del Comune di Brindisi, le policy promosse dallo staff di Palazzo Guerrieri mirano alla “attivazione di nuovi attori e progetti imprenditoriali orientati all’innovazione economica e sociale, alla costruzione di una rete di luoghi generativi a partire dalla valorizzazione del patrimonio pubblico sotto-utilizzato, ad innescare altri progetti orientati all’attrazione di nuove risorse economiche e simboliche”.

Tra i bandi promossi c’è il “Laboratorio di Innovazione Urbana”, che “seleziona, accompagna e sostiene gruppi informali ed organizzazioni già costituite nell’avvio e/o nel consolidamento di idee progettuali a vocazione imprenditoriale coerenti con le vocazioni del territorio e che contribuiscono a diversificare la base economica e sociale della città”. Tra novembre 2019 e maggio 2020 sono stati selezionati 22 progetti per un totale di 72 persone coinvolte. Tali iniziative sembrano seguire quattro linee principali che aprono degli inediti scenari di sviluppo e immaginazione politica per il territorio brindisino: la crescita di filiere produttive legate alle risorse locali, il welfare e l’inclusione sociale, la promozione della sostenibilità ambientale e della green economy e la valorizzazione del capitale culturale e simbolico.

Da un confronto con Davide Agazzi, project manager dello Smart Lab Brindisi, è emerso come alla base della programmazione di Palazzo Guerrieri c’è la volontà di “trasformare le tensioni dei territori in opportunità”. In questa direzione va anche la sperimentazione dei “patti di collaborazione”, che attualizzano il “Regolamento per la cura dei beni comuni”, adottato già da anni a Brindisi ma rimasto per lungo tempo inutilizzato. I patti di collaborazione costituiscono dei dispositivi attraverso i quali istituzioni pubbliche e cittadini attivi concordano le modalità per la cura e la gestione di beni comuni, per fini di interesse generale. Essi poggiano sull’ultimo comma dell’articolo 118 della Costituzione, declinando in forma concreta il principio di sussidiarietà.

A Brindisi è stato sottoscritto un primo patto, che ha riguardato la cura di Parco Buscicchio, delineando i ruoli dei gestori e del Comune nell’ambito della trasformazione e della manutenzione dello spazio, delle attività da svolgere e della trasparenza dei processi. In particolare, il patto prevede la gestione delle strutture con nolo e scuole popolari, iniziative sociali e la gestione delle altre strutture. Il patto è stato siglato con una Cooperativa di Comunità già attiva nel parco e nel quartiere.

Come affermano in una recente intervista Paola Meo, Michele Pignatelli e Daniele Guadalupi, tra i membri attivi del gruppo che ha dato vita all’iniziativa, “tutti i componenti di questa enorme famiglia condividono un’unica idea fondamentale: vogliamo essere cooperativa di comunità. Questo è il motivo per il quale non ci siamo costituiti in un comitato. Non vogliamo avere chiusure. Chiunque può avvicinarsi, chiunque può contribuire che sia in modo continuo oppure due volte l’anno. Non vogliamo restrizioni, né regole per poter fare del bene”.

I progetti citati sono solo alcuni di una lunga serie di interventi, la cui vocazione fondamentale è quella di far emergere delle progettualità che erano rimaste inespresse, direttamente dall’iniziativa dei cittadini. Non si tratta soltanto di individuare una nuova vocazione economica e sociale per il territorio, ma di farlo a partire da un processo di attivazione dal basso, che si traduca in nuovi modi di operare che coniughino occasioni di lavoro e produzione di impatto sociale per la comunità.

In ciò, le politiche di Brindisi si collegano ad una storia importante, che ha avuto la Puglia come protagonista: quella di “Bollenti Spiriti”, il programma nato nel 2005 su iniziativa di Guglielmo Minervini. Come sottolinea Agazzi, Foggia e Brindisi avevano continuato a presentare particolari criticità sul fronte dell’inclusione, ma Roberto Covolo, ex assessore alla programmazione economica del Comune di Brindisi, ha inteso dal primo momento ricollegarsi a quell’indirizzo.

Anche il reperimento dei fondi, negli ultimi anni, sta andando in questa direzione, facendo fronte ai limiti dei bandi che, sia a livello europeo che nazionale, prevedono poche risorse per le città di medie dimensioni. L’emergenza pandemica non ha frenato le attività di Palazzo Guerrieri, che ha promosso – ad esempio attraverso il progetto “Risonanze” – attività di formazione sul digitale. Si è cercato al contempo di trasformare il rientro al sud di molti lavoratori in “smart working” in un’occasione per intercettare la progettualità di queste persone e innescare delle nuove opportunità per i territori (basti guardare l’iniziativa legata al “sea working”).

Quello di Brindisi e di Palazzo Guerrieri, insomma, si propone come un modello di attivazione dell’imprenditoria a vocazione sociale: esso mira a valorizzare capacità e progettualità individuali per incanalarle entro progetti che producano ricadute sociali per il territorio, trasformandosi al contempo in opportunità occupazionali. Si tratta di un progetto che assume la centralità della persona entro il sistema economico, e che per questo deve necessariamente fare i conti con gli ostacoli che i soggetti incontrano entro il contesto sociale in cui operano. È su questo fronte, forse, che sarà da testare l’efficacia di un modello di progettazione politica così ambizioso e al contempo rischioso.



Per approfondire vi segnaliamo un’intervista realizzata dal portale Forum PA a Davide Agazzi, project manager dello Smart Lab Brindisi ed esperto di innovazione sociale impegnato nel Laboratorio di innovazione urbana di Brindisi. L’intervista si concentra sul tema della trasformazione culturale ed organizzativa delle città dettata dalla crisi sanitaria.