8 ' di lettura
Salva pagina in PDF

A metà ottobre, il Sindaco di Milano Giuseppe Sala ha visitato la Casa della Carità. 

Nelle foto postate sui social, il primo cittadino sorride, circondato da operatori sociali e persone in difficoltà seguite dalla Fondazione, attiva da oltre un ventennio nel capoluogo lombardo. In mano, Sala tiene quello che sembra un pacchetto con un fiocco rosso. Al suo interno, però, non c’è un regalo, ma le richieste degli ospiti della Casa della Carità a quello che è anche il loro Sindaco. E, tra quelle più ricorrenti, molte riguardano la casa. 

Del resto, a Milano, la questione abitativa è sulla bocca di tutti ormai da tempo. 

Il Sindaco di Milano Giuseppe Sala in visita alla Casa della Carità - Foto: Casa della Carità
Giuseppe Sala visita la Casa della Carità. Foto: Casa della Carità

Le implicazioni economiche, sociali, politiche, e infine giudiziarie, di un mercato immobiliare enormemente cresciuto negli ultimi anni sono argomento di discussione ormai quasi quotidiano.

Secondo i calcoli di Pagella Politica, tenendo in considerazione i mesi da gennaio a luglio del 2025, acquistare un appartamento a Milano costa in media 5.470 euro al metro quadro contro i 3.550 di Roma, i 2.930 di Napoli e i 2.060 di Torino. E anche sugli affitti ci sono forti differenze. In generale, “tra le quattro città, Milano è l’unica dove sia i prezzi degli affitti sia quelli di vendita sono cresciuti di più del reddito dal 2017 in poi”, conclude l’articolo.

A settembre, alcuni deputati della Commissione speciale del Parlamento europeo sulla crisi abitativa hanno visitato la città. Secondo quanto dichiarato dalla presidente Irene Tinagli in conferenza stampa, Milano è stata scelta perché concentra al massimo livello le tensioni tra mercato immobiliare, edilizia pubblica e diritto all’abitare”.

Le conseguenze di queste dinamiche intrecciate toccano in particolar modo le persone fragili e chi prova ad aiutarle. Per questo, ci siamo chiesti: come le organizzazioni del Terzo Settore affrontano la sfida? Come operano quegli enti che si occupano delle fasce più deboli della cittadinanza che, già in condizioni normali, fanno più fatica a permettersi una casa o ne rimangono proprio senza? Come provano a rispondere ai nuovi bisogni che una porzione sempre più ampia di popolazione sembra manifestare? 

Nei giorni in cui a Milano sta prendendo il via il cosiddetto “piano freddo”, quell’insieme di iniziative per le persone senza dimora nei mesi invernali, abbiamo raccolto alcuni pareri. 

Percorsi più lunghi, o mutui

Fondazione Progetto Arca è un ente del Terzo Settore molto noto a Milano, che lavora con persone in difficoltà, a cominciare dagli homeless. “La nostra idea – spiega il responsabile area housing sociale dell’organizzazione Alessio Inzaghiè seguire tutto il percorso che porta dalla strada alla casa”. Il percorso può cambiare da persona a persona, perché le variabili sono tante e le possibilità diverse: dormitori, progetti di housing first, condomini sociali e così via… La conclusione è solitamente con l’autonomia lavorativa e quella abitativa. Quest’ultima, però, in città, è sempre più difficile da raggiungere. E i percorsi si allungano. 

“Le dimissioni [dai progetti abitativi] sono il problema dei problemi”, riprende Inzaghi. “Noi possiamo fare tutto il percorso di sviluppo dell’autonomia dell’ospite che vogliamo, ma poi ci scontriamo con un mercato della casa che è folle” e in cui, di fatto, l’affitto privato resta inaccessibilealle persone più fragili.

Una soluzione, per chi ne ha i requisiti, è ovviamente l’assegnazione di un alloggio popolare. Strada di per sé non semplice per disponibilità, liste di attesa, burocrazia e che comunque non può essere l’unica perché non tutti hanno i requisiti richiesti.

Persone inserite in un progetto di housing di Fondazione progetto arca - Foto di Fondazione progetto arca
Persone inserite in un progetto di housing di Fondazione Progetto Arca – Foto di Fondazione Progetto Arca

Per questo, dallo scorso anno, Progetto Arca ha avviato un nuovo progetto, chiamato Alta autonomia e dedicato alla cosiddetta “fascia grigia”: persone che “si sono lasciate alle spalle delle fragilità” e che, pur lavorando, fanno fatica a trovare un’abitazione, anche perché hanno un reddito troppo elevato per sperare di ottenere una casa popolare. “Sono singoli o nuclei familiari che hanno bisogno di un accompagnamento a bassa intensità e a cui forniamo degli appartamenti, chiedendo loro un contributo economico ben al di sotto di quelli di mercato”, spiega l’operatore. 

Un’altra soluzione sono i mutui. 

Può sembrare paradossale, ma Inzaghi sostiene che oggi, nel mercato milanese e per alcuni tipi di nuclei familiari, comprare casa accendendo un mutuo è più accessibile che affittare un’abitazione. Le ragioni sono due. La prima, dice, è chela banca non discrimina”. Le persone straniere e le organizzazioni che le sostengono dicono di incontrare ancora molte resistenze quando cercano casa in affitto, anche quando possono permettersela economicamente, perché con un mercato così dinamico i proprietari hanno maggiori possibilità di selezionare gli inquilini e spesso i pregiudizi incidono su questa scelta. “Le banche invece guardano ai contratti a tempo indeterminato, agli stipendi, ai risparmi”, ragiona l’operatore sociale. La seconda ragione sono i tassi di interesse favorevoli, che in questo momento consentono rate dei mutui più basse degli affitti del mercato libero. 

“Abbiamo già avuto dei casi”, dice Inzaghi, riferendosi a famiglie che hanno comprato casa grazie a un mutuo e aggiungendo che la Fondazione sta lavorando per replicare il più possibile questi esempi positivi. 

Consapevolezza e cohousing

Anche alcune persone seguite dalla Casa della Carità, in passato, sono riuscite a comprare casa grazie all’attivazione di un mutuo.  È successo alcuni anni fa a Dora e alla sua famiglia rom, una minoranza su cui lo stigma sociale è ancora più forte e duro a svanire. 

Oggi, però, la Fondazione denuncia difficoltà simili a quelle descritte da Progetto Arca. 

“Quest’estate, abbiamo aiutato nella ricerca di una casa in affitto una famiglia di quattro persone: due figli in età scolare e due genitori con contratti a tempo indeterminato. Non siamo riusciti ad ottenere neanche un appuntamento in agenzia immobiliare”, racconta Donatella De Vito, responsabile del settore disuguaglianze e nuove povertà della Fondazione. 

Anche per le persone seguite dalla Casa della Carità le case popolari sono spesso l’obiettivo primario, ma è importante far capire loro che non deve essere l’unico. Per questo, secondo De Vito, è fondamentale lavorare sulla consapevolezza che le famiglie in emergenza abitativa hanno della situazione della casa a Milano. 

Dora, nella casa che ha acquistato grazie a un mututo e all'accompagnamento della Casa della Carità - Foto di Marco Garofalo
Dora, nella casa che ha acquistato grazie a un mututo e all’accompagnamento della Casa della Carità – Foto di Marco Garofalo

“Di recente, abbiamo organizzato una riunione con le famiglie accolte in uno dei nostri centri e abbiamo mostrato loro quanto spendiamo per la casa noi operatori sociali e quanto pesa questa voce sulle nostre entrate. Abbiamo proprio fatto i conti e sono rimaste molto colpite, spiega De Vito, sostenendo che bisogna sempre ragionare su quali siano le modalità migliori per ciascun target di persone in difficoltà.

Per i singoli, ad esempio, secondo la referente della Casa della Carità, una soluzione potrebbero essere forme di cohousing spontanee o incoraggiate dagli enti del Terzo Settore. “Stiamo lavorando per aiutare uomini e donne soli a trovare delle modalità di vita sostenibili che non prevedano per forza l’uscita da Milano. Si tratta di incoraggiarli ad affittare un’abitazione insieme ad amici, connazionali o altre persone che troviamo noi, per abbassare i costi”, spiega.   

La Fondazione già utilizza questa modalità negli appartamenti che gestisce direttamente. La sfida, visto il contesto milanese, è replicare il modello sempre più spesso anche in abitazioni in affitto sul mercato privato. Ma non è facile. 

Il progetto Casa&Oltre

Sia Progetto Arca sia Casa della Carità sono coinvolte in Casa&Oltre. Progetto Arca ne è il capofila perché, nel 2024, ha ottenuto un finanziamento da Citi Foundation, la fondazione filantropica dell’omonima grande banca statunitense. I fondi, spiega un comunicato della Fondazione, “sono arrivati nell’ambito della Global Innovation Challenge 2024, che mira a sostenere soluzioni che affrontino il problema dell’emergenza abitativa”.

L’iniziativa, come si legge sul suo sito di Progetto Arca, consiste in “una rete di 42 appartamenti, con diversi servizi mirati all’integrazione, per accogliere in 2 anni 280 persone, tra singoli e famiglie a basso reddito, senza una casa o a rischio di perderla”. L’obiettivo è accompagnarle in un percorso di ritorno all’autonomia economica e abitativa e creare un nuovo modello di intervento per l’housing sociale. 

Oltre a Progetto Arca e Casa della Carità anche Croce Rossa Milano, Fondazione Somaschi e Fondazione IBVA partecipano a Casa&Oltre. L’iniziativa è svolta in collaborazione con l’assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano mentre Percorsi di Secondo Welfare si occupa dell’accompagnamento delle cinque realtà non profit e della modellizzazione dell’intervento. Lo fa coordinando incontri regolari con gli enti coinvolti, per capire come collaborare meglio, e a fine progetto produrrà un documento che permetterà di analizzare il modello di lavoro sociale sviluppato, mettendo in evidenza gli elementi replicabili.

Il lancio del progetto Casa&Oltre al Comune di Milano
Il lancio del progetto Casa&Oltre al Comune di Milano

Uno degli aspetti di valore già evidenti di Casa&Oltre è la messa in rete delle competenze delle organizzazioni partner. Ma non solo. Chiara Agostini e Alice Fanelli di Percorsi di Secondo Welfare spiegano “la titolarità condivisa è un tema centrale” del progetto. In concreto significa che una persona accolta, per esempio, in uno degli appartamenti di Progetto Arca può essere seguita anche dalla Casa della Carità per quanto riguarda il supporto psicologico o dalla Fondazione Somaschi per l’inserimento lavorativo.

“Stiamo cercando di costruire ​​un linguaggio comune, una visione comune dell’accompagnamento educativo, ma anche degli strumenti comuni”, spiega ancora Inzaghi di Progetto Arca, riferendosi a una piattaforma digitale in cui vengono raccolte e condivise tutte le informazioni utili sugli ospiti e sugli interventi attivati con ciascuno di loro.

Secondo De Vito di Casa della Carità, “sperimentare nella direzione della multidisciplinarietà e del mettere insieme le risorse è importante”, a maggior ragione in un contesto abitativo difficile come quello milanese. “Dobbiamo lavorare alla creazione di percorsi di uscita solidi e, considerati gli obiettivi di Casa&Oltre, questo si spingerà ad aprire canali nuovi, che anche molti altri enti del Terzo Settore cittadino stanno cercando”, conclude. 

Case per lavoratori a rischio

Un’altra organizzazione non profit che sta sperimentando canali nuovi per accedere alla casa è la Cooperativa sociale Il Melograno, che lavora in tutta la Lombardia, spesso con servizi in convenzione con gli enti locali. Come per gli altri enti citati, lo stato del mercato immobiliare rende più lungo e complesso il percorso verso l’autonomia delle persone fragili con cui Il Melograno lavora in molti ambiti.

È però dalle riflessioni sulle difficoltà economiche del personale che è nato Prendi Posto”. 

“A causa del caro alloggi facciamo fatica a reperire persone che lavorino con noi”, ci dice Mara Cappellini, direttrice sviluppo e servizi aziendali della cooperativa. “Capita che non riusciamo a trovare gli operatori perché, soprattutto per chi viene da altre regioni, i costi della casa a Milano e nelle zone vicine sono un ostacolo spesso insormontabile”, aggiunge, riconoscendo anche che gli stipendi del settore non sono elevati. O comunque non sufficienti per coprire molte spese per vivere in città. 

Il progetto è stato possibile grazie al bando “Case ai lavoratori”, lanciato nel 2023 dal Comune di Milano, che ha assegnato alloggi sfitti e da ristrutturare a realtà profit e non profit, per “offrire soluzioni abitative in locazione a canone calmierato a lavoratori aventi una capacità economica che non consente né di sostenere un canone di locazione sul mercato libero, né di accedere al servizio abitativo pubblico”. Insieme alle imprese AMSA, Unareti, A2A e ATM, Il Melograno è stato l’unico ente del Terzo Settore a vincere e ora ha in gestione 120 appartamenti per 12 anni, in diverse zone della città.

Un appartamento e un condominio che fanno parte del progetto Prendi Posto - Foto de Il Melograno
Un appartamento e un condominio che fanno parte del progetto Prendi Posto – Foto de Il Melograno

“Un bilocale da 50 metri quadri costerà circa 350 euro al mese”, annuncia Cappellini, che spiega come questi mesi siano serviti per i lavori di ristrutturazione e preparazione delle abitazioni e indica l’inizio del nuovo anno come orizzonte per l’ingresso dei primi inquilini. Alcuni saranno i lavoratori della cooperativa, mentre altri arriveranno da aziende con cui Il Melograno sta stipulando accordi: a Milano, sono tanti i lavoratori che hanno uno stipendio garantito ma che faticano a permettersi una casa”. “Sono potenziali persone fragili perché, se spendi troppo per l’affitto, finisci anche tu per rivolgerti ai servizi o al non profit per altre necessità. Con Prendi Posto, invece, vogliamo contribuire a creare le condizioni affinché queste persone siano autonome”, conclude. 

Certo, 120 appartamenti sono un numero elevato per un singolo progetto. Al tempo stesso, sono troppi pochi per pensare di incidere sul mercato immobiliare milanese. “Speriamo che questa iniziativa possa contribuire a fare luce su un problema strutturale, ragiona Cappellini. “Se per vivere bene a Milano ormai non basta uno stipendio medio questo è un problema strutturale della città, che non possono risolvere da soli né gli enti del Terzo Settore né le aziende virtuose”. 

 

 

Foto di copertina: Simone Daino, Unsplash