La natura della relazione tra enti finanziatori e organizzazioni beneficiarie, e più nello specifico i processi di governance e di capacity building propri della filantropia strategica sono da alcuni anni al centro del lavoro di ricerca condotto da Giacomo Boesso e Fabrizio Cerbioni dell’Università degli Studi di Padova.
In un recente contributo pubblicato per Percorsi di secondo welfare, gli autori hanno sottolineato l’importanza dell’allineamento di valori e obiettivi tra Fondazioni filantropiche ed Enti del Terzo Settore, individuando nella collaborazione la chiave per un’azione filantropica efficace e capace di promuovere cambiamento sui territori entro i quali opera.
In questo articolo sintetizziamo i principali risultati della quinta indagine condotta dal gruppo di ricerca padovano – “Indagine 2025: L’azione di governo ed il supporto alla gestione partecipativa” – che illustra forme di governo ed evoluzioni delle Fondazioni di origine bancaria.
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Il contesto e gli obiettivi della ricerca
L’indagine si concentra sulle Fondazioni di origine bancaria (FOB), riconoscendo in esse un ruolo cruciale nello stimolare e accompagnare processi di cambiamento sociale sui territori attraverso la propria azione filantropica e la collaborazione con altri attori della società civile. In particolare, le FOB hanno la possibilità di destinare le proprie risorse – economiche, ma anche umane, conoscitive e relazionali – alla sperimentazione di soluzioni innovative a problemi sociali noti.
La filantropia strategica, orientata a mettere in campo strumenti di comprovata efficacia per far fronte ai bisogni sociali di un determinato territorio, ha recentemente ricevuto critiche legate, in parte, all’eccessiva semplificazione di problemi sociali complessi imposta dalle logiche manageriali, e in parte ai metodi di erogazione delle risorse impiegati, in particolar modo i bandi competitivi rivolti alle organizzazioni non profit. In particolare il dibattito sulla cosiddetta filantropia trust-based ha messo a tema in maniera organica i limiti e le criticità legati alla pratica filantropica tradizionale, suggerendo una distribuzione più equilibrata del potere e una trasformazione dell’intero sistema di acquisizione, utilizzo e rendicontazione delle risorse provenienti dalle Fondazioni.
In questo contesto di vivace dibattito internazionale e radicale cambiamento dell’azione filantropica, la quinta indagine dell’Università di Padova si è concentrata in particolar modo sull’adozione di comportamenti di governance proattiva, sugli strumenti di programmazione e sulle iniziative di rete delle Fondazioni di origine bancaria italiane. Grazie alla collaborazione con Acri, l’associazione che rappresenta le FOB, la ricerca ha raccolto il contributo di 82 decision-makers (consiglieri/e, presidenti e vicepresidenti, direttori/trici, segretari/e generali, dipendenti e staff con ruoli chiave nello sviluppo delle linee programmatiche) riconducibili a più di 31 Fondazioni di origina bancaria italiane.
Modelli filantropici e tendenze trasversali: i risultati dell’indagine
L’esito dell’indagine condotta si mostra coerente con i riscontri offerti dalla letteratura relativa alle pratiche che possono favorire l’innovazione e l’efficacia dell’azione delle organizzazioni non profit: tra queste, la condivisione delle competenze da parte degli enti finanziatori, il supporto offerto da questi ultimi per la creazione di reti di intervento, lo scambio di buone prassi all’interno del Terzo Settore, e la realizzazione di valutazioni congiunte, quantitative e qualitative, degli interventi messi in atto.
La ricerca tratteggia il profilo di tre “idealtipi” di amministratori – definiti come filantropi focalizzati, manageriali e istituzionali – che promuovono modelli filantropici diverse ma egualmente strategici. Gli stili di governo di ciascun profilo si descrivono come segue:
- “filantropo focalizzato”: attenzione specifica alla valutazione dei risultati di progetti tipicamente propri (della Fondazione), intesi come opportunità di sperimentazione e di apprendimento, realizzati in collaborazione con altri attori all’interno di reti e relazioni consolidate;
- “filantropo manageriale”: background principalmente aziendale, particolare attenzione al monitoraggio dei progetti promossi dalle organizzazioni del Terzo Settore e al trasferimento di competenze e buone pratiche per rafforzarle;
- “filantropo istituzionale”: combinazione di alcuni elementi del profilo focalizzato e di quello manageriale, con un focus specifico sull’allineamento tra interventi e piani programmatici pluriennali della Fondazione.
Trasversalmente ai tre profili, l’indagine ha rilevato la crescente volontà di tutti i decision-makers delle FOB interpellati di:
- dotarsi di strumenti di programmazione per prendere decisioni “informate” sulla qualità dei progetti finanziati;
- allineare risorse, obiettivi e risultati degli interventi, in coerenza con i piani pluriennali;
- perseguire soluzioni co-progettate con altri enti del Terzo Settore, attivando sinergie e processi partecipativi, per massimizzare le ricadute degli interventi sulle comunità.
Implicazioni dei risultati emersi e prospettive future
L’indagine delinea un’evoluzione promettente delle FOB italiane, sempre più attente ad adottare strumenti di programmazione che coinvolgono attivamente le reti territoriali e che utilizzano criticamente i risultati emergenti dai processi di monitoraggio e valutazione degli interventi. In altre parole, le evidenze prodotte alimentano cicli di apprendimento che a loro volta informano le nuove programmazioni, stimolando strategie di intervento sempre più evidence-based e allineate ai risultati auspicati.
Inoltre, alcune Fondazioni coinvolte nell’indagine scelgono di focalizzare la propria azione filantropica su temi selezionati, promuovendo progetti propri in collaborazione con altre organizzazioni del Terzo Settore. Attraverso investimenti strategici definiti di seed funding, questi enti hanno la possibilità di realizzare sperimentazioni altamente innovative, sfruttandole inoltre per produrre e analizzare risultati che guideranno i successivi interventi. Altre Fondazioni sono invece orientate a selezionare, sviluppare e monitorare progetti promossi da attori qualificati del territorio (tipicamente ETS), oppure ad adottare entrambe le soluzioni operative.
A prescindere dal modello filantropico adottato, la ricerca dell’Università di Padova osserva l’emergere di una generazione di decision-makers sempre più competenti e proattivi, e di “un modello reticolare di filantropia, basato su cooperazione e fiducia, con soggetti istituzionalizzati specializzati (comitati, associazioni, enti, fondazioni, cooperative, ecc.) e professionisti formati” (p. 22). Il rapporto di ricerca completo può essere scaricato attraverso la pagina del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali “Marco Fanno” dell’Università degli Studi di Padova.
L’indagine sulle FOB associate ad Acri sarà seguita, nei mesi a venire, da un’analoga ricerca che coinvolgerà le Fondazioni associate ad Assifero (Associazione Italiana Fondazioni ed Enti Filantropici).