Fare prevenzione per tutelare la salute mentale in quattro gruppi di persone (o “popolazioni”) particolarmente esposte: giovani adolescenti, donne in età lavorativa, anziani e migranti. È questo l’obiettivo di Creare la comunità esperta: una rete per la salute mentale, progetto promosso sul territorio della provincia di Cuneo dall’Associazione Preziosa Ets.

Nel contesto cuneese1, come del resto in gran parte del territorio nazionale, lo scenario della salute mentale appare infatti sempre più emergenziale, con dati allarmanti che chiamano a una consapevolezza e a una seria presa di coscienza della loro drammaticità per attuare strategie di cura e, soprattutto, di prevenzione.

Da qui la scelta di avviare il progetto Creare la comunità esperta, reso possibile grazie ai finanziamenti della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e della Banca di Caraglio – Credito Cooperativo Italiano, coinvolge il dipartimento di Salute Mentale di Asl CN1 e le amministrazioni di otto comuni della Valle Grana, in provincia di Cuneo: Bernezzo, Caraglio, Castelmagno, Cervasca, Montemale, Monterosso Grana, Pradleves, Valgrana.

Un progetto territoriale che, tuttavia, offre spunti di riflessione validi per chiunque si trovi ad affrontare dimili problematiche. Di seguito vi raccontiamo come sta andando.

Salute mentale: coinvolgere la comunità per trovare risposte concrete

Articolato in quattro moduli diversi (uno per ciascuna specifica “popolazione”), Creare la comunità esperta è un percorso che alterna docenze frontali a workshop, con l’obiettivo di far emergere e comprendere i bisogni dei quattro gruppi di persone per poter elaborare policies utili a prevenire, mediante un lavoro interattivo di comunità, i disturbi psichici più diffusi. La sfida dell’intero progetto è quella di concepire risposte concrete ai disturbi mentali, acuitisi dopo la pandemia di Covid19, mediante il coinvolgimento dell’intera comunità, intesa quale soggetto imprescindibile a cui è necessario affidare il prendersi cura (take care) e, ancor prima, la prevenzione.

Come afferma Francesco Risso, psichiatra, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl CN1 e tra i referenti scientifici del progetto, “è fondamentale partire dalla comunità per fare una vera prevenzione, poiché le malattie mentali sono plasmate in grande misura dal contesto sociale, economico e ambientale nel quale i bambini, gli adolescenti e le persone vivono e con cui vivono. In questo senso, rimettere al centro l’importanza dei legami sociali, determinanti nel legittimare l’esistenza di noi esseri umani, rappresenta già un primo atto di cura nei confronti di una comunità resa sempre più fragile da un sistema con bassa mutualità, segnato da una tecnologizzazione dirompente e dalle lacerazioni indotte dalle conseguenze, ancora attuali e non elaborate a livello collettivo, della pandemia, nonché dai conflitti bellici che si diffondono a macchia d’olio2.

La sfida, implicita e ambiziosa, è anche di quella di riattivare, attraverso la stimolazione di una partecipazione concreta e responsabile della popolazione, gli antidoti democratici della nostra società, consapevoli che la cura della persona non può prescindere dalla cura dei legami sociali in cui l’esistenza di quella persona prende corpo3.

Le azioni verso i giovani: guardare alla realtà andando oltre i pregiudizi

La prima tappa di questo percorso è stato il modulo dedicato ai giovani adolescenti (fascia particolarmente esposta, a cui Percorsi di secondo welfare ha dedicato alcuni approfondimenti, ndr). A Bernezzo, rappresentanti dell’Amministrazione e delle associazioni del territorio, insegnanti, educatori, assistenti sociali, operatori culturali si sono ritrovati insieme in tre workshop, coordinati dalla psicologa e psicoterapeuta Stefania Barzon. Il lavoro ha preso avvio con una relazione del dottor Francesco Risso, che ha permesso al gruppo di partecipanti di avere uno sguardo d’insieme sulla situazione della salute mentale in questa fascia della popolazione, mettendo a fuoco gli ambiti di maggiore fragilità, le aree di rischio, ma anche le risorse potenziali.

Il workshop ha, quindi, coinvolto i partecipanti in un lavoro interattivo che, attraverso la creazione di un clima di lavoro cooperativo e di confronto, ha fatto emergere le rappresentazioni implicite che i vari attori presenti hanno dei giovani. “L’importanza di questa prima fase di lavoro collettivo – ha affermato Stefania Barzon – risiede nella necessità di rendere consapevoli le rappresentazioni implicite, e spesso precostituite, che abbiamo degli altri, permettendo una messa in discussione di preconcetti e pregiudizi per poter giungere ad una analisi più realistica e ad una comprensione più autentica delle aree critiche e dei punti di forza”. Con questa metodologia si sono analizzate le diverse aree di manifestazione del disagio giovanile (ansia, autolesionismo, tentativi di suicidio, consumo di alcol e sostanze stupefacenti, rabbia apparentemente immotivata che spesso sfocia in violenza distruttiva e in atti devianti), sino all’individuazione di possibili cause e concause e alla produzione di una policy. Quest’ultima azione consiste nell’elaborazione di un insieme di proposte, condotte e iniziative da porre in essere per svolgere interventi di natura preventiva che rimettano al centro la comunità come attore sociale portatore di risorse.

La non partecipazione, la difficoltà a immaginare un futuro possibile, l’isolamento e la marginalizzazione dei giovani rispetto alle comunità, anche nella dimensione locale, sono risultati gli ambiti più urgenti in cui agire con azioni sociali inclusive e responsabilizzanti, che rimettano al centro i giovani e le loro competenze, anche promuovendo l’educazione tra pari.

Per un approccio comunitario positivo, creativo e proattivo

Nel suo complesso, il progetto rappresenta un’occasione per costruire una rete di collaborazione a livello locale e intraprendere un’azione di prevenzione delle fragilità che caratterizzano la nostra società: la creazione, cioè, di una comunità esperta, composta da persone capaci di affrontare i cambiamenti in modo positivo, creativo e proattivo. 

Questo percorso, infatti, non solo mira a rafforzare il tessuto sociale, ma anche a creare un ambiente in cui tutti possano sentirsi accolti, supportati e pronti ad affrontare le sfide contemporanee e future. Soprattutto in questa sfida, nient’affatto facile, sta la resa sociale del progetto.

Una sfida che sta proseguendo con il modulo dedicato alle donne in età produttiva, per poi concentrarsi, nell’autunno, su anziani e migranti, cercando sempre di individuare delle interconnessioni tra queste “popolazioni”, nella convinzione che una comunità che cura sia tale nella misura in cui agisce su linee di continuità e di comunicazione tra generazioni diverse.

Note

  1. Per approfondire si rimanda ad alcuni articoli usciti sulla stampa locale:Risso F., Quei ragazzi che scelgono la morte: “Bisogna parlare del suicidio, solo così li salveremo, La Stampa, 8 settembre 2024; Viglietti C., Un ricovero ogni tre giorni, i numeri che raccontano il male di vivere dei giovani cuneesi, La Stampa, 21 gennaio 2024; Borgetto M., Il dramma del crack, l’esperto: “La dipendenza? Immediata e porta a farne uso diverse volte al giorno, La Stampa, 1 aprile 2024, in cui è contenuta un’intervista al direttore del Serd dell’Asl CN1, Maurizio Coppola; Ferrero A., Francesco Risso. I ragazzi stanno male: “Siamo in emergenza”, La Stampa ed. Cuneo, 15 giugno 2025.
  2. Per approfondire si rimanda a Barzon S., Territori in relazione. Psicologia per lo spazio comune, in Aiccre Piemonte (a cura di), Genius loci. Governo dei territori come capacità di creare relazioni, Torino, 2024, pp. 35- 46
  3. Risso F., Le malattie mentali e le scelte della politica, “La Stampa” ed. Cuneo, 8 gennaio 2025.
Foto di copertina: Brett Sayles, Pexels.com